Rainbow Pickett || KiriKami

By likebloodinyourmouth

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|| Vincitrice del concorso -Sliding Doors- indetto da WattpadFanfictionIT || | Erano iniziati così i loro pom... More

R A I N B O W P I C K E T T

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By likebloodinyourmouth


Le mani di Eijiro tremavano ancora mentre rigirava tra le dita il sacchetto del negozio da cui era appena scappato.

Era entrato con un'iniziale esitazione, attirato da una maglietta dai colori arcobaleno che lo chiamava dalla vetrina, e ne era uscito con un numero di telefono scribacchiato sul retro di uno scontrino per cui nemmeno aveva pagato.

Chiuse gli occhi; sentiva ancora il profumo dolce del ragazzo che si era chinato poggiando il mento sulla sua spalla mentre lui cercava con aria mortificata il portafogli evidentemente assente nelle sue tasche.

«A corto di soldi, Kirishima?»

Eijiro era scattato come una molla ed aveva cercato di nascondere la maglietta a quello che si era rivelato essere il motivo di tutti i dubbi che lo avevano afflitto negli ultimi mesi: Denki Kaminari, 168 centimetri di energia pura concentrata in uno studente del quarto anno delle superiori.

Capelli biondissimi, occhi dello stesso colore della resina che scivola lungo il tronco degli alberi ed un sorriso in grado di illuminare anche le giornate più uggiose.

Si era trasferito nella sua stessa scuola durante quello che per Eijiro era il quinto anno, l'aveva visto entrare in mensa con gli occhiali da sole tra i capelli e l'aria spaesata ma terribilmente fiera. Aveva invidiato la sua sicurezza, la postura, la tranquillità con cui dipingeva di rosa le unghie senza preoccuparsi del parere degli altri.

Da quel giorno si era ritrovato a guardarlo con la coda dell'occhio ogni volta che poteva, stupendosi sempre di quanto Denki fosse così incredibilmente vivo, finché un giorno non gli si era avvicinato con quell'immancabile sorriso sulle labbra.

«Ehi, ti chiami Eijiro vero?»

Il ragazzo era diventato dello stesso colore dei suoi capelli: rosso fiamma. Aveva annuito prima di guardarsi intorno quasi pensasse che il biondo avesse sbagliato persona.

«Ottimo! Sono Denki, mi hanno detto che sei davvero bravo in matematica. Mi chiedevo se ti andasse di darmi una mano.»

Erano iniziati così i loro pomeriggi insieme, seduti al tavolino di un bar fuori scuola: Eijiro gli spiegava i limiti, gli stessi limiti che perdeva di vista quando Denki mordicchiava il cappuccio della penna con aria confusa.

Furono quelle ore insieme – con il biondo che rideva ed il rosso che contava le lentiggini sul suo naso – che instillarono in Eijiro i primi dubbi su sé stesso e su ciò che realmente amava.

Non era più riuscito a negare l'evidenza dei fatti quando si era svegliato sudato, in piena notte, dopo aver sognato di buttare all'aria gli appunti su cui studiavano per stringere le dita attorno alla maglietta di Denki ed attirarlo in un bacio che di amichevole non aveva davvero niente.

«Oh, no, sono a posto, non fa niente!»

I suoi tentativi di nascondere la maglietta arcobaleno fallirono miseramente; Denki gliela prese dalle mani sorridendo e la posò sul bancone insieme ad una seconda maglietta identica, ma di una taglia più piccola.

«Le pago entrambe», disse semplicemente alla commessa porgendole una banconota con aria serena.

Anche i tentativi di protesta di Eijiro furono inutili, così come fu inutile cercare di non sorridere come un ebete mentre Denki gli lasciava il pacchetto tra le mani.

«Ti ridarò i soldi appena possibile», mormorò con lo sguardo basso. Denki scosse la testa quasi esasperato.

«Perché invece non mi concedi un caffè? Passiamo ore insieme, ma non mi hai mai nemmeno dato il tuo numero.»

Il cuore di Eijiro perse un battito. Un conto era sospettare di avere una cotta per un uomo, un altro era concretizzare quell'ipotesi in un appuntamento.

Il biondo probabilmente notò quell'esitazione nei suoi occhi, perché di colpo si fece serio. Non era arrabbiato, solo pensieroso.
Si guardarono in silenzio, Eijiro osservava il ritmo ipnotico con cui l'orecchino a forma di croce ondeggiava all'orecchio di Denki finché quest'ultimo non ruppe la bolla creata con dei movimenti rapidi.

«Facciamo così», borbottò tirando fuori dalla busta lo scontrino stropicciato. Vi scrisse sopra qualcosa con una penna trovata sul fondo della borsa e lo porse al rosso. «Ti do il mio. Quando e se ne avrai voglia, chiamami. Mi farebbe piacere».

Lo lasciò lì, in piedi in preda ai dubbi a fissare quei numeri scribacchiati con una grafia netta e tondeggiante.

Si sentì un idiota e strinse appena i denti mentre fissava l'arcobaleno intrappolato nella busta bianca con la sgradevole sensazione di aver offeso l'unica persona che gli avesse fatto provare delle vere emozioni negli ultimi anni.

Aveva paura, più di quanto non volesse ammettere, ma la voglia di vederlo fuori dallo studio e dalla scuola lo stava logorando.

Così, senza darsi il tempo di ripensarci, compose il numero sul telefono e lo portò all'orecchio col cuore che batteva ad una velocità tanto alta da suonare come un unico battito prolungato.

«Pronto?»

«Denki?»

«Sono al bar dietro l'angolo.»

Eijiro alzò un sopracciglio piuttosto sorpreso, riusciva quasi ad immaginare il biondo ridere, dall'altra parte, della sua confusione palese anche tramite una semplice telefonata.

«Sapevo che mi avresti chiamato. O almeno, ci speravo.»

Una curva si dipinse inevitabilmente sulle labbra del rosso.

«Sei assurdo. Arrivo.»

«Lo prendo come un complimento, eh.»

Mentre si incamminava, ancora in chiamata con lui, Eijiro si ritrovò a scuotere la testa sempre più tranquillo. Sentire la sua voce aveva un effetto calmante su di lui, come un abbraccio caldo nei momenti di panico.

«Credo ti lascerò col dubbio.»

Sentì la pernacchia del ragazzo dall'altro lato del telefono e quando alzò la testa pochi minuti dopo lo vide effettivamente seduto ad un tavolino, solo.

Teneva pigramente il cellulare con la mano destra, la sinistra accartocciava tovaglioli ma non li guardava davvero; i suoi occhi erano persi in chissà quali fantasie ed Eijiro pensò che sarebbe stato bellissimo potercisi immergere.

Prese posto di fronte a lui, le iridi ambrate si sollevarono su di lui con una lentezza disarmante e solo a quel punto entrambi lasciarono cadere il telefono per rimanere semplicemente in silenzio a guardarsi.

«A cosa pensi?»

La voce di Denki gli giunse bassa, sembrava un sussurro. Posò la testa contro il palmo della mano ed Eijiro avvertì il bisogno di infilare le dita tra quelle ciocche bionde per spostarle dal suo viso.

Strinse i pugni per trattenersi, poi scosse la testa con un sospiro.

«Tante cose», ammise senza effettivamente mentire. «Credo di essere confuso.»

Era consapevole del fatto che non fosse una vera e propria confessione, ma annegò le iridi rosse in quelle accoglienti del ragazzo nella speranza spasmodica che lui capisse.

Quello, per tutta risposta, rimase immobile.

Era abituato ai modi espansivi di Denki, al suo essere così vivace ed aperto. In quel momento, invece, Kirishima non capiva che il biondo stava rispettando i suoi tempi. Non lo avrebbe mai forzato ad uscire allo scoperto se non avesse sentito di farlo, non avrebbe voluto metterlo a disagio né forzarlo a contatti che potevano fargli male.

«Chiedimi quello che vuoi», mormorò semplicemente con un sorriso bonario.

Eijiro sgranò appena gli occhi.

Si sentì infinitamente grato, al sicuro. Intrappolò il labbro tra i denti per qualche secondo, in sottofondo Christina Aguilera cantava Beautiful tramite le casse del bar e gli venne quasi da ridere pensando a quanto quella canzone calzasse a pennello in quella situazione.

La paura di essere giudicato, di non essere accettato e di essere allontanato era ciò che più lo terrorizzava in assoluto.

«Come fai?», chiese quasi disperato sporgendosi appena verso di lui. «Come riesci ad essere te stesso senza la paura che qualcuno parli male di te?»

Inaspettatamente, Denki rise. Non per prenderlo in giro, né per sminuire quella domanda.

«Questa non è una paura che abbiamo tutti, a prescindere?»

Il rosso aggrottò la fronte confuso, così Denki sospirò sereno sporgendosi a sua volta verso di lui.

«La gente parla in ogni caso. Trova sempre qualcosa da ridire, qualcosa che non va bene, qualcosa che non è normale. Tanto vale essere felici, nonostante il giudizio.»

Si strinse nelle spalle, Eijiro deglutì a vuoto abbassando lo sguardo pensieroso.

«Sì, ma... ho paura di non riuscire ad affrontarlo.»

Era la prima volta che ammetteva ad alta voce qualcosa del genere e di tanto personale. Il biondo non rideva più, era serio.

Allungò la mano per posarla delicatamente sul suo braccio in un gesto affettuoso che non voleva avere niente di invadente.

«Eijiro, non sei solo ad affrontare tutto questo.»

Il rosso rialzò lo sguardo sorpreso, le labbra schiuse e gli occhi sgranati mostravano un mix di emozioni che non sapeva definire e a cui si stava aggrappando con tutto sé stesso.

«Conosci "Rainbow Pickett"?»

Eijiro scosse la testa lentamente, quasi avesse paura di rovinare l'atmosfera che si era creata.

«È una scultura. A primo impatto sembra molto semplice, a tratti banale: sei pilastri colorati poggiati contro un muro. Non sono un esperto d'arte, onestamente non so se abbiano un significato particolare, ma per me rappresentano noi: la nostra comunità. Siamo fragili quando siamo soli, non sempre è facile stare in piedi. Viviamo in un mondo che vuole vederci a terra e cerca di spezzarci, ma non possono. Perché quelle colonne hanno il muro a sorreggerle e tu hai un mare di persone pronte a sostenerti. Hai me.»

Il cuore di Eijiro batteva all'impazzata e quasi inconsciamente spostò il braccio per far scivolare le dita tra quelle del ragazzo.

«Perché il mondo ce l'ha tanto con i pilastri?», chiese il rosso in un sussurro.

Denki sorrise dolcemente ricambiando la stretta e prendendo ad accarezzare lentamente la pelle morbida della sua mano.

«Perché non tutti sono così fortunati da conoscere l'amore. Molte persone vivono e basta, passivamente, in funzione della riproduzione; vedono il matrimonio come un puro atto di dovere. Chi ama, invece, lo fa per il puro gusto di condividere la vita con qualcuno che arricchisce ogni minuto della propria esistenza. Questo i pilastri lo sanno, ed il mondo li invidia.»

Le iridi rosse di Eijiro si persero per qualche secondo lungo i tratti del viso di Denki, quasi fossero il sentiero che lo conduceva alla felicità pura.

«Denki?»

«Mh?»

«Posso baciarti?»

Il biondo inclinò appena la testa di lato, le sue guance si tinsero di un adorabile rosso che illuminava ancor più – se possibile – quegli occhi pieni di miele.

«È quello che vuoi?»

Questa volta Eijiro non esitò. Annuì convinto e tirò gentilmente la mano che ancora stringeva per avvicinarlo a sé.

I secondi che li separavano da quel bacio tanto atteso sembrarono scorrere più lentamente del normale; vide Denki chiudere gli occhi e sorridere in attesa, si beò di quell'espressione carica di speranza e quando finalmente le loro labbra si sfiorarono Eijiro capì cosa volesse dire sentirsi completi.

Rabbrividì come se il suo corpo fosse attraversato da una scossa, Denki sollevò la mano libera per portarla sul suo viso. La sua pelle era bollente contro la guancia, come un balsamo su ferite aperte che non sapeva di avere. E finalmente, dopo averlo tanto sognato, riuscì a godere della sensazione delle proprie dita che sfilavano tra le ciocche bionde di quel ragazzo.

Riaprirono gli occhi dopo quella che parve un'eternità; si guardavano intensamente, eppure c'era qualcosa di diverso tra loro che li portava a sorridere senza riuscire a contenersi in alcun modo.

Eijiro sollevò la testa per posare un bacio sulla punta del naso di Denki, che ridacchiò appena prima di posare la fronte contro quella del rosso.

«Stai bene?», chiese esitante.

«Sto bene. Tu?»

«Sono felice.»

Non riuscì a trattenersi dal baciarlo ancora, ancora e ancora sorprendendosi di quanto fosse naturale. Perché in fondo Denki aveva ragione, non c'era una legge scritta che governasse l'amore ed Eijiro si rese conto che baciare quelle labbra era ciò che avrebbe voluto fare per il resto della vita.

«Eijiro.»

«Mh?»

Denki tirò fuori le magliette dalla busta. Quella di Eijiro era extra-large, come quasi tutte quelle che indossava. La tirò su e la infilò sia sulla testa del rosso che sulla propria, incastrando i loro corpi sotto la stoffa arcobaleno e causando le risate di entrambi. Solo dopo qualche secondo Eijiro si rese conto dello sguardo del biondo, improvvisamente addolcito.

«Benvenuto a casa.»


Note dell'autrice

Ciao cuori! 

Cercavo da tempo un'idea carina su cui sviluppare una KiriKami e finalmente ho trovato quest'occasione in un contest. 

(Sliding Doors, indetto da @WattpadFanfictionIT ; se siete interessati trovate il concorso tra i miei elenchi di lettura!)

Ammetto che rientrare nel limite di parole è stato complesso per me, ma spero di aver reso giustizia ad un momento delicato come la scoperta di sé stessi e di un nuovo amore.

Detto questo, ringrazio chi è arrivato fin qui!

Buon Pride Month a tutti 

 💜 💙 💚 💛 🧡 ❤️

Ella 

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