«Disturbo?» Dissi, sedendomi al fianco di Rubyo.
Questo sbatté più volte gli occhi, cercando di svegliarsi dall'assopimento indotto dal vino.
«Lyra! No, no... fai pure.»
Era nervoso.
«Di cosa stavate parlando?» Domandai, facendo finta di nulla.
«Il solito: quanto ci odiamo e come vogliamo ucciderci.»
Sorrisi. In effetti non era del tutto falso. Era una verità solo per metà, esattamente come quelle che gli stavo raccontando io.
«Forse non lo ricorderai...» Iniziò lui. «Ma tra di noi non scorre buon sangue.»
Il suo sguardo si legò al mio.
Non riuscii a reggerlo, costretta dall'unica bugia che ancora mi tenevo dentro a divergere l'attenzione sul mare.
«L'ho notato, in questi giorni.» Dissi solo.
Avrei voluto raccontargli come le cose stessero realmente, ma non volevo rischiare di legarlo a me più di quanto già non fosse.
A quel punto scomparve anche quel sottile velo d'ironia che aveva avvolto la nostra conversazione fino a quel momento.
«Sei sicura di voler rimanere sola con lui?»
Capivo le sue preoccupazioni.
Erano anche le mie.
Sorrisi, ora guardandolo negli occhi. «Non sono sola: ho Dollarus con me e un Kelpie sotto contratto che non può far altro che ubbidirmi.»
Il volto di Rubyo sembrò recuperare un po' di luce.
«Non ho più nulla da insegnarti.»
Malinconico, spostò lo sguardo verso il mare, passandosi la mano sulla nuca.
«Mi mancherai.» Disse all'improvviso, guardandomi di nuovo.
Con un gesto, che un tempo avrei creduto fraterno, mi depositò una mano sulla testa.
«Anche tu.» Risposi.
Lentamente, sentii il suo palmo scendere: sull'orecchio, sulla guancia, sul collo.
Rabbrividii a quel tocco così delicato.
Così come la sua mano, anche il suo sguardo scendeva sempre di più, seguendo i movimenti dell'arto.
Sentii il respiro mancarmi in petto quando vidi i suoi occhi, vitrei per l'alcol, indugiare sulle mie labbra.
Con le emozioni e i pensieri in subbuglio, le morsi impercettibilmente, ma Rubyo sembrò notarlo.
Vidi le sue dischiudersi leggermente, lucide e umide di saliva.
Sentii una strana sensazione iniziare a scavarmi lo stomaco.
Poi, il suo sguardo, risalì nuovamente, fermandosi nei miei occhi.
«Fa male?» Mi chiese improvvisamente, sussurrando, senza che io capissi. «Lo stemma dei Rasseln.» Aggiunse dopo.
Scossi la testa, cercando anche di risvegliarmi da quello stato di ipnosi nel quale ero caduta.
«Deve essere stato davvero un gesto disperato...» Per un momento, non parlò, immaginando quello che avessi dovuto passare, poi aggiunse: «Dov'è?»
Esitante, mi alzai in piedi, sganciando la cintura alla quale era legata la spada. Cadde a terra, producendo un rumore ferroso, ma sordo contro il legno cavo.
Rubyo, ancora seduto, mi guardava con il mento puntato verso l'alto.
Lo vidi deglutire.
Sotto il suo sguardo attento, tirai il tessuto della maglia, liberandolo dai pantaloni.
Scoprii il fianco sinistro fino a sotto il seno, mostrando lo stemma nero dei Rasseln.
Vidi Rubyo sporgere la mano, finché una falange non sfiorò la mia pelle.
Prima un dito, poi un altro, fino a quando tutto il palmo non aderì al mio fianco.
Tremai, sotto quel tocco.
Senza mai staccare la mano, vidi il volto di Rubyo alzarsi sempre di più verso il mio finché, di nuovo in piedi, non mi guardò dall'alto al basso.
Sentii il suo respiro affannoso sugli zigomi, unito ad un leggero aroma di vino.
Chiuse gli occhi e io con lui.
Percepii il suo volto avvicinarsi sempre di più finché le sue labbra non solleticarono le mie, così vicine da essere sul punto di toccarsi.
Poi uno stridio.
Quel suono poteva significare solo una cosa: le arpie.
Ci allontanammo all'istante, sbarrando gli occhi.
Senza più la sua mano sul fianco quel punto ora sembrava improvvisamente freddo.
Dollarus comparve improvvisamente sul ponte. Era in perfetta forma.
«Merda.» Sentii Rubyo imprecare. «Lo sapevo.»
Era scattato verso il bordo della nave, spingendosi due dita in gola e vomitando la cena ma, soprattutto, il vino.
Fui subito al suo fianco, ma mi allontanò con l'avambraccio della mano libera.
«Va' a nasconderti. Io ti raggiungo subito.»
«Non c'è più tempo!» Dollarus raggiunse il nostro fianco, restituendomi l'arma che avevo lasciato cadere.
«In stiva.» Ci spinse con forza dentro una botola, chiudendola non appena le nostre teste furono abbastanza basse.
Pochi attimi dopo sentimmo un tonfo sulla nave.
«Visita di pattuglia?» Sentii la voce di Dollarus dire, con la solita noncuranza e teatralità di sempre.
Il cuore mi batteva nella testa.
Se le arpie ci avessero scoperto, ci avrebbero ucciso sul posto: Gideon e Rubyo dovevano essere morti già da tempo, rispettivamente uno sull'Isola d'Estate e l'altro sull'Isola d'Inverno. Io, invece, mi ero finta una deportata solo per poter entrare.
«Come vedete, signora... o signore...» Aggiunse farfugliando. «è tutto regolare.»
L'arpia gracchiò.
«Ci sono fin troppi bicchieri e bottiglie per essere solo, Signor Dollarus.»
Merda.
«Vedo che la mia fama è arrivata alle stelle, visto che vi ha raggiunte in cielo.» L'omino emise una grossa e falsa risata, che l'arpia non ricambiò.
«Come ben saprete, allora, sono un mercante e quella meravigliosa donna al timone è una mia accompagnatrice.»
Seguirono dei secondi di silenzio in cui l'arpia dovette osservare Aerin.
Sentivo lo sterno di Rubyo gonfiarsi contro la mia schiena al ritmo del suo respiro: quel posto era veramente stretto.
«L'ultima volta che ti ho vista, Kelpie, stavi accompagnando un deportato nell'Isola d'Estate.»
Ora la voce gracchiante dell'arpia veniva da un altro posto.
Ne dedussi che si fosse spostata in un altro punto della nave, probabilmente più vicino ad Aerin.
«Esattamente.» Rispose solo.
«Ed immagino che tu abbia assolto il tuo compito.»
In quel momento, tremai.
Aerin avrebbe potuto tradirci per vendetta, facendo uccidere tutti solo per vedere Rubyo morire.
Sentii il cuore nel suo petto accelerare il battito.
Ne era consapevole anche lui ma, in più, doveva sopportare il fatto di trovarsi in quel luogo claustrofobico.
Così stretti, era impossibile muoversi, ma riuscii ad afferrargli la mano, poco distante dalla mia.
Lo sentii rafforzare la presa, intrecciando le dita.
Il cuore mi palpitava rapido in petto, mentre l'adrenalina si diffondeva nel sangue.
«Esattamente.» Ripeté Aerin.
Altri secondi di silenzio, e per un momento pensai che l'avessimo scampata.
«Non mi avete ancora spiegato il perché di tutte queste bottiglie e bicchieri.»
Trattenni un sussulto di paura quando, improvvisamente, sentii una bottiglia rompersi sul legno della nave.
Immaginai che l'arpia dovesse averne spinta una giù dal tavolo, probabilmente calciandola.
«Stavamo festeggiando. Non ci vedo nulla di male in questo.» Parlò Dollarus. «Qui...» Probabilmente indicando il tavolo. «...i quattro bicchieri sono serviti per un gioco alcolico. Volete provare?»
Uno stridio assordante: l'arpia non aveva gradito quella battuta.
«È lì?» Domandò questa.
«Di grazia, così state invadendo la mia intimità.» Disse Dollarus con fare teatrale. «Abbiamo bevuto un po', guardato le stelle in prua e poi... sapete come va a finire. Una cosa tira l'altra e...»
Avvampai. Anche Rubyo alle mie spalle si irrigidì.
Quel furbo di un bastardo.
Non era mai stato ubriaco, aveva solo finto, passando il resto della sera a spiarci.
Colta dal sussulto, urtai qualcosa di sporgente.
Sentii Rubyo mugugnare.
Feci per bisbigliare, ma Rubyo mi tappò la bocca con la mano ancor prima che potessi aprirla.
Ma non fu sufficiente: un tonfo sulle nostre teste ci immobilizzò.
Trattenemmo il respiro.
«Cosa è stato?» Senza ombra di dubbio, l'arpia ora era sopra di noi.
Potevamo vedere i suoi artigli tra le assi di legno.
«Io non ho sentito nulla.» Disse Dollarus, ma questa volta dalla sua voce trasparì l'insicurezza.
«Aprite la botola, Signor Dollarus.»
Avevo il cuore in gola, mentre lo stomaco veniva corroso dall'ansia.
Insieme, sia io che Rubyo, rafforzammo la presa che teneva unite le nostre mani.
Eravamo l'uno il sostegno dell'altra, come avremo fatto a non stare più insieme?
Seguita da uno scricchiolio legnoso, vedemmo la botola alzarsi lentamente, lasciando filtrare i primi raggi dell'alba.
Oramai non avevamo più scampo: ci avevano scoperti.