Let Me Get Lost In You [TaeKo...

Da Hananami77

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''«Taehyung non può sposare il figlio di Jeon. Ho sentito troppe cose poco rassicuranti sul suo conto, non po... Altro

Personaggi+Introduzione
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#Special: [Biscotti in incognito]
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[Special 3#] Buon compleanno, hyung!
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~Epilogo~
LMGLIY - FAQ

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Da Hananami77

Due mesi dopo



Il gemito sommesso ed alto che risuonò nella stanza venne soffocato dalle labbra di Taehyung che, con precisione e morbidezza, si posarono su quelle di Jungkook, coinvolgendolo in un bacio esigente e lascivo. Le vibrazioni di quei versi capaci di frantumare il suo autocontrollo si scontrarono su di lui in soffocati ansimi di piacere, manifestandosi in una tempesta di brividi intensi e diramanti. Serpeggiarono fin dentro le ossa e lo portarono a gemere rocamente e annaspare appena, suggellando il momento di pura estasi in un incastrarsi perfetto dei loro corpi.

La mano di Jungkook viaggiò con sensuale voluttuosità lungo la sua schiena e le unghie affondarono nella sua pelle; dita febbricitanti tastarono le sue spalle, le cosce muscolose si avvolsero ai suoi fianchi e, al contempo, gli occhi socchiusi e limpidi rotearono per il piacere accompagnati da sbuffi ansimati che impattarono lievemente sul suo viso.

L'incontrarsi dei loro corpi con un affondo più profondo degli altri decretò la totale perdita di lucidità di Jungkook, le cui labbra si schiusero per rilasciare quel suono profondo e sospirato capace di fare avvampare le membra di Taehyung come se lambite dalle fiamme. Il propagarsi del loro piacere, innestatosi dal centro dei loro corpi, si irradiò serpeggiando nelle loro viscere, unendoli indissolubilmente per ogni volta che il bacino di Taehyung andava incontro ai movimenti circolari di quelli del principe. 

I respiri bollenti si fusero, vorticarono tra loro in vampate di piacere dal sapore più passionale e meno riservato, volto all'abbandonarsi gli uni negli altri e all'assecondare i loro istinti. 

Il labbro di Jungkook venne catturato dalla bocca esigente di Taehyung, che lo succhiò con veemenza e minuzia, passandoci sopra la punta della lingua con movimenti lenti e sapienti; Jungkook portò la mano libera tra i capelli di Taehyung ed intrecciò le dita tra le ciocche corvine per stringerle gentilmente, avvampando per gemito roco e gutturale che scivolò tra le labbra socchiuse di suo marito.

«Tae—non fermarti. Non farlo, ti prego.» disse Jungkook in un soffio soffuso e lascivo. Taehyung liberò il suo labbro e l'altro ne approfittò per morderlo con forza e socchiudere gli occhi, reclinando appena il capo all'indietro. I capelli si sparsero disordinatamente sul cuscino, le mani febbricitanti vagarono lungo il corpo di Taehyung, la lingua umettò il labbro superiore lasciandolo lucido e rendendolo ancora più tentatore di quanto già non fosse. 

Per Taehyung non fu di alcuno sforzo tenere gli occhi aperti abbastanza da potersi abbeverare dello spettacolo che era Jungkook sotto di lui, ed un mugugno roco raschiò la sua gola alla vista. 

Il collo latteo ed affusolato si era deliziosamente proteso verso di lui, tentandolo così tanto che agì prima ancora di processare la sua mossa; una mano di Taehyung scivolò lungo la gamba di Jungkook, gli strinse la coscia e si chinò su di lui. Le labbra si posarono sulla dolce curva del collo, su cui un semplice ma rumoroso bacio divenne ben presto un suggere lento e suggestivo. 

Chiuse su quel lembo di pelle allettante ed incredibilmente reattivo, come i denti mordicchiarono la pelle sensibile da Jungkook si levò un gemito alto e roco a labbra spalancate. Taehyung rimarcò la bellezza di quella pelle deliziosa con la lingua, la lusingò con baci, la torturò gentilmente con piccoli morsi e la tempestò di attenzioni che, a suo dire, non erano mai abbastanza. 

Nessun apprezzamento lo era così tanto da poterlo convincere a non continuare con quella scia di attenzioni lusinghiere e suadenti. Sentì Jungkook tremare appena sotto il suo tocco; i tremiti di piacere portarono gli occhi color caffè a sgranarsi, il fiato a mancare e le dita ad affondare nel suo bicipite. Il sorriso di Taehyung, direttamente contro la sua pelle, gli fece avvampare il volto ma un'altra scarica di piacere bruciante gli divampò dentro e gli arse i nervi, portandolo a supplicare Taehyung di ripetere il gesto senza neanche rendersene conto. 

Roteò i fianchi per chiarire meglio il concetto e per Taehyung fu impossibile trattenere il gemito roco e di quasi sorpresa all'improvvisa vocalità di Jungkook. Colpito, lasciò un ultimo bacio sulla sua gola e si issò su mani, allargando gli occhi senza neanche rendersene conto. Lanciò un'occhiata verso il basso e sentì il sangue fluire velocemente al volto allo spettacolo meno aspettato quanto delizioso che si ritrovò ad ammirare. 

Il volto di Jungkook era contorto in un'intensa smorfia di piacere, le guance punteggiate da efelidi erano chiazzate di rosso, il labbro inferiore era trattenuto saldamente tra i denti, i capelli scuri erano sparsi distrattamente sulla fronte, le narici gli si allargavano appena per il suo ansimare, ed i suoi occhi...

Ah, quegli occhi in cui si era perso milioni di volte erano schiusi e fissi su di lui, adombrati da desiderio e da brama, liquidi di piacere e vacui di libido, persi nel loro momento e avvolti dal loro sentimento.

«Perché mi guardi così?» gli mormorò rocamente Jungkook, la voce così densa che brividi intensi scivolarono lungo la sua schiena e gli costellarono le braccia tese. Ma ciò che lo portò a sentire la gola seccarsi ed il cuore a fare una capriola nel petto, fu vedere la mano di Jungkook sfiorargli il neo sulla punta del naso con il pollice, arricciare appena il suo ma portare la mano tra i loro corpi e—toccarsi?

Jungkook si stava toccando?!

L'intraprendenza del principe non avrebbe dovuto stupirlo così tanto, soprattutto considerati i trascorsi degli ultimi due mesi. Passati a stretto contatto con l'accortezza di mantenere sempre un basso profilo, Taehyung aveva notato degli estremi miglioramenti nel suo modo di comportarsi, nel suo modo di muoversi o agire. Jungkook era diventato sensibilmente più sicuro di sé e non mostrava cenni di tentennamento anche nelle situazioni più difficili o emotivamente stressanti. 

Una vittoria per lui e per loro sotto una moltitudine di punti di vista. 

In quel lasso di tempo tanto piccolo quanto significativo, di situazioni non perfettamente semplici ne avevano vissute fin troppe, e la persistente tensione che aleggiava nel palazzo era divenuta una sorta di foschia losca e palpabile che li spingeva a rimanere in allerta -anche durante innocue cene o passeggiate nei giardini. 

Era come se Jungkook avesse fatto delle sue debolezze non un punto di crollo ma un punto di forza, e quel cambio di approccio alle situazioni non era avvenuto solo su un piano prettamente comportamentale per il ruolo di principe. Infatti, le iniziative prese da Jungkook nei suoi confronti anche sul piano più fisico erano un qualcosa che lo aveva positivamente sorpreso ma di cui non si era lamentato -ovviamente. Vedere Jungkook essere più disinvolto nel toccarlo o lasciarsi toccare era quanto di più avesse sperato di assaporare -tenendo conto dei suoi trascorsi- ma quello.

Jungkook non lo aveva mai fatto, neanche quando era lui a stare sopra -come in quel caso- o quando era evidente che avesse necessità di farlo; aveva sempre chiesto a lui -anche se supplicato dolcemente era l'espressione più calzante- di occuparsene, per cui...

Taehyung deglutì saliva inesistente vedendo Jungkook in quello stato di piacere intenso che ardeva nel fondo dei suoi occhi e che lo contagiava a sua volta; ancora ad occhi socchiusi e languidi, si morse morbidamente il labbro inferiore con fare seducente e lo sospinse maggiormente verso sé, roteando ancora una volta i fianchi. 

Un gemito basso risuonò nella gola di Taehyung e rigettò il capo all'indietro ad occhi socchiusi perché...cazzo.

«Qualcosa non va?» sussurrò Jungkook, arcuando appena le sopracciglia.

La mano ancora arpionata alla sua spalla scese fino a che non si strinse al suo sedere, strizzandolo con poca grazia ma con estrema soddisfazione -visibile da come lo sguardo gli si era illuminato nel saggiarne la consistenza soda e compatta. 

Nel vedere lo sguardo cobalto velarsi di una confusione piacevole, un moto di timore abbagliò gli occhi scuri di Jungkook, ma il singulto roco e profondo levatosi da Taehyung spense qualsiasi dubbio che gli si stava insinuando dentro; quest'ultimo si chinò verso di lui e, con lentezza quasi esasperante, passò la lingua sul suo labbro inferiore in concomitanza con il riprendere a muovere dei fianchi. 

Jungkook riuscì appena a percepire il mormorato "È tutto perfetto, proprio come te." poiché quel tono caldo, roco ed intenso lo colpì e lo fece contorcere senza neanche rendersene conto. Preda di un impulso impellente di sentirlo in qualsiasi modo che gli era concesso, protese il collo verso di lui e lasciò che le loro labbra si scontrassero in un bacio dalle profonde ed intense note passionali ma velate da quel sentimento di palpabile amore condiviso. 

I respiri si fusero e i loro corpi continuarono ad incastrarsi con estrema e sublime perfezione fino a che la presa delle cosce di Jungkook non si strinse, la schiena si inarcò, gli occhi si chiusero ed i loro gemiti sommessi si mischiarono mentre Taehyung reclinava il capo all'indietro abbandonandosi al piacere che, ad ondate, si riversò in Jungkook e che quest'ultimo fece riversare tra i loro corpi.

Ansante e con il cuore errante, ricadde mollemente su Jungkook e si tenne issato sugli avambracci, portando entrambe le mani ai lati del viso dell'altro per spostargli le ciocche corvine sparse sulla fronte e carezzargli il viso con movimenti delicati -e meno irruenti dei precedenti. Adorava vedere le guance di Jungkook tinteggiate da quel soffuso rossore, o vedere le labbra arrossate dai loro baci; i loro petti erano a contatto anche se ansanti e Jungkook gli avvolse un braccio attorno alla vita. 

Gli occhi di Taehyung erano dolci almeno tanto quanto le carezze in cui Jungkook sarebbe voluto annegare per il loro essere pregne di certezze e di rispetto. Erano sempre state riguardose, quelle mani sublimi dalle dita affusolate, anche quando...

Le guance di Jungkook si accesero e arsero per il loro infiammarsi intenso e Taehyung alzò le sopracciglia, divertito dall'improvviso rossore che si era palesato anche sul collo e sul petto diafano di Jungkook in rossastre macchie sparse.

«Tutto bene, amore?» gli chiese Taehyung con fare curioso, sorridendo inconsapevolmente alla risatina roca ed imbarazzata di Jungkook. Quest'ultimo socchiuse un occhio e gli rivolse un'occhiata allegra per cui Taehyung pensò di poter morire all'istante.

Dopo tutto ciò che avevano affrontato, tornare a quello squarcio di pacata tranquillità gli era sembrato molto più che un miraggio ma, incredibilmente, ci erano riusciti. Jungkook era riuscito ad andare avanti e, in qualche modo, era riuscito a tirare fuori dal baratro anche JK -anche se quest'ultimo lottava ancora contro gli ampi e dolorosi squarci inflitti dalla cattiveria, che faticavano a rimarginarsi totalmente. 

Taehyung era sicuro di non aver mai visto qualcuno appigliarsi alla vita così tanto come aveva fatto Jungkook; e con quei pensieri a rischiarare l'universo della ragione, gli sorrise largamente e gli sfiorò le efelidi con il pollice, crogiolandosi nel pensiero che quell'uomo meraviglioso era suo marito. 

«C-certo che sì. Se va tutto bene per te, va bene anche per me», gli rispose, allargandosi in un sorriso tutto zucchero, avvolgendogli i fianchi ancora di più, «Mi è s-sembrato che a-ad un certo punto qualcosa ti abbia d-dato fastidio, forse...?» gli chiese quindi, sistemando la testa sul cuscino per guardare meglio Taehyung.

Questo scosse la testa e gli baciò la punta del naso, insinuando il volto nell'incavo del suo collo, strofinandolo contro la sua pelle marchiata da nuovi e purpurei succhiotti.

«No, Koo. Anzi, hai...uhm—non hai nessun—.» Taehyung si morse la lingua per il discorso confuso che stava -inutilmente- cercando di articolare e, resosi conto di non essere ancora nelle giuste facoltà mentali per articolarlo, optò per il silenzio. Jungkook arricciò le sopracciglia ma preferì non insistere per, invece, godersi i tocchi leggeri delle mani di Taehyung tra i suoi capelli o il suo lieve respirare contro la gola. 

Chi meglio di lui poteva sapere quanto fosse importante concedere agli altri i propri spazi? Anche se dentro sé scalpitava dalla voglia di sapere ciò che passava per la testa di Taehyung e cosa lo avesse spinto, pochi minuti prima, a guardarlo con quella curiosa sorpresa, non avrebbe forzato le cose. Si era sentito sempre incredibilmente rispettato dalla fantastica persona che era suo marito, per cui non gli rimase altro se non lasciare vagare la mano lungo la spina dorsale di Taehyung in accennate e delicate carezze. 

Quest'ultimo mormorò per l'apprezzamento e strofinò la punta del naso lungo la sua spalla poco prima di issarsi su di un gomito e poggiare il volto sul palmo della mano. Si soffiò via qualche ciocca ricadutagli sugli occhi e guardò Jungkook osservarlo con occhi grandi e limpidi. Incapaci di nascondere la loro curiosità, Taehyung ridacchiò tra sé.

«Mmm? S-sei stranamente s-silenzioso.» rifletté Jungkook, arricciando appena le labbra in un broncio interrogativo.

Taehyung si aprì in un sorriso tutto zucchero. «Ah sì?» chiese quindi, mordendosi il labbro inferiore per non ridacchiare apertamente alla vista del piccolo broncio di Jungkook. Quest'ultimo annuì velocemente e arricciò naso. 

«Sì. Mi dici a che p-pensi?» gli sussurrò, non riuscendo a frenare la lingua dal chiederlo. Taehyung sembrava così assorto, così perso mentre lo guardava con quegli occhi sereni e quel sorriso dolce, che non era riuscito a trattenersi. 

La mente di Taehyung sembrava...bella.

«A nulla in particolare, sono solo felice che sia più sicuro di te, in un certo senso. Non può che essere un bene -oltre che rendermi incredibilmente orgoglioso della persona che sei, piccolo Koo.» gli rispose infine, optando per delle parole semplici. Fare dei discorsi particolarmente ricercati -o ricchi di parole ma vuoti di significato- non era ciò che desiderava -o almeno, ciò che desiderava con Jungkook. Soprattutto dopo le esperienze passate in cui le bugie non avevano fatto altro se non deteriorare il loro rapporto o minare la loro relazione, mettere in luce un aspetto nuovo della persona di Jungkook non gli era sembrato un qualcosa da tenersi per sé.

Jungkook alzò confusamente le sopracciglia ed il rossore sbocciò sulle sue gote chiare; catturò il labbro inferiore tra i denti e lasciò vagare lo sguardo per la stanza. «S-sì, beh... mi infondi abbastanza sicurezza. Mi piace essere la persona che sono quando siamo insieme.» asserì, colpendo Taehyung per la scelta delle parole. 

Un sorriso così ampio da fargli socchiudere gli occhi fece distendere le labbra di Taehyung ed il cuore fluttuò insieme all'importante significato che le parole di Jungkook portavano con sé. Non resistette all'impulso di tempestargli il viso di baci appena prima di sfilarsi da lui e distendersi di schiena, portando con sé un Jungkook in vena di coccole -come sempre. 

Un braccio tornito si posò sul suo addome non propriamente immacolato ma non se ne lamentò; il volto di Jungkook si posò nell'incavo del collo e, con fare spontaneo, le dita di Taehyung iniziarono a giocherellare con i suoi capelli. Con l'altra mano tastò il materasso fino ad incontrare la sua camicia, utilizzata al momento per rimuovere grossolanamente le tracce delle loro attività ed evitare di creare disastri tra le lenzuola. 

Jungkook si strinse al suo fianco raggomitolandosi contro il suo corpo e gli lasciò un timido bacio sul petto, issando la testa per accoccolarla meglio nella mano di Taehyung. 

Accortosi dello sguardo su di sé, Taehyung lasciò ricadere per terra la camicia e alzò curiosamente un sopracciglio nella sua direzione. «Cosa c'è, amore?» domandò, iniziando a fargli piccoli grattini sulla nuca che Jungkook non mancò di apprezzare con un piccolo mugolio soddisfatto.

«Solo...mi piace ammirarti», mormorò in risposta, quasi fosse un segreto, «Mi piacciono le sensazioni che p-provo ogni volta che ti guardo. È un po' come se s-solo i tuoi occhi mi dessero l'idea di star vivendo», abbassò lo sguardo sul suo petto e lo carezzò con la punta delle dita, «O come s-se solo toccando la tua pelle possa continuare a legarmi a te.» mormorò a sé stesso, sorridendo inconsapevolmente. 

Guardò la pelle del petto di Taehyung adornarsi di brividi al passaggio dei suoi polpastrelli delicati lungo la cicatrice al centro dello sterno, segno di una battaglia che avevano vinto ma non l'unica che avevano combattuto. Spostò lo sguardo sul suo avambraccio, dove segni persistenti e pallidi continuavano a brillare colpiti dalla chiara luce del giorno ma, a differenza delle volte precedenti, non li nascose né se ne sentì minacciato. 

Li lasciò lì, liberi di esistere, di mostrarsi, di apparire e di esprimersi; facendolo, sentì come se stesse liberando sé stesso dalle catene invisibili che lo avevano tenuto imprigionato per troppo tempo; non erano ricordi di sconfitte, non rappresentavano momenti di debolezza, non erano nemmeno segni della loro disfatta.

Era solo sensazioni rimaste impresse sulla pelle. 

«Sei sempre l'unica cosa che ricerco ogni volta che ritorno dopo un lasso di tempo indefinito passato da qualche parte nella mia m-mente. Ogni volta che sento di d-dissociarmi, attendo impazientemente d-di tornare per viverti ancora una volta.» 

Taehyung schiuse le labbra ed issò il capo, guardando con ammirazione e stupore Jungkook abbandonarsi a quelle riflessioni sussurrate che, se a primo impatto gli erano pervenute quasi attutite, non appena la sua anima divenne pregna di consapevolezza il cuore sembrò volergli spiccare il volo e la lingua voler articolare tante di quelle parole che nessuna di queste, alla fine, riuscì a palesarsi.

Passò il pollice lungo il suo zigomo e gli lasciò un bacio sulla tempia, perdendosi nelle calde sfumature di quegli occhi color caffè in grado di guardarlo come se fosse l'unica fonte luminosa della stanza. 

Jungkook gli baciò il palmo della mano e si aprì in un grande sorriso. «Volevo dirtelo da tempo m-ma sai, non ne abbiamo a-avuto mai occasione e...e ci tenevo davvero a dirti quanto t-tu sia importante per me.»

Taehyung si issò sull'avambraccio e gli diede un colpetto sotto il mento per fargli alzare il viso e chiudere la distanza tra loro in un bacio lento ma dal mormorio intenso. 

«Sei importante anche per me, piccolo Koo. E ti amo incredibilmente tanto, lo sai?» gli mormorò sulle labbra, lasciandoci un altro bacio che Jungkook ricambiò, arricciando il naso subito dopo.

«C-credo di poterlo immaginare, perché ti amo incredibilmente t-tanto anche io.» gli rispose in un sussurro di risposta, e il cuore mancò un battito a quanta felicità sprizzasse il viso di Taehyung ogni qualvolta lo sentiva rispondergli in quel modo. 

Un suono cadenzato e continuo ruppe la quiete del momento, portando Taehyung a grugnire profondamente e passarsi una mano sul viso. 

«Aish, dobbiamo alzarci per forza?» brontolò quindi, lanciando un'occhiata infastidita verso l'orologio a pendolo che, ridondante, scandiva le nove in punto. Si lasciò ricadere all'indietro trascinando con sé Jungkook perché, anche se era sempre stato una persona piuttosto attenta alle etichette e alle scadenze, alzarsi avrebbe significato lasciare il caldo e comodo giaciglio che era il loro letto. 

O affrontare un'altra giornata all'insegna dei convenevoli e dei festeggiamenti

All'espressione di disappunto di Taehyung seguì una risata leggera ed accennata del principe, che si chinò per lasciargli un bacio nell'angolo della bocca e si mise seduto, passandosi una mano tra i capelli per portarli all'indietro e sistemarli appena. Ogni qualvolta lui e Taehyung stavano insieme, era lui l'unico ad uscirne con l'aspetto scompigliato e disordinato -contrariamente a suo marito, che sembrava essere quanto di più vicino esistesse all'incarnazione degli affreschi angelici di una cattedrale.

Guardò con divertimento Taehyung borbottare e lamentarsi a mezza voce e, con fare disinvolto, gli pizzicò la coscia. 

«N-non sei curioso di f-fare la tua prima a-apparizione pubblica? Tutto il regno t-ti vedrà finalmente p-per la prima volta e verrai riconosciuto come m-mio consorte.» domandò Jungkook, non mancando di mostrare la sua emozione e la sua gioia nel poter finalmente presentare Taehyung come suo consorte al regno. In realtà, avevano deciso di far coincidere la prima apparizione pubblica di Taehyung con un'altra festa particolarmente sentita dal re e dall'intero popolo. 

La festa della primavera. 

L'unico motivo per cui quella ricorrenza continuava ad essere festeggiata e ricordata nel tempo, era da ritrovarsi nell'origine di tale celebrazione. Era stata la regina -sua madre- ad istituirla in onore dell'equinozio di primavera; amante dei fiori e dei colori sgargianti che la natura offriva nel suo momento più ricco e rigoglioso, suo padre non aveva esitato un solo istante a farla diventare una festa nazionale. Ed anche se la regina aveva deciso di abbandonare i suoi titoli, le sue ricchezze e la sua famiglia -aveva perfino scelto di abbandonare lui- quell'usanza si era perpetrata nel regno, tramandandosi di anno in anno con puntualità. Banchetti particolarmente ricchi, ghirlande di fiori ed intricate composizioni floreali facevano da sfondo ai festeggiamenti allegri e leggiadri del popolo.

Tutti aspettavano quel giorno per potersi lasciare alle spalle il grigiore dell'inverno con le sue relative sventure e infauste piogge per, invece, accogliere con il sorriso quella nuova stagione che per sua stessa natura portava con sé raccolti ricchi e calura sufficiente a smettere di attizzare i camini.

Come da consuetudine, sarebbe stato il re il primo ad affacciarsi dal parapetto più alto del castello. Avrebbe volto lo sguardo verso la folla che lo acclamava, li avrebbe guardati con fare fiero e riconoscente e, mantenendo la sua posa austera e ferma, si sarebbe snocciolato in un discorso udibile a malapena ma che veniva riletto dai letterati di corte posti in punti strategici tra la folla. L'unico scopo di quel discorso era dimostrare la sua immensa gratitudine e devozione nei confronti del suo popolo.

Su quest'ultimo punto, comunque, Jungkook non era certo che sarebbe avvenuto come in passato. Suo padre aveva smesso di essere tale, aveva smesso di essere la persona che aveva conosciuto ed anche la sua salute non era stata delle migliori. Ciononostante, aveva richiesto esplicitamente la loro presenza poco prima dell'inizio della cerimonia, intimandogli con lo sguardo arso dall'astio di essere in orario e di non tardare nel presentarsi perché "è importante che arriviate per tempo". 

Cosa intendesse con quel "per tempo" Jungkook non lo sapeva ma, nondimeno, aveva annuito ed aveva comunicato il loro incontro a Taehyung.

Fu proprio il rendersi conto dell'orario e della necessità di essere puntuali a smuoverli dal loro tiepido torpore per potersi preparare all'incontro. Proprio per questo, Taehyung aiutò Jungkook a rendersi ancora più impeccabile del solito, guardando con occhi e cuore gonfi di orgoglio il modo in cui l'abito che gli aveva fatto cucire insieme a Jimin e Geunhye gli cadesse a pennello e abbracciasse il suo corpo -finalmente non più emaciato. 

In quei due mesi, infatti, Jungkook aveva ripreso peso e massa muscolare, andati entrambi perduti durante quel periodo di agonia ormai lontano; i bicipiti sodi venivano fasciati dalla giacca blu cobalto, accentuati dai fini ed eleganti ricami argentei ed il collo proporzionato era contornato dal colletto della camicia vagamente arricciato, le cui balze ricadevano blandamente sul petto e fuoriuscivano dalle maniche. 

Ciò che fece arrossire maggiormente Jungkook e fece scoppiare il cuore di Taehyung, fu la corona da principe che quest'ultimo posò gentilmente sul suo capo, adagiandola tra i capelli perfettamente acconciati e che lo rendeva, in tutto e per tutto, un dipinto.

Jungkook era, in tutte le sue manifestazioni, un'opera d'arte. 

Nonostante la corona non fosse adornata tanto quella da re e fosse di dimensioni più contenute di quella di quest'ultimo, era comunque riccamente decorata. Tempestata di gemme preziose dai bagliori argentei e lapislazzulo, intricati riccioli incastonavano zaffiri e rubini in modo così rifinito e decorato da risembrare dei morbidi ricami. Di un giallo oro splendente come il più puro dei metalli, colpita dalla luce del giorno spiccava per il frastagliato bagliore.

Taehyung trattenne quasi il fiato alla vista, gli occhi gli si illuminarono come stelle guardando per intero Jungkook sorridergli di rimando e protendersi verso di lui. Con una velocità che non credeva gli appartenesse, lasciò sulla punta del naso di Taehyung un bacetto fugace ma che lo spiazzò abbastanza da dargli il tempo di posare sul suo capo la corona da principe. Era meno elaborata della sua ma di eguale preziosità, in particolare per la fila di topazi ed acquamarine che andavano ad armonizzarsi al colorito dei suoi occhi e alla calda nota caramellata della sua pelle.

Da Taehyung si levò una risata calda e roca e lanciò a Jungkook un'occhiata maliziosa. «Principe, sapete di essere davvero irresistibile con la corona sulla testa? L'uomo che vi ha è davvero davvero fortunato.» scherzò, facendogli un occhiolino. 

Quell'ammiccare giocoso fece ridacchiare di cuore Jungkook che, d'istinto, allungò una mano verso la sua per intrecciare le loro dita. Le avvicinò alle labbra e ne sfiorò il dorso dapprima con la punta del naso e poi con le labbra, in un bacio leggero quanto lo sfiorare di una piuma; in quel gesto era contenuta una tale devozione nei suoi confronti che Taehyung poté giurare di aver sentito il cuore esplodere. 

«Mi sento fortunato per altri motivi, principe Kim. Potermi concedere ad un uomo davvero speciale quale è mio marito... è uno di questi.» rispose Jungkook, strizzando l'occhio nella sua direzione. 

Taehyung si morse il labbro inferiore per sopprimere un sorriso e gli si portò vicino, allungando il collo affinché il respiro non solleticò la pelle dell'orecchio di Jungkook. «Attenderò pazientemente la fine di questa festa, principe Jeon, solo per potervi dare conferma della vostra fortuna...e della mia.» mormorò, baciandogli la guancia.

Lo sguardo carico di malizia di Taehyung era un attentato per la sua sanità mentale e Jungkook si sentì trepidare dall'attesa. 

Con fare inconsapevole si leccò il labbro inferiore e arricciò il naso dall'euforia. «Non vedo l'ora.» gli sussurrò in risposta, carezzandogli il dorso della mano con il pollice. 

C'era della tensione palpabile tra loro, così assuefacente che Taehyung strinse la presa sulla sua mano e gli sorrise furbamente. Quel lato più scherzoso, leggero e provocante di Jungkook gli piaceva incredibilmente tanto; quella giornata all'apparenza noiosa e monotona era iniziata nel migliore dei modi, e sembrava tanto portare con sé un'aria di nuova freschezza ed equilibrio. 

Era strano, ma sentiva di non essere particolarmente ansioso per ciò che lo attendeva quel giorno. La sua presentazione al regno come consorte del re era avvenuta solamente nel giorno del suo matrimonio o nelle apparizioni più formali e ristrette; era la sua prima apparizione ad una festa del regno che non fosse solamente per motivi puramente burocratici come l'andamento dei lavori negli orfanotrofi, la distribuzione di sacchi di riso in momenti di carestia o per la risoluzione di qualche altro cavillo di importanza minore. 

Con un ultimo sguardo di intesa e con le mani strette senza che fossero intenzionate a sciogliersi, si avviarono verso lo studio di re Jeon mantenendo la tipica distanza che doveva esserci tra il futuro erede al trono ed il suo consorte. Camminando tra le varie stanze, Taehyung si accorse come il solitamente silenzioso e quasi ostile palazzo Jeon stesse, invece, pullulando di vita; bisbigli emozionati ed indaffarati riempivano l'aria, chiacchiericci ridenti echeggiavano nelle varie stanze e nei corridoi, e la frivolezza dell'atmosfera contribuì a rendere i loro animi più leggeri, rallegrandoli talmente tanto che non vennero intaccati nemmeno quando il tuonato ed imperioso "Avanti" non accordò loro il permesso di accedere allo studio del re. 

Come oramai accadeva da circa due mesi, il volto del re Jeon era una maschera priva di vita e costantemente connotata da occhi sgranati e allargati. Le iridi sembravano biglie vuote, le pupille dilatate inghiottivano non solamente il loro colore ma anche la loro lucentezza. Quello sguardo atipico ed anaffettivo si posò su Jungkook che, ormai non più impressionabile circa le strane condizioni in cui verteva suo padre, si schiarì la voce, pronto ad inscenare una normalità inesistente. 

«Padre, avete atteso molto il nostro arrivo?» provò quindi, ma re Jeon scosse appena la testa. 

La barba ispida e punteggiata d'argento mostrò un accennato sorriso che non raggiunse mai i suoi occhi, le dita nodose ma costantemente adornate dagli anelli regali smisero di tamburellare sulla scrivania scura e lo sguardò viaggiò lungo i due principi fermi appena oltre la soglia della porta. 

Gli zigomi ossuti gettavano ombreggiature sinistre ed incavate nelle guance infossate, i capelli acconciati cozzavano con l'atteggiamento stralunato tenuto dal re ma, anche se quel cambiamento drastico del sovrano non era passato inosservato a nessuno, solo Jungkook aveva avuto il coraggio di avanzare il suggerimento di farsi visitare da un medico. Utilizzando la scusa della cagionevole salute di suo padre, Jungkook era -incredibilmente- riuscito nel suo intento ed aveva atteso con particolare inquietudine il verdetto del medico -scelto personalmente da Taehyung. 

In più di un mese di osservazione, un nuovo macigno era caduto sull'apparente perfetta e patinata vita di corte, forse più grave e subdolo dei precedenti; al re, infatti, era stato diagnosticato un principio di schizofrenia paranoide ed una persistente e preoccupante sociopatia.

Il medico aveva spiegato alla coppia reale le condizioni del re con fare metodico, illustrando anche le varie terapie che si sarebbero dovute intraprendere ma sottolineando -neanche troppo velatamente- che non ci si poteva aspettare alcun miglioramento sulle condizioni del sovrano. Oltre alla mancata collaborazione di quest'ultimo nel seguire le terapie, non vi erano studi sufficienti per poter fornire una cura definitiva ai disturbi mentali sviluppati dal re e, indirettamente, Jungkook e Taehyung si erano trovati a gestire affari che -almeno fino a quel momento- non gli erano mai stati affidati.

«Abbastanza.» fu l'unico commento che uscì dalle labbra strette del re, i cui occhi saettarono verso un angolo della stanza. Taehyung e Jungkook ne seguirono la traiettoria e guardarono alternativamente la parete vuota e re Jeon, i cui angoli della bocca si sollevarono per un istante e le labbra mormorarono qualcosa che sembrò un "Non c'è bisogno che me lo ricordi, so benissimo cosa devo fare." udito da entrambi ma che, come suggeritogli dal medico personale, ignorarono.

Il re annuì lentamente tra sé, mugugnando qualcosa di incomprensibile; schioccò la lingua sul palato e fece un ghigno, tornando poi a focalizzare l'attenzione su Jungkook. Lo sguardo vagò alternativamente tra una figura e l'altra, studiandoli attentamente quasi volesse imprimersi nella memoria ogni dettaglio, dal più futile al più ricercato. 

«Desiderate che io ascolti le vostre ultime parole?», chiese con fare interrogativo, piegando il capo di lato, «La mia magnanimità ha raggiunto un livello tale da volerle ascoltare, qualora ne aveste.» concluse infine, poggiandosi allo schienale della poltrona con fare solenne. 

Taehyung assunse un'espressione perplessa ed arcuò un sopracciglio; lanciò un'occhiata di sbieco verso Jungkook, sul cui viso era dipinta un'espressione ancora più confusa ed interdetta della sua. Strinse la mano del principe tra le proprie e mantenne un atteggiamento neutrale ed intatto nonostante il brivido freddo scivolatogli lungo la schiena.

«Ultime...parole?» chiese Jungkook, dovendo rallentare la pronuncia della mezza frase articolata per non balbettare.

Re Jeon fece un sorrisetto sinistro -che sembrò più una smorfia che un vero e proprio atto di ilarità. «Esattamente, ultime parole. Vedi, Jungkook, l'ultima lezione di vita che mi sento di darti è che quando ci si vede per l'ultima volta, si dicono le famose ultime parole.» ragionò il sovrano, in una logica tutta sua ma detta con così tanta semplicità da essere quasi disarmante. 

«Vostra Maestà, temete forse per la vostra vita? Non siate negativo, gli attacchi di emicrania miglioreranno non appena le cure inizieranno a fare effetto.» s'intromise Taehyung, cercando un modo efficace per dare un senso logico a ciò di cui re Jeon sembrava così profondamente convinto da apparire inquietante. 

Re Jeon schioccò la lingua sul palato e fece una risatina bassa e roca, scuotendo velocemente la testa. 

«Taehyung!», esordì con tono così tanto alto da farli sobbalzare entrambi, «Io sto benissimo, e starò ancora meglio non appena tutto si compirà. Sai perché le ultime parole di qualcuno non vengono mai ricordate?» chiese, alzando un sopracciglio perché non gli stava lasciando la possibilità di scegliere. Lui doveva rispondergli. 

Taehyung si schiarì appena la voce. «No, Vostra Maestà.» 

Il ghigno del re si ampliò. «Perché non si sa mai quando verranno pronunciate.»

Jungkook irrigidì la posa e Taehyung fece mezzo passo in avanti, assottigliando gli occhi verso il sovrano che, quasi a sfidarlo, osservava con malcelato divertimento il suo essere sgomento. «Vostra Maestà, le ultime parole vengono pronunciate poco prima di morire. E qui non morirà proprio nessuno.» rispose a denti stretti, mordendosi la lingua al mezzo sorriso spuntato sul volto del re. 

Questi guardò di fianco a lui con fare complice e sospirò appena. «Chi glielo dice? No, hai ragione...come sempre.» parlò infine, addolcendo inspiegabilmente l'espressione.

All'interno della stanza la tensione sembrò addensarsi, l'aria sembrò condensarsi come se si fosse materializzata e per lunghi e silenziosi minuti Jungkook e Taehyung rimasero a guardare il re inspiegabilmente assorto e concentrato su qualcosa a loro sconosciuto; si erano scambiati qualche sguardo costernato ed erano rimasti in piedi ad attendere che il re li congedasse o, al contrario, permettesse loro di prendere posto. 

Senza il suo consenso, entrambe le opzioni non erano valutabili. In fin dei conti, anche se era stato compreso da tutti quanto il re non fosse più in grado di governare, rimaneva comunque il sovrano legittimo, il cui potere decisionale era tenuto stretto solo tra le sue mani ossute e impreziosite da pesanti e costosi anelli. 

Un bussare accennato, seguito da un mugugno infastidito di re Jeon, catturò l'attenzione dei presenti, che si voltarono in prossimità della porta da dove uno dei consiglieri del re stava facendo la sua comparsa. Questi fece un profondo inchino con una mano posata sul cuore ed un braccio posato dietro la schiena; rimase prostrato fino a che il re non fece un inconsistente movimento della mano e Jungkook sussurrasse un "Potete alzarvi." che arrivò quasi come un soffio.

Il consigliere assunse una posizione più comoda ed incrociò le braccia dietro la schiena. «Vostra Maestà, tra poco sarà il momento del discorso. La servitù vi attende, come da vostre indicazioni, per concludere i paramenti floreali.» annunciò quindi, rivolgendo un'occhiata confusa al re che, in risposta, sospirò pesantemente e sminuì le sue parole con un rapido movimento della mano. Spostò poi lo sguardo verso Jungkook ed assottigliò gli occhi scuri, piegando le labbra in una smorfia. 

«Quindi le vostre ultime parole sono solo idiozie?», chiese conferma, alzando un sopracciglio allo sbiancare del volto di Jungkook, «Peccato.» concluse infine, scrollando le spalle. 

Il re si alzò e si lisciò la barba con la mano non intenta a reggersi alla scrivania, sospirando e scuotendo la testa mentre Taehyung lanciava uno sguardo alle spalle di Jungkook. Le vide rigide e tese, ed il suo sospiro tremulo e accennato gli fece intendere che le parole del re lo stessero scuotendo più di quanto stesse dando a vedere. 

«Consigliere Yan, potete andare. Rimarrò ancora qualche attimo in compagnia dei principi.» decretò infine, volgendo lo sguardo verso l'ampia balconata alla sua sinistra. 

Jungkook sentì la gola serrarsi e l'aria smettere di circolare nei suoi polmoni; strinse la presa sulla mano di Taehyung ed abbassò gli occhi solo per un istante, alla ricerca di una conferma ai suoi dubbi. 

E sì, le sue mani tremavano. 

Strinse la mano libera in un pugno e i denti si serrarono. C-cosa potrebbe significare? H-ha detto le nostre ultime parole...i-io—Io non ho idea di cosa voglia dire. La necessità di trovare un conforto che Taehyung non poteva al momento fornirgli portò Jungkook a sperare che JK rispondesse. 

Fu quasi un sollievo percepire JK in coscienza condivisa con lui, ed il silenzioso sospiro di sollievo che ne seguì ne fu un'ulteriore conferma. Taehyung lo guardò con la preoccupazione evidente a danzare nei suoi occhi cerulei attenti, ma poi fu costretto a rivolgere l'attenzione al consigliere che, dopo un breve ma profondo inchino, si era richiuso le porte alle spalle nel mentre che il re aggirava la scrivania ed avanzava verso la finestra.

Non preoccuparti, Cooky. Non succederà nulla, non permetterò che succeda niente né a noi né a Taehyung. Il re sta solo dicendo un mucchio di stronzate, come suo solito. Non è forse la sua specialità? rispose JK con tono rassicurante, mantenendo la voce ferma e decisa anche se, quest'ultima, tradiva una nota dura ed attenta. 

Jungkook deglutì a vuoto ed annuì impercettibilmente tra sé; le spalle parvero rilassarsi appena e Taehyung approfittò del momento in cui il re volse loro le spalle per far scorrere una mano lungo la sua schiena in una confortante carezza. Gli occhi sbarrati e larghi di Jungkook, quasi persi in quella marasma di pensieri intricati e parole poco rassicuranti, sembrarono quasi ritrovarsi in quell'azzurro intenso e profondo dei suoi occhi. Ancora, proprio alla stregua di una calma marea che carezza la riva, così il suo animo venne investito da una colata di familiare vicinanza. 

«Non ci farà niente. Non può farci niente, d'accordo?» mormorò Taehyung in un tono appena udibile, ancora più profondo di quanto si aspettasse. Non sembrò neanche battere le palpebre per assicurarsi che Jungkook non perdesse il focus su di lui.

Jungkook lanciò una fugace occhiata verso la figura del re e si morse il labbro inferiore. «Ma h-ha detto quella cosa—» mimò con le labbra, arcuando profondamente le sopracciglia. Taehyung si protese verso di lui e gli lasciò un bacio veloce e fugace sulle labbra, scuotendo appena la testa. «Sta vaneggiando, come succede da mesi ormai. Non può farci niente, non ci farà niente, Koo.» bisbigliò al suo orecchio mentre continuava a fargli piccole carezze sulla schiena. 

Taehyung spostò lo sguardo verso il re; le spalle erano ritte e ferme e l'espressione riflessa nel vetro era quanto di più innaturalmente smorto avesse mai visto. Quasi non sobbalzò nel momento in cui il sovrano rivolse loro un'occhiata colma di sadica ironia, ma non riuscì ad impedire all'ennesimo brivido freddo di accapponargli la pelle ed abbattersi sulla sua schiena.

Re Jeon aveva smesso di prestare loro attenzione, non poteva ancora dedicargli il suo prezioso ed inestimabile tempo. Affacciatosi dalla balconata opposta a dove si sarebbe tenuto il discorso, gli schiamazzi della folla urlante che attendeva solamente di essere degnata della sua attenzione arrivavano ovattati alle sue orecchie, come se non li sentisse davvero. Non gli importava di essere visto, ciò che era davvero importante, era che lui fosse conosciuto, che il suo nome e la sua voce venissero ricordati negli annali. 

Con sguardo rivolto verso l'infinito ed occhi intenti a scandagliare quella che era la linea dell'orizzonte più bella che avesse mai avuto il piacere di guardare, avanzò lentamente fino a che le dita ossute non furono in grado di stringersi alla pietra levigata della balconata. I suoi passi equilibrati e fermi echeggiarono tanto quanto il ticchettio dell'orologio da parete, scandendo il tempo invisibile che rimaneva a lui, a Jungkook e relativo consorte -e a quella miseria umana. 

Il freddo della pietra cruda e liscia gli pizzicò la pelle e sembrò penetrargli fin dentro le ossa; un rabbrividire accennato gli si irradiò lungo gli avambracci e lo avvolse in una stretta fredda e spinosa, spingendolo a distogliere momentaneamente lo sguardo sullo spettacolo che stava ammirando per, invece, portare l'attenzione sulla pelle d'oca che gli punteggiava il braccio. 

Avere quella reazione così tanto umana lo stranì enormemente; era così poco affine alla sua reale natura, al suo modo di essere, al suo animo. Quelle sensazioni non erano le sue, non gli appartenevano, non erano più parte di lui...perché continuavano ad esserci? Le emozioni lo avevano perseguitato per tutta la vita, ma adesso che sembrava che fossero finalmente state schiacciate e soppresse, perché comparivano ancora?

Cosa era rimasto nel suo animo? Nulla.

Ce l'aveva fatta, era finalmente riuscito a non essere ciò che non doveva né poteva, era finalmente diventato ciò che da lui ci si aspettava. 

Ciò che lei si aspettava e desiderava. 

 Yumyeon gli aveva ripetuto con asfissiante ridondanza di non possedere l'animo né il vigore di un vero sovrano; in una cadenzata e lenta nenia, lo aveva accusato di essere troppo sentimentale, di nutrire troppe emozioni, di essere troppo debole, perché un reale -un regnante vero- non poteva essere così emotivo. Esprimersi avrebbe significato essere poco meritevoli del titolo nobiliare impostogli e poco meritevoli del suo amore, e tra le due, re Jeon aveva ponderato attentamente le alternative. 

Senza emozioni sarebbe potuto sopravvivere, ma non sarebbe riuscito a vivere senza l'amore di Yumyeon.

No, quello era più di quanto potesse sopportare. Il suo animo necessitava dell'amore della regina per poter ardere ancora, il suo cuore aveva bisogno di saperla vicina per continuare a pulsare, la sua mente esigeva saperla presente. Quell'angelo meraviglioso che era la donna della sua vita aveva ragione, ne aveva sempre avuta; ne aveva avuta anche quando gli aveva intimato di non ascoltare le false e capricciose richieste di suo figlio mentre veniva trascinato via per essere curato, ne aveva avuta anche quando gli aveva suggerito di adoperarsi nel renderlo normale prima che fosse troppo tardi. 

E lui cos'altro avrebbe potuto fare, se non assecondare il volere della regina indiscussa del regno e della sua intera esistenza?

Il supplicare singhiozzato di suo figlio, le lacrime che scivolavano sulle sue guance o il suo urlare a pieni polmoni di smetterla erano solo dozzinali tentativi di farlo cedere. Un po' come la tentazione della mela, quelle che aveva attraversato erano solo delle prove che facevano leva sul lato più meschino dell'umanità. Pensare che ci potesse essere salvezza esprimendosi in modo così miserabile, vile e vigliacco screditava colui che ne era l'artefice e colui che vi dava ascolto. 

Lui era il re, Yumyeon la sua regina, ed insieme creavano l'idea perfetta. 

Loro sapevano cosa fosse giusto, cosa andasse bene, cosa fosse bene. 

Loro, nessun altro. 

Perché non c'era nessuno più in alto del re. 

E la validità delle sue parole era sottolineata e rimarcata dai fatti. Tra tutti, tutti, centinaia di migliaia di individui, era stato lui il prescelto per diventare re e per fornire un erede ad un regno che andava ben oltre la comprensione umana e fisica. Lui aveva avuto un figlio con la donna che amava, quel figlio che doveva essere necessariamente perfetto perché lui e Yumyeon lo erano. 

Sulle spalle di quel bambino aveva affidato il peso dell'essere più di un sovrano, di essere più di quanto umanamente fosse auspicabile, più di quanto si potesse limitatamente immaginare. Su quel bambino avrebbe forgiato le basi necessarie per essere un sovrano forte, deciso, senza scrupoli e senza pietà, senza umanità. 

Quest'ultima non serviva per essere dei buoni regnanti, non poteva esserci!

«Hai sprecato la tua esistenza vivendo come un misero essere. Complimenti, Jeogyul.» Il commento, detto con la stessa maestosità che accompagnava ogni singolo secondo della sua vita e carezzevole come la più pregiata delle stoffe, lo fece sorridere appena. 

Sentirla pronunciare il suo nome ancora una volta era quanto di più sublime avesse mai udito, ed era anche l'unica cosa che avrebbe potuto convincerlo dal discostare lo sguardo dalla limpidezza del cielo mattutino per, invece, voltarsi appena verso destra. Gli occhi vagarono sulla eterea e quasi celestiale visione di cui solo il suo sguardo riusciva a catturarne la bellezza, ed osservò l'ampio vestito di Yumyeon abbracciare elegantemente il suo busto e sue braccia. 

Nonostante la visione celestiale, quell'angelo mandato solo per lui aveva gli occhi ermetici e giudicatori, neri e profondi quanto l'oblio che aveva minacciato di soffocarlo. Era la stessa espressione di profondo disappunto che le aveva deturpato il viso diafano il giorno in cui era andata via, una punizione alla sua incapacità di essere un buon sovrano.

Ed un buon marito, forse.  

Ma quel volto era così meravigliosamente armonico, così angelicamente perfetto e latteo, che il suo petto si strinse dall'orgoglio di vederla nuovamente al suo fianco; nonostante fosse stato un perdente, nonostante fosse stato umano, lei aveva deciso di tornare e di indicargli la giusta via da percorrere, era tornata nella sua vita improvvisamente ma con l'intento di non andarsene. 

Il tempo non l'aveva cambiata, i suoi occhi erano rimasti grandi e dalla morbida arrotondatura come quelli di Jungkook, il volto non era stato deturpato da alcuna ruga, da alcun segno del tempo trascorso; le labbra erano rimaste piene e voluttuose come quando l'aveva incontrata la prima volta, solo che, in quel preciso istante, erano piegate in una smorfia di stizza ed astio. 

Oltre che tremendo e doloroso disappunto. 

«So del mio errore, Yumyeon. Ma ho seguito le tue indicazioni e lo farò fino all'ultimo respiro. Sapevo che non ne saresti stata felice, ma sono diventato finalmente ciò che meriti.» gli rispose con tono tranquillo e vagamente rammaricato; gli occhi si velarono di speranza mentre la regina del suo cuore incrociava le braccia al petto e gli scoccava un'occhiata severa. 

«Non sei nemmeno stato in grado di educare nostro figlio e farlo diventare un buon re. È diventato un perdente, proprio come suo padre. Ti avevo detto di darmi prova delle tue capacità, mi hai deluso», Yumyeon fece una breve pausa, «Ancora.» sibilò, incollerita.

Re Jeon annuì ed un abbaglio di dolore attraversò i suoi occhi. Tuttavia, non permise a quell'emozione di palesarsi troppo, lasciò che gli morisse dentro e giacesse insieme ai brandelli del proprio animo.

«Hai ragione. Ho fallito.» 

Yumyeon sparì dalla sua visuale e re Jeon rivolse nuovamente lo sguardo all'infinito. Era rammaricato nell'aver reso sua moglie poco contenta; era dispiaciuto per il disappunto e per la delusione che aveva albeggiato negli occhi solitamente amorevoli della donna che amava, ma a sua discolpa poteva affermare di essere riuscito ad avvicinarsi a ciò che lei desiderava. 

Gli dispiaceva, invece, per Jungkook? Non nel senso stretto del termine.

Gli dispiaceva della fine che avrebbe fatto di lì a poco, gettato in pasto ad una vita che non era capace di affrontare.

Gli dispiaceva che fosse nato con qualcosa che non andava, incapace di soddisfare le aspettative che aveva falsamente nutrito nei suoi confronti; gli dispiaceva vederlo preda della confusione nel non capire il suo disegno divino.

Infatti, come i suoi occhi scuri si posarono nuovamente su Jungkook, lo vide intento a scrutarlo con confusione; tacitamente, gli stava domandando cosa ci fosse che non andava, perché lo aveva richiamato e perché sostava sulla balconata parlando da solo e mormorando parole incomplete affidandole al vento della sua follia. 

Gli occhi fermi del re si spostarono su Taehyung, quell'uomo che era stato colui che -oltre a distruggere tutti i suoi progetti- era riuscito ad insinuarsi subdolamente nella vita di suo figlio, impedendone l'evoluzione in qualcuno di potente e capace. Lo aveva macchiato, aveva deturpato la sua opera ultima ed aveva intaccato quella tela invisibile che aveva tessuto con cura. 

Quello sguardo di aperta sfida e di fredda rigidità gli fece solleticare i palmi e sentire la voglia di stringergli la mano attorno alla gola fino a fargli esalare l'ultimo respiro. Avrebbe voluto avere la soddisfazione di vedere quegli occhi perdere il loro bagliore, quell'espressione mutare e diventare una maschera di paura e di sgomento; lo avrebbe guardato spegnersi, i suoi occhi insolenti ed irrispettosi si sarebbero velati di morte, sarebbero diventati opachi e vuoti come i suoi. 

Perché quei poveri stolti non avevano capito quanto lui fosse morto per elevarsi ad entità superiore.

Lui aveva ricevuto il potere, era tutto nelle sue mani e, ad affidarglielo, era stato lo stesso Dio che tanto aveva pregato affinché quello scempio che era diventato suo figlio esalasse finalmente l'ultimo respiro ed abbandonasse quella terra. 

Lui aveva il potere, lui controllava le vite altrui e, a differenza di molti altri, non aveva paura di utilizzare le sue capacità per aggiustare un qualcosa di rotto. Lui esercitava il suo potere in quanto sovrano, era a lui che spettava il giudizio se qualcuno fosse meritevole di vita o meno.

E nessuno dei due principi alle sue spalle era meritevole della vita, tantomeno di quel dono.

La sua capacità di controllo sulla vita e sulla morte li avrebbe portati via; sarebbero caduti nella disgrazia del sonno eterno che meritavano ed in cui avrebbero potuto vivere la loro scellerata esistenza come anime imperfette, incomplete, ingombranti -e quindi inutili. 

Innecessarie. 

Sarebbero stati lambiti dalle fiamme, le stesse che li stavano ardendo in quel preciso istante.

Le grida di terrore che si levarono furono musica per le sue orecchie, una delle migliori sinfonie che avesse mai raggiunto i suoi timpani ed avvolto l'ambiente in cui era vissuto; il nome di Jungkook, urlato con voce spezzata da un Taehyung accasciatosi al suolo e piegato dal dolore, veniva ricambiato da un allungare della mano di suo figlio per un disperato tentativo di salvezza. 

Gli occhi di Jungkook erano densi di lacrime mentre lo supplicava, supplicava lui di salvarlo, di risparmiarli e di avere pietà di loro. Gli stava chiedendo pietà, gli stava chiedendo perché avesse fatto appiccare il fuoco dalle guardie, perché stesse lasciando che le membra venissero lambite ed accarezzate da quelle fiamme brucianti ed aranciate, perché stesse permettendo che la pelle venisse lacerata, marchiata e arsa fino a sciogliersi ed arricciarsi, arrivando a mostrare il vivo della loro essenza. 

Jungkook, il suo povero e sfortunato figlio, era solamente una vittima di quel potere che non poteva gestire perché era imperfetto, perché non aveva la capacità, perché lui era sbagliato. 

Un errore, uno spiacevole malinteso a cui doveva rimediare, un rettificare qualcosa che non aveva intrapreso il giusto percorso. Guardò con soddisfazione Taehyung rantolare ed emettere il suo ultimo respiro, e guardò con ancora più distaccata costernazione gli occhi di suo figlio -l'unica cosa rimasta integra in quel volto sfigurato dalle fiamme e piegato in una smorfia di dolorosa verità della sua onnipotenza- che lo fissavano nell'eternità del momento della sua morte.

Insieme allo scoppiettio delle fiamme e all'infuocarsi della stanza, le lingue di fuoco si propagarono quasi fino alla sua persona. 

E re Jeon rise. 

Rise sommessamente; l'eco della sua grassa risata di liberazione echeggiò e si rinvigorì alle urla di confusione che lo attorniavano, ma si aggregò alla risatina leggera ronzata nelle sue orecchie.

«Hai visto? Ce l'ho fatta.» commentò con orgoglio, sorridendo apertamente come vide Yumyeon annuire lentamente e sorridergli appena.

«Adesso puoi venire con me. Non dovresti sprecare ancora la tua vita sulla terra, non dopo aver sancito la fine di nostro figlio. Se non venissi con me, saresti solo un rimasuglio di un essere che non ti appartiene più.» gli rispose con fare sicuro, guardandosi le unghie curate per un breve istante. 

Gli occhi di Yumyeon si velarono di consapevolezza e le labbra scarlatte scoprirono i denti perlacei ed allineati. «Vieni da me, allora?» chiese con tono allegro, tendendo una mano verso di lui. 

Il volto del re si distese, le labbra si stirarono in un sorriso ampio e gli angoli degli occhi si raggrinzirono, socchiusi dallo scoppio di buonumore che gli era nato dentro al gesto compiuto da Yumyeon. Lanciò giusto un ultimo sguardo alle sue spalle, non particolarmente interessato a ciò che rimaneva del suo palazzo, della sua precedente vita, di suo figlio o del suo consorte. 

Lui stava per iniziarne una nuova, la vita gli stava dando un'altra opportunità che era intenzionato a cogliere senza nemmeno pensarci, senza risparmiarsi. 

Salì sulla balconata e guardò verso l'infinito un'ultima volta, sorridendo verso sé stesso. 

Alle sue spalle, il coro univoco a due voci di Taehyung e Jungkook si levò con fare acuto e sorpreso. Gli occhi di Jungkook si sgranarono inverosimilmente e le labbra si spalancarono in un'espressione di puro terrore, il cuore sembrò arrestarsi mentre Taehyung boccheggiò emettendo un verso strozzato e atterrito.

Quest'ultimo corse verso la porta, spalancandola per richiamare a gran voce i consiglieri e le guardie reali, non mancando di lanciare occhiate intimorite e sconvolte alle sue spalle.

«Padre! Cosa state facendo?!» urlò Jungkook con voce acuta e stranamente ferma, facendo un passo avanti. Si arrestò, quasi i piedi fossero diventati di piombo, per l'occhiata vuota e rigida che gli rivolse il re. Quest'ultimo sembrò riuscire a vedervi attraverso e le labbra smunte fecero un sorriso sereno e pacifico.

«Solo quando non ci sarà più posto all'inferno, i morti cammineranno sulla terra.» rispose solamente, chiudendo gli occhi. 

Jungkook sgranò i suoi e nessun urlo, discorso o parola riuscì a raggiungere il re che, a braccia spalancate, si era appena lasciato cadere nel vuoto. 

«Padre! No!» il grido spezzato di Jungkook sovrastò il singulto sorpreso ed atterrito di Taehyung, il trattenere del fiato dei consiglieri, i versi di sgomento e di incredulità delle guardie e il brusio terrorizzato della servitù. 

Jungkook corse verso la balconata da cui re Jeon si era lasciato cadere e si sporse, urlando così forte che Taehyung gli avvolse le braccia attorno alla vita per evitare di farlo sbilanciare. Il fischiare del corpo abbandonatosi mollemente al nulla, che fende l'aria prendendo velocità, portò Taehyung a tirare indietro Jungkook prima che il percorso immaginario del corpo del re non venisse arrestato dall'impatto con il suolo. 

Un suono agghiacciante, sordo, profondo e sibilante sancì la fine della caduta libera di re Jeon, portando con sé quelli che sembrarono interminabili minuti di silenzio. Gli occhi di Jungkook rimasero sgranati, il volto cereo e coperto di sudore era striato e deformato dall'incredulità, mentre Taehyung sentiva il cuore esplodergli e il panico serrargli la gola. 

Ma, quella volta, non erano i suoi attacchi di panico a compromettergli la circolazione dell'aria. Si affacciò appena dalla balconata e le budella si rivoltarono, la fronte si velò di sudore e la bocca divenne arsa ed asciutta come il terreno brullo. 

La scalinata che aveva accolto la caduta del re era macchiata da schizzi borgogna estesi e affilati; al contempo, una chiazza scura e densa, dalla sfumatura rossastra intensa e sanguigna, iniziò ad allargarsi creando una macchia lucida come uno specchio. Scivolò in rivoli sinistri e macabri lungo alcuni gradini mentre la corona arrestava il suo rotolare, inevitabilmente macchiata dello stesso sangue che stava avvolgendo il corpo esanime di re Jeon.

Il rantolo emesso da Jungkook obbligò Taehyung a distogliere l'attenzione da quel macabro spettacolo e urlò un qualcosa ai consiglieri e alle guardie; sobbalzò come le mani di Jungkook si arpionarono ai suoi bicipiti, spasmi nervosi delle dita del principe li stringevano ad intermittenza, le labbra violacee tremavano appena e sembrava avesse smesso perfino di battere le palpebre. 

«P-padre—» balbettò in un soffio Jungkook, caduto in una sorta di catalessi che Taehyung temette. Per questo, cercò di racimolare l'ultimo barlume di lucidità rimastagli in corpo per strattonarlo il tanto sufficiente a riportarlo alla realtà, obbligandolo a non spostare lo sguardo verso la balconata -come invece stava cercando di fare Jungkook.

«Jungkook, rimani con me. Jungkook, guardami. Guardami!» esordì Taehyung, prendendogli il viso tra le mani. Lo tenne fermo fino a che gli occhi velati del nulla di Jungkook si rialzarono nei suoi; li vide sgranarsi, li vide intristirsi, li vide spezzarsi e li vide velarsi di lacrime mute ed inespresse che rimasero a navigare nei suoi occhi. 

«S-si è g-gettato giù—i-io—» riuscì a mormorare, gesticolando appena verso la balconata. 

Taehyung ingoiò l'imprecazione e fece per parlare, se solo non fosse stato interrotto dallo stuolo di consiglieri. «Vostra altezza, dobbiamo annullare la festa di primavera?» 

L'espressione sconcertata e basita di Taehyung fu il preludio dello scoppio della sua irritazione nei confronti di tutto quel sistema malato e privo di umanità in cui vivevano, portandolo ad assottigliare lo sguardo e mostrare il suo più sincero disappunto. 

«Vi sembra il momento di pensare alla festa di primavera?», ringhiò con fastidio crescente, la voce bassa di alcune ottave, «Dopo ciò che è successo, è tutto ciò a cui riuscite a pensare?» esclamò con rabbia crescente, non mutando la sua espressione nemmeno allo sbiancare del volto del consigliere e al suo prostrarsi profondo in segno di scuse. 

«Annunciate l'improvvisa scomparsa del re, sospendete i festeggiamenti ed organizzate i funerali di Sua Maestà. Fino ad allora, ogni impegno politico, burocratico, militare e sociale è sospeso, il lutto cittadino sarà di cinque giorni e non una sola persona dovrà osare disturbare il principe o me medesimo durante tale congedo reale. Sono stato chiaro?» sibilò Taehyung, voltandosi verso Jungkook senza nemmeno attendere l'assenso dello stuolo di consiglieri -mobilitatosi istantaneamente.  

Jungkook aveva deglutito sonoramente e serrato gli occhi; aveva poi preso un respiro profondo ed aveva lasciato che una sola lacrima scivolasse lungo la sua guancia. «Ci sono...s-solo, non andartene.» gli bisbigliò impercettibilmente. 

Le dita di Taehyung danzarono lungo il suo zigomo e spazzarono via la traccia salina. «Mai. Non me ne andrò mai.» gli promise abbracciandolo stretto, lasciandogli un bacio sulla tempia.

La sua presentazione al regno, quindi, non era avvenuta attraverso dei festeggiamenti allegri ed urlanti; non vi erano stati banchetti opulenti o chiacchiericci fitti e concitati; non vi era stato nulla di tutto quello che si aspettava -o che si aspettavano. 

Il vero, primo momento in cui Taehyung ebbe l'occasione di mostrarsi al popolo, avvenne solamente quando, cinque giorni dopo, un coro di trombe reali squarciò la quiete della mattina, quando una mantella rossa venne posata sulle spalle di Jungkook, quando una nuova e pesante corona riccamente adornata venne posata sulla sua testa e quando, mano nella mano, si affacciarono dal parapetto reale, rivolgendo lo sguardo verso la folla giubilante e fremente. 

I loro occhi si incontrarono, quelli di Taehyung fiduciosi e rassicuranti, quelli di Jungkook inquieti ma determinati; in quell'occhiata silenziosa si scambiarono tacitamente la promessa di esserci, di essere insieme in quel nuovo capitolo della loro vita che, proprio come la prima pagina di un nuovo libro, attendeva solamente di essere scritto. 

Ma, stavolta, non come principi. 

Bensì come re. 



















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NDA: MA BUONSALVE! (E Buona domenica)

Sorpresa sorpresa!♡
L'ultimo capitolo di LMG è uscito in anticipo, non ci credo nemmeno io (/◕ヮ◕)/

In questo capitolo abbiamo tanto, vero, ma essendo l'ultimo ci tenevo a raggiungere il grande obiettivo delle mie storie: chiudere il cerchio. Non ci devono essere cose lasciate in sospeso, non ci devono essere faccende irrisolte.

-Re Jeon è impazzito, letteralmente. Il disturbo che gli è stato diagnosticato è connotato da deliri di onnipotenza, da visioni, allucinazioni e molto altro che non starò qui a spiegarvi. Spero che il mischiare la realtà con ciò che la sua mente vedeva vi abbia lasciato con il fiato sospeso e che, anche solo per qualche istante, vi abbia fatto venire il dubbio che li stesse facendo morire sul serio. 

-Le parole che dice a Taehyung dopo che il loro zozzeggiare termina, tenetele a mente. Capirete perché ;)

-Jungkook non è crollato come -credo- ci si aspettasse quando ha visto suo padre lanciarsi dalla balconata. Non ha avuto le sue crisi, non si è lasciato schiacciare. Sicuramente è rimasto sconvolto dal vedere suo padre suicidarsi, ma ce l'ha fatta.  CE L'HA FATTA ED IO SONO COSI' PROUD che non potete capire cnsjdvfnfz ╥ω╥

-Io amo Taehyung. Giuro che gli affiderei la mia vita. Fine.

E questo era l'ultimo spazio autrice prima dell'epilogo che non so ancora quando uscirà. E' abbastanza lunghino (ma va) e non riuscirò a farlo uscire sicuramente questo martedì. 

La sua pubblicazione sarà una sorpresa, i guess ¯\_(ツ)_/¯

Fun fact: nel capitolo 47 avevo affermato che ci eravamo addentrati nell'ultima parte di lmg. Diciamo che dovrei rivedere il mio concetto di "ultima" LMAO

Vi ringrazierò a dovere dopo l'epilogo, ma inizio già da adesso: grazie a tutti voi per essere arrivati a leggere fino alla fine. 

Grazie di cuore.♡

Word count: 9790


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