Mi ha scritto l'autrice chiedendomi di stoppare la traduzione, ho provato a parlare con lei ma non mi risponde più.
Perciò questo sarà uno degli ultimi capitoli che pubblicherò dato che li avevo pronti, non voglio che il mio lavoro sia stato sprecato.
Sono distrutta dalla cosa e sto cercando una soluzione, se avete idea di cosa io possa fare scrivetemelo su instagram, vi consiglio anche di visionare il mio profilo perché lì parlo con voi e vi tengo più informat* rispetto che qui.
Non potrò più darvi avvisi attraverso questa storia perciò, non cerco follower o altro, mi trovate come 'idkjustmystory'.
Love✨
Buona lettura:(
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Spensi la doccia, l'acqua bollente smise di cadere sul mio corpo. Strizzai i miei capelli e aprì il vetro appannato, afferrando la tovaglia bianca alla mia destra.
Avevo lasciato la stanza di Harry mezz'ora prima, e avrei dovuto incontrarlo di nuovo per andare a fare una passeggiata per pranzare.
Le cose che erano successe da quando avevo aperto gli occhi erano già troppe da reggere. Avevo passato l'intera doccia a pensare a differenti aspetti degli ultimi due giorni.
Non potevo andare da qualche parte con i vestiti della sera prima, e una grande parte di me non voleva andare da qualche parte con lui e basta. Non sapevo perché volesse uscire con me, a nessuno dei due piaceva l'altro e francamente rimanevo terrorizzata da lui. L'unica ragione per cui stavo andando era la mia curiosità che mi diceva che qualcosa di buono sarebbe potuto succedere.
Forse mi avrebbe tollerato di più, e forse non sarei stata così spaventata da lui.
Non avevamo mai avuto una conversazione nella quale lui non mi minacciava. Non apprezzavo il suo linguaggio del corpo invasivo ma ora sapevo che sapeva contenersi e non mi avrebbe ammazzata da un momento all'altro.
Credevo al fatto che non avesse abusato di me quella notte. Dopo averci pensato a lungo e bene, avevo compreso che non avevamo fatto sesso.
I miei vestiti erano ancora sul mio corpo e intatti.
Non mi sarei svegliata con lui accanto a me, mi avrebbe probabilmente lasciato da qualche parte in modo che io non avessi potuto sospettare di lui.
Inoltre avrei sentito sicuramente qualche tipo di fastidio camminando se fossi stata stuprata.
Tutte quelle ragioni mi convincevano a credere che stesse dicendo la verità. So che potevo sbagliarmi al cento percento ma mi stavo fidando del mio istinto. Non pensavo che qualcuno fosse entrato nei miei pantaloni quella notte.
In più mi aveva detto di andare da un dottore a farmi controllare se non gli credevo. Poteva star bluffando, ma continuavo a pensare di non essere stata toccata.
Con l'asciugamano legato intorno al mio corpo, mi avvicinai al lavandino e mi lavai i denti. Passai la mano sul vetro appannato, la prima cosa che notai era il residuo di mascara sotto i miei occhi.
Mentre tenevo lo spazzolino in una guancia, afferrai lo struccante con la mano libera. Cercai di aprire la bottiglietta per bagnare il dischetto.
"Fottuto—" Dissi con il dentifricio in bocca, cercando di aprirlo con una mano.
Lo aprì finalmente e bagnai l'ovatta, levai ogni residuo di cosmetici dal mio viso.
Ripresi a lavarmi i denti, mi abbassai e sputai nel lavandino iniziando a lavare la mia lingua. Toccai il retro della gola, se lo avessi toccato altre due volte ero sicura che avrei vomitato.
Sputai e finì, asciugandomi la bocca mentre mettevo il dentifricio a posto. Aprì la porta ancora nell'asciugamano, uscì dal bagno caldo tornando nella mia stanza.
"Non sapevo di essere nel tuo portfoli—"
Urlai, girando la testa e riconoscendo Harry sdraiato sul mio letto con un lecca lecca in bocca. Girò la sua testa verso di me quando urlai, il mio portfolio aperto tra le sue mani.
Strinsi l'asciugamano attorno al petto, il mio respiro rimase bloccato nei polmoni quando ancora una volta qualcuno era nella mia camera.
"Cristo hai gli ultrasuoni." Si massaggiò le orecchie.
Stavo respirando pesantemente, cercando di calmarmi ma non riuscivo a credere che fosse sdraiato nella mia stanza.
Ero stata presa di sprovvista essendo solo in un'asciugamano.
La vulnerabilità della situazione mi aveva resa ancora più nervosa, non riuscivo a respirare.
"Cosa stai—" non riuscivo a finire le mie frasi per via del mancato respiro.
"Cos—"
Avevo bisogno del mio inalatore.
Camminai verso la mia valigia stringendo l'asciugamano, mi abbassai stando attenta a non esporre nessuna parte del mio corpo nudo.
Frugai tra le mie cose con una mano, l'altra occupata a stringere l'asciugamano. Afferrai il mio inalatore di plastica, lo stappai e lo portai alla bocca, spruzzando l'aria chimica nella mia bocca e giù per la mia gola.
Nel momento in cui presi l'aria fresca rimisi il tappo e lo lanciai nella valigia, girandomi verso di lui.
"Cosa ci fai qui!" Finalmente ebbi le parole per parlare.
"Hai l'asma?" Disse con il mio portfolio ancora aperto, parlando attraverso il lecca lecca.
"Come sei entrato nella mia stanza?"
"La tua donna delle pulizie era qui con la porta aperta, quindi sono entrato." Aggrottò le sopracciglia come se stessi facendo una domanda stupida.
"Perché sei qui? Ti ho detto che sarei venuta da te dopo essermi lavata e vestita." Non riuscivo a non essere incazzata, non aveva idea di cosa fosse la privacy.
"Ci stavi mettendo troppo." Scosse la testa come se fossi io ad essere in torto.
"Bene, puoi andartene per favore?"
Guardò di nuovo il portfolio, la schiena contro la testiera del letto e le gambe estese e incrociate l'una sull'altra.
"Sono nel tuo portfolio." Lo girò per mostrare la foto. Lo avevo tra le mie foto. Era la foto che gli avevo scattato due anni prima al concerto con Marissa.
Mi avvicinai al letto e lo strappai dalle sue mani.
"Avevo intenzione di toglierti." Mormorai, lanciando il portfolio sulla mia valigia. Non avevo nemmeno idea di come avesse fatto a trovarlo e da dove lo avesse preso.
"Sei esuberante oggi." Potevo sentire il ghigno sulle sue labbra.
"Mi sono svegliata ammanettata al letto." Afferrai dei vestiti a caso dalla mia valigia, avendo bisogno di coprirmi il più velocemente possibile in modo da non essere nuda nelle sue vicinanze.
"La scatola delle tue pillole anticoncezionali dice che il cambio di umore può essere un effetto collaterale." Mormorò.
Mi girai di colpo e lo vidi nello stesso posto ma con la confezione delle mie pillole tra le mani, letteralmente leggendo le indicazioni come se fossero affari suoi.
Camminai di nuovo verso di lui e glielo strappai dalla mani, stringendo fermamente l'asciugamano. Avevo dimenticato di averle lasciate sul mio comodino.
Mi sorrise, sapendo di avermi infastidita quando le strappai dalle sue mani.
"Hai persino saltato la pillola di Sabato." Puntualizzò, succhiando il suo lecca lecca con sfacciataggine.
"Puoi per favore lasciarmi in pace così posso prepararmi?" Lanciai la confezione sulla valigia, cercando di essere il più educata possibile con le mie parole.
"Signorina Brooks lei sta avendo sesso non protetto?" Mi parlò come un genitore deluso, ignorando la mia richiesta di andarsene.
"È per le mestruazioni." Alzai un sopracciglio.
"È quello che dicono tutte." Scosse la testa, annoiandomi davvero per la prima volta.
Di solito ero terrorizzata da quell'uomo, ma quel giorno mi stava solo facendo incazzare ed era difficile evitarlo. Non volevo urlare perché non ne volevo le conseguenze. E a parte Harry, non mi piaceva perdere il mio controllo con le persone, odiavo i confronti perciò di solito mi serravo la bocca.
Afferrai il mio assortimento casuale di vestiti, realizzando che non mi avrebbe lasciata in pace e non ero psicologicamente pronta a sopportarlo.
Camminai verso il bagno di nuovo, non dicendo altro mentre chiudevo la porta dietro di me.
"Non avrei guardato lo sai." Lo sentì dire dietro la porta.
Non risposi perché non c'era una risposta effettiva da dare. Se pensava che mi sarei spogliata avanti a lui come se fosse una persona di cui mi fidavo ciecamente stava male.
Girai la chiave nella toppa della porta e immediatamente infialai dei pantaloncini di jeans e un top bianco, senza nemmeno impegnarmi nel scegliere qualcosa di più impegnativo.
Continuavo a sentire dei colpi contro il muro, non ero sicura che fosse il muro del bagno o qualsiasi altro muro della stanza ma ero sicura stesse succedendo qualcosa lì.
Una volta vestita mi pettinai i capelli bagnati, sperando che l'aria non li rendesse un groviglio disastroso. Applicai del deodorante e uno spray per il corpo, finalmente pronta ad andare.
Aprì la porta e lo vidi ancora contro la testiera in cui non avevo ancora mai dormito. Il lecca lecca era ancora nella sua bocca mentre stava lanciando una sporca palla da tennis contro il muro opposto al letto.
Immagino fosse quello il rumore che sentivo.
La tirò sul pavimento facendola rimbalzare contro il muro lontano e di nuovo da lui. Camminai e afferrai la mia piccola borsa, infilandola al braccio.
"Pronto?" Mormorai.
Lui si alzò con il lecca lecca tra le labbra e la palla da tennis nel palmo.
Infilai le mie scarpe verdi, immediatamente pentendomene perché erano completamente umide. Arricciai il naso nel momento in cui sentì l'acqua.
"Scarpe bagnate?" Chiese notando la mia reazione.
"Si, un po'..." Mormorai frustrata.
"Non hai un altro paio di scarpe?" Guardò in basso verso le mie vans che erano state decisamente indossate per troppo tempo.
"No." Scossi la testa.
"Perché sono verdi?" Continuò a fissare le mie scarpe.
"Perché mi piace il verde..."
"Oh!" Lui spalancò gli occhi guardando il mio viso prima di tornare a guardare di nuovo le scarpe. "Erano già così quando le hai comprate?"
Spalancai la bocca e non riuscì a non alzare gli occhi al cielo, non capivo se fosse serio o se stesse scherzando.
"Andiamo, spero si asciughino per strada." Ignorai il suo insulto.
Lui sorrise e aprì la porta, facendomi segno di passare. Il sorriso era un sorriso di cui non mi fidavo ancora, era falso.
Camminai con lui dietro di me che chiuse la porta. Non sapevo cosa aspettarmi da quella passeggiata, non sapevo come camminare con lui come una persona normale. Continuavo a non sentirmi al sicuro con lui intorno a me, alla fine eravamo in pubblico.
Camminammo in silenzio verso l'ascensore, il mio stomaco mi diceva che ero nervosa. Mi sentivo come se il mio stomaco fosse sempre nervoso, avevo bisogno di una vacanza.
Premetti il tasto dell'ascensore, poi incrociai le braccia. Si appoggiò al muro di fronte a me, lanciando la pallina sul pavimento accanto a me, mi appoggiai al muro dell'ascensore girata verso di lui.
Chiusi gli occhi, aspettando pazientemente l'ascensore. Forse dovevo dire una preghiera veloce?
Lanciava ripetutamente la palla, iniziando davvero ad annoiarmi ma ancora una volta lo tenni per me. Cercai altre cose da dire per eliminare quel silenzio tombale.
Le porte si aprirono e io mi girai entrandoci, lo guardai da sopra la mia spalla invitandolo ad entrare. Cliccai il tasto della lobby, le porte d'oro si chiusero. La mia schiena si posò contro il muro specchiato, guardando Harry contro l'altro muro.
"Dove andiamo?" Chiesi per evitare il silenzio.
"A pranzo." Mormorò attraverso il lecca lecca, lanciando la palla sul pavimento.
"Ma perché ci sto venendo con te?" Chiesi
"Non lo so, dimmelo tu." Rimase vago, l'ascensore precipitava per decine di piani. "Non vuoi uscire dall'hotel?"
"Be Si...ma non pensavo mi volessi tra i piedi." Dissi piano.
Avevo bisogno di lasciare il peso nella stanza.
Lui sorrise e divise le labbra per rispondermi, ma immediatamente le porte suonarono e si aprirono. Girammo la testa verso l'estraneo che entrò in un completo grigio. Si mise al centro della stanza, di fronte alle porte.
Le porte si chiusero e l'ascensore divenne silenzioso. Stavo di fronte ad Harry appoggiato sul muro, lo guardavo passare il lecca lecca da una guancia all'altra. Nonostante ci fosse qualcuno in quella stanza continuava a lanciare la pallina sul pavimento, posando la testa contro il muro e chiudendo gli occhi. Non aveva bisogno di guardare quando lanciava la palla verso il pavimento e l'afferrava nella sua grande mano.
L'uomo d'affari aveva gli occhi su Harry che lanciava la palla, trovandolo peculiare ma non dicendo nulla. Il silenzio lì dentro era assordante.
"Oh! Aven hai preso la tua pillola anticoncezionale?" Harry aprì gli occhi e fece scattare la sua testa, sbottando.
Sussultai, non potevo immaginare quanto rossa fosse la mia faccia mentre l'estraneo passò i suoi occhi su di me.
Finsi una risatina come se fosse uno scherzo, sapendo che stesse cercando di imbarazzarmi per qualche ragione.
"No andrò a fare la prescrizione oggi quando vado a prendere il tuo viagra." Risposi.
Spalancò leggermente la bocca, sorpreso dalla mia risposta. Harry e l'estraneo si guardarono, lui gli diede una piccola espressione incazzata lanciando la palla più forte sul pavimento.
Abbassai la testa ridendo, cercando di contenermi. Forse avevo esagerato ma era la prima cosa che mi era venuta in mente.
L'ascensore si aprì e l'uomo d'affari non perse tempo per correre fuori dall'ascensore. Guardai Harry prima di uscire dall'ascensore, lasciandolo camminando attraverso l'elegante lobby.
Non passò tanto finché sentì di nuovo la sua presenza, posò il braccio sulle mie spalle abbassandosi verso il mio orecchio. Sentì immediatamente l'odore di ciliegia.
"Sei davvero divertente." Disse sarcastico.
"Hai iniziato tu." Puntualizzai mentre camminavamo insieme verso l'uscita.
"Tutto quello che ho iniziato io era confermare che sei una donna fertile con dei desideri, mentre tu hai deciso di dire che non mi arriva il sangue al cazzo." Constatò ma non sembrava incazzato, più divertito.
Risi spingendo il suo braccio dalle mie spalle.
"Ben ti sta." Risi mentre attraversavamo le porte girevoli.
Entrai nel primo spazio sperando che avesse la decenza di entrare in quello dopo. Ma ovviamente entrò nel mio spingendosi contro di me nel piccolo spazio.
Il suo petto contro la mia spalla, le mani contro il vetro ai lati della mia testa. Sentivo il suo petto bollente contro di me, i suoi fianchi contro il mio sedere, che mi sorpresero.
Scossi la testa a me stessa, uscimmo e l'aria calda di giugno mi colpì. Mi girai e lo guardai, vedendo che aveva un ghigno con il suo lecca lecca.
"C'é una ragione per cui sei entrato nello stesso spazio con me?"
Lui ghignò.
"Oops." Iniziò a scendere le scale del costoso hotel, lasciandomi lì.
Incrociai le braccia e lo seguì, le sue lunghe gambe lo rendevano molto più veloce di me. Naturalmente corsi giù per le scale per stargli vicino.
Il sole bruciava sulla nostra pelle. Finì il suo lecca lecca lanciando il bastoncino sull'asfalto mentre camminavamo per Atlantic City. Lanciava la palla da tennis mentre camminavano.
"Non hai paura di essere notato per strada?" Mormorai.
Lui fece spallucce, sembrava molto più alto quando eravamo spalla contro spalla.
"Meglio di girare a fare il coglione con quattro guardie del corpo come se fossi nobile." Mormorò, stringendo gli occhi per colpa del sole.
Notai che non indossava degli occhiali da sole per una volta, cosa totalmente scioccante per me. Lo avevo visto indossare occhiali da sole ovunque, incluso l'interno. Quel giorno era davvero soleggiato e i suoi occhi erano nudi.
"Hai dimenticato gli occhiali?" Chiesi.
"Mmm." Mormorò scocciato.
"Possiamo tornare indietro." Proposi, non eravamo ancora tanto lontani.
"No." Declinò, continuando a lanciare la palla mentre camminavamo accanto alla spiaggia. C'erano dei negozi aperti ovunque, molti con bancarelle esterne. Le strade straboccavano di persone, fortunatamente nessuno lo notava.
Continuavo a non sapere perché fossimo insieme, ma ormai ero abituata a cose di quel genere. Ero sempre attratta dall'arte dell'arrangiarsi, e se andare a pranzo con Harry avrebbe eliminato le sue tendenze psicotiche— lo avrei fatto volentieri.
"Dove andiamo a pranzo?" Chiesi, cercando di evitare il silenzio.
"Immagino che lo scopriremo." Constatò, significava che non aveva un'esatta destinazione. "Diamo alle tue scarpe il tempo di asciugarsi."
Mi ero quasi dimenticata che le mie scarpe fossero umide.
"Non so come si asciugheranno se le ho indosso." Ridacchiai.
Senza avvisarmi si stoppò avanti a un negozio che aveva degli occhiali esposti fuori. Iniziò a frugare interessato.
"Quindi," iniziò a girare il porta occhiali. "Parlami di questo ragazzo che hai."
Mi bloccai dall'altro lato della bancarella, aggrottando le sopracciglia e chiedendomi quando gli avessi detto del mio ex fidanzato.
"Come fa—"
"La scorsa notte ho fatto un commento sulla tua verginità e sei stata molto veloce a dirmi che non lo sei." Rispose prima che finissi la domanda.
Ottimo lavoro Aven.
"Non ci credo che te l'ho detto..." Mormorai leggermente imbarazzata.
"Perché? Non è la verità?" Parlò con il suo accento.
"Be...si ma è una cosa personale." Mormorai, le mie guance si erano sicuramente arrossate.
Lui ghignò e afferrò un paio di occhiali neri come quelli che aveva già, ma una versione più cheap. Inoltre quelli avevano l'interno delle asticelle rosso.
"Quindi chi é il fidanzatino?" Continuò a chiedermi.
"Come fai a sapere che é stato con il mio fidanzato?" Fissai la stessa bancarella.
"Non sei una che perde la verginità con uno a caso." Constatò scuotendo le spalle.
Camminai verso i portachiavi, guardandoli mentre lui rimaneva dietro di me.
"Si è stato con il mio ragazzo." Mormorai, afferrando un piccolo portachiavi di Atlantic City.
Sentì delle mani afferrare i miei fianchi, un brivido lungo la mia schiena. Si abbassò verso il mio orecchio.
"Sarebbe incazzato se facessi questo?" Mormorò attraverso i miei capelli umidi.
Sfuggì dalla sua presa continuando a camminare attorno alla bancarella, guardandolo. Aveva un sorriso giocoso in volto, continuando ad indossare i suoi occhiali.
"Ci siamo lasciati." Constatai, ignorando il fatto che aveva appena afferrato i miei fianchi. Era schifoso che mi fossi abituata ad essere toccata da lui.
"E?"
"E cosa?" Inarcai un sopracciglio.
"Sarebbe incazzato?" Ripetè la domanda di prima, facendomi pensare.
"Era un tipo geloso, si." Annuì.
"Per quanto siete stati insieme?" Perché mi ricordo distintamente che due anni fa eri sotto di me nel mio camerino." Disse la cosa che stavo cercando di evitare, ghignando sadicamente.
Cercai di bloccarlo quella notte, ogni volta che ci penso la mia testa diventa pesante. Non era tanto per Harry ma per Quincy.
"Non voglio parlare di quella notte...scusa." Dissi a bassa voce, sperando che per una volta rispettasse le mie decisioni.
Il sorriso sulle sue labbra cadde, occhi nascosti dalle lenti. Cadde il silenzio tra di noi per un po', i miei occhi tornarono sui portachiavi.
"Abbiamo iniziato a uscire insieme pochi mesi dopo quel concerto." Mormorai, sperando di cambiare discorso. "Ci siamo lasciati dopo il diploma lo scorso anno."
"E perché?" Giocò con alcuni portachiavi.
Mi bloccai.
"Volevamo cose diverse, dovevo lasciarci andare." Sospirai.
Lui rise e scosse la testa.
"Ah l'amore— il veleno dell'autodistruzione." Sorrise, non mi aspettavo di sentire altro che un'affermazione senza speranze sull'argomento amore.
"Già." Mormorai d'accordo.
Iniziò a camminare andando via, di nuovo sul marciapiede con gli occhiali in volto. Aggrottai le sopracciglia e lo seguì, incrociando le braccia.
"Stai um...indossando gli occhiali." Mormorai mentre mi avvicinavo a lui, non sembrava stupito.
"Ne sono consapevole."
"Non li hai pagati."
"Perché li sto prendendo in prestito." Scosse la testa come se fossi io quella stupida.
"Harry non puoi f—"
Si bloccò e si girò verso di me nel mezzo del marciapiedi, mi torreggiava mentre tenevo le braccia incrociate.
"Vuoi dirmi cosa posso o non posso fare, principessa?" Disse in un tono molto più serio, il mio cuore perse un battito.
Mi guardai intorno per vedere che eravamo in mezzo al pubblico, sperando che nessuno ci stesse guardando.
"Non guardarti intorno, guarda me quando ti parlo." Disse come se fossi una bambina.
Ingurgitai il groppo che avevo in gola, fissando la sua faccia rigida mentre sembrava non piacergli quello che avevo detto.
"I- io stavo solo dicendo ch—"
"Bene non farlo." Mi bloccò, facendomi sentire piccola mentre le persone intorno a noi camminavano.
"Okay." Sussurrai, una piccola parte della mia autostima morì.
Si girò e continuò a camminare, lanciando la palla da tennis. Tenni le braccia incrociate perché persino quelle piccole interazioni mi rendevano nauseabonda. Non stavo cercando di far uscire il suo lato cattivo, pensavo che stessimo facendo dei progressi nell'avere una conversazione normale.
Camminammo silenziosamente per un secondo, il sole brillava su di noi. Stavo qualche passo dietro di lui, guardando i muscoli della sua spalla contrarsi mentre camminava. Aveva delle grandi spalle, la sua vita un po' più stretta. La maglia avvolgeva il suo corpo nei punti giusti, stretta sulle sue spalle ma più libera sul torso. I suoi jeans erano stretti sulle lunghe gambe, il materiale terminava alle caviglie. Il suo outfit sorprendentemente coordinato; jeans neri; maglia nera; converse nere con lacci bianchi.
I suoi tatuaggi lungo le sue braccia esposte. Un po' di inchiostro anche sotto gli anelli sulle sue mani. Potevo riconoscere alcuni tatuaggi tra le sue dita, lo smalto nero scheggiato, quando si metteva lo smalto?
Realizzai di non aver mai guardato il suo braccio da così vicino— vidi qualcosa di strano.
I tatuaggi erano piccoli e sparsi sul suo braccio, e quando mi avvicinai capì finalmente cosa fossero.
Emily
Vanessa
C'erano dei nomi femminili sul suo braccio, davvero piccoli e chiari come se li avesse fatti a se stesso con quell'ago. Più mi avvicinavo più nomi riconoscevo.
Eliana
Cassidy
Più guardavo più piccoli nomi comparivano, ricoprivano il suo braccio mischiandosi con alcuni tatuaggi artistici. Tutti i nomi erano tatuati nella stessa calligrafia, minuscolo, alcuni sbiaditi e alcuni più scuri di altri.
Era difficile concentrarsi su tutti i nomi perché stavamo camminando e il suo braccio si muoveva. Ma continuavo a scoprire sempre più nomi tra i suoi tatuaggi; erano così tanti.
Mentre guardavo il suo braccio non mi accorsi che era entrato in un ristorante. Lo seguì all'interno del locale di cui non avevo nemmeno letto il nome.
Nel momento in cui entrammo mi sembrò di fare un salto indietro nel tempo. I pavimento a scacchi neri, divani rossi di pelle, jukebox, muri verde acqua e tavoli— quello era un ristorante in stile anni 50'.
La musica riempiva il ristorante mischiandosi con le parole delle persone e il tintinnio de vetro. Cameriere passavano tra i tavoli con grandi piatti di cibo, divise blu chiaro con colletti e grembiuli rossi.
Harry si sedette in un tavolo accanto alla finestra, lo seguì. Sembrava molto affollato lì, non ero sicura se avessimo dovuto aspettare per sederci ma non pensavo Harry aspettasse che qualcuno gli dicesse di fare qualcosa.
Scivolai sul divano rosso, lui difronte a me. Immediatamente sentì le sue caviglie ai lati delle mie. Guardai in basso discretamente, notando come i miei piedi erano tra i suoi perché le sue gambe erano estese.
Lo fissai e notai che mi stava guardando sapendo di essere invasivo.
"Ho le gambe lunghe." Constatò facendo spallucce, sistemandosi sul divano con gli occhiali da sole in volto.
Li avrebbe tenuti su per tutto il giorno.
Posò i gomiti sul tavolo, mani incrociate. Abbassai gli occhi, guardando l'inchiostro che non aveva notato stessi esaminando.
"Vanessa." Mormorai, guardando il suo braccio e facendo finta che quello fosse la prima volta che lo notassi.
Guardò il suo braccio, i suoi occhi si posarono sul nome che stavo leggendo.
"Mhmm." Girò il suo braccio mostrandomi gli innumerevoli tatuaggi sulla sua pelle.
Erano tantissimi, incluso quello nuovo che si era fatto quella mattina.
Ellery.
Natasha.
Amelia.
La mia testa si perse tra tutti quei nomi femminili, non li avevo mai notati prima. Non riuscivo nemmeno a contare quanti fossero, centinaia.
"Chi sono tutte queste donne?"
Lui guardò il suo braccio con me.
"Donne che mi sono scop—"
"Buongiorno, benvenuti al Thompson Diner, il mio nome é Amanda e sarò la vostra cameriera oggi." Era arrivata esattamente mentre Harry mi stava confessando una cosa che mi aveva sconvolta. "Qui c'é il menu, posso portarvi da bere per iniziare?" Mi sorrise reggendo i menu laminati.
Mi fissò, la mia testa stava nuotando in quello che Harry mi aveva appena detto, non trovavo le parole per risponderle.
"Erm...io—" La sua domanda così semplice era troppo difficile per me in un momento come quello.
Fissai Harry che ghignò, guardandomi lottare per rispondere.
"Solo acqua grazie." Dissi.
Lei annuì e guardò Harry.
"Per me del Caffè." Disse. "Avete del the alle erbe?"
"Abbiamo menta piperita, the verde, earl grey e camomilla." Lei elencò.
"Portale anche una camomilla." Disse lui confondendomi.
"Okay, vi ringrazio." Disse prima di allontanarsi, lasciandoci di nuovo da soli.
"Perché mi hai preso una camomilla?" Chiesi.
"Per calmare i tuoi fottuti nervi." Mormorò sospirando prima di alzare il menu a coprirgli il viso. "Sembri poter esplodere in ogni momento."
Be detto da uno psicopatico come te che cerca di ammazzarmi, colpa mia!
Non dirlo Aven.
"Possiamo tornare a parlare del tuo braccio." Cambiai argomento.
"Cosa vuoi sapere?" Disse guardando il menu, tutto quello che potevo vedere erano le sue dita smaltate di nero.
"Perché hai tutte queste donne con cui hai dormito tatuate sul tuo corpo per tutta la vita?"
"Non sono tutte quelle che mi sono scopato, solo quelle che ricordo." Chiarì.
O mio Dio era quello che Liam intendeva il giorno prima nella piscina quando gli aveva chiesto della sua notte.
"Chi c'era lì dentro allora?" Niall continuò la conversazione, fui sollevata che non mi stesse più coinvolgendo.
"Solo una ragazza a caso dal bar." Harry mormorò in risposta.
"Abbastanza brava da ricordarti il suo nome?" Liam ridacchiò.
"Natasha." Mormorò mentre gli davo le spalle e cercavo semplicemente di concentrarmi sulla vista.
Aveva molto più senso ora.
"Ma perché?" Ero confusa sul perché dovesse farlo.
Posò il menu sul tavolo in modo che potessi guardarlo di nuovo in faccia, sistemandosi sul divano.
"È iniziato con uno sbaglio da ubriaco, poi ho continuato come un gioco." Si comportava come se non fosse una cosa importante. "Ora ho le braccia ricoperte."
"Li hai fatti tu?"
"I nomi? Si. O dovrei andare da un tatuatore ogni giorno." Ridacchio, menefreghismo nel suo tono.
"Hai dormito con tutte queste ma non sei tipo...nervoso di..."
"Prendere qualcosa?" Finì la mia domanda.
Annuì.
"Si chiamano preservativi, piccola." Scosse la testa. "Perché? È difficile pensare che io sia responsabile?"
"N-no voglio dire, a volte può succedere di dimenticarlo."
"Non con me. Mi hanno chiesto tante volte di non metterlo ma penso che sia solo perché vogliano che le metta 'accidentalmente' incinte in modo da poter essere 'la mamma del bambino di Harry Styles' e volere i miei soldi ogni fottuto mese." Disse onestamente.
"Perché dormi con persone se sai che ti stanno usando per cose del genere?" Alzai un sopracciglio.
"Perché le uso anche io, nessuno dei due sarà ipocrita."
"Se la vedi in questo modo." Mormorai, sentendo le sue caviglie contro le mie gambe. Volevo che tenesse le sue gambe nel suo lato.
Guardai il menu, leggendo velocemente le portate. Sapevo che sarebbe tornata a momenti quindi dovevo farmi un'idea di cosa prendere.
Fortunatamente la nostra cameriera tornò con i nostri drink, posandoli sul tavolo avanti a noi.
"Okay, un caffè, una camomilla e dell'acqua. Avete deciso cosa prendere?" Si girò verso Harry questa volta mentre io cercavo di leggere il menu il più velocemente possibile.
"Per me solo un hamburger e delle fries. Oh e una sprite." Constatò lui, aggiungendo un altra bevanda.
"Non sarebbero delle patatine fritte per te." Lei fecce una battuta sul fatto che lui fosse inglese.
Cattiva idea signorina.
Lo fissai mentre lui si stampava un sorriso falso in volto, davvero condiscendente.
"Sai cosa, sei davvero divertente Amanda." Sorrideva ma parlava in modo sarcastico.
Il viso di lei cadde un po', i suoi occhi immediatamente si spostarono su di me.
"E per te?" Parlò un po' più a bassa voce, imbarazzata.
"La stessa cosa." Mormorai educatamente, cercando di rimediare alle attitudini di Harry.
Lei annuì e afferrò i menu, allontanandosi senza dire altro. Penso fosse un po' ferita dal sarcasmo di Harry, mi sentivo in colpa per lei.
"Stava cercando di essere amichevole." Dissi.
"Non voglio che sia amichevole." Afferrò la sua tazza di caffè e i pacchetti di zucchero.
"Penso che tu l'abbia resa triste..." Mormorai.
Fece spallucce come se non gli importasse, versando cinque bustine di zucchero e girandole. I miei occhi lo fissavano mentre strappava le bustine.
"Ti piace lo zucchero." Mormorai.
Lui annuì.
"E tu sei ficcanaso."
"Sto solo cercando di fare conversazione." Mormorai difendendomi, l'ultima cosa che volevo era essere ficcanaso.
"Okay, allora dimmi qualcosa su di te." Disse senza mezzi termini.
Accidenti, non sapevo che dire. Onestamente non volevo sapesse qualcosa su di me. Ero spaventata che ogni valida informazione su di me l'avrebbe sfruttata in futuro.
"Il mio colore preferito è il giallo." Rimasi veramente vaga, qualcosa che non importava.
"Il colore peggiore." Rispose immediatamente.
"Cosa? Come fa ad essere il colore peggiore?" Alzai le sopracciglia, mostrandogli le mie unghia dipinte di giallo pastello.
"Così stomachevole." Le fissò scuotendo la testa.
"Allora qual è il tuo colore preferito?" Incrociai le braccia offesa.
"Non ne ho uno." Fece spallucce, prendendo un sorso dal bicchiere, ero disgustata immaginando quanto dolce dovesse essere.
"Tutti ne hanno uno."
"No, non é vero." Le sue labbra formarono una linea.
"Non ti viene nulla in mente quando pensi a un colore preferito?" Non gli credevo.
"Vediamo..." Lui abbassò gli occhi sul tavolo, facendomi vedere i suoi occhi da sotto gli occhiali da sole. Erano chiusi come se stesse pensando.
"Tutto quello che vedo é nero."
"Non ti piace il blu o qualcosa del genere?"
Si sistemò di nuovo sul divano, scuotendo la testa.
"No, sembro un ragazzo colorato Aven?" Guardò in basso verso i suoi vestiti, sapendo di indossare solo nero.
"Odi tante cose vero?" Incrociai le braccia sul tavolo.
"Non sono un grande fan della società e le cose che gli appartengono, piccola." Iniziò a mettere le tazze che erano sul tavolo in fila.
"Allora dimmi qualcosa che ti piace." Guardai le sue mani mettere delicatamente le tazze a formare una piramide.
"Qual'é l'argomento? Droga, sesso, rock and roll?" Mormorò concentrandosi sulla piramide.
"Omicidi, rapine, insanita mentale." Risposi con un sorriso giocoso, facendolo guardare di nuovo verso di me.
Sembrava confuso, ma intrigato dalle mie parole.
"Scusami?"
"Ho fatto un compito per la scuola su questi argomenti." Mormorai ricordandomelo come se fosse successo il giorno prima. "Droga, sesso, rock and roll. Omicidi, rapine, insanita mentale. Qual è la differenza, giusto?"
Lui si bloccò fissandomi attraverso le sue lenti scure, il suo viso illeggibile prima che si girasse verso la piramide.
"Poco inverosimile." Mormorò giudicandomi.
"Non sei d'accordo?"
"No, non lo sono." Strinse la mascella mentre sospirava.
"Le rockstar uccidono le persone che sono stravolgendosi con l'uso della droga. Il sesso è un'interazione che ruba lo spirito intimo. Il rock and roll è un modo per esprimere l'insanita nella testa di qualcuno." Spiegai chiaramente, ricordandomi i collegamenti del mio compito.
Lui immediatamente colpì le tazze che caddero sulla finestra e il tavolo. Sussultai all'azione immediata, sentì il mio stomaco contrarsi.
Batté le grandi mani sul tavolo, avvicinandosi. Le sue caviglie stringevano le mie ora, gli occhiali nascondevano l'oscurità dei suoi occhi.
"Pensi di avere un'idea di cosa significa stare nell'industria musicale, Aven?" Sussurrò attraverso i suoi denti, prendendomi alla sprovvista.
La mia bocca divenne deserta e la mia gola si chiuse.
"Io—cos—No—No stavo solo dicendo ch—"
"Pensi che scrivere un stupido compito per la tua classe significa sapere esattamente come tutto funzioni?" Ringhiò, facendomi sentire fisicamente al limite da quanto fosse arrabbiato con me.
"Non stavo cercando di offenderti, volevo fare solo conversazione." Parlai a bassa voce, spaventata dalle sue azioni.
"Pensi sia così facile vero? Andare a casa, scrivere un compito su persone di cui non sai fottutamente nulla? I musicisti sono un gruppo di persone con un'instabilità mentale che usano cose come il sesso e i narcotici per superare la propria vita, giusto?"
"Non ho detto questo." Scossi la testa velocemente.
"Lo hai sottinteso." Sussurrò tra i denti.
"Non stavo rivolgendo la mia affermazione a te, stavo solo parlando dei simbolismi attraverso l'argomento. I-io non so nulla dell'industria musicale. Stavo solo esponendo le vecchie frasi in modo metaforico e non letteralmente." Misi le mani sulle mie cosce perché stavo tremando, sentendo dolore nel mio stomaco.
"Sai alcuni di noi non decidono di—" Si bloccò, sospirando prima di irritarsi ancora di più. Si allontanò e scosse la testa, lo spazio tra di noi divenne silenzioso. "Dimenticatelo, non capiresti."
"Non capirei cosa?"
"Non saremo mai allo stesso livello. I nostri problemi sono davvero diversi." Si calmò parlando con un tono privo di emozioni.
"Cosa dovrebbe significare?" Mormorai perché ero persa.
"Tu hai i tuoi problemi, io ho i miei. Le persone cone te amano cercare di capire le persone come me, ma non ne hanno una fottuta idea. Le persone come te pensano nelle loro teste di cazzo che sia facile comprendere la vita di tutti." Parlò in modo monotono, mettendo di nuovo le tazze a posto.
"Harry non sto cercando di capire nessuno, hai capito tutto male. Mi dispiace di averti offeso, non era mia intenzione dire nulla sul vostro stile di vita stavo solo cercando degli argomenti per la conversazione."
"Ma l'argomento non ti appartiene, ecco perché sei nel torto." Mormorò. "I termini droga, sesso e rock and roll non sono metafore con cui puoi divertirti, è uno stile di vita per qualcuno." Chiarì guardandomi e stringendo la mascella.
"Okay, mi dispiace. Non volevo offenderti. Ho capito cosa intendi, possiamo cambiare argomento."
"La tua vita dev'essere stata così fottutamente perfetta..." Scosse la testa e mormorò.
"Harry ti prego basta, cambiamo argomento." Mormorai, non volendo discutere.
Arrivò Amanda con i nostri due piatti, facendoci allontanare l'uno dall'altro sulle nostre postazioni. Posò i piatti identici e la sprite di Harry, dandoci un piccolo sorriso.
"Grazie." Mormorai, Harry non disse nulla.
"Buon pranzo." Annuì prima di allontanarsi, speravo fosse rimasta un po' di più.
Il tavolo divenne silenzioso, Harry si tolse gli occhiali per una volta. Li posò sul tavolo, mostrando i suoi occhi verdi che sembravano ancora un po' agitati. Guardai il cibo, chiedendomi se avessi dovuto mangiare e rimanere in silenzio. Il puro silenzio tra due persone che mangiavano era sempre orribile, ma a questo punto dovevo solo state zitta.
Ma non potevo lasciare andare la cosa finché anche lui non l'avrebbe fatto.
"Hey..." Mi piegai e afferrai il suo polso sul tavolo, attirando la sua attenzione. I suoi occhi verdi scattarono verso di me, preso alla sprovvista. Realizzai che toccarlo fosse strano, quindi immediatamente lasciai la presa prima di continuare.
"Mi dispiace se ho parlato pensando di sapere cosa significa essere musicisti, non era mia intenzione. Sono seria quando dico che stavo parlando in termini metaforici."
Lui spostò i suoi occhi dai miei e afferrò la bottiglia della sprite cercando di aprirla.
"Sta al tuo posto, principessa." Mormorò combattendo con la bottiglia.
"Quale pensi sia il mio posto?" Chiesi curiosa.
"Le fotografie." Mormorò in tono accondiscendente, ovviamente cercando di offendermi facendo battute sulla mia professione.
Guardai la bottiglia che stava cercando di aprire senza uno stappa tappi. Lo guardai per un paio di secondi frustrandomi.
Mi spostai e afferrai la bottiglia, facendolo bloccare. Mi guardò lasciando la presa sul vetro, in modo che io la sfilassi dalle sue mani.
Mi guardò silenzioso mentre io portavo la bottiglia alla bocca, incastrando il tappo accanto al mio molare. I suoi occhi caddero sulla mia bocca prima che io chiudessi gli occhi e aprissi la bottiglia.
Quando aprì gli occhi, notai le sue labbra leggermente separate. Fissava ancora la mia bocca mentre io sputavo il tappo sul tavolo e facevo scorrere la bottiglia di vetro verso di lui.
Afferrai la bottiglia rossa del ketchup sul tavolo e la girai per versarlo nel mio piatto. Quando ne versai un po' la spostai, mettendo una patatina in bocca e guardando di nuovo Harry che mi stava ancora fissando.
Aggrottai le sopracciglia e scossi la testa.
"Prego."
Lui portò la bottiglia alle labbra prendendo un sorso e continuando a fissarmi. Mentre beveva notai il piccolo sorriso sulle sue labbra.
Il sorriso mi mise a mio agio, forse ora era un po' più tranquillo. L'ultima cosa di cui avevo bisogno era salire sul podio nella sua lista dei cattivi.
"L'avevo già allentato." Mormorò guardando il suo piatto e iniziando a mangiare.
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Il nome dell'autrice (happydays1D) è ispirato al video di Zayn e Louis che fumano erba e dicono "join lit, happy days."
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