Let Me Get Lost In You [TaeKo...

By Hananami77

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''«Taehyung non può sposare il figlio di Jeon. Ho sentito troppe cose poco rassicuranti sul suo conto, non po... More

Personaggi+Introduzione
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#Special: [Biscotti in incognito]
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[Special 3#] Buon compleanno, hyung!
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LMGLIY - FAQ

~Epilogo~

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By Hananami77

Nove mesi dopo


Il riecheggiare insistente e ridondante dell'orologio a pendolo appeso alla parete di fianco la sua indaffarata scrivania, lo convinse a distogliere lo sguardo dal documento che stava leggendo per, invece, muovere circolarmente il collo e portarsi le mani dietro la nuca. Fece roteare il capo e sentì le vertebre scricchiolare appena mentre i muscoli delle spalle erano intorpiditi a causa di tutte le ore rimasto chino su quei documenti di cui aveva la nausea. 

Lo sguardo ceruleo vagò lungo la penombra del suo studio e un profondo quanto silenzioso sospiro scivolò dalle narici allargate, segno che la stanchezza contro cui stava lottando da qualche ora stava per avere la meglio sulla sua persona. 

Le lancette in oro segnavano le dieci di sera in punto, come da consuetudine. 

Da quando Jungkook era diventato re e lui era stato ufficialmente riconosciuto come consorte del sovrano, gli impegni da dover gestire, i documenti da dover smistare e il tempo da dedicare alla burocrazia politica si erano moltiplicati a dismisura -in proporzione nettamente maggiore di quanto si fossero aspettati. Incombenze e scadenze ben precise richiedevano costantemente la sua attenzione, arrivando ad azzerare tutto il suo tempo libero e a dormire, spesso, meno di quattro ore a notte. 

A differenza di quanto aveva fatto re Jeon in passato, infatti, Jungkook e Taehyung avevano deciso di non attorniarsi di consiglieri reali, trovando poco produttiva la scelta di frammentare il lavoro su così tante figure. In particolare, se avessero avuto lo stesso numero di collaboratori di re Jeon, la possibilità di non avere un controllo esatto sulle attività di corte sarebbe stata estremamente elevata -ed era un qualcosa a cui preferivano ovviare lavorando un po' più di quanto fosse salutare ma meno di quanto avrebbe richiesto un eventuale errore di sorta. 

Ad avere subìto un cambiamento brusco e radicale, comunque, non era stata solo la loro vita di corte. La loro vita coniugale ne aveva risentito in egual modo, soprattutto per lo stato emotivo di Jungkook. Nonostante avesse reagito in modo egregio e sorprendentemente razionale alla scomparsa improvvisa e quantomeno teatrale di suo padre, Jungkook aveva iniziato ad accusare -soprattutto nell'ultimo periodo- una serie di sintomi che Taehyung faticava a comprendere. 

Non era raro che si svegliasse nel cuore della notte preda di un attacco di panico improvviso, né era raro doverlo riscuotere da un turbolento incubo che lo portava ad urlare a notte fonda e a strattonarsi la camicia fino a farne saltare i bottoni. 

Da quegli incubi, di solito, ne usciva con lunghe giornate di mutismo che talvolta aveva faticato persino egli stesso ad infrangere; Kookie e JK erano le uniche soluzioni per tirare fuori Jungkook da qualsiasi tranello la sua mente avesse deciso di infliggergli per alleggerire il peso e i lasciti di quelle crisi.

Taehyung aveva notato che alcuni di quegli atteggiamenti disfunzionali che gli provocavano non poco disagio, erano dovuti a particolari ricordi impressi non tanto nella memoria, quanto nell'ambiente che li circondava. 

Proprio in virtù di quest'ultimo punto, Taehyung aveva dato inizio ad una modernizzazione senza precedenti del palazzo dei Jeon. Aveva scelto personalmente i colori della tappezzeria, dei tendaggi e delle pareti delle stanze -da quella più futile come la cabina armadio, a quella più importante come la sala dei troni-; ogni cosa era stata soggetta a riverniciatura, a modifica o era stata fatta sostituire. Perfino i lampadari e le plafoniere Jeon -da sempre di un pesante e tetro color ottone- erano stati sostituiti dai toni più caldi e morbidi dell'oro e da pendagli di cristalli a goccia - i preferiti di Kookie, peraltro. 

Tutta quella matassa oscura e opprimente che aveva tinteggiato lo sfondo della vita di Jungkook -nonché di Kookie e di JK- era stato soppiantato da colori caldi e tenui, capaci di allietare l'animo ancora tormentato di suo marito. Insieme alla ricostruzione di intere aree del palazzo, quadri, ricami fioriti e arazzi finemente ricamati erano diventati la caratteristica principale che adornava le stanze della loro dimora, rendendola estremamente più accogliente e vivibile.

Tacitamente, però, Taehyung aveva arbitrariamente deciso di occuparsi di una faccenda che sembrava essere caduta dimenticata ma che, invece, lui non aveva mai tralasciato. L'equipe medica che aveva applicato su Jungkook la cura sperimentale per le malattie mentali era stata condannata e rinchiusa nelle segrete del palazzo senza possibilità di appello, i consiglieri di re Jeon che avevano avallato tali cure barbariche erano stati allontanati dal regno ed i medici di corte sostituiti con altri scelti da lui personalmente. 

Se Jungkook era riuscito -per loro fortuna- ad andare avanti pur avendo subìto quei soprusi, Taehyung aveva il ricordo di un JK distrutto e spezzato ancora marchiato a fuoco nella memoria -quel ricordo tanto lontano quanto vivido ardeva il suo animo con la stessa intensità di quando lo aveva vissuto -e lo scorrere del tempo non lo aveva assopito né diradato. 

Solo dopo quell'assoluto e radicale rinnovo, a Taehyung sembrò di ritornare finalmente a respirare.

Intento a massaggiarsi le palpebre chiuse con i polpastrelli, il tonfo accennato e leggero di passi che gli si avvicinavano velocemente lo fece sorridere prima ancora di udire uno schiarirsi di voce familiare e roco. 

«Taehyung, credo che sia il caso di sospendere ciò a cui vi state dedicando per rimandare tutto a domani.» rimarcò la voce conosciuta e riguardosa. 

Taehyung lasciò ricadere la mano sulla scrivania e lanciò un'occhiata divertita verso il suo consigliere preferito, il cui sguardo preoccupato era quello che, da sei mesi, incontrava ogni sera oltre il consueto orario di lavoro.

«Yoongi, non credevo fossi diventato la mia balia.» Taehyung ridacchiò stancamente e si passò una mano lungo il viso, sospirando silenziosamente come si lasciò ricadere all'indietro. Posò il capo contro l'imbottitura della poltrona e trattenne gli occhi chiusi, sentendo il ridacchiare di risposta di Yoongi avvicinarsi. 

«La vita è piena di sorprese, Vostra Maestà. Ma lo dico per il vostro bene, non è necessario che vi affatichiate così tanto. Le casse possono attendere domani, vostro marito ed il riposo...no.» asserì, adocchiando le pergamene che tappezzavano la scrivania di Taehyung.

Quest'ultimo annuì lentamente e fece leva sulle mani per allontanare la poltrona dalla scrivania, i cui piedi strisciarono sul pavimento in marmo fino a lasciarlo finalmente libero di alzarsi e sgranchirsi le braccia.

«Jungkook?» domandò subito dopo.

Yoongi ampliò il suo sorriso alla domanda che gli veniva posta, ogni sera, con tenera puntualità. Non era raro che si ritrovasse a fare la spola tra gli studi dei due re per riportare ad uno le richieste dell'altro o per sincerarsi che nessuno dei due perdesse di vista che, oltre che essere dei regnanti, erano anche umani e che, come tali, avessero bisogno di riposo. 

«JK è ancora nel suo studio», lo informò Yoongi, le cui labbra si arricciarono appena dal disappunto, «Chissà perché con lui non riesco ad avere la stessa presa che ho su di voi.» disse con tono sconfitto e vagamente afflitto, tanto che Taehyung si lasciò andare ad una risata roca e profonda.

Sinceramente divertito dal cruccio mostrato dal consigliere, scosse la testa e spense la lampada da lettura; anche nella penombra, il sorriso che gli incurvava le labbra era rimasto e l'espressione si era addolcita quasi all'istante.

«A volte non ci riesco neanche io, se può esserti di alcuna consolazione», ridacchiò, andando verso il consigliere per posargli una mano sulla spalla, «Non crucciarti troppo per questo. Sapendo quanto Jungkook si senta sotto pressione per non riuscire a fare tutto quello che vorrebbe, tenta di fare il più possibile. È cocciuto fino all'inverosimile ma... vedrò di convincerlo.»

Yoongi tossicchiò una risata all'ammiccare di Taehyung e le spalle del consigliere sembrarono rilassarsi maggiormente; si sentiva responsabile e in debito con entrambi per avergli salvato la vita, ma vedere che nessuno dei due prestasse così tanta attenzione a dei ritmi regolari di sonno e di tempo libero lo spingevano a perdersi in lunghi monologhi con Jimin, le cui parole erano molto simili a quelle di Taehyung -ma i metodi di convincimento sulla loro situazione più ortodossi e meno tradizionali.

Taehyung si apprestò a spegnere le luci dello studio e Yoongi lo seguì silenziosamente, chiudendosi la porta alle spalle non appena si ritrovarono nel corridoio morbidamente illuminato dalle calde luci soffuse. 

«Avete già pensato a quando vi prenderete un periodo di congedo?», chiese Yoongi dopo un breve attimo di silenzio, incrociando le braccia dietro la schiena, «E a quando, invece, sceglierete il prossimo erede al trono?»

Taehyung arricciò il labbro inferiore con fare pensieroso, le sopracciglia si arcuarono appena nel mentre che meditava la risposta. 

Capiva la domanda di Yoongi, in un certo senso. Il documento che gli era stato fatto firmare al momento del patto matrimoniale che prevedeva il concepire con una dama di sangue reale per poter fornire un erede al trono, era diventato combustibile per il camino nell'esatto momento in cui JK era apparso in qualità di regnante, definendola "La prima cosa fatta per tempo in questa fottuta vita di merda." 

Per ovviare alla loro mancanza, erano arrivati alla conclusione che piuttosto che concepirlo, avrebbero adottato quello che sarebbe stato il prossimo erede al trono del regno Jeon direttamente da uno degli orfanotrofi che Taehyung seguiva personalmente e che continuava a visitare con cadenza bisettimanale.

Ma prima di avere un figlio e di diventare genitori, vi erano una moltitudine di questioni da sistemare e da risolvere che richiedevano tempo e pazienza -ed erano due cose che Taehyung aveva intenzione di proteggere e di concedersi, almeno per quella volta. 

«Non vi è alcuna fretta, per entrambe le cose. Non appena ci sentiremo pronti decideremo quando approfittare del congedo e quando adottare un bambino. Fino ad allora, ho una serie di priorità che richiedono tutta la mia attenzione e a cui ho intenzione di dedicare tutto il mio tempo libero.» rispose con tono risoluto Taehyung, sistemandosi i capelli che, dopo anni spesi a tenerli mossi sulla fronte, aveva deciso di tagliare.

Nessun boccolo ricadeva scompostamente sul suo viso, nessun ciuffo mosso poteva essere portato dietro l'orecchio e nessuna frangia gli copriva gli occhi e la fronte; da mesi, oramai, questa era scoperta e visibile, i capelli acconciati e portati all'indietro in quello che JK aveva definito come essere "Nel mio stile fottutamente stupendo." 

Non a caso era stato proprio JK il più entusiasta tra i tre per il suo nuovo taglio di capelli; non appena aveva appreso la volontà di Taehyung di cambiare drasticamente il suo stile e la sua acconciatura, aveva obbligato l'acconciatore di corte a seguire le sue direttive e si era premurato di valutarne l'operato con occhio clinico e analitico. 

Al ricordo di come JK avesse dimostrato tutto il suo apprezzamento per il nuovo taglio, Taehyung represse un sorriso e lasciò ricadere la mano -non senza mordersi il labbro inferiore. 

«Vostra Maestà, il regno non sta collassando», cercò di farlo ragionare Yoongi, aumentando il passo per farglisi più vicino, «Ho buone ragioni per credere che possiate allentare i ritmi e prendervi un periodo di pausa. Il regno è prospero e il popolo è soddisfatto, vi prego di riguardarvi», insistette Yoongi, «Entrambi.»

Taehyung annuì velocemente e gli rivolse un sorrisetto divertito, guardandolo da dietro una spalla con fare ilare. «Ammettilo, è stato Jimin a convincerti di farmi la ramanzina perché sa che non riuscirei mai a risponderti di non scocciarmi come invece faccio con lui. Non è così?» domandò, non nascondendo il suo divertimento al tentativo di Yoongi di sopprimere la risata schiarendosi la voce. 

Il consigliere scrollò le spalle e gli rivolse un'occhiata eloquente. «Può darsi.» ammise infine, non sentendo neanche il bisogno di dover negare. 

In parte era vero, comunque. 

Lui e Jimin si ritrovavano spesso a commentare la vita di corte, e non potevano fare a meno di notare quanto -negli occhi attenti e tranquilli di Taehyung, e in quelli determinati e solidi di Jungkook- albeggiasse la stessa determinazione di voler fare quanto meglio possibile. Il loro voler sradicare le antiche concezioni che due uomini non potessero portare un regno a prosperare o, ancora, divellere i pregiudizi degli altri regni nei confronti di unioni poco usuali come la loro, li spronava a dimostrare -a sé stessi per primi- quanto tutti fossero solamente vittima di congetture sociali prive di fondamento. 

E Yoongi era del tutto intenzionato ad aiutarli come possibile nel rimuovere, strato dopo strato, l'ipocrisia dell'aristocrazia. Lui e Jimin erano riusciti a tornare a palazzo solo due mesi dopo la morte di re Jeon; avvertiti tramite delle lettere che Taehyung faceva recapitare loro con puntualità, i documenti e le accuse che erano piovute sulla testa del consigliere erano state archiviate e distrutte dal nuovo re, rendendo Yoongi un uomo libero e rimuovendo qualsiasi macchia che minacciava la sua morale -intatta e limpida quanto un foglio bianco. 

Jimin aveva dimostrato tutta l'intenzione di non stare lontano da Yoongi nemmeno per un giorno, motivo per cui si erano stanziati permanentemente a palazzo Jeon dove vivevano con tranquillità la loro storia d'amore -pur non mostrandosi apertamente come coppia. In verità, non sentivano la necessità di approvazione per stare insieme, e poiché re Kim era più intento a correre dietro qualche gonna che a pensare ad un possibile futuro matrimonio del suo figlio adottivo, stare insieme a Yoongi era finalmente diventata una realtà. 

«Riferiscigli che questo è un colpo basso!», ribatté Taehyung, «Qualche giorno lo rispedisco da Jin!» commentò infine con sarcasmo leggero, contento nel sentire la risata più aperta e meno contenuta del consigliere alle sue spalle. 

Yoongi non era una persona che lasciava fluire le sue emozioni così facilmente, e per questo Taehyung non smetteva di essere grato alla grande persona che era per mostrargli quel lato di sé molto meno formale e più confidenziale. 

Yoongi si portò una mano davanti il viso e si lasciò andare al momento di ilarità. «Ammetto che sarebbe estremamente divertente vederlo destreggiarsi tra copertine e passeggini. Ma mai quanto sentirlo battibeccare con Kookie.» 

Taehyung ridacchiò. «Se continueremo così conoscerò il mio nipotino il giorno del suo matrimonio!» borbottò infastidito, arricciando il naso per il disappunto nei confronti di sé stesso. Con gli impegni reali ad incombere ed un regno da portare avanti, aveva appreso la notizia della nascita del primogenito dei Kim tramite un comunicato reale che trasudava emozione. 

Una delle sue responsabilità in quanto zio del piccolo Kim Yoosun era quella di sommergere di regali il nuovo arrivato, ed era per questo che, quasi con cadenza mensile, spediva carrozze di regali verso il regno di suo fratello. Non era solo un modo per potersi scusare di non essere ancora andato a fargli visita, era anche un modo per ringraziarlo del dipinto che Jin gli aveva inviato rappresentante la famiglia reale al completo -e che Taehyung aveva fatto appendere nel suo studio. 

«Potremmo provare a spostarci il mese prossimo, quando la riscossione delle tasse sarà terminata», rifletté tra sé, volgendosi appena verso il consigliere, «Cosa ne pensi?» 

Yoongi sembrò rimuginarvi su per qualche istante. «Credo che sia il momento migliore, considerati i soliti periodi di quiete che ne conseguono. Direi che è un'ottima idea, Vostra Maestà.»

Taehyung roteò gli occhi e gli scoccò un'occhiata di traverso. «Taehyung.» corresse, non potendosi trattenere oltre. Aveva il sentore che Yoongi iniziasse ad utilizzare quell'appellativo solo per poterlo convincere ad andare a riposarsi -e a giudicare dall'occhiata espressiva che gli rivolse, non gli venne complicato credere che fosse esattamente in quel modo. 

«Se non c'è altro in cui posso esservi utile, vi chiederei il permesso di congedarmi e ritirarmi nelle mie stanze.» gli disse Yoongi una volta arrivati davanti la porta dello studio di Jungkook. Taehyung gli fece un cenno d'assenso e gli augurò una buona notte connotata da un'occhiata maliziosa capace di far tingere di rosa le gote solitamente nivee del consigliere.

Vedere Yoongi arrossire alle insinuazioni maliziose sue o di Jimin era un qualcosa di cui sapeva non si sarebbe mai stancato. 

Rimasto da solo, colpì con le nocche la pesante porta in noce, più per annunciarsi che per chiedere l'effettivo permesso di entrare nello studio. Infatti, non attese alcuna risposta e aprì leggermente la porta per affacciarsi dalla fessura creatasi; lo sguardo gli si ammorbidì all'istante e le labbra si incurvarono in un sorriso dolce. 

Anche se le luci erano accese, i bagliori soffusi e caldi delle grosse plafoniere poste negli angoli dello studio rendevano l'ambiente accogliente e pacato; tuttavia, la luce da lettura posata sulla curata e ordinata scrivania di Jungkook era comunque accesa e rischiarava chiaramente il viso di suo marito, palesando la sua espressione seria e concentrata.

Le spalle erano ricurve su una pergamena apparentemente complicata e una piuma d'oca veniva tenuta stretta tra le dita affusolate della mano sinistra -bastò questo dettaglio a fornire a Taehyung la certezza che ci fosse ancora JK.

Solo quest'ultimo, infatti, era mancino. 

Vide la tipica rughetta tra le folte e scure sopracciglia creare un solco profondo e marcato sulla pelle d'alabastro e quasi l'altro stesse percependo il suo sguardo scivolargli lungo il viso, catturò il labbro inferiore con i denti, mordendolo come se non fosse soddisfatto di qualcosa.

Taehyung si addentrò nello studio e gli si avvicinò velocemente, facendo il giro della scrivania solo per potersi posizionare dietro la sua seduta e posargli le mani sulle spalle. Applicò una leggera pressione sui trapezi e prese a massaggiargli i muscoli con la punta delle dita, lasciando scivolare i pollici lungo la nuca e vagare le mani sulle spalle, in un lento tocco che sembrò ridestare JK dallo stato di profonda concentrazione in cui era caduto. 

Quest'ultimo piegò leggermente il capo e le labbra si incurvarono immediatamente in un sorriso leggero; lasciò vagare lo sguardo sul volto contento e rilassato di Taehyung e mormorò per l'apprezzamento di quei massaggi sublimi.

Adorava essere toccato in quel modo. 

«Principessa, non ti ho sentito entrare.» sussurrò con tono soffuso e roco, socchiudendo gli occhi nel percepire le dita di Taehyung intrecciarsi tra i suoi capelli e applicare una leggera pressione sulla cute. Il brontolio roco e di apprezzamento di JK gli fece fluttuare il cuore e si morse il labbro inferiore, sorridendo tra sé. 

JK che piegava appena il capo per permettergli di fargli i grattini era un qualcosa a cui non si sarebbe mai abituato e che, sulla sua persona, aveva un effetto positivamente devastante. Lasciò che i mormorii rochi ed i sospiri contenti di JK gli vezzeggiassero le orecchie e che le mani percepissero il rilassarsi delle spalle dell'altro con fare lento e graduale, in risposta a quelle coccole di cui aveva sentito estremamente la mancanza.

«Immaginavo non mi avessi sentito», gli sussurrò Taehyung, chinandosi verso di lui per mormorarglielo contro l'orecchio, «Cosa ne pensi di smettere di fare ciò che stai facendo per riposarti un po'?» bisbigliò, lasciandogli un piccolo bacio sulla curva della mandibola. JK reclinò il capo all'indietro e fece un sorriso sghembo. 

«Cosa ne pensi di provare a convincermi a lasciare perdere le richieste di alleanza per assecondare la tua richiesta?» ribatté con malizia non troppo velata. 

Guardò gli occhi di Taehyung brillare dall'ilarità come stelle nella notte e si ritrovò a pensare che quegli occhi erano esattamente quello per lui: delle stelle. Le uniche che punteggiavano il manto oscuro della sua esistenza, le uniche da guardare, le uniche su cui riversare i propri sogni, i propri progetti e le proprie speranze.

Le uniche a cui affidare la propria vita.

Ricordava ancora la prima volta in cui aveva guardato quegli occhi, quando li aveva finalmente visti, quando aveva finalmente imparato il loro linguaggio e aveva compreso la loro reale essenza. Tutto era coinciso con il momento cui il suo mondo si era ribaltato, le sue false certezze erano state sfrattate e nuove sicurezze erano state costruite. 

La risata roca e profonda di Taehyung carezzò le sue orecchie ed impregnò la sua anima di quella colata di sentimenti puri e crudi come solo quelli sinceri e profondi potevano essere, accentuati dal piacevole contatto delle dita dell'altro che, come sempre accadeva, lasciava scorrere tra i suoi capelli.

Sul volto di JK apparve un'espressione contenta e pacifica, i tratti del viso si addolcirono e della stessa espressività i suoi occhi si velarono e si socchiusero. «Beh... il fatto che ci sia io ad attenderti una volta abbandonate queste scartoffie dovrebbe già essere un motivo più che sufficiente a convincerti a seguirmi in camera.» gli rispose Taehyung con fare fintamente altezzoso.

JK emise una bassa e roca risatina, spinse la lingua contro la guancia e gli scoccò un'occhiata languida.

«Principessa, essere la regina di questo regno ti ha reso più sfrontato», soffiò, «Sai essere anche più convincente di così?»

Taehyung ammiccò nella sua direzione ed avvicinò i loro visi; lo sguardo di JK sfavillava dalla malizia e le labbra si erano incurvate in modo languidamente provocante. Adorava che Taehyung riuscisse ad adeguarsi alla sua persona e a farlo sentire nel posto giusto, adorava sentire il respiro leggero di quest'ultimo carezzargli il volto mentre che la punta del naso strofinava contro la sua. Con le labbra schiuse toccò quelle di JK e sbuffi bollenti dei loro sospiri solleticarono la pelle e, in contemporanea, i capelli scuri di quest'ultimo venivano raccolti in una presa leggera della mano di Taehyung. 

«Non mi viene difficile dimostrarvelo, Vostra Maestà.» Il mormorio di Taehyung, impattatogli contro le labbra, innescò in JK una reazione istintiva; la mano di quest'ultimo fu sulla sua nuca per dargli lo slancio necessario a portare le loro labbra a scontrarsi ed incontrarsi. 

Coinvolto in un bacio lascivo e sensuale, quelle calde e conosciute morbidezze si mossero con familiare lentezza; si assaporarono e si allargarono per lasciare spazio alle nuove protagoniste di quel contatto sospirato e le loro lingue diedero inizio ad un nuovo ed umido intreccio mormorato. Vorticarono tra loro, scivolarono sulle loro labbra, si abbracciarono silenziosamente mentre Taehyung piegava appena il capo e mordeva il labbro inferiore di JK, il cui mugugno che gli raschiò la gola fece scorrere un brivido lungo la sua schiena e gli fece stringere la presa sui suoi capelli.

Il loro muoversi voluttuoso, sensuale e prorompente divenne più profondo, il loro incontrarsi più presente ed esigente ed il brusio del loro fondersi scandì i minuti intensi che trascorsero fino a che il fiato non venne meno e la necessità di respirare non divenne impellente. Si separarono schiudendo gli occhi e con il respiro affannoso e polmoni brucianti, rimasero a guardarsi senza discostarsi; lasciarono semplicemente che le loro bocce continuassero a sfiorarsi per schioccare saltuariamente in umidi baci.

«Questo è un motivo sufficiente?» mormorò Taehyung contro le sue labbra con voce roca e profonda almeno tanto quanto le iridi scure di JK -in cui sentiva di stare piacevolmente annegando. 

JK gli leccò lentamente il labbro inferiore con fare lascivo, la malizia a volteggiare tra loro in una sinfonia silenziosa ma palpabile. Mollò la presa sui suoi capelli e portò una mano a coppargli il viso, sorridendo apertamente per come Taehyung avesse adagiato la guancia contro il suo palmo. 

«Assolutamente sì, principessa. Aspettami in camera, arrivo tra poco.»

Soddisfatto del responso ed essendo consapevole della testardaggine che contraddistingueva JK, Taehyung non insistette ma accettò quella promessa con un cenno di assenso.

Si allungò per dargli un ultimo bacio e si rialzò, carezzandogli i capelli. «D'accordo, ma non fare tardi», acconsentì infine, carezzando l'anima di JK con quel tono dolce e vellutato, «Ti aspetto.»

Lasciatogli un bacio sulla tempia, il calore delle sue labbra sulla sua pelle rimase anche quando la figura di Taehyung iniziò ad allontanarsi lentamente per tornare nelle loro stanze, seguita dallo sguardo attento di JK.

Lo guardò per intero diverse volte e giocherellò con la fede senza nemmeno accorgersene, una necessità impellente a scuoterlo. 

«Ehi, principessa.» richiamò all'improvviso, cogliendo di sorpresa Taehyung. 

Con la mano ferma sulla maniglia della porta e le sopracciglia curiosamente inarcate, si voltò verso JK con sguardo interrogativo. «Mmm?»

JK si umettò le labbra e si aprì in un sorriso largo e speciale, così genuino da scoprirgli i denti, arricciargli il naso e fargli socchiudere gli occhi in due contente mezzelune. 

«Ti amo.»

Il cuore di Taehyung fece una capriola nel petto e iniziò a battere più velocemente, arrivando quasi a spiccare il volo per l'emozione; era sicuro che non si sarebbe mai potuto abituare nel sentirsi rivolgere quelle due semplici parole con così tanta naturalezza da fargli quasi tremare le gambe. Non vi erano farfugliati sussurri a risuonare nelle sue orecchie e non vi erano necessità di nascondersi, non erano dette con il timore di non essere ricambiato o con l'incertezza di mostrarsi vulnerabili. 

JK non glielo diceva spesso, ma la frequenza non era il metro di misura utilizzato da Taehyung per calcolarne la veridicità.  

Ciò che riteneva essere seriamente importante, infatti, era vedere il riflesso di quelle parole ardere il fondo degli occhi di JK, sentire la voce caricarsi di sentimento e carezzare le sue orecchie fino a sentirsi avvolto stretto dalla sua essenza in un abbraccio senza fine e senza tempo. 

«Ti amo anche io, JK.» gli rispose senza alcuna esitazione, beandosi dell'espressione felice e del barlume emozionato che investì JK nel sentirlo. Quella era una reazione che avveniva sempre, ogni qual volta confermava quanto lo amasse -quanto li amasse, senza alcuna remora o riserva. Che fosse spontaneamente o detto in risposta ad una dichiarazione, JK reagiva sempre alla sua dichiarazione come se quella fosse la cosa più bella ed inaspettata mai capitatagli. 

JK attese che Taehyung si richiudesse la porta alle spalle e si lasciò andare contro lo schienale della poltrona; l'espressione rilassata e contenta sfumò via dal suo viso, la contentezza e la vitalità abbandonarono i suoi occhi e lasciò che il tumulto interiore provato risalisse come una marea e gli arrivasse alla gola sotto forma di un nodo stretto difficile da sciogliere.

Aveva sentito Taehyung bussare alla porta e aveva sentito i suoi passi riecheggiare sul pavimento, ma aveva finto di non averlo udito per poter assumere un'espressione che non avrebbe allarmato l'altro. Nascondere le sue emozioni, soprattutto davanti la persona che amava, non gli era complicato -fintantoché erano gestibili.

Tuttavia, c'erano cose nella sua vita che dovevano rimanere solo nella sua mente, cose che erano così dannatamente complesse da condividere, che era estremamente più semplice non dire.

C'erano cose che non nascevano per essere dette, bensì per essere vissute.

Spostò con un movimento secco la pergamena a cui aveva smesso di prestare attenzione da almeno mezz'ora e corrucciò appena le labbra, stirando con il palmo della mano il foglio di carta a cui, invece, aveva dedicato tutto sé stesso. 

Indeciso e poco convinto, si passò una mano tra i capelli scompigliandoli inavvertitamente ma non preoccupandosi di sistemarli di nuovo; il naso si arricciò per il fastidio e le sopracciglia si arcuarono profondamente fino a gettare ombre pesanti sui suoi zigomi levigati. 

Irritato, afferrò il foglio con uno scatto brusco e lo accartocciò, gettandolo di lato; strappò un altro foglio dal piccolo taccuino che utilizzava Jungkook per lasciargli detto qualcosa e cercò di svincolare la mente. Ripeté tra sé che, fra tutti, Taehyung era l'unico a possedere quell'immane capacità di comprendere i suoi pensieri e di cogliere il significato ultimo delle sue parole. 

Lo aveva sempre fatto, anche quando a lui sembrava di aver solo articolato una serie di discorsi sconnessi e privi di logica, anche quando -perfino lui- non riusciva a capirsi, e non stentò a credere che in qualche modo e anche in quel caso, Taehyung avrebbe saputo attribuirgli il giusto significato.

Riprese la piuma d'oca tra le mani e non cercò nemmeno di collegare insieme i suoi pensieri; li lasciò liberi di fluire e di invadergli la mente, di diramarsi tra l'intricata matassa di situazioni che lo rendevano vivo e lo rendevano colui che realmente era. 

L'inchiostro macchiò la pregiata carta, le parole scivolarono dai suoi pensieri e si annidarono sulla punta affusolata delle dita, strette attorno al pennino dorato. Solo dopo più di quaranta minuti si ritenne finalmente soddisfatto di ciò che era riuscito ad elaborare, e non fu nemmeno così sorpreso quando, facendo il suo silenzioso ingresso nella loro camera matrimoniale, trovò Taehyung profondamente addormentato e con un libro ricaduto sul suo grembo. 

Gli occhi si addolcirono terribilmente nel constatare che l'altro avesse cercato di tenersi sveglio per attenderlo -era una cosa che faceva sempre, sia con lui che con Jungkook. 

Gli si avvicinò lentamente e sfilò il libro dalla stretta blanda delle sue mani, ripose l'oggetto sul comodino e gli rimboccò le coperte, spegnendo l'abatjour.

Cercando di muoversi in modo silenzioso, avanzò nella stanza e si chiuse nel bagno con cuore errante e respiro accelerato. Accese la luce e si sbottonò velocemente la camicia -che finì appesa al bordo della vasca- raggiungendo il lavabo; con un'urgenza che non sapeva appartenergli, aprì l'acqua fredda per potersi sciacquare il viso in abbondanza e strofinarsi le mani sulle guance più volte. 

I fiotti d'acqua gelata gli costellarono la pelle di intesi e visibili brividi, le dita persero quasi la sensibilità e strizzò gli occhi, scuotendo il capo ritmicamente. Alla cieca, tastò in giro fino a che non incontrò l'asciugamano con cui prese a tamponarsi il volto con fare brusco e poco delicato; i movimenti irruenti lasciarono dietro sé un vago e persistente bruciore nonché macchie arrossate dovuto al grattare leggero del tessuto ma, incurante, continuò ad asciugarsi il viso ed il collo fino a che non si ritenne forte abbastanza da rialzare gli occhi sulla sua immagine. 

Le iridi acquamarina scivolarono lungo tutta la figura a mezzobusto riflessa allo specchio; scrutatori, fermi e guardinghi, scandagliarono il suo viso, studiarono la sua mandibola pronunciata, le sue labbra sottili, il suo collo decorato da qualche dimostrazione d'amore purpurea e le sue spalle ben tornite e tondeggianti. 

Qualcosa, circa l'espressione dell'uomo che lo guardava, nel suo sguardo fintamente imperturbabile, nella sua posa orgogliosa e fiera, nel suo modo di studiarsi e nel suo modo di stringere la presa sull'asciugamano, lo bloccarono.

Indugiò sul suo riflesso, si osservò per intero, si esaminò per lunghi ed interminabili minuti scanditi solamente dal pulsare regolare del suo cuore, assimilò ogni dettaglio di quel corpo che era il suo. 

Non quello di Jungkook, non quello di Kookie, ma proprio il suo - suo e basta, suo e di nessun altro.

Non seppe cosa lo stesse spingendo a guardarsi in quel modo, ma era come se percepisse l'irrefrenabile necessità di farlo per ricordarsi chi era, chi era diventato, cosa ci facesse ancora lì e quanta strada avesse percorso in quegli anni insieme a Jungkook e, successivamente, insieme a Taehyung. 

Gli era necessario studiarsi, gli serviva analizzare sé stesso, gli serviva capirsi per potersi fare capire, gli serviva conoscere per tornare con la mente al presente, guardare il futuro e distogliere gli occhi dal passato. 

Gli serviva per accertarsi che lui fosse JK e nessun altro. 

Guardò con occhi allargati dallo stupore il sentiero umido e lucido che gli aveva appena solcato il viso in concomitanza di una lacrima che, silenziosa e timida, gli faceva compagnia e stava raggiungendo il mento. Provvide immediatamente a scacciarla, non con l'irruenza con cui lo avrebbe fatto in altri momenti di vita passata ma con la stessa necessità di scacciare quell'emozione strabordante ma dai contorni invisibili e impalpabili -seppur estremamente presenti.

Inspiegabilmente, un piccolo sorriso nacque sulle sue labbra arricciate e si lanciò un'altra occhiata, stavolta comprensiva; si chiese se ciò che stava vedendo e provando fosse veramente sé stesso o solo il riflesso della sua anima. Si chiese se magari, in un'altra vita, avrebbe mai avuto lo spazio necessario a vivere la sua esistenza nella piena totalità e comprensione della realtà; si chiese se sarebbe mai potuto esistere uno spazio per lui in quel frangente di realtà, si chiese perché era stato lui a nascere in quel modo e non una persona qualunque. 

Già, perché.

Non erano domande di vitale importanza ma erano quelle di cui avrebbe desiderato conoscere le risposte; erano le domande a cui neanche i dottori avevano saputo rispondere, ma erano anche domande che Taehyung aveva fatto assopire, garantendogli lo stesso grado di libertà di scelta che avrebbe avuto se fosse stato uno

Uno e basta.

Ma lui non sapeva nemmeno cosa significasse essere una sola persona. 

Non lo sapeva perché anche quando Jungkook e Kookie erano letteralmente spariti dalla sua mente, non aveva mai pensato come se fosse davvero stato solamente uno. Aveva sempre pensato per tre, mettendo al primo posto le priorità dei suoi piccoletti e non le sue.

Si portò indietro alcune ciocche umide e si guardò ancora, scrutandosi; il vedersi era stato fondamentale per cambiare un'esistenza che sembrava più quella di un disperato che di una persona che basta a sé stessa; se non si fosse visto, avrebbe sicuramente continuato a vagare nel vuoto, avrebbe continuato a percorrere ciecamente sentieri tortuosi e sbagliati tanto quanto il motivo per cui era nato, avrebbe continuato a collezionare vittorie sciatte e vuote e avrebbe fallito nel raggiungere qualcosa che, al contrario, gli faceva aprire gli occhi al mondo con la voglia di vivere

Le dita fredde scivolarono lungo il suo viso e tracciarono la curva dello zigomo con fare assorto e pensieroso; il brivido che ne conseguì lo riscosse dai suoi pensieri e lo convinse a scuotere con forza la testa. 

Si tolse i pantaloni ed imprecò come questi fecero fatica a districarsi dalle sue caviglie, e quasi non si accorse dello squittire appena accennato della carta calpestata. Ricordatosi di cosa celasse la sua tasca posteriore, vi frugò all'interno fino a che non afferrò il foglio ripiegato per stringerlo tra le dita; a quel misero ed umile pezzo di carta aveva affidato la sua intera essenza che sperava Taehyung avrebbe custodito per sempre-anzi, era certo che lo avrebbe fatto, ma sperava che non fosse per un limitato periodo di tempo.

Prese un profondo sospiro e uscì dal bagno per dirigersi verso il letto; aprì il libro di Taehyung e vi incastrò in mezzo il foglietto di carta, stringendolo per qualche secondo tra le dita ma non senza un piccolo sorriso a incurvargli le labbra.

Insinuatosi sotto le coperte, si portò vicino Taehyung come era solito fare, avvolgendogli un braccio attorno alla vita e posando il capo sulla sua nuca; i capelli dell'altro gli solleticarono appena il viso e arricciò il naso prima di inspirare profondamente il profumo floreale e delicato ma dai sentori speziati. 

Taehyung sospirò nel sonno e si accoccolò meglio contro di lui, mormorando qualche parola incomprensibile che JK ricambiò con un silenzioso bacio sulla nuca. Si sistemò meglio al suo fianco e chiuse gli occhi anche se, a cullargli l'anima, vi era una dolce quanto amara consapevolezza.




Jungkook si guardò intorno con aria confusa e interdetta, battendo le palpebre velocemente per schiarirsi la vista. 

Gli occhi incerti vagarono lungo lo spazio circostante trovandolo poco familiare e troppo luminoso -così tanto che non riusciva a distinguere nessuna sagoma e nessun altro colore. Non riconosceva quel luogo, non riconosceva il suo spazio mentale, quello in cui lui, JK e Kookie si erano sempre visti; non vi erano prati punteggiati da margherite primaverili, non vi erano ruscelli a scorrere e riempire l'aria con il loro scrosciare, non vi era nemmeno la loro casa. 

Non vi era nulla di tutto quello, c'era solo tanto bianco.

Luce.

Ce n'era tanta, ed era così immensa che si vide costretto ad assottigliare la vista per qualche istante e massaggiarsi le palpebre con il pugno. 

«JK...?» chiamò con fare istintivo. 

Non era strano che il suo primo pensiero fosse stato chiamare il suo alter. Ogni qualvolta provava quello strano senso di dispersione, o per ogni volta che sentiva di non avere alcun contatto con la realtà, ricercava suo fratello come se ne dipendesse della sua vita. 

Ed era veramente così, la maggior parte delle volte. 

Un brivido freddo lo colse impreparato ed emise un singulto sorpreso, guardandosi intorno per capire cosa glielo avesse provocato e perché si fosse abbattuto sulla sua spina dorsale -tanto da fargli venire la pelle d'oca sulle braccia e chiudere la gola.

Come se ne avesse appena percepito la presenza, Jungkook puntò gli occhi in un punto indefinito di fronte a lui; questi si allargarono ed un senso di sollievo e di gioia lo pervase nel vedere JK avanzare lentamente verso di lui con passo misurato e tranquillo. 

Un sorriso sempre più ampio gli fece via via socchiudere gli occhi e arricciare il naso e, a dimostrazione del suo entusiasmo, alzò una mano pronto a salutarlo. 

Tuttavia, ci fu un qualcosa nell'espressione di JK che bloccò il suo movimento, stroncandolo sul nascere; la mano rimase a mezz'aria, le parole gli si incastrarono in gola e il respiro si arrestò. L'espressione dell'altro era serena, il suo atteggiamento era fiero come al solito, ma gli occhi erano fin troppo seri per essere rassicuranti. Erano punteggiati da sprazzi di emozioni che Jungkook non stava riuscendo ad interpretare ma che, per qualche motivo, non lo facevano sentire tranquillo. 

A ciò si aggiungeva l'anomalo luogo in cui si stavano incontrando; facendo un breve riepilogo mentale dei loro incontri, non ricordava di essersi mai ritrovato avvolto da quell'atmosfera strana e atipica. 

Era...intima, in qualche modo. 

Un senso strisciante di agitazione gli smosse le viscere e lasciò ricadere la mano lungo il fianco, cercando un modo per placare il battito errante -e immotivatamente veloce- del suo cuore. Scandagliò nuovamente l'atmosfera circostante alla ricerca di qualche traccia familiare e leggermente più rassicurante ma ottenne solamente un ingigantirsi del nodo alla bocca dello stomaco.

«Ragazzino, finalmente ci rivediamo.» pronunciò JK non appena furono vicini abbastanza da poter essere udito. 

Nel dirlo, le labbra si piegarono appena in un sorriso confortante e sincero che Jungkook avrebbe sicuramente ricambiato, se solo non fosse stato così tanto intento a reprimere l'inquietudine. 

Arcuò un sopracciglio e deglutì a vuoto, grattandosi la nuca. 

«Ci siamo già visti. A-abbiamo anche parlato, o-oggi. Te ne sei forse dimenticato, hyung?» obiettò con fare perplesso ma con una punta d'ironia che l'altro non mancò di catturare. 

Al rimarcare al momento del loro ultimo incontro, JK fece un piccolo ghigno e annuì con un cenno del capo. «È vero, oggi ci siamo già visti, ma non ci siamo mai visti in questo modo...no?»

E mentre poneva quella domanda, JK piegò il capo di lato e guardò con fare curioso Jungkook mordersi il labbro inferiore e abbassare lo sguardo sui suoi piedi. Attese pazientemente che l'altro si schiarisse la voce per prepararsi a rispondere, ma non mancò di notare come stesse giocherellando nervosamente con le sue dita e come il suo atteggiamento non fosse così tanto mutato in tutti quegli anni. 

«Già... non posso darti t-torto», convenne Jungkook rialzando coraggiosamente gli occhi su di lui, «Ma d-dov'è casa? Kookie? Non ci siamo mai i-incontrati qui.» 

Non era riuscito a esimersi dal chiedere dove fossero finiti gli altri punti saldi della sua vita, includendo implicitamente il perché non vi fosse niente che sembrasse quantomeno familiare. Studiò JK prendere un profondo respiro con inquietudine crescente e sentì un'irrefrenabile quanto inspiegabile voglia di scappare via.  

«Sono vicini.»

La risposta alla sua domanda lo stupì, forse, più di quanto fosse lecito; Jungkook non capì perché JK stesse mantenendo quell'espressione neutrale, perché quegli occhi limpidi e cristallini come il ruscello vicino casa lo stessero guardando con attenzione ma con affezione, o perché la distanza tra loro era così poca o, ancora, perché avesse la sensazione che JK gli volesse dire qualcosa senza sapere come. 

«Che sta s-succedendo?», domandò allora, guardingo, «Dimmi la verità, JK. Cosa succede, perché siamo qui solo io e te?»

JK si passò una mano tra i capelli e lo sguardo parve illuminarsi di...orgoglio?

Jungkook aveva visto bene?

«Sapevo fossi un ragazzino sveglio», commentò tra sé, scuotendo leggermente la testa, «E proprio perché l'ho sempre saputo, sapevo anche che sarebbe arrivato questo momento... Solo che non mi aspettavo arrivasse adesso.» lo disse come se gli avesse appena rivelato una cosa di vitale importanza, guardandolo dritto negli occhi ma con l'ombra di un sorriso nella voce. 

Jungkook fece istintivamente un passo indietro e sentì i brividi tornare a scivolare lungo la schiena fino a solleticargli la nuca. 

«Di cosa p-parli? JK, mi stai facendo p-paura.» 

La voce uscitagli non era stato altro che un graffiare roco e secco; le sue corde vocali non sembravano voler collaborare troppo nell'aiutarlo ad articolare dei discorsi -e il cuore balzatogli in gola non semplificava il processo. 

Jungkook guardò l'altro ampliare il suo sorriso.

«Se c'è una cosa che non devi provare quando sei con me, Cooky, è proprio la paura.» gli rispose bonariamente JK, facendo un passo verso di lui.

Ad occhi allargati e confusi, sentì la delicata carezza di JK direttamente tra i capelli; un po' come se glieli stesse arruffando, l'altro lasciò scorrere le dita tra le ciocche scure diverse volte -almeno fino a che non fu soddisfatto di come le spalle di Jungkook si rilassarono. 

«Quando hai deciso di darmi vita, lo hai fatto perché volevi qualcuno che ti proteggesse, non è così?»

Se c'era un significato intrinseco e più profondo alla domanda che gli era appena stata rivolta, Jungkook non lo colse ma si ritrovò ad annuire senza neanche pensarci due volte perché era esattamente come aveva detto JK. Quando la sua mente aveva deciso di dare vita ad uno dei suoi alter, lo aveva fatto con un criterio che aveva portato Jungkook ad affidargli la sua intera esistenza senza neanche pensarci, senza nemmeno doverci ragionare su. 

JK era e sarebbe stato sempre la sua forza e questo non sarebbe mai potuto cambiare. 

«Sai che eri un piccoletto davvero sensibile? Devo ammetterlo, Cooky; se non fossi stato una parte di te, probabilmente non avrei nemmeno saputo come parlarti», JK ridacchiò appena alle sue parole e gli scoccò un'occhiata rilassata e carica di affetto, «Siamo stati insieme per tanto tempo, Jungkook. Sono con te da— quanto? Diciotto anni, forse?! Ne abbiamo passate così tante da sembrare di non esserci mai lasciati, la nostra famiglia è la più pazza e meravigliosa che abbia mai sperimentato.»

Ci fu un qualcosa, una sorta di cambiamento nel tono di voce e negli occhi profondi di JK che gli provocò un tremito. 

«JK, p-per favore, mi stai facendo p-preoccupare.» sussurrò Jungkook con la gola arsa, supplicandolo silenziosamente di rassicurarlo in qualche modo che non fosse con parole ambigue e che peggioravano solamente il suo stato ansiogeno. 

«Non devi, perché io non lo sono. Proprio perché la nostra famiglia è l'unica cosa che conta non permetterei mai che qualcosa o qualcuno la mettesse in pericolo. Siamo nati per un motivo e tutto avviene per fornirle solo e sempre il meglio.»

La mente veloce di Jungkook ci impiegò qualche secondo per assimilare ciò che le parole di JK nascondevano e gli occhi si sgranarono improvvisamente, la vista sfumò per qualche istante e pose una nuova distanza tra loro facendo un veloce passo indietro. 

«No», asserì all'improvviso, «No, JK. Ti prego, non dirmi che —c-che noi due» batté velocemente le palpebre con il cuore in gola e la bocca arida. La voce gli morì in gola, spezzata da un'improvvisa mancanza d'aria, e le mani tremarono vistosamente, il respiro errante almeno tanto quanto le sue pulsazioni.  

Nonostante il volto di JK non fosse lo specchio della salute, Jungkook era fermamente convinto che si sarebbe potuto riprendere. Era fermamente convinto che ce la stessero facendo, che quelle occhiaie marcate sarebbero presto sparite, che quelle guance incavate sarebbero tornate a riempirsi, che quel tono spento sarebbe tornato a tuonare e quegli occhi opachi sarebbero tornati a risplendere. 

Ne era convinto, sapeva che ce la stavano facendo, sapeva che JK ce la poteva fare — anzi, lui era certo che ce l'avrebbero fatta. 

«Ce la possiamo fare— hyung, c-ce la possiamo f-fare.» supplicò Jungkook, la vista non più nitida e la determinazione sfumata tanto quanto le sue certezze. 

JK strinse le labbra. «Tu ce la puoi fare, Cooky. Tu puoi ed io ne sono sicuro.» 

«No! Noi! N-noi ce la possiamo fare!», lo bloccò Jungkook, alzando improvvisamente la voce, «Proprio c-come abbiamo fatto fino a-ad oggi! Io e te ce la possiamo fare, c-ce la posso fare ad aiutarti, hyung. C-ce la posso fare, d-dammi solo un altro po' d-di tempo.» pregò quindi, le mani tremanti si strinsero alle spalle di JK in una presa salda e disperata.

JK fece un profondo respiro ad occhi chiusi e rimase per qualche secondo in silenzio; Jungkook vide la mascella serrarsi e contrarsi in spasmi nervosi, che si rilassò solo quando le palpebre si sollevarono scoprendo quelle iridi in cui il suo stesso riflesso sembrava guardarlo di rimando. 

«Non possiamo più stare separati, Jungkook. Non possiamo più farlo perché io non ci sto più riuscendo», mormorò JK, abbassando lo sguardo, «Ti ricordi quando mi hai chiesto quante volte un bicchiere può essere frantumato prima di essere irrecuperabile? Ecco, io sono la risposta. Ma questo sono io, non sei tu. Tu sei pronto a sapere cosa ti è successo; se siamo insieme possiamo rialzarci, se noi stiamo insieme possiamo tornare a vivere.»

Jungkook emise un singulto e JK rialzò lo sguardo su lui, arcuando appena le sopracciglia alla vista delle pesanti e grosse lacrime che rotolavano sulle guance dell'altro. Odiava vederlo piangere. 

Lo aveva fatto così tanto nella sua vita che odiava vederlo versare quelle lacrime che gli intristivano gli occhi e deturpavano i suoi lineamenti delicati e dolci.

«Ti p-prego, hyung—io non s-sono nessuno senza di te. Ti p-prego, non farmi q-questo.» mimò con le labbra Jungkook, non riuscendo a trovare alcuna forza di cacciare fuori la voce.

JK schioccò la lingua sul palato con disappunto. «Non dirlo. Non sminuire in questo modo la tua persona, perché io sono estremamente fiero di te, Jungkook. Hai smesso di farti toccare dal nostro passato, hai permesso di guarirci.» 

Jungkook schiuse le labbra e altre lacrime bagnarono il suo viso, rotolando pesantemente sulle sue gote arrossate dallo sforzo del pianto. «N-no! I-io non sono pronto ad affrontare il mio passato! I-io ho ancora b-bisogno di te nella mia v-vita...io avrò s-sempre bisogno di t-te per andare avanti.»

La voce di Jungkook era spezzata, il tono supplicante era uscito come un sussurro accennato, una preghiera di resistere, di rimanere. 

Ma JK sembrava irremovibile nella sua posizione, e non sembrava mostrare nulla se non sincera fierezza e solidità.

«E qui ti sbagli, ragazzino. Sei pronto. Hai lasciato che ti ferisse, hai lasciato che sanguinasse, hai lasciato che si rimarginasse. È stato necessario del tempo ma ci sei riuscito, non dovresti piangere di tristezza per una vittoria, Cooky.» parlò con voce tranquilla, avvicinandosi nuovamente a lui per potergli asciugare le lacrime con la punta delle dita -proprio come aveva fatto ogni volta che Jungkook si era ritrovato a piangere da solo.

Quei tocchi leggeri sulle sue guance gli donarono lo stesso grado di conforto che soleva albeggiare nel suo animo ferito quando era un bambino.  

Un singhiozzo gli perforò il petto, così profondo da mozzargli il fiato e fargli tremare le spalle. 

«Io ci sono riuscito s-solo perché c'eri t-tu ad aiutarmi! Senza d-di te n-non sarei mai riuscito in niente! Chi saremo, allora? C-chi sarò i-io? Cosa ne sarà di te? Di entrambi?» singhiozzò, sentendo la frustrazione per quella situazione rimpiazzare il crescente dolore per la situazione che stava attraversando. 

Perché la sua mente gli stava facendo quello? Perché aveva deciso di privarlo della figura più importante della sua vita? Perché JK non sembrava disperato come, invece, si sentiva lui?

Le dita di JK gli arruffarono nuovamente i capelli e anche se non lo stava guardando, Jungkook percepì un sorriso nella voce calda e confortante dell'altro. 

«Sei e rimarrai sempre Jungkook, proprio come io sarò sempre una parte di te. Non me ne andrò, non potrò mai farlo, questo fa solo parte del tuo processo di guarigione dalle ferite, Jungkook», gli mormorò con tono soffuso, «Quelle stesse ferite che ci hanno fatto del male sono state il tuo passato ma non sono il tuo destino.»

Jungkook pianse. 

Pianse sentendo il petto squarciarsi, pianse per la mancata comprensione di ciò che stava avvenendo, pianse perché avrebbe voluto urlare anziché arrovellarsi nel terrore di non farcela, nel terrore di perdere una parte così importante di sé, nel terrore di non sapere più chi fosse.

Se si fossero uniti, chi sarebbe stato lui? Cosa sarebbe diventato?

«Kookie?! Cosa ne sarà di Kookie?!» esclamò poco dopo, battendo velocemente le palpebre per rischiararsi la vista. 

JK lasciò ricadere la mano e fece un piccolo sorriso. «Il biscotto capirà», concluse infine, «Cooky, non sono io a deciderlo. È la tua mente che, così come ci ha creato divisi, adesso ci vuole uniti. Ma non spariremo, nessuno dei due; saremo un po' come il viola. Io blu, tu rosso, e saremo insieme. Sempre.»

Jungkook tirò su con il naso e si asciugò gli occhi con i pollici, guardandolo con espressione contrita. «Non c'è modo di poter t-tornare ad essere noi t-tre come sempre, vero?»

JK, inaspettatamente, si aprì di un gran sorriso, uno di quelli che Jungkook adorava perché sapevano di sorprese e di novità. JK soleva sorridergli in quel modo quando, per esempio, andava a rubare qualche biscotto in cucina o gli preparava la cioccolata calda.

Era lo stesso sorriso che gli faceva intendere che sarebbe andato tutto bene, che lui non lo avrebbe davvero lasciato mai del tutto e che, in qualche modo, riuscì a placare la sua angoscia e il suo timore. 

«Noi saremo sempre tre. Io sarò sempre parte di te, Jungkook. Io sono una parte di te un po' più indipendente, ma con te condivido tutta la mia vita —e anche la mia anima.» gli rammentò con sicurezza tale che Jungkook gli crebbe senza neanche pensarci. 

Deglutì sonoramente e prese un profondo respiro per calmare il suo stato ansiogeno. «E se non dovessi farcela? S-se qualcosa dovesse andare male? Se non riuscissi a—» le parole farfugliate velocemente per l'agitazione vennero stroncate da una risatina bassa e roca, leggera e carezzevole quanto un respiro sulla nuca.

«Ce la farai, io servo per questo.» assicurò JK prima che il silenzio li avvolgesse.

Improvvisamente, in un battito di ciglia, Jungkook sentì una strana e sconosciuta sensazione serpeggiargli dentro; non era inquietudine, non era nervosismo, non era nulla di tutto quello che aveva provato poco prima. 

O che aveva provato nella sua intera esistenza. 

Era delicata, era decisa, era intensa ma non faceva paura.

Fu come se una sorta di forza invisibile lambì la sua schiena per sospingerlo verso JK, un po' come un'attrazione tra poli opposti che si erano ritrovati, e non provò nemmeno a combatterla. Si lasciò guidare dall'istinto e guardò con sorpresa JK spalancare le braccia. 

«U-un abbraccio?» mormorò, interrogativo. 

L'ultima volta che si erano abbracciati lui era un bambino e JK il suo eroe, il cavaliere senza macchia e senza paura pronto a scacciare via i mostri; dopo la loro rottura e dopo quel periodo di lontananza, gli sembrò quasi incredibile che JK gli stesse chiedendo un abbraccio.

JK annuì, ridacchiando della confusione e del leggero imbarazzo che tinteggiò le guance di Jungkook. 

«Un abbraccio», confermò, divertito, «È quello di cui ho più bisogno.»

Jungkook sentì nuovamente le lacrime pizzicargli gli occhi ma si fiondò tra le braccia spalancate di JK e lo strinse stretto, proprio nello stesso istante in cui l'altro lo inglobò nella sua presa. 

«Ti voglio bene, hyung.» mormorò senza voce.

E l'ultima cosa che udì prima che la luce li inghiottisse fu un bisbigliato "Ti voglio bene anche io, ragazzino."




Si rigirò tra le lenzuola portando con sé parte delle coperte e, come di consueto, allungò una mano verso il lato opposto del materasso, tastando e frugando tra le lenzuola alla ricerca di JK.

Il freddo impattò contro la punta delle dita e lo ridestò appena, convincendolo ad abbandonare il torpore del sonno per capire se la parte vuota del letto fosse davvero vuota o se l'altro si fosse semplicemente discostato dal suo solito posto. 

Arcuò appena le sopracciglia e aprì un occhio, richiudendolo subito dopo per la luce abbagliante del giorno che gli ferì le pupille; i tendaggi non erano stati richiusi del tutto e sibilò appena dal fastidio, schiacciando il viso contro il cuscino per la luminosità fastidiosa della stanza. Solo dopo qualche minuto di meditazione trovò la forza di issarsi su di un avambraccio; si strofinò l'occhio con il pugno chiuso e soffocò uno sbadiglio un po' troppo rumoroso contro la spalla, lanciando un'occhiata alla sua destra. 

Le lenzuola erano stropicciate, ma il fatto che fossero fresche gli lasciarono intendere che Jungkook -o JK- fosse sveglio già da parecchio. Era strano svegliarsi da soli, inusuale; solitamente, né Jungkook né JK aprivano gli occhi prima di lui, ed infatti era sempre Taehyung stesso a doverli coinvolgere in sessioni di bacetti rumorosi e persistenti per convincerli a svegliarsi e affrontare la nuova giornata.

Con un grugnito si mise seduto e si grattò la nuca, muovendo circolarmente il collo mentre scandagliava con gli occhi vagamente velati la camera da letto alla ricerca di suo marito. Notò che gli unici vestiti presenti nella stanza fossero i suoi e che nessun vestito di suo marito sembrava essere stato lascato in giro -e quello era un indice che era stato JK a mettersi a letto, visto che era l'unico dei tre con la tendenza a scalciare via i vestiti e abbandonarli nel bagno prima di raggiungerlo

Non credeva che avesse lasciato la stanza, comunque; non lo avrebbe mai fatto senza prima avvertirlo, per cui ebbe ragione di credere che la porta chiusa del bagno contenesse la persona oggetto dei suoi pensieri. Ciondolò a piedi scalzi fino alla porta e la colpì un paio di volte con le nocche, attendendo pazientemente una risposta che non raggiunse mai le sue orecchie. 

Interdetto, aggrottò le sopracciglia e soppresse un altro sbadiglio. «JK? Sei lì dentro?» ritentò, la voce ancora arrochita dal sonno risultò baritona perfino alle sue orecchie.

«Pantaloni del cazzo, ma chi diamine li ha cuciti? Maledizione!»

Il borbottio di risposta che ricevette fu sufficiente per fargli rilasciare un sospiro di sollievo -scaricando una tensione che non sapeva di star sperimentando fino a quell'istante. Con l'animo più leggero, arcuò curiosamente un sopracciglio e spalancò la porta, liberando una risata roca e divertita alla vista di Jungkook intento a cercare di fare scivolare dei pantaloni sulle cosce muscolose ed ancora umide. 

Li strattonava spostando il peso da un piede all'altro e Taehyung notò come le cuciture laterali stessero urlando pietà per la pressione a cui erano sottoposte. 

«Se questo è l'inizio della mia mattinata, allora sarà una giornata splendida!» enunciò con divertimento incontenibile Taehyung, spostandosi i capelli dalla fronte con un gesto leggero della mano, «Cosa stai facendo?!» ridacchiò infine. 

Suo marito alzò di scatto la testa verso di lui e la presa sui pantaloni si perse improvvisamente; questi rimasero qualche attimo fasciati sulle cosce prima di afflosciarsi sul pavimento e annidarglisi attorno alle caviglie. Le sue guance bruciarono dall'imbarazzo e il rossore gli raggiunse la punta delle orecchie, arrivando perfino a chiazzargli il collo e il petto. 

«Io—i-io...» cercò di articolare quello, lasciando scivolare lo sguardo su Taehyung per un lungo istante. 

Un lungo e silenzioso istante che Taehyung non seppe interpretare.

«Tu...?» lo incitò quindi, alzando le sopracciglia. 

Guardò con divertita tenerezza le guance di Jungkook colorarsi nuovamente; le dita dell'altro arruffarono i capelli ancora umidi dalla doccia e lo vide sbuffare improvvisamente, arcuare un sopracciglio e fare un piccolo broncio.

«Q-questi pantaloni del cazzo non salgono! Mi chiedo a cosa pensassero i sarti mentre me li cucivano addosso, non dovrebbero essere s-su misura?!» sbuffò nuovamente, roteando gli occhi. 

Taehyung incrociò le braccia al petto e arcuò nuovamente un sopracciglio, poggiandosi con la spalla contro lo stipite della porta; era leggermente confuso dall'atteggiamento di Jungkook, ma vederlo corrucciarsi così tanto su una questione tanto futile quanto lo erano i pantaloni aderenti che tanto piacevano a JK era qualcosa di cui ancora non aveva avuto visione. 

Però JK non balbettava e Jungkook non utilizzava un linguaggio troppo colorito, per cui quella visione era estremamente insolita. 

«Credo di non averti mai sentito balbettare, JK.» ammise con l'ombra di un sorriso nella voce. 

Il modo di spostarsi i capelli dalla fronte, il cruccio della sua espressione, il borbottare imprecazioni contro i sarti reali e il guardare i pantaloni come se fossero il più disdicevole dei mali lo avevano portato alla ferma conclusione che quello dovesse essere necessariamente JK -e non Jungkook, come aveva invece creduto. 

Guardò con curiosità suo marito mordersi il labbro inferiore e grattarsi la nuca per qualche istante, giusto un attimo prima di spostare nuovamente lo sguardo su di lui e fargli un sorriso accennato. 

«Ci credo che non mi hai mai sentito balbettare, ancora non ci c-conosciamo del tutto.»

Taehyung lo guardò interdetto e cercò di mantenere l'espressione neutrale, scrutandolo dall'alto in basso perché non era riuscito a cogliere nulla di ciò che gli stava dicendo...JK, forse? Jungkook? Quel modo di fare gli era familiare, anche se non poteva essere imputato né totalmente a JK, né totalmente a Jungkook. 

Era più una via di mezzo.

«Non ci conosciamo del tutto?», ripeté, sorridendo appena, «Beh, siamo sposati da due anni, non proprio un giorno, sai? Non è moltissimo ma non è neanche poco.» ridacchiò, aspettandosi dall'altro una reazione diversa da quel leggero disagio che gli deturpò i lineamenti del viso e lo portò a deglutire silenziosamente. 

Guardò l'altro lanciare uno sguardo allo specchio e scoccarsi un'occhiata infastidita, imprecando contro sé stesso a proposito del rossore che, persistente, gli stava colorando le guance e non sembrava intenzionato a scemare. 

Ma -a parte lanciare insulti verso la sua persona- non sembrava troppo intenzionato a rispondergli, motivo per cui Taehyung si schiarì la voce. 

«...Non è così?» esitò quindi, colto alla sprovvista dal pesante e denso imbarazzo che aleggiava tra loro.

Le mancate risposte gli fecero abbandonare l'espressione allegra per assumerne una particolarmente interdetta, non in linea con l'umore leggero con cui aveva salutato il giorno. Perché non gli voleva parlare? Perché non gli stava parlando?

«Per favore, potresti rispondermi? O magari spiegarmi perché stamattina sei così insolito? Hai avuto altri incubi, forse?» azzardò quindi, colto da un improvviso moto di coraggio. 

Fu una sensazione strana quella che pervase l'animo di Taehyung. Si sentì come catapultato all'inizio del loro matrimonio, quando non aveva idea di cosa stesse succedendo o di chi avesse di fronte; era vero, non si smetteva mai di conoscere una persona, ma credeva di aver raggiunto una comprensione degli atteggiamenti di suo marito tale da saper riconoscere quando si rapportava con Jungkook o quando si rapportava con JK.

Ma in quel frangente era...interdetto. 

Lo vide scuotere velocemente la testa in segno di diniego e successivamente assumere un'espressione così timorosa da confonderlo. «No, nessun incubo... i miei r-ricordi sono ben peggiori degli incubi, però non me ne lamento. V-va— va bene così.» rispose, abbassando nuovamente gli occhi mentre arricciava il naso e corrucciava le labbra.

Il sorriso che aveva albeggiato sul viso di Taehyung fino a quel momento morì all'improvviso; la preoccupazione di ciò che l'altro gli aveva riferito lo portò a rizzare la schiena e analizzare la situazione, alla ricerca di un modo per poter spezzare quella leggera tensione che aveva avviluppato la stanza e stava soffocando la quiete mattutina.

Per sua fortuna ci pensò suo marito a riempire quel silenzio pesante e confuso che aleggiava tra loro. Lasciò che tutti i discorsi che nascevano e morivano sulle sue labbra decadessero prima ancora di essere articolati, ma tese le orecchie allo schiarirsi rumoroso della voce di suo marito.

«So che magari t-ti stai chiedendo cosa s-sta succedendo, ma l-lascia che ti dica chi s-sono...o cosa sono.» gli sorrise apertamente d'un tratto, riportando lo sguardo su di lui. Negli occhi era contenuta un'emozione sorprendentemente viva e reale, come se non stesse più nella pelle.

O come se lo stesse vedendo per la prima volta. 

«Cosa sei?» ripeté Taehyung. 

«Esatto», annuì quello, «Io sono JKook. S-sono davvero felice di conoscerti, Tae.» si presentò, sentendo il cuore mancare un battito perché stava pronunciando il suo nome per la prima volta. E non a una persona qualunque, ma a colui il cui volto continuava ad affacciarsi nei suoi ricordi più di quanto si sarebbe mai immaginato.  

Lo sguardo stralunato di Taehyung parlò per lui, il suo boccheggiare silenzioso incuriosì l'altro che attese pazientemente che le sue parole venissero comprese. 

«JKook?» domandò Taehyung come a richiedere conferma, battendo le palpebre in modo intermittente e quasi a rilento. 

Il volto di suo marito si illuminò incredibilmente tanto alla menzione del suo nome e fece per avvicinarglisi velocemente quando, per poco, non inciampò nei suoi pantaloni ancora avvolti alle caviglie. 

«Ma che cazzo—fottuti pantaloni.» imprecò a denti stretti, scalciandoli malamente via senza curarsi troppo del fatto che fosse solamente in intimo. Gli si avvicinò a grandi passi e lo guardò con occhi curiosi ed ammirati; Taehyung vide il suo sorriso accennato diventare sempre più largo, le sue guance colorarsi di una tenue colorazione rosata nel mentre che alzava lentamente una mano per sfiorargli lo zigomo con la punta delle dita. 

Come i fili d'erba che solleticano la pelle, così il tocco di JKook titillò la sua guancia; i polpastrelli carezzarono gentilmente parte del suo viso in concomitanza con l'accelerare dei battiti di JKook che, per l'amor del cielo, sentiva di stare per avere un collasso. 

«JKook p-potresti spiegarmi?» mormorò Taehyung, lasciando vagare lo sguardo sul suo viso con fare perso. 

L'espressione consapevole di JKook divenne più solida, un impulso irresistibile di volerlo stringere lo portò ad abbracciare di slancio Taehyung senza nemmeno pensare alle proprie azioni. Da quando lo aveva visto, il suo cuore non aveva fatto altro che fare mille bizze, era rimasto spiazzato dal tumulto che gli si era agitato dentro per come Taehyung lo aveva salutato, e per lunghi istanti non aveva saputo scegliere a quale emozione -o impulso- dare ascolto.

Voleva baciarlo, voleva stringerlo, voleva parlargli, voleva fare l'amore con lui e consumarsi nelle sensazioni; sentiva la voglia di essergli vicino e di farlo avvicinare, e non sapeva nemmeno grazie a quale forza invisibile si era trattenuto dal saltare sul posto come lo aveva riconosciuto.

Quando aveva aperto gli occhi al mondo si era sentito così strano, così diverso, che gli era stato impossibile rimanersene disteso nel letto. E dove adesso le mani di Taehyung stavano vagando -lungo la sua schiena e sulle sue spalle in movimenti lenti e cadenzati- si sentì quasi rigenerato, come se una moltitudine di paure fossero state spazzate via solo grazie a quei tocchi. 

«Ti spiegherò tutto, te lo prometto», gli bisbigliò all'orecchio, sospirando appena dalla contentezza nel continuare a percepire le mani di Taehyung su sé, «Possiamo dire che sono Jungkook con un tocco piuttosto marcato di JK.»

Le mani di Taehyung arrestarono il loro percorso e cercò di divincolarsi dalla stretta per guardarlo, ma quello lo trattenne fermo aumentando l'intensità dell'abbraccio. «Ci siamo integrati, ed io sono il r-risultato della loro integrazione. Sono f-felicissimo di conoscerti.» il mormorio rivelatore venne percepito da Taehyung come se glielo avesse urlato addosso. 

Quel bisbiglio sottile arrivatogli direttamente contro l'orecchio ebbe la capacità di far fermare il suo mondo e di azzerare il tempo. Gli occhi cerulei si allargarono a dismisura e le labbra si schiusero, spalancandosi del tutto in concomitanza con il pulsare veloce ed anomalo del suo cuore -anche se non aveva capito se fosse per la sorpresa, per una punta di dispiacere o per il timore. 

«Integrazione?», mimò con le labbra, non sapendo interpretare la moltitudine di emozioni che gli si agitarono dentro, «Vi siete integrati? Quando?» chiese, attonito. 

Non riusciva a nascondere lo stupore nell'apprendere che Jungkook e JK si fossero integrati perché nulla aveva lasciato presagire che la loro integrazione fosse vicina. Jungkook non gliene aveva più parlato e JK sembrava stesse superando le sue ferite; nessuno dei due aveva fatto cenno di un perpetrarsi dei loro sintomi, con Jungkook avevano fatto l'amore appena due giorni prima, con JK si erano detti ti amo

Riuscì a divincolarsi dall'abbraccio e gli posò le mani sulle spalle, strizzandole appena mentre ricercava nel fondo dei suoi occhi la veridicità dell'accaduto. 

JKook gli rivolse un timido sorriso. «Sì. Si sono integrati s-stanotte, e quindi d-da adesso ci sono io.» confermò in un sussurro che arrivò dritto al centro del petto di Taehyung. Quest'ultimo arcuò appena un sopracciglio e prese un respiro tremulo, alzando una mano verso di lui; lasciò che la guancia di JKook si accoccolasse sul palmo, ritrovando JK in quel gesto e Jungkook nel rossore arrivatogli alle orecchie.

«Adesso ci sei tu...» mormorò tra sé, assorto, «...Che ti chiami JKook.» terminò, e all'altro sembrò quasi che stesse tentando di mettere ordine in un caos che, a sua detta, non era poi così tanto caotico

Deciso a fornirgli il tempo necessario a conoscerlo, annuì silenziosamente e gli avvolse un braccio attorno alla vita, in un gesto che non aveva mai fatto prima ma di cui aveva sentito terribilmente la mancanza.

Era a conoscenza di Taehyung, ovviamente. 

Sapeva del rapporto che aveva con entrambi, era a conoscenza del profondo legame che legava Taehyung sia a Jungkook che a JK. I loro ricordi erano vividi e chiari nella sua nuova memoria, in cui i vuoti temporali di uno erano colmati con momenti vissuti dall'altro, in un incastrarsi perfetto -o quasi- di avvenimenti e di eventi. 

Sentiva e percepiva tutto come se fosse stato sempre lì, come se non se ne fosse mai andato, come se non fosse quello il suo primo, vero giorno di vita. Era una sensazione particolare e quasi surreale, le emozioni da ricollegare erano tante e le sensazioni -spesso- erano contrastanti tra loro; i caratteri di Jungkook e JK erano così diversi e ricchi di sfaccettature da confonderlo ma, alla fine, quella mattina si era alzato e aveva spalancato gli occhi perché, cazzo, lui era reale! 

Era davvero lì!

«Ma come...come è avvenuto?» trovò il coraggio di chiedergli Taehyung, guardando le labbra di JKook curvarsi in un ghigno allegro.

Scrollò le spalle e si portò indietro i capelli con un gesto secco del capo. «H-Ho semplicemente ho sognato che ci abbracciavamo. Era tutto bianco e c'era t-tanta luce, n-non c'era casa nostra ed eravamo solo i-io e JK. Abbiamo p-parlato e alla fine, quando h-ho aperto gli occhi, m-mi sono accorto di non essere più s-solo Jungkook.» 

Taehyung notò come il modo di parlare e di agire, in quel preciso istante, fosse tutto di Jungkook. E a giudicare dal soggetto della narrazione, era stato proprio Jungkook a raccontargli brevemente della sua integrazione.

JKook prese poi un respiro tremulo mentre guardava Taehyung stringere appena le labbra e annuire lentamente; sperava con tutto sé stesso che non la prendesse troppo male, che non reagisse in modo negativamente inaspettato e che capisse che -effettivamente- non c'era nulla di sbagliato in lui. 

Era un po' tutto diverso, ma niente era cambiato davvero...no?

Q-quindi d-dove sono Junkoo e Jché?

Il cuore di JKook fece l'ennesima capriola della mattina e strabuzzò gli occhi, una trepidante attesa ad invadergli il petto ed una voglia di esultare come se gli avessero appena detto di poter andare a cavalcare Furia. 

Non aveva ancora parlato con Kookie nonostante fosse stata la prima cosa che avesse cercato di fare non appena aveva avuto consapevolezza di sé; il suo biscotto sembrava volesse evitare di parlargli perché appena aveva provato a salutarlo e andargli vicino, Kookie era scappato via e lo aveva guardato con profonda e timorosa diffidenza.

Sono sempre qui, solo...non da soli. gli rispose cercando di modulare invano il suo entusiasmo.

Sperava con tutto sé stesso che Kookie non scappasse nuovamente via e che gli desse l'opportunità di conoscerlo. 

Kookie arricciò il naso e guardò la punta delle sue scarpine, giocherellando nervosamente con l'erbetta fresca. M-ma tu chi sei adesso? riprovò, dubbioso, rialzando gli occhi scrutatori ed incerti su di lui.

Io sono JKook. Se non vuoi chiamarmi hyung v-va bene, solo...p-per favore, tieni a mente che io sono qui anche per te. N-non ho intenzione di farti niente, e se non vorrai parlami subito lo capisco, però sappi che se hai bisogno di q-qualcosa, io ci sono

JKook strofinò le mani tra loro e Kookie storse il muso, andandogli lentamene vicino per poterlo studiare e valutare. Lo guardò per un intenso attimo prima di aggrottare le sopracciglia, Se è c-così... Puoi dirmi se Jché e Junkoo s-stanno b-bene? Se s-sono f-felici? chiese in un piccolo sussurro, come se faticasse a parlare con quel tono fermo e risoluto. 

JKook guardò gli occhi di Kookie minacciare di sciogliersi in lacrime ma si sorprese nel vedere che no, nessuna lacrima stava strabordando dagli occhi grandi ed arrotondati; nessun segno di tristezza stava solcando quel viso tondo e fanciullesco; nessun segno di cedimento stava minacciando le sue piccole spalle tese e rigide. 

Volendo approfittare quanto più possibile dell'occasione concessagli di potersi avvicinare a Kookie, JKook prese ad annuire con vigore e lasciò che un sorriso accennato ma sincero gli incurvasse le labbra. 

Si acquattò sulle ginocchia per arrivare alla stessa altezza di Kookie e parlò con voce sincera. Sì, Kookie. Loro s-stanno bene e sono felici. E continuano a volerti tanto bene, proprio come t-te ne voglio io. 

Un piccolo sospiro lasciò la boccuccia corrucciata di Kookie, che però parve sollevato nel saperlo; il broncio sporgente che gli incurvava gli angoli della bocca verso il basso rimase, ma le nubi che adombravano gli occhioni color cioccolato si rischiararono e questi tornarono limpidi tanto quanto il cielo sopra di loro. 

Allora...s-suppongo che c-ci vedremo n-noi due. Magari più i-in là, mormorò Kookie, incerto, C-ciao, JKoo. sventolò la piccola manina e fece un passo indietro per sottrarsi dalla carezza che JKook avrebbe voluto fargli. 

La mossa di scompigliargli i capelli era stata istintiva, una cosa su cui non aveva riflettuto ma che, come l'aveva visto allontanarsi per non essere toccato, gli aveva fatto male. Sentì quasi il petto bruciare ma, nondimeno, fece ricadere il braccio lungo il fianco e cancellò la tristezza dal suo animo per acconsentire silenziosamente alla promessa di rivedersi.

Quella bolla privata, in parte condivisa con Taehyung e in parte condivisa con Kookie, venne spezzata dal bussare insistente della servitù contro la porta della loro stanza; la campanella che segnava l'ora della colazione e il cigolare delle ruote del carrello che veniva sospinto fino ad arrestarsi vicino al basso tavolino di fronte il letto, li fece sobbalzare entrambi.

Taehyung afferrò l'asciugamano posata sul marmo del lavabo e gliela avvolse attorno ai fianchi, sorridendo bonariamente verso di lui mentre la annodava in modo da non farla crollare. 

«Non è il caso di farsi trovare in intimo dalla servitù», spiegò, lanciando un'occhiata alle sue spalle, «Ci sono tante cose di cui dovremo parlare, JKook, ma purtroppo non possiamo farlo adesso. Sei il re.» Ed io ho bisogno di tempo. aggiunse mentalmente Taehyung, mordendosi la lingua.

JKook alzò le sopracciglia e prima che potesse aggiungere qualsiasi cosa, Taehyung uscì dal bagno e sorpassò la servitù, puntando dritto verso la porta da cui sparì. 

Interdetto e sorpreso -non troppo, se proprio doveva essere sincero- spostò il peso da un piede all'altro e deglutì a vuoto, abbassando gli occhi sulle sue mani. 

Si aspettava quel trattamento? 

Più o meno.

Aveva messo in conto che Kookie lo avrebbe guardato con delle remore, aveva anche messo in contro che per Taehyung sarebbe stato complesso affrontare un evento così improvviso, ma... sarebbe andato tutto bene, vero? 

Lo avrebbero accettato così come avevano accettato Jungkook e JK, no?

Il calore della mano di Taehyung rimasta chiusa sulla sua guancia lasciò dietro sé una sensazione di pizzicore accennato che lo spinse a posarsi la mano dove quel calore confortante continuava a carezzarlo.

Aveva adempiuto con fare vago e leggermente scocciato alle sue mansioni reali, dedicando parte del tempo a rimuginare sulla possibilità di tornare alla normalità che viveva con Taehyung prima della sua nuova vita. 

I pensieri che vorticarono nella mente di JKook, però, erano estremamente simili a quelli che avevano accompagnato Taehyung lungo tutta la sua giornata.

Quest'ultimo non sapeva perché aveva sentito quel bisogno di andare via, né riusciva a smettere di insultarsi per essere stato così brusco nei confronti di JKook, ma mettere della distanza tra lui e l'altro era stata l'unica soluzione che la sua mente aveva trovato in un momento di totale confusione e dispersione. 

Non era corretto definire come rammarico ciò che gli ardeva dentro perché, obiettivamente, non avrebbe avuto alcun senso rammaricarsi per l'integrazione tra Jungkook e JK. 

Anche se li aveva conosciuti come entità divise e autonome, non aveva mai perso di vista che JK fosse un alter di suo marito, né da dove lui e Kookie derivassero. Avevano una loro indipendenza, certo, ma era la mente di Jungkook a gestirli, e questa era l'unica cosa a cui riusciva a pensare se analizzava quella nuova verità della sua vita coniugale. 

Se si erano uniti allora significava che la sua mente aveva deciso che quella fosse la cosa migliore da fare per poter superare i dolorosi e tormentati trascorsi della loro esistenza, perché -come gli aveva spiegato una volta JK - "insieme è meglio che da soli." 

Quell'atto all'apparenza radicale e quasi minaccioso era, in realtà, una seconda occasione che la vita stava offrendo a suo marito; anziché essere legati da un delicato e sottile filo invisibile ricco di nodi e di punti deboli, in quel modo avrebbero avuto modo di stringersi saldamente la mano. 

Ed era più difficile spezzare la stretta di due mani che si vogliono bene che recidere una comunicazione imprecisa. 

Di quei processi mentali ne sapeva poco, ma era certo di aver letto in qualche manuale che non fosse qualcosa di reversibile. Una volta uniti, niente e nessuno li avrebbe potuti dividere e Taehyung non aveva intenzione di frapporsi in quel frangente. 

Ma se si erano integrati, il loro rapporto sarebbe dovuto cominciare da zero? Oppure avrebbero potuto riprendere in mano i fili della loro relazione e continuare a tessere la loro vita?

Quei tormenti lo avevano tartassato senza tregua e il suo cruccio si era fatto più insistente fino a diventare del sincero e irritante disappunto per sé stesso. Irrazionalmente e senza alcuna logica apparente, Taehyung si rese conto che, durante tutta la giornata, aveva evitato JKook.

Aveva evitato di presentarsi a pranzo, aveva evitato di andare nel suo studio come di consueto, aveva evitato ogni contatto umano di sorta per non dover fornire spiegazioni che nemmeno lui era in grado di concepire. 

Si sarebbe preso a schiaffi se solo avesse avuto la caparbietà di non fermarsi al primo colpo; colui che se ne stava in compagnia dei consiglieri non era un regnante qualunque e non era una persona solamente importante. 

JKook era comunque la persona che amava, e nessuna integrazione, nessun improvviso cambio di rotta e nessuna turbolenza avrebbe mai potuto cambiare i suoi sentimenti.

Però aveva timore. 

E quel timore che sentiva dentro lo aveva spinto a spostare malamente la lettera che stava inutilmente cercando di attenzionare e a scompigliarsi i capelli fino ad arruffarli; aveva reclinato il capo all'indietro emettendo un grugnito esasperato e aveva trascorso il resto del tempo a studiare le trame del soffitto.  

Persi almeno tanto quanto i suoi pensieri, gli occhi avevano vagato per tutta la stanza senza mai soffermarsi su nulla perché l'unica cosa su cui si sarebbero voluti posare era una persona a qualche porta di distanza dalla sua.  

JKook rappresentava la forza di Jungkook nell'andare avanti, rappresentava la tenacia di JK nel preferire essere un'unica cosa con colui che l'aveva creato piuttosto che svanire definitivamente, rappresentava l'inizio di una nuova vita in cui non vi era spazio per la cattiveria e la violenza. 

JKook rappresentava quel punto di contatto che era venuto a mancare nella persona di Jungkook, rappresentava la vittoria dell'essersi lasciato alle spalle un mondo distorto e cattivo, rappresentava la vittoria delle battaglie contro i suoi mostri.

Rappresentava la sua rinascita. 

Tutto sembrò piano piano incastrarsi, tutti i pensieri aggrovigliati di Taehyung iniziarono a sciogliersi e a identificarsi come motivazioni più che sufficienti per scrollarsi di dosso l'apatia e il timore della giornata e rinvigorire la voglia di far funzionare le cose anche in quel caso.

Perché Taehyung era certo che ce l'avrebbero fatta. 

Proprio come sempre. 




Con lo sguardo rivolto oltre la finestra e diretto verso la vastità dell'orizzonte all'imbrunire, JKook si morse con forza il labbro inferiore per sopprimere il singhiozzo infame che, prepotente, minacciava da ore di tramutarsi in un pianto più alto e doloroso. Le sopracciglia erano profondamente arcuate, calate sugli occhi velati di lacrime e lucidi di certezze vacillanti e poco stabili, le sue emozioni erano confuse ma tutte connotate da una grande e marcata nota malinconica.

Se ne stava seduto sul bordo della finestra con le braccia avvolte attorno alle gambe che teneva strette al petto; la schiena premeva contro il muro e cercava invano di spostare l'attenzione su una qualsiasi cosa che gli permettesse di smettere di pensare. Che fosse la linea sottile dell'orizzonte o una traccia invisibile delle gocce di pioggia che colpivano il vetro, queste ultime gli ricordavano terribilmente le stesse gocce salate che stavano scivolando lungo le sue guance da quelle che gli sembravano ore. 

Facendo un bilancio della sua prima giornata, poteva decretare con assoluta certezza che fosse stata una prima giornata davvero di merda.

Anziché sentire il supporto di Taehyung o ritrovare una familiarità con il luogo in cui erano nati e cresciuti Jungkook e JK, si era solamente sentito perso, smarrito in mezzo a quella serie di scartoffie che gli avevano fatto rimpiangere l'aver abbandonato la sua camera da letto.

La sensazione non era migliorata quando aveva incontrato il suo dottore -un tizio per cui nutriva simpatia, a dirla tutta- per parlargli di cosa gli era successo e rivelare di non essere solo Jungkook.

Non più, almeno. 

Era stato sicuramente estremamente interessante capire qualcosa di più sul suo conto, ma non era stato altrettanto idilliaco sentirsi così tanto...sbagliato. Se in un primo momento aveva cercato di non fare troppo caso alle reazioni avute dalle persone a lui più care, lo scorrere delle ore scandite dalla solitudine gli avevano dato il vago sentore che tutti -in modo più o meno consapevole- lo stessero condannando di un qualcosa che non aveva fatto. 

Non aveva fatto nulla per meritarlo, non aveva neanche avuto l'opportunità di spiegarsi che si era visto chiudere le porte in faccia senza pensare a quanto fosse difficile anche per lui tutto quello. Era sinceramente interessato nel sapere cosa pensasse Taehyung della loro integrazione, era disposto a fornire tutte le informazioni necessarie per poter riprendere la vita da dove l'avevano interrotta, ma...ci sarebbe riuscito, se qualcuno lo avesse voluto ascoltare. 

Aveva provato a parlare con Kookie, ed il risultato era stato -se possibile- anche più disastroso; la diffidenza del piccoletto, del suo piccoletto, era ciò che più mal sopportava. 

Non voleva che Kookie avesse paura di lui!

Abbassò gli occhi sulle sue mani e le vide tremare leggermente ma con fare continuo, per cui le strinse in due pugni e tirò su con il naso. Indispettito, strinse la mascella e si tamponò le guance con la manica, chiedendosi per quale motivo continuasse a sentirsi sbagliato. 

Non era colpa sua se era successo, non aveva scelto lui di nascere né di essere JKook! Perché quello non importava a nessuno?

«Che bella merda.» mugugnò tra sé, sospirando dal disappunto nel vedere le lacrime punteggiare le maniche della sua camicia. Si strofinò nuovamente il dorso della mano sulla guancia e mugugnò una mezza imprecazione -che venne stroncata da un altro singhiozzo.

P-perché piangi?

Aveva posato il mento sulle ginocchia ma, alla domanda accennata ed incerta e detta con voce dolce e fanciullesca, JKook voltò il capo verso dove un piccolo Kookie sostava. 

Il piccolo della famiglia lo guardava con sincera curiosità e giurò che, in quegli occhioni scuri, riuscì a vedervi anche un po' di preoccupazione. Si tamponò velocemente il viso con il palmo delle mani e scosse la testa. 

N-nulla. N-non c'è nulla di cui debba preoccuparti. rispose, schiarendosi la voce per darsi un tono.

Le sopracciglia sottili di Kookie si arcuarono maggiormente e il labbro inferiore sporse appena prima di lanciargli un'occhiata combattuta -come se stesse valutando se credergli o meno.

S-sai che non sei bravo a d-dire le b-bugie?  lo riprese Kookie, prendendo posto al suo fianco.

L-lo so già, grazie per avermelo fatto notare, biscotto. fece JKook, sbuffando dalle narici ma tornando a posare il capo sulle sue ginocchia. 

Kookie piegò le labbra in un piccolo sorriso a labbra strette e prese a giocherellare con le sue dita. P-piangere non è bello, q-quindi se lo fai è perché qualcuno t-ti ha portato a f-farlo. C-chi ti h-ha fatto m-male?  

Mentre attendeva che quel nuovo individuo gli parlasse, gli lanciò un'occhiata di sottecchi nella speranza che le sue parole lo avrebbero confortato. Non gli piaceva vedere qualcuno piangere, soprattutto se questi era uno sconosciuto dall'aria familiare. 

Animato dalla gioia che gli stesse finalmente parlando senza tenere una distanza di sicurezza, JKook assunse un'aria pensierosa. Nessuno mi ha fatto piangere. Sono triste perché nessuno è contento che ci sia io; il mio primo giorno l'ho passato in mezzo a sconosciuti senza che nessuno volesse parlarmi di altro se non del nostro disturbo. rivelò infine, sospirando profondamente. 

Detto, suonava perfino più deprimente di quanto lo fosse sembrato in un primo istante. 

Kookie si guardò intorno e assunse la sua stessa posizione meditativa. Non è m-mai facile aprire gli occhi al m-mondo. Ci sono tante c-cose nuove e tante persone che n-non conosci che però c-conoscono te. R-ricordo che la prima volta c-che sono stato in giro, tutti parlavano in m-modo r-ri—, il discorso di Kookie si interruppe bruscamente e si accigliò profondamente perché la parola non sembrava proprio volergli tornare alla mente, Insomma, parlavano c-con fare noioso. E poi mi c-chiamavano sempre Junkoo, m-mentre io sono Kookie! esclamò, gonfiando appena le guance ed incrociando le braccia al petto con fare indispettito.

JKook ridacchiò dolcemente e alzò le sopracciglia, guardando con curiosità il sorriso largo che gli stava appianando il volto dell'altro; Kookie si voltò verso di lui, le guance gli si punteggiarono di un dolcissimo e soffuso rossore e gli occhi divennero due mezzelune contente. Però h-hyung mi diceva sempre che l-loro e-erano tutti un p-po' t-tonti, anche se erano g-grandi! ridacchiò, leggero. 

Via via che scorsero i secondi però, Kookie sembrò ricordarsi qualcosa e JKook potè vedere il suo sorriso spegnersi, i suoi occhi smettere di brillare dalla felicità e le labbra stringersi appena. 

Kookie batté le palpebre e abbassò lo sguardo sulle sue manine che, con solerzia, avevano preso a torturare un lembo della camicina che indossava. Comunque, cercò di riprendere il discorso, schiarendosi la gola con tanto di pugnetto contro la bocca, Ciò che è i-importante t-tu sappia, è che il mondo deve imparare a conoscerti e tu d-devi imparare a conoscerlo. Un po' come c-con Taetae! Io l'ho conosciuto p-poco per volta, e l-lui deve conoscere te. gli disse con convinzione, dandogli qualche colpetto di incoraggiamento sul bicipite. 

Vedrai che a-andrà tutto b-bene, JKoo. Taetae è la p-persona migliore del m-mondo intero! Asserì poi, annuendo tra sé con fare certo e sicuro, cercando di infondere un po' di coraggio verso...il suo nuovo amico, forse? 

Non sembrava una cattiva persona, JKoo. 

Un po' bizzarro forse, oltre che un pessimo bugiardo, ma gli occhi blu come il mare dalle striature azzurre ad avvolgergli la pupilla sembravano amichevoli; anche il suo viso, estremamente simile a quello di Junkoo, era gentile. 

E poi aveva le lentiggini, proprio come lui -qualcosa voleva pur dire!

JKook prese un profondo sospiro e reclinò il capo, sbilanciando il peso all'indietro per reggersi sulle mani e incavare il collo tra le spalle. Io già lo conosco...non sono poi così tanto diverso. obiettò, sobbalzando alla gomitata poco gentile che gli era stata appena inferta. 

Il piccolo volto di Kookie mostrava tutto il suo disappunto per l'affermazione. M-ma che c'entra! esclamò con vigore, profondamente contrariato, A-adesso tu...t-tu sei nuovo. C-come lo sei per me, lo s-sei anche per lui! Se n-non farai il cattivone, n-non andrà male.

JKook sbuffò. Non lo so, Kookie. È tutto un fottu—faticoso casino. si corresse per tempo, chiudendo gli occhi per mettere in ordine i suoi pensieri. 

Lui sapeva di essere sia Jungkook che JK; sentiva chiaramente entrambi, ne percepiva la presenza, le sensazioni e le pulsioni da tutto il giorno. Erano persistenti e senza fine, ma non gli davano fastidio; non si sentiva sbagliato, sentirli vicini gli faceva piacere, essere insieme lo rendeva estremamente felice -tanto che, in un altro momento, si sarebbe sicuramente lasciato andare ad una risata liberatoria per essere diventato quello che era, per essere in grado di sentirsi così bene

Spero che sia come dici tu, sai? Sei diventato proprio un ometto. commentò senza nemmeno pensarci, sentendo una piccola manina posarsi sulla sua gamba per richiamare la sua attenzione. Riaprì gli occhi tenuti chiusi e rivolse nuovamente la sua completa attenzione ad un Kookie che, oltre a guardarlo con rinnovata comprensione, gli sorrise. 

S-sei una brava persona, JKoo. Kookie h-ha solo b-bisogno d-di tempo, non tanto...g-giusto tanto c-così. gli disse, alzando la manina per mostrare l'indice e il pollice rimanersene sospesi senza toccarsi. 

Anche se gli aveva lasciato il beneficio del dubbio, in cuor suo Kookie sapeva già di volergli bene. 

Posso abbracciarti, Kookie? chiese JKook, allargando gli occhi con aspettativa. 

L'espressione di Kookie mutò radicalmente, diventando serena e allegra; annuì velocemente e si mise in piedi, alzando un sopracciglio nella sua direzione in attesa che JKook si rendesse conto che —gli aveva detto di sì?!

Gli aveva davvero detto sì? Poteva seriamente abbracciarlo?!

JKook allargò le braccia e sentì il cuore scoppiargli di gioia per come Kookie ci si fiondò in mezzo avvolgendogli le piccole braccia attorno al collo; quelle robuste di JKook lo avvolsero stretto e questi posò il mento sulla piccola spalla di Kookie, felice di poterlo stringere così forte da inglobarlo quasi del tutto.

Nonostante fosse piccolino, nonostante quelle spalle fossero neanche la metà delle sue, riuscivano a reggere il peso di un ruolo così importante che lo portò a sorridere largamente tra sé per la felicità e l'orgoglio. 

Di quell'abbraccio forte e affettuoso ne aveva sentito una mancanza spropositata. Grazie, biscotto. Mi sei mancato tanto.  gli sussurrò con affetto carezzandogli i capelli, grato che almeno quel piccoletto fosse contento di averlo vicino. 

Kookie ridacchiò contro il suo orecchio. A-a me n-no! Non ci siamo m-mai visti! Trillò l'altro, contento. La risata spensierata e fanciullesca di Kookie fu uno scampanellio musicale dal buonumore contagioso; Jkook rise insieme a lui e gli diede un piccolo colpetto sulla punta del naso -che l'altro provvide immediatamente ad arricciare e scacciare giocosamente via. 

Ma, anche se stavano solo scherzando, JKook si accorse di come le guance di Kookie avvamparono al gesto e di come gli occhi si illuminarono nuovamente caricandosi di quello splendore che sperava di vedere per sempre. 

Oh? esclamò con fare interrogativo il più piccolino, lanciando un'occhiata curiosa alle sue spalle. JKook aggrottò le sopracciglia e si voltò con fare interrogativo alla ricerca della fonte di curiosità di Kookie. 

Gguk? sussurrò JKook senza nemmeno pensarci, con voce così flebile che si stupì che l'altro issò la testa -coperta dalle braccia ed infossata tra le gambe strette al petto- alla menzione del suo nome.

Rannicchiato su sé stesso e con gli occhi scuri allargati, si guardava intorno con fare perso e spaurito; il labbro inferiore era trattenuto tra i denti, le ciocche dello stesso colore del grano maturo gli ricadevano sulla fronte in morbide onde, il pallore della sua pelle contrastava con il colore antracite delle sue iridi, e ai suoi polsi sottili spiccavano quelli che sembravano purpurei ed estesi ematomi.

L-Lo conosci? bisbigliò Kookie, guardando con occhi allargati e curiosi quel ragazzo che non aveva mai visto. Se JKoo gli era sembrato familiare -in un certo senso- lo stesso non poteva dire per quell'altra persona che sembrava tanto...sola. 

JKook scattò in piedi e Kookie gli afferrò d'istinto la mano, stringendola mentre si avvicinavano lentamente verso quella figura che, come intuì le loro intenzioni, cercò di mettere quanta più distanza possibile tra loro, trovandosi impossibilitato nel farlo perché già schiacciato contro una parete che non aveva attenzionato prima. 

Non...non avere paura, non ce n'è motivo. disse JKook, sorridendo con gli occhi. 

Si fermarono a qualche passo di distanza da Gguk, Kookie si nascose dietro la gamba di JKook affacciandosi da dietro il suo corpo per guardare quello che aveva capito si chiamasse Gguk studiarli intensamente. 

Ti chiami Gguk, non è così? domandò morbidamente JKook, tenendo la voce bassa. 

Lo vide annuire leggermente, anche se il gesto era stato così leggero che solo alcune ciocche color del sole avevano fatto intendere che, in qualche modo, stava rispondendo alla sua domanda. Tuttavia, quel piccolo cenno fu più che sufficiente per fare sorridere JKook e convincere Kookie a riemergere dal suo nascondiglio improvvisato per prendere coraggio ed andargli curiosamente vicino. 

Gli occhi di Gguk saettarono su di lui in un istante e seguì con confusione e timore i suoi movimenti; strisciò appena sul pavimento come Kookie gli si fece vicino piegando il capo di lato ma cercando di sembrare quanto più cordiale possibile. 

Io sono Kookie, si indicò il petto con l'indice e poi puntò verso JKook, E l-lui è JKoo. presentò con fierezza, attendendo una risposta -che non arrivò. 

Kookie arcuò le sopracciglia e lanciò uno sguardo incerto verso l'altro, che però lo incoraggiò con gli occhi ad andare avanti con il suo discorso e a non demordere. Con rinnovata caparbietà, Kookie raccolse il coraggio a quattro mani e gli si sedette di fianco, facendo quasi sobbalzare Gguk per la spontaneità. 

Guardò quel piccolo essere stargli vicino e si chiese se potessero esistere persone così minute. Esistevano davvero? Quindi, oltre ad esserci delle persone con gli occhi blu, esistevano anche quelle che non erano dottori e che erano così tanto minuscole? 

Ggukkie! trillò Kookie, sorridendogli largamente, S-sai parlare? V-vuoi che ti i-insegni a f-farlo? 

Quello scosse leggermente la testa. No, so farlo mormorò. 

Gguk sobbalzò allo squittio contento di Kookie e JKook fece una piccola risata. Kookie! N-non spaventarlo! lo riprese bonariamente, rivolgendo poi l'attenzione all'altro, Siamo felici di fare la tua conoscenza. Rimani con noi, d'accordo? Non andare via propose, vedendo Kookie annuire velocemente con la coda dell'occhio, S-saremmo contenti se potessi s-stare con noi due, vero?

Kookie trillò un assenso e richiamò l'attenzione di Gguk che, stralunato e perso in quei discorsi che non aveva mai sentito, li guardava alternativamente per capire cosa gli stessero chiedendo. Non a-andrai via, no?! Kookie t-ti terrà compagnia m-mentre JKoo sarà via! Ho t-tante cose da raccontarti e sicuramente n-ne avrai anche tu! insistette allora, allargando gli occhi a dismisura mentre si tendeva verso di lui. 

JKook soppresse una risata alla vista di Gguk guardare Kookie come se fosse una specie di animaletto mai visto prima; lo stesso sgomento e la stessa indecisione danzavano nei suoi occhi ma, quasi non potendo resistere alla dolcezza del piccoletto della famiglia, annuì.

Non saprei nemmeno come andare via, soffiò, inespressivo, Lui va via? domandò poi, indicando con gli occhi JKook. 

Lui v-va via ma tornerà, asserì Kookie, prendendogli delicatamente la mano in un contatto così inaspettato che Gguk trasalì, Adesso l-lo salutiamo, c-così. illustrò quindi l'altro, issandogli il braccio per fargli sventolare la mano nella sua direzione. 

Adesso r-ripeti dopo d-di me: "Ciao, JKoo!" scandì Kookie, sventolando la mano a sua volta. 

Gguk deglutì appena e guardò con perplessità la sua mano venire mossa in quel moto oscillatorio che non aveva mai visto fare. Nondimeno, visto che quell'altra persona sembrava essere felice di vederlo -a quanto sembrava- sventolò la mano in autonomia ma con leggera incertezza.

Ciao, JKoo. mormorò, guardando quei due tipi un po' strani sorridergli tanto. 

Abbassò lo sguardo su quel piccolo individuo dagli occhi ridenti e l'espressione ancor di più e sentì le sue labbra contrarsi appena; gli angoli si incurvarono impercettibilmente verso l'alto e gli venne spontaneo portarsi una mano sul viso per capirne il significato. 

Sorriso, sussurrò JKook, Si chiama 'sorriso'. E s-sono sicuro che sorriderai tanto, Gguk. promise con fare allegro. Kookie esultò, trillando acutamente prima di iniziare il primo di una lunga serie di racconti che doveva assolutamente condividere.   

«JKook?»

Sentendosi richiamato, JKook sobbalzò dallo spavento e si voltò di scatto. Tirato fuori dal suo spazio mentale, gli occhi saettarono all'ingresso della sua stanza da letto e si allargarono inverosimilmente alla vista della persona che aveva ricercato di più in assoluto e con cui avrebbe voluto trascorrere tutto il tempo a sua disposizione.  

La figura alta e slanciata di suo marito si stagliava in tutta la sua perfezione appena oltre l'uscio, in una presenza così dolcemente assuefacente che gli sembrò perfino di smettere di respirare. I capelli erano morbidamente posati sulla fronte lasciata largamente scoperta, incorniciavano gli zigomi alti, le sopracciglia folte e scure, le labbra sottili dolcemente incurvate e quei ritagli di universo in cui sembrò perdersi. 

Riuscì ad abbassare lo sguardo sulle sue mani e la sua sorpresa crebbe; un suono interrogativo e appena accennato lasciò le labbra di JKook alla vista del piccolo vassoietto su cui erano posate due tazze dall'aria grezza ma capiente. 

Un ricordo gli abbagliò la mente e un calore diffuso prese ad espandersi nel suo petto, confluendo sul suo volto. Le guance si scaldarono in concomitanza con l'avanzare leggero di Taehyung verso di lui, che venne accompagnato da un aromatico e inteso profumo dolciastro tipico del cioccolato. 

JKook inspirò l'aria carica di quell'odore estremamente confortante e solo non appena furono vicini notò che, da oltre il bordo delle due tazze, due grandi e tremolanti ciuffi di panna oscillavano leggermente ai movimenti.

JKook guardò alternativamente il viso di Taehyung e il vassoio e si morse il labbro inferiore, imprecando tra sé per essere rimasto fermo a fissare l'altro come se avesse voluto saltargli addosso. 

«Posso? O preferisci stare da solo?» sussurrò morbidamente Taehyung, studiando il viso dell'altro striato da lacrime parzialmente asciutte -ma chiazzato da un tenero rossore.  

Vide altre lacrime ancora inespresse rimanere incastrate tra le lunghe ciglia di JKook e strinse i manici del vassoio, reprimendo il lieve senso di colpa che, strisciante, gli stava punzecchiando l'animo. Non gliele fece notare, comunque, anche se avrebbe tanto voluto che le sue ipotesi di esserne lui la causa venissero smentite; non gradiva, infatti, quando veniva fatto notare un qualcosa di così palese come solamente le lacrime di tristezza potevano essere.

JKook scosse la testa ed incrociò le gambe in modo da potergli fare un po' di posto su quello spazio ristretto e raccolto. 

«C-certamente, s-siediti pure...anzi. Speravo di vederti p-prima di andare a d-dormire.» rispose a voce bassa, ritornando a catturare il labbro tra i denti mentre si strofinava le mani sulle cosce per allentare la tensione. 

Seguì con lo sguardo Taehyung posare il vassoietto tra loro e sedersi a poca distanza da lui; la lenta camicia da notte gli scivolava lungo le spalle larghe lasciando scoperte ampie porzioni di pelle decorate da scie di piccole macchioline purpuree, i pantaloni color mattone dall'aria comoda ed informale gli abbracciavano i fianchi e gli fasciavano delicatamente le cosce affusolate, portandolo ad arrossire al turbine di pensieri che -ne era certo- provenivano tutti da JK.

Taehyung afferrò una tazza e gliela porse, sorridendo tra sé per come lo sguardo di JKook si era illuminato così tanto da sembrare risplendere. Questi fece per afferrarla con entusiasmo, salvo poi bloccare la mano a mezz'aria e richiedergli il tacito permesso di potersi avvicinare quasi temesse che non fosse a lui che intendesse offrirla. 

Taehyung alzò le sopracciglia e piegò il capo di lato. «Non ti va, forse?» gli chiese, facendo per posarla. 

JKook sgranò gli occhi, allarmato. «No! Non era p-per questo, c-certo che la voglio! Non i-intendevo c-certo dire che non la volessi, anzi, è s-stupendo c-che—c-che—», si morse la lingua e sbuffò, roteando gli occhi per il suo essere così tanto impacciato e tonto, «Nulla, ti ringrazio. Apprezzo moltissimo il gesto.» soffiò infine, sconfitto. 

Una piccola e roca risatina risuonò tra loro facendo perdere al suo cuore un battito ma, stavolta, ebbe l'accortezza di starsene in silenzio e non continuare ad imbarazzare sé stesso con il suo ciarlare sconnesso e illogico. 

«Com'è andata la giornata? Noiosa?» spezzò il silenzio Taehyung, ritrovando in JKook la caratteristica di Jungkook di starsene in silenzio ad attendere che lui iniziasse dei discorsi da cui poter trarre il coraggio di parlargli.

JKook stringeva la tazza tra le mani e la aveva avvicinata al viso per inspirare profondamente e mugugnare tra sé per l'aroma dolciastro che gli stava facendo venire l'acquolina. 

JKook rialzò gli occhi su di lui e arricciò il naso. «Abbastanza, mi sono rotto le palle per il tutto il tempo.» sbuffò con tono palesemente scocciato. Il volto si contorse in una smorfia infastidita e spinse la lingua contro la guancia, schioccandola sonoramente, «Spero che la tua sia stata migliore della mia.»

Taehyung ridacchiò e prese un ciuffo di panna con il cucchiaino, portandolo alla bocca per assaporarne il gusto delicato e dolce. «In realtà...no. Ho valutato di sbattere la testa contro il muro almeno un centinaio di volte oggi.» si lamentò appena, grugnendo esageratamente solo per poter allentare la tensione presente sulle spalle di JKook. 

Per quest'ultimo fu inevitabile non ridacchiare a sua volta e lasciarsi contagiare dall'aria leggera e frivola caduta su di loro. Gli occhi divennero due mezzelune ilari e limpide, il naso gli si arricciò e le labbra si tesero fino a scoprire l'intera dentatura -insieme al rilassarsi della sua espressione e l'appianarsi della rughetta marcata tra le sopracciglia arcuate. 

«Posso capire, ma spero che almeno tu non sia dovuto rimanere a leggere delle fottute pergamene per tutto il giorno come me. Ho perfino dovuto ascoltare i consiglieri spiegarmele come se non capissi un cazzo.» protestò JKook, costernato.

Taehyung si portò la tazza alle labbra e prese un meditativo sorso di cioccolata calda che, allo stato attuale della situazione, pensò che avrebbe dovuto correggere con del liquore o qualcosa di forte abbastanza da dargli l'ardire di parlare ancora.

«Oggi non abbiamo più avuto modo di parlarne e di questo mi scuso profondamente, ho... avuto fin troppi pensieri a scandire lo scorrere del tempo», iniziò Taehyung, lanciandogli un'occhiata di scuse, «Ma adesso siamo da soli, e anche se abbiamo tutto il tempo del mondo per farlo, ti andrebbe di parlarmi di te?» chiese con tono così carezzevole da risultare vellutato tanto quanto la bevanda che JKook si stava assaporando di sorso in sorso.

Questi prese un cucchiaino di panna e se lo portò alle labbra, sorridendogli mentre acconsentiva alla proposta. 

Si sentì felice per la capacità di Taehyung di parlargli in un modo che riuscisse ad allentare tutte le corde più tese e rigide del suo animo, sì sentì felice nel constatare che quello portasse ancora la fede all'anulare, e si sentì tremendamente felice nell'essere lì, in quel preciso istante, con l'occasione di poter parlare di sé. 

La capacità di ascolto dell'altro era una delle qualità che amava di più -insieme a qualsiasi altro aspetto componesse la sua persona, ad essere sincero. Grato che le parole di Taehyung fossero puntuali e dirette, si sistemò meglio sul suo posto e si leccò via un po' di cioccolata dalle labbra.  

«Va bene, s-sono comunque molto felice che me lo abbia chiesto adesso», replicò con voce sinceramente grata, «Prima di tutto, c-ci tenevo a dirti che anche se JK e Jungkook si sono integrati, s-se preferisci chiamarmi Jungkook puoi farlo, n-non mi crea particolari problemi. Sono sempre io alla fin fine.» sussurrò contro il bordo della tazza, prendendo un altro sorso di cioccolata. 

Lasciò che il liquido scuro e dolce gli carezzasse la lingua ed appianasse i suoi timori e Taehyung imitò i suoi gesti, anche se inarcò un sopracciglio. «Quindi non ti chiami propriamente JKook?» chiese, dubbioso. 

«Gradirei che m-mi chiamassi JKook perché è così che mi chiamo, m-ma non me la p-prenderei se volessi chiamarmi Jungkook. Insomma, è s-solo una questione di s-sottigliezze, ma tu sei sempre stato il migliore nel comprendere me e le mie ragioni, per cui va bene qualsiasi opzione sceglierai.», ammise, guardandolo con palese adorazione.  

Taehyung notò l'atteggiamento tenuto da JKook variare visibilmente al proseguire del discorso e all'illustrare le sue ragioni; fu impossibile non notare come gli aspetti di Jungkook e JK fossero in ogni singola parola o gesto, in un connubio perfetto e delicato dei loro caratteri.

JKook aveva spostato lo sguardo verso la finestra e puntato gli occhi su dettagli lontani come se vi cercasse un modo per far funzionare delle cose di cui Taehyung disconosceva la natura. 

«Posso chiederti se loro sono andati via definitivamente o se sono ancora lì con voi?» tentennò poco dopo, non avendo idea di quanto in là si stesse spingendo con le domande. Era forse una cosa troppo brusca da chiedere?

Con convinzione, JKook scosse fermamente la testa, portò la cioccolata alle labbra per prenderne un lungo sorso e si leccò lentamente il labbro superiore, lanciandogli un'occhiata intrisa da una scintilla conosciuta. 

«Certo che no, principessa. Siamo ancora qui e questa cioccolata è fottutamente deliziosa. La cosa migliore che abbia mai assaggiato...dopo di te.» gli rispose, facendogli l'occhiolino. 

Taehyung allargò appena gli occhi e vide JKook battere le palpebre un paio di volte, sorridendogli poi dolcemente. «N-no, s-siamo tutti qui, solo...insieme. Puoi considerarmi come il viola; è c-composto dal blu e dal rosso, e anche se io sono una nuovo colore, il b-blu e il r-rosso continuano ad esistere al suo interno. Proprio per questo motivo h-ho i ricordi di entrambi.» 

L'espressione sul suo viso fece intendere a Taehyung che stesse dibattendo tra sé se continuare a parlare o meno, per cui gli fece cenno di continuare e lo guardò con sincera curiosità raccogliere i pensieri ed arricciare le labbra con concentrazione.

«È strano, s-sai? È come s-se avessi due visioni diverse di una stessa scena. A volte mi trovo a dover collegare dei momenti d-divisi tra loro, e sto ancora cercando di sistemare i ricordi di JK p-per facilitare le cose... entrambi hanno v-vissuto esperienze poco felici e poco piacevoli, e averle insieme è un po'... complicato, a dire il vero. Però oramai sono passate, fanno parte solo dei nostri ricordi e non del nostro presente, per cui non è più un problema p-per me ricordare il v-volto di chi mi ha f-fatto del male.» 

JKook esprimeva una pacata serenità mentre parlava della sua vita, non vi era rammarico, rancore o astio nel suo tono pacato e nella sua espressione tranquilla, ma solo una ferma accettazione di ciò che era successo e una rinnovata vivacità e voglia di vivere -non come vittima ma come una rappresentazione della rinascita. 

«Ma non ricordo solo le cose più negative della nostra esperienza. Tu sei in ogni nostro ricordo felice e tutto quello che abbiamo vissuto insieme, io—io potrei d-dirti tutto dall'inizio alla fine», sussurrò, arrossendo appena ma passandosi una mano tra i capelli per l'imbarazzo, «Sono anche consapevole di quanto amassi profondamente entrambi. Cielo, i loro sentimenti sono così intensi e così d-difficili da gestire che sto faticando m-moltissimo per evitare di abbracciarti e baciarti come vorrei!»

Arrossì furiosamente all'ammissione e si morse il labbro inferiore, voltando il viso per nasconderlo parzialmente dallo sguardo piacevolmente colpito di Taehyung -il cui volto mostrava tutta la contentezza che straripava dai suoi occhi in brillii emozionati.

«Però mi rendo conto che per te possa essere un po'...strano? Anche s-se forse non dovrebbe, vorrei sinceramente che le cose non cambiassero tra noi. Io m-mi ricordo di noi, davvero. Io...io ti amo tanto quanto prima, f-forse anche di più.» confessò, prendendo un piccolo respiro nella speranza che il suo cuore riprendesse a battere normalmente e non a quella velocità anomala. 

«Per favore, Taehyung, accettami», mormorò, il nodo stretto alla gola gli fece quasi mancare la voce, «Capisco sia complicato, o magari è difficile da capire ma, ti prego, a-accettami.»

JKook represse il singulto del pianto e le mani strinsero la tazza come se da questa ne dipendesse la sua vita; la figura di Taehyung si annebbiò e divenne acquosa e tremante, tanto irriconoscibile che si vide costretto a battere velocemente le palpebre per rischiarare la vista e non perdersi alcun dettaglio della reazione dell'altro. 

L'allarmismo crebbe come vide Taehyung posare la tazza sul vassoietto e mettersi in piedi con un'espressione così tanto criptica da sentire il suo mondo sgretolarsi. Il panico strisciò nelle sue viscere al pensiero che se ne stesse andando via solo perché incapace di accettare quello che era avvenuto, che non potesse accettare lui. 

Era davvero così difficile accettare che fosse avvenuto quello?

Era già pronto a chiedergli di aspettare, di acconsentire all'eventuale richiesta dell'altro di farlo dormire sul divano, avrebbe fatto qualsiasi cosa per non rinunciare alla sua felicità. Boccheggiò come Taehyung sfilò dalle sue mani la tazza per posarla delicatamente sul piccolo vassoietto posato tra loro e smise perfino di respirare mentre cercava di carpirne le intenzioni. 

Taehyung gli si avvicinò lentamente e, a sorpresa, gli prese delicatamente il viso tra le mani, trattenendolo per far sì che JKook potesse guardarlo negli occhi e non distogliesse lo sguardo da lui. I pollici carezzarono dolcemente i suoi zigomi, le labbra di Taehyung si incurvarono in un sorriso dalle sfumature morbide e gentili, lo sguardo si addolcì e l'odore floreale e delicato di Taehyung gli fece guizzare il cuore nel petto. 

JKook deglutì silenziosamente e prese una profonda boccata d'aria -necessaria, tra l'altro. Stava provando così tante emozioni tutte insieme che non sapeva nemmeno lui a quale dover fare riferimento.

«Io non devo accettare nulla», sussurrò Taehyung, «Perché non esiste un motivo valido per cui non dovrei accettare ciò che sei. Ho sempre accettato qualsiasi cosa la vita avesse voluto offrirmi per starvi vicino, JKook. Io desidero fare parte della vostra vita e desidero poterti amare esattamente come ti ho amato fino ad oggi. È vero, con ognuno di voi ho instaurato un rapporto diverso, ma ciò non significa che io non ti voglia accettare o non possa accettare che vi siate integrati. Tu sei quello di cui avevano bisogno per essere felici, ed io voglio solamente la tua felicità, JKook.»

La voce roca, soffusa e densa di Taehyung non conteneva alcuna traccia di tentennamento né del rifiuto che l'altro si aspettava di ricevere. Calde lacrime scesero dagli occhi di JKook senza che riuscisse a fermarle, si infransero sulla punta dei suoi polpastrelli e gli scivolarono tra le dita, perdendosi in sentieri invisibili che gli solleticarono il palmo. 

«Io amo te nel tuo complesso, ti amo per ciò che sei e niente potrà cambiarlo, né adesso né mai. Se non accettassi tutto questo significherebbe che mi sono innamorato solo dell'idea della tua persona. Tu sei quanto di più bello esista e sarai sempre l'amore della mia vita.»

Le braccia di JKook si avvolsero alla sua vita e altre lacrime sgorgarono dai suoi occhi limpidi e carichi di emozioni, adorando la sensazione che stava provando nel sentirsi così tanto amato. 

«Quindi r-rimango s-sempre il tuo p-piccolo Koo?» bisbigliò timidamente, sentendo il cuore fluttuare alla soffusa e dolce risata di risposta.

«Sì», asserì con delizioso divertimento Taehyung, «Sarai sempre il mio piccolo Koo.»

JKook lo abbracciò stretto e posò la guancia contro il suo addome, sorridendo così apertamente da sentire il viso dolere e gli occhi chiudersi per gli zigomi alti. 

Ma come poteva evitare di farlo quando Taehyung gli aveva detto che lo amava? Come si faceva a resistere all'impulso di stringerlo ancora di più e soffocare il desiderio di sentire quelle leggere carezze per tutta la vita?

Come si faceva a gestire tutta quella felicità?

JKook non lo sapeva, ma sperava ardentemente di non scoprirlo mai, di non venire mai a conoscenza di cosa significasse essere troppo felici, o di cosa significasse non sentire il cuore spiccare il volo per ogni volta che i tocchi di Taehyung vezzeggiavano la sua pelle. 

Un lampo illuminò la stanza e Taehyung rivolse un'occhiata alla pioggia scrociante che batteva insistentemente contro il vetro; tintinnava acutamente contro la finestra ed uno spiffero li investì facendoli rabbrividire.  

«Vieni, mettiamoci sotto le coperte. Inizia a fare freddo.» mormorò Taehyung, intrecciando le dita con quelle di JKook, le cui guance si arrossarono.

«Quindi p-posso non dormire sul divano?» farfugliò quello. 

«Niente divano.» confermò Taehyung, divertito.  

JKook si tolse i vestiti senza curarsi di indossare null'altro che l'intimo mentre Taehyung si premurava di chiudere le tende e di spegnere le luci principali tenendo accesa solamente l'abatjour. E fu accedendo quest'ultima che gli occhi catturarono un qualcosa incastrato tra le pagine del libro che stava leggendo la sera prima. 

Si sedette sul materasso e sfilò il biglietto dall'aria un po' spiegazzata, rigirandoselo tra le mani con curiosità fino a che non sentì il cuore accelerare i battiti e gli occhi allargarsi. 


Dove le tue dita continueranno a scorrere, 

i tuoi baci continueranno a persistere, 

e i tuoi sussurri continueranno a riecheggiare,

sarà lì che una parte di me 

continuerà sempre a legarsi ad una parte di te


𝒥𝒦


Taehyung trattenne il fiato e le dita strinsero il biglietto tremando appena. La gola gli si chiuse e le labbra gli si schiusero rileggendo quelle parole che, come la più dolce delle poesia e la più soave delle melodie, avvolsero il suo cuore e lo cullarono -pur non placandone il battito veloce ed emozionato. 

Lanciò un'occhiata alle sue spalle e gli occhi incontrarono quelli scuri e trepidanti di JKook che, disteso su di un fianco e con le braccia spalancate, attendeva che gli si sistemasse vicino per poterlo abbracciare.

In quei gesti comuni, in quel viso tondeggiante, in quegli occhi grandi e carichi di sentimenti vividi e sfavillanti, Taehyung si perse e si ritrovò almeno un centinaio di volte in concomitanza con lo stringere tra le mani ciò che rimaneva del pensiero ultimo di JK.

Indirettamente, silenziosamente e con la delicatezza di una piuma posatasi sul cuore, JK e Jungkook gli avevano dimostrato che non avevano perso nessuna essenza nella tortuosa battaglia della loro esistenza. Gli avevano dimostrato che ci si poteva perdere ritrovandosi a metà percorso con la voglia di rialzarsi, gli avevano dimostrato che potevano ricominciare, che i fogli bianchi di quelle pagine di vita non erano terminati.  

Con l'animo leggero e un caldo sentimento nel petto, baciò quel piccolo foglio di carta e lo ripiegò nuovamente, conservandolo tra le pagine di quel libro che non avrebbe mai terminato. Aveva promesso a JK che gli avrebbe raccontato l'intera storia, ma JK aveva deciso di raccontargli la sua e di iniziarne una nuova. 

Si distese al fianco di JKook e sentì le braccia di quest'ultimo avvolgerlo stretto. Il petto premette contro la sua schiena e il viso si insinuò tra i suoi capelli, nella dolce curva della sua nuca. 

«Ho avuto seriamente paura di perderti.» gli mormorò JKook all'orecchio, inspirando il profumo dei suoi capelli. 

Taehyung si voltò appena e gli lasciò un bacio sulla punta del naso, sorridendo nella penombra della stanza. 

«Non potrà mai accadere perché insieme è l'unico modo in cui ci perderemo, e in te è dove continuerò a perdermi. Per sempre.»















Let me get lost in you©

.

.

Fine. 

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