Let Me Get Lost In You [TaeKo...

By Hananami77

1.1M 62.5K 99.5K

''«Taehyung non può sposare il figlio di Jeon. Ho sentito troppe cose poco rassicuranti sul suo conto, non po... More

Personaggi+Introduzione
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[6]
[7]
[8]
[9]
[10]
[11]
[12]
[13]
[14]
[15]
[16]
[17]
[18]
[19]
[20]
[21]
[22]
[23]
[24]
[25]
[26]
[27]
[28]
[29]
[30]
[31]
[32]
[33]
[34]
[35]
[36]
[37]
[38]
[39]
[40]
[41]
[42]
[43]
[44]
[45]
[46]
[47]
[48]
[49]
[50]
[51]
[52]
[53]
[54]
[55]
[56]
[57]
[58]
[59]
[60]
#Special: [Biscotti in incognito]
[61]
[62]
[63]
[64]
[65]
[66]
[67]
[68]
[69]
[70]
[71]
[72]
[73]
[74]
[75]
[76]
[77]
[78]
[79]
[80]
[81]
[82]
[Special 3#] Buon compleanno, hyung!
[84]
[85]
[86]
[87]
~Epilogo~
LMGLIY - FAQ

[83]

8.4K 575 1K
By Hananami77

Il mormorio accennato, quasi inesistente e rivelatore, affondò le sue radici in Taehyung, i cui occhi si sgranarono e si abbassarono con fare automatico sulla testolina corvina ancora insinuata sotto il suo mento. Il suo cuore si incrinò e trattenne il fiato, stentando a processare la situazione, il momento e perfino l'informazione ricevuta.

Quello era davvero JK?

Il principe con la testa sepolta tra le ginocchia, rannicchiato contro il suo petto e che tremava inverosimilmente tanto...era JK?

Senza neanche pensarci, le braccia di Taehyung si strinsero maggiormente attorno alla sua figura e gli lasciò un bacio sui capelli, prendendo a carezzargli delicatamente la spalla; al movimento, JK si raggomitolò su se stesso e le gambe vennero portate ancora più dolorosamente verso il petto, come a voler rimpicciolire la sua figura così tanto da svanire. 

E forse, tra le piaghe che ferivano la sua anima, quel desiderio di sparire c'era davvero.

«JK...tesoro, va tutto bene.» gli mormorò Taehyung con tono soffuso e pacato. Affondò il naso nei suoi capelli e cercò silenziosamente di sciogliere il groppo che gli annodava la gola e gli impediva di cacciare fuori la voce che, improvvisamente, sembrava così timida da essere sparita. Il tono con cui aveva pronunciato quelle parole era stato quanto di più flebile e roco fosse mai uscito dalle sue labbra, ma il dolore pulsante che sentiva irradiarsi nel petto ad ogni battito e ad ogni respiro era quanto di più asfissiante avesse mai provato. 

I denti stridettero tra loro percependo il flebile e lento annuire di JK, il cui fiato corto rimbalzava tra le pareti del corridoio in versi affaticati e sconnessi; Taehyung cercò di discostarsi da lui per guardarlo meglio in viso e rassicurarlo almeno con lo sguardo ma, come ci provò, JK gli afferrò un braccio e gli si fece nuovamente vicino, scuotendo la testa con affanno. 

«No. Non te ne andare.» 

La voce di JK era stata roca come se la sua gola fosse così arida e secca da non riuscire a fargli articolare le parole; nonostante ciò, si era sforzato di parlare ed aveva dimostrato con i gesti le sue parole, stringendo la presa sul suo avambraccio. Taehyung deglutì a vuoto e osservò come la presa di JK fosse ferma ma instabile per il suo tremore, notando nei suoi occhi un qualcosa che lo spinse a domandarsi se JK avesse cognizione del momento o meno.

Anche se non poteva vederlo, Taehyung scosse leggermente la testa e gli strizzò appena la spalla contro cui aveva lasciato leggere carezze. 

«Non me ne vado, non più.» asserì quindi, e quella era una delle poche certezze rimastegli dentro. 

Ed era l'unica capace di dargli un po' di forza per non lasciarsi sprofondare nello sconforto alla realizzazione che la persona addossata al suo petto fosse JK. Era complicato e quasi assurdo provare a mettere a fuoco la figura tanto fiera quanto forte di JK in un'ottica diversa dalla solita; fin dal primo momento in cui si erano incontrati, si era dimostrato tenace e capace di fronteggiare anche la più dolorosa delle avversità a testa alta, rialzandosi dopo ogni volta che veniva lasciato cadere.

JK era sopravvissuto a tanto, a troppo; eppure, era sempre rimasto saldo, le sue radici non erano mai state sradicate o recise del tutto. Un po' come un fiore a cui veniva tagliato lo stelo, questo continuava a germogliare e sbocciare di volta in volta, fiorendo rigoglioso e tornando a brillare della stessa luce che lo aveva caratterizzato in principio. JK aveva ceduto diverse volte, era caduto, era rimasto intrappolato nelle sabbie mobili della cattiveria ma ne era uscito lasciandosele alle spalle; era riuscito a vincere le sue guerre ed aveva lasciato che queste lo ferissero ma non intaccassero il suo scopo ultimo. 

Proprio queste considerazioni gettavano Taehyung in uno stato di angosciosa incertezza; se JK aveva attraversato l'inferno e l'aveva superato, cosa era successo di così grave da lasciarlo così tanto segnato da spingerlo a rimanersene carponi con il fiato corto in quello stato di malessere?

Aveva dato per scontato che fosse Jungkook colui che aveva trovato riverso al suolo, perché aveva già visto il principe in quello stato, ma JK...

JK aveva già toccato il fondo, ma ne era riemerso non appena ne aveva avuto la consapevolezza, quindi perché quel momento era diverso?

Chiedergli direttamente cosa gli fosse accaduto non era ciò che Taehyung si sentiva di fare, anche se le domande erano tante e dolorose; tuttavia, sapeva per esperienza che le personalità non andassero forzate o sottoposte a pressioni su questioni di quella portata. 

Non credeva di possedere il coraggio necessario, comunque. Perché qualora lo avesse trovato chissà dove e chissà in quale modo, ciò che era avvenuto non poteva essere sicuramente affrontato seduti per terra e alla mercé di un qualsiasi membro della servitù o -peggio- qualche consigliere del re.

La sua mente aveva comunque provato a vagliare mille ipotesi vaghe e confuse per spiegarsi ciò che aveva trovato al suo ritorno, ma nessuna di quelle sembrava essere sufficiente per giustificare tale reazione e tali ripercussioni. Quel mattino JK lo aveva trattato duramente e si era dimostrato freddo almeno quanto lo era stato in principio, ma il suo sguardo non aveva mentito circa lo stato d'animo in cui versava -non avrebbe potuto farlo, neanche se avesse voluto, perché lui lo conosceva.

Aveva imparato a leggere tra le righe delle storie inespresse di Jungkook, di JK ed anche di Kookie, ed anche se irrazionalmente si era sentito ferito dall'atteggiamento tenuto dall'altro, in cuor suo sapeva ci fosse un motivo ben più profondo su cui ragionare. 

Nell'attesa di comprendere, però, detestava non sapere. 

Detestava quel castello e detestava assistere, inerme, alla distruzione della persona che amava senza sapere se avrebbe mai avuto la possibilità -o la capacità- di ricomporla. 

«JK, amore dobbiamo alzarci», gli sussurrò Taehyung, passandogli una mano tra i capelli, «Andiamo in camera, non possiamo rimanere qui.» continuò poi, sorridendogli appena come l'altro rialzò lo sguardo su di lui. 

Era strano, JK non sembrava avere troppa cognizione di dove si trovasse; lo udì deglutire a vuoto mentre osservava Taehyung tendersi per spegnere la lampada ad olio e metterla da parte. Si issò e JK scollò la schiena dalla parete contro cui si era poggiato, permettendo alle braccia di Taehyung di passare sotto le sue per poterlo aiutare ad issarsi. 

Non furono pochi gli sforzi fatti da Taehyung per metterlo in piedi, ma come ci riuscì, lasciò che un braccio del principe passasse sopra le sue spalle e che un suo braccio si avvolgesse proprio attorno alla sua vita sottile -un po' troppo sottile. Cercò di scacciare il senso di angoscia a quella constatazione e, invece, fece leva sulla determinazione di dover essere lui, almeno per una volta, a supportare JK.

Non importava quanto i suoi occhi stessero cercando in ogni modo di sciogliersi in lacrime; non importava quanto il suo cuore urlasse, ferito; non gli importava nemmeno della bolla di apprensione che gli serrava la gola e spegneva la voce. 

Lui avrebbe resistito.

Si trascinarono verso la stanza di JK con passo lento; la testa di quest'ultimo ciondolava, sentiva le gambe formicolanti ed inconsistenti, della stessa solidità di una gelatina. Brividi gelati gli si arrampicavano lungo la schiena madida di sudore e vertigini minacciavano la sua precaria stabilità.

Era un malessere diffuso quello che sentiva erodergli le viscere; sembrava che del veleno invisibile gli stesse corrodendo i nervi e destabilizzando i muscoli, rendendolo debole e incapace di starsene dritto senza l'aiuto di qualcuno. Era certo che se non fosse stato per Taehyung, non avrebbe avuto la capacità di arrivare molto lontano -men che meno nella sua stanza.

Era riuscito ad andare avanti durante la giornata solo perché qualsiasi impegno prevedeva lo starsene seduto da qualche parte; si era asciugato i palmi sudati sui pantaloni e più di una volta aveva rischiato di rimettere sulla scrivania a causa del senso di nausea prepotente e violento.  

Lanciò un'occhiata verso Taehyung ed anche se faticava a metterlo a fuoco, rivedere il suo volto fu come affacciarsi alla finestra in una fresca notte d'estate. Nonostante fosse concentrato, nonostante lo sguardo fosse rivolto in avanti e nonostante le sopracciglia fossero aggrottate e calate sugli occhi attenti, JK convenne tra sé che se gli angeli avessero mai avuto un volto, allora sarebbe stato quello di Taehyung. 

«Ci siamo quasi.» gli sussurrò quest'ultimo, accortosi dello sguardo di JK su di lui. Gli rivolse un piccolo sorriso e gli strizzò un fianco con fare fiducioso; non appena riuscirono ad arrivare alla porta, JK si sbilanciò in avanti e si poggiò con la spalla alla parete, deglutendo sonoramente ma arricciando il naso al sapore amaro rimastogli in bocca. 

Con mani tremanti e stomaco in subbuglio, si accorse appena che Taehyung si era fiondato verso il bagno dove, da lontano, lo scrosciare dell'acqua corrente arrivava come un'allettante promessa di potersi dare una ripulita dal sudore.

Strizzò gli occhi ed un capogiro lo colpì; la stanza sembrò vorticare intorno a lui e la nausea gli risalì prepotente nella gola -si ritenne fortunato, tuttavia, per aver rimesso tutto quello che c'era da rimettere prima di arrivare in camera.  

«JK!» esclamò Taehyung voltando di scatto, attirato dal trambusto. Allargò gli occhi e gli corse incontro, guardando con agitazione come JK fosse crollato sulle ginocchia e si reggesse sulle mani, annaspando e tossendo convulsamente. 

Arcuò le sopracciglia e sentì risalirgli dentro la prepotente voglia di piangere perché non sapeva cosa gli stesse succedendo, cosa avrebbe potuto fare per aiutarlo, perché JK stesse in quel modo. Il suo non sembrava un malessere solo psichico, perché non poteva esserlo, non avrebbe comportato nessuno di quei sintomi...

Vero?

«Tutto bene, n-non preoccuparti.» ringhiò a denti stretti JK, scuotendo appena il capo. Taehyung lo afferrò per un braccio e lo aiutò a rimettersi in piedi, guardandolo con occhi allargati e cuore sanguinante. 

Gli spostò i capelli dalla fronte e fece un sorriso incerto e fugace, di quelli appena percepibili. «Non preoccuparmi è una pretesa un po' troppo grande, amore mio.» rispose, facendo poi scorrere il pollice lungo la guancia pallida. Gli occhi incavati, spenti -e affranti, forse?- di JK parvero, per un solo istante, illuminarsi e tornare al loro antico splendore -non prima di spegnersi nuovamente come una candela consumata.

«Amore mio.» ripeté in un soffio JK, arricciando leggermente il naso con fare vagamente imbarazzato.

Taehyung gli prese una mano tra le proprie e lo condusse verso il bagno, facendolo sedere su uno degli sgabelli posti di fronte la specchiera - e scongiurando quindi il rischio che JK crollasse nuovamente al suolo.

Arrotolò le maniche della camicia da notte fino al gomito e tastò la temperatura dell'acqua della vasca, sorprendendosi nel vedere le sue mani tremare con un più insistenza di quanto gli piacesse notare -o sperimentare. Arricciò le labbra dal disappunto verso sé stesso ma rimase in silenzio, scegliendo con minuzia i sali da bagno che, almeno solo in linea teorica, avrebbero dovuto tranquillizzare JK per il loro odore dolciastro e delicato.

Si voltò verso JK e gli fece un timido ed accennato sorriso, guardandolo, tuttavia, con espressione vagamente preoccupata e silentemente angosciata. Vedeva l'altro muoversi scompostamente sul suo posto, lanciare occhiate non troppo convinte verso la vasca, tornare a guardarsi le mani poco ferme e poi stringere le labbra -serrandole così tanto da farle sbiancare.

Taehyung studiò per un lungo istante il suo atteggiamento, indeciso su come interpretare quello sgomento e quella sensazione di disagio palese che l'altro provasse, quindi si schiarì la gola il tanto che bastava per darsi un tono. 

«JK...c'è qualcosa che ti turba?» si permise di sussurrare, non alludendo tanto alle sue condizioni fisiche non ottimali quanto all'atteggiamento diverso e in qualche modo preoccupato del principe. Lo sentì deglutire profondamente ma JK scosse la testa lentamente, prendendo un tremulo ed instabile respiro pur continuando a mantenere gli occhi fissi sull'acqua scrosciante -che non risultava poi così tanto allettante.

Taehyung si morse l'interno della guancia ed abbassò gli occhi sulle sue mani umide, schiarendosi silenziosamente la voce per tentare di allentare il nodo che gli stringeva la gola -e per calmare quello stato ansiogeno che gli attanagliava lo stomaco e gli metteva in subbuglio le viscere. Avrebbe voluto dire tante cose, avrebbe voluto chiedere, avrebbe voluto che JK gli parlasse, avrebbe voluto capire e venire a conoscenza di una realtà scomoda ma necessaria.

Non poteva aiutarli tanto quanto avrebbe voluto senza avere neanche un punto di partenza, ma da dove cominciare?

«Il bagno è quasi pronto», annunciò infine, cercando di rimettere insieme un po' del suo coraggio, «Ce la fai a toglierti la giacca?» domandò poi, issandosi per andare incontro a JK. Senza neanche pensarci allungò le mani verso il principe con l'intento di aiutarlo a districarsi dagli abiti sgualciti, quando si accorse di un dettaglio che lo immobilizzò sul posto, atterrendolo.

Il sangue gli scivolò via dalle guance ed il volto si velò di sudore freddo, incapace di comprendere cosa stesse succedendo.

Alla vista di quelle mani tese verso di lui, dirette ai suoi abiti e pronte ad avvicinarsi, JK sentì il mondo spegnersi.

La vista divenne acquosa e poco chiara, gli occhi si sbarrarono dal terrore, le pupille si dilatarono a dismisura ed il suo corpo tremò. Le mani presero a scuotersi violentemente, le narici iniziarono ad allargarsi e le labbra violacee si schiusero; respiri veloci, secchi, scoordinati ed affannati seguirono il mancato battito percepito da Taehyung che, colto alla sprovvista dalla reazione, fece un mezzo passo indietro.

Ma prima che potesse essere egli stesso a mettere distanza tra loro, JK si ritrasse violentemente e si schiacciò contro la parete alle sue spalle, aggrappandosi alla seduta in cui conficcò le unghie.

«Non ti avvicinare, non azzardatevi a—» le parole uscirono soffocate, basse, come se cercasse di imporsi su un qualcosa o qualcuno. Taehyung lo guardò con occhi sbarrati, atterrito; JK non stava guardando lui, non era il suo viso né i suoi occhi ciò che stava fissando.

Infatti, lo sguardo di panico e di terrore era tutto rivolto al nulla ma, principalmente, alle sue mani. 

Le stava guardando come se fossero una delle cose più minacciose che esistessero, come se fossero pronte a—

Taehyung sgranò gli occhi al ricordo dei disegni visti poco prima e spalancò le labbra. 

«No! No, JK non voglio farti niente!», esclamò, alzando le mani in segno di resa, allargando i palmi in modo che le sue intenzioni fossero chiare. Ma la sua voce allarmata e roca non sembrò neanche raggiungere le orecchie di JK, il cui guaito basso precedette un'improvvisa quiete. 

Taehyung sentì il cuore arrivargli in gola e pulsargli, martellante, fin dentro le orecchie; il respiro gli mancò e trattenne il fiato -un qualcosa che, in quella giornata, aveva fatto fin troppe volte- guardando la testa di JK ciondolare improvvisamente sul petto e le spalle ammorbidirsi fino ad incurvarsi. Il respiro di JK divenne regolare, le braccia smisero di tremare e le mani mollarono la presa sul cuscino dello sgabello.

Attimi di vuoto ed opprimente silenzio riempirono le orecchie di Taehyung; gocce di panico si instillarono nel suo animo e sentì le gambe rischiare di cedere, minacciando la sua stabilità e la sua capacità di rimanere saldo alla convinzione che non fosse successo nulla.

No, non era successo nulla, non poteva essere successo qualcosa, non per colpa sua. 

Era successo tutto così velocemente che gli sembrò come se la sua mente rigettasse l'idea che fosse stato lui ad innescare un attacco di panico in JK e, ancora più sconcertante, fu apprendere che dopo aver avuto quella reazione, non lo stesse più guardando. 

Perché la testa non si era issata e gli occhi non erano tornati su di lui? 

Perché solo suoni afoni riuscivano a perdersi nel vuoto del suo panico?

«JK...c-cosa ti succede?» riuscì ad articolare in qualche modo, anche se la sua voce era rimasta così bassa, soffusa e timorosa che egli stesso stentò a sentirsi. Si schiarì la voce a vuoto, la gola raschiò, secca, ed un brivido freddo scivolò lungo la sua schiena.

Brividi atterriti si irradiarono lungo le braccia e la nuca, facendogli accapponare la pelle ed irrigidendogli la posa.

Alla sua domanda, nata solamente per alimentare la flebile fiamma della speranza -estremamente difficile da tenere in vita, a quanto sembrava- non ricevette comunque alcuna risposta, portandolo a sentire una nuova ondata di panico infrangersi contro il suo cuore dolorosamente errante. Pompava così furiosamente, così dolorosamente veloce da sentire le orecchie farsi bollenti, la gabbia toracica stringersi e dolori diffusi lungo il petto e le spalle. 

Queste ultime si rizzarono e batté le palpebre per qualche secondo, urlando silenziosamente a JK di parlargli, di dire qualcosa, di farlo sentire meno in colpa di quanto si stesse sentendo in quel momento. I sensi di colpa per aver permesso che JK venisse calpestato così gli si arrampicarono come mostri invisibili nell'animo, affondarono i loro artigli nel suo cuore prendendo a lacerarlo con lentezza straziante. 

«Sono io, JK. Sono Taehyung...posso— posso aiutarti? Se non vuoi, non ti toccherò nemmeno, ma—», la voce di Taehyung si spezzò e la stretta alla gola si fece più ferrea, costringendolo a prendere una lenta e profonda boccata d'aria, «Dimmi cosa posso fare per farti stare meglio...ti prego.» sussurrò infine, mordendosi la lingua perché quell'atteggiamento era così poco da lui che stentò perfino a riconoscersi. 

Taehyung era convinto che tutti, prima o poi, raggiungessero un punto di rottura. Tutti raggiungevano quel punto in cui non si torna indietro, quello in cui non si può fare nulla, quello in cui non è tanto il non volere fare qualcosa, tanto il non potere farlo. 

E con orrore e dolore crescente, il pensiero che aveva stuzzicato la sua mente fin dal principio tornò a bussare alle porte delle sue emozioni più dilanianti, lasciandogli intendere che se lui stava per raggiungere un punto di rottura, quello di JK era già stato raggiunto.

In mancanza di risposta, Taehyung si fece coraggio da solo e fece qualche passo silenzioso verso il principe, ancora fermo nella posizione che aveva assunto attimi prima; esitante, allungò lentamente una mano verso di lui, accorgendosi a malapena del suo tremore.

Se anche lo avesse spinto via lo avrebbe capito, e quasi si ritrovò a sperare che succedesse in modo da avere una reazione, un'emozione, un qualcosa che gli facesse intendere che la sua anima fosse ancora viva -perché, in quell'istante, sembrava esserci solamente un cuore biologicamente pulsante ma niente di vivo. 

Con delicatezza, sfiorò la pelle sotto il mento dell'altro con i polpastrelli, applicandogli una leggera pressione affinché JK venisse incoraggiato nell'alzare il volto e guardarlo. Gli si accovacciò di fronte e gli alzò delicatamente il viso, sentendo il sangue smettere di fluire nelle vene, il tempo azzerarsi e gli occhi allargarsi dallo sgomento e dallo sbigottimento.

I suoi occhi limpidi e cristallini incontrarono orbite vuote ed opache, inespressive e vitree ma velate da così tanta malinconia da sembrare quasi soffocarlo. 

Quell'espressione svuotata di qualsiasi emozione e l'assenza di quel brillio a lui familiare lo colpirono dritto alla bocca dello stomaco. Il tempo sembrò arrestarsi, il cuore sembrò arrendersi, i polmoni sembrarono ingabbiarsi; improvvisamente, tutto divenne torbido e privo di luce, come se fosse stato risucchiato in un vuoto così denso ed asfissiante da non lasciare spazio a nessun pensiero, a nulla che non fosse quell'espressione che mai aveva solcato i dolci lineamenti di Jungkook.

«Va bene se ti tocco il viso?» soffiò, carezzandogli il neo sotto il labbro con il pollice.

Fu una carezza delicata, gentile e riguardosa, così attenta che mosse nell'altro una piccola scintilla di costernazione. Tuttavia, si ritrovarono a guardarsi negli occhi senza dire nulla; ad avvolgerli, solo il silenzio ed il delicato sentore di vaniglia e fiori d'arancio dei sali che Taehyung aveva scelto di utilizzare. Nonostante ciò, il panico ebbe per qualche secondo la meglio su di lui, portando la sua testa a vorticare e le sue gambe a cedere; infatti, Taehyung le sentì formicolare e si costrinse a posarsi su un ginocchio per evitare di crollare carponi.

Quella mancanza di espressività era...spiazzante.

Oltre che terribilmente dolorosa.

Il principe continuò a guardarlo senza espressione prima di prendere un lento e flebile respiro. Un qualcosa sembrò attirare la sua attenzione -anche se, l'unica traccia di emozione era stata solo una breve occhiata alle spalle di Taehyung. 

«Cos'è questo odore?»

Taehyung si sorprese della voce del principe; non l'aveva mai sentita così sottile, così lieve e leggera. Perfino Kookie aveva un tono di voce più acuto. 

Tuttavia, Taehyung sembrò riuscire a riprendere a respirare, permettendosi di sfiorargli l'angolo delle labbra con il pollice. 

«I sali da bagno. Vaniglia e fiori d'arancio sono i tuoi preferiti.» gli rispose con tono soffuso, guardando l'espressione dell'altro non mutare ma diventare solo...perplessa.

«Non so cosa siano i sali da bagno, ma preferisco l'acqua fredda a quella bollente. Quest'ultima mi brucia la pelle, ma se è una nuova cura prosegui, non mi fa differenza. Puoi farmi tutto quello che vuoi.»

Sottile e pacato, il tono monocorde e risoluto fu la prima cosa che colpì Taehyung prima che comprendesse le sue parole. 

Arcuò quindi le sopracciglia e lo guardò senza capire. 

«Non sai cosa sono?», ripeté Taehyung, il tono incerto ed esitante, deglutendo silenziosamente all'assenso accennato dell'altro, «N-Non ha importanza, profumano e basta, non ti faranno nulla, non ti bruceranno la pelle o altro...Io non voglio farti nulla di male.» 

L'ultima parte della frase avvenne in un sussurro vago e tentennante, non riuscendo a comprendere di cosa stesse parlando JK e del perché gli avesse parlato della preferenza sulla temperatura dell'acqua. 

Né capì a cosa si riferisse quell'ambiguo quanto flebile mormorio di risposta. 

Lo vide battere lentamente le palpebre, assente. Per un solo istante, Taehyung crebbe che JK fosse appena caduto in una sorta di trance da cui non riusciva a ridestarsi, perché il silenzio tornò a regnare sovrano tra loro.

Taehyung allungò l'altra mano verso di lui e gli sfiorò delicatamente i capelli, portandoli leggermente all'indietro; allo stesso tempo, gli lasciò una carezza sulla testa e cercò di sorridergli, ignorando l'ennesimo stiletto arrivato al suo cuore al leggero sobbalzo avuto dall'altro non appena toccato.  

«JK, non voglio farti nulla. Non voglio farti del male, non potrei mai fartene. Vi amo come non ho mai amato niente nella mia vita», gli bisbigliò, sottile, «Non potrei mai farvi del male. Mai.» ribadì infine, ricacciando indietro le lacrime che, prepotenti, sentiva pronte a sgorgare dagli occhi ricolmi di emozioni -contrastanti, certo, ma erano così vaste che, in qualche modo, riuscivano a coesistere. 

Il desiderio di abbracciarlo era tanto, era forte, era dolcemente devastante, ma se JK aveva reagito in quel modo solo all'idea di essere toccato, non osava immaginare cosa sarebbe successo se lo avesse fatto per davvero. I suoi pensieri erano così fitti, così confusi, così tanti e preponderanti che nonostante ci provasse, non riusciva ad identificarne uno sufficiente ed esaustivo abbastanza da fargli dire nulla di più di quella frase che, forse, in altri tempi sarebbe apparsa quasi romantica. 

In quel contesto però, era suonata più come una malinconica ammissione di arresa all'evidenza che ciò che aveva ricomposto a fatica, era stato nuovamente distrutto e calpestato fino a renderlo quasi irriconoscibile. 

Per ogni volta che la fragile mente di Jungkook veniva lesa, frammenti invisibili della sua vita venivano irrimediabilmente persi, lasciando vuoti incolmabili che neanche lui sarebbe mai stato capace di sigillare. Quella sorta di incubo che stava vivendo non stava scemando. 

Al contrario, si stava facendo sempre più angoscioso e dilaniante. 

Avvertiva un qualcosa di completamente spiazzante e fuorviante in tutta quella situazione; c'era un qualcosa di totalmente e interamente sbagliato in ciò che stava vivendo, nelle sue emozioni e -soprattutto- nelle reazioni di Jungkook, o JK o di ciò che rimaneva di entrambi dopo chissà cosa gli avessero fatto. 

Sentì la fiamma della collera corrodergli i nervi saldi perché la vita non poteva essersi, ancora una volta, accanita in quel modo contro di loro.

Perché continuava a tormentarli?

Perché Jungkook non poteva essere felice?

Più cercava di razionalizzare quei pensieri e quella realtà, più la concretezza di quel momento lo colpiva forte, disintegrandolo in modo così feroce e violento da spezzargli le gambe e lasciargli lividi invisibili ma incurabili.

«Gguk.» 

La mano che Taehyung stava inconsapevolmente continuando a passare tra i capelli del principe si arrestò di colpo, bloccandosi sul suo capo. Spostò gli occhi colmi di confusione su quelli inespressivi del principe, accorgendosi solo in quel momento che i suoi arti tremavano così tanto che a stento riuscivano a seguire la sua volontà.

«Gguk.» ripeté nuovamente quello. 

Taehyung boccheggiò per un istante. 

«Gguk? Chi è Gguk? Di—di chi stai parlando? Hai conosciuto qualcuno mentre ero via?» azzardò, sentendo il cuore arrivargli nello stomaco allo scuotere leggero della testa del principe. 

«Sono io. Gguk è il mio nome, JK non c'è. A me puoi fare tutto; aghi, cinghie, anche bagni ghiacciati», spiegò con facilità disarmante, lasciando vagare lo sguardo lungo tutta la sua figura, «Se sei un nuovo dottore, puoi proseguire senza dirmi nulla, so già che devo stare fermo ed in silenzio. Non perdere tempo nel prepararmi, io sono già pronto.» terminò infine. 

Alla rivelazione, le gambe di Taehyung cedettero; cadde di sedere ed il cuore gli si ribaltò nel petto, seguito dalle budella attorcigliate e dalla perdita totale dell'uso della parola. Allargò gli occhi a dismisura e le labbra si schiusero guardando con espressione sconvolta colui che, in quel preciso istante, si era proclamato come Gguk

Il vuoto che gli squarciava il petto si ampliò e gli si avvinghiò alla gola, mentre parole come aghi, cinghie e bagni ghiacciati echeggiarono nella sua mente miste ad un terrore assoluto capace di bloccarlo.

Se prima il sangue sembrava avesse smesso di scorrergli dentro, adesso ciò che correva nel suo organismo non era altro che una terrificante e nuova teoria -per cui stava pregando con tutto sé stesso che non si rivelasse veritiera. Ma, anche il quel caso, lui quelle pratiche le aveva già sentite. Lui aveva già sentito quei racconti. 

Da JK.

Ma il principe dinanzi a sé si era dichiarato come Gguk, e proprio quest'ultimo lo guardava, interdetto, boccheggiare silenziosamente senza dire nulla.

«Perché reagisci così?» aveva poi chiesto l'altro, con tono sottile e delicato.

Era stata una domanda che gli era venuta spontanea, forse una delle prime che mai avevano lasciato le sue labbra. Di solito, non era necessario che lui parlasse o che dicesse nulla, bastava che se ne stesse in silenzio e lasciasse fare a tutti quegli uomini in camice bianco che lo trattenevano fermo. 

Quelli si definivano dottori, e più di una volta gli avevano riferito che gli veniva fatto tutto quello solamente per il suo bene, ma Gguk non aveva mai capito a cosa si riferissero con quello

Perché, cos'altro c'era di diverso da quello da doverlo specificare? 

Non aveva alcun ricordo, non sapeva nemmeno chi fosse quello strano dottore dagli occhi cerulei ed il volto pallido, ma sapeva che il suo comportamento era strano almeno quanto quello dell'altro medico che gli aveva allentato le fibbie quel giorno. 

Erano tutti strani, i nuovi medici. Non capiva perché perdessero così tanto tempo nel fare il suo bene o nel toccarlo in quel modo strano; perché non gli afferravano i capelli? Perché quel dottore, Taehyung, lo aveva guardato e gli aveva parlato in quel modo?

Faceva parte di una nuova terapia?

C'era qualcosa di familiare in quel viso armonioso e in quei capelli scuri lasciati ricadere sulla fronte; anche i suoi occhi erano così azzurri che non credeva di averli mai visti prima. Erano particolari, anche se non aveva alcun paragone per poterli definire. Azzurri come...forse la pillola del pomeriggio, quella che gli faceva venire gli occhi pesanti e gli spegneva la mente. 

Sì, erano azzurri come quella pillola, ed erano calmanti in egual modo.

Alla domanda che si era sentito porre Taehyung, fu come se avesse appena ricevuto la scossa perché sobbalzò appena e puntò gli occhi allargati su quelli inespressivi ma scrutatori dell'altro.

«Hai detto di chiamarti Gguk, giusto?», gli domandò allora, cercando di mettersi quantomeno seduto. 

Anche se, a giudicare dal tremore delle sue membra, non sembrava che il suo corpo fosse troppo disposto a collaborare. 

Vide Gguk annuire appena e scrutarlo, piegando appena il capo in un'espressione confusa. 

«Io sono Taehyung...mi conosci?»

Gguk scosse la testa, ma poi strinse appena le labbra. «Ho visto tanti dottori, ma tu sei nuovo, non è così? Mi sarei ricordato i tuoi occhi, altrimenti.»

La constatazione circa i suoi occhi spiazzò Taehyung ma lo convinse a tendersi verso Gguk con fare lento e rassicurante. «Non sono un dottore.» asserì, sfiorandogli la mano con la punta delle dita, notando come Gguk avesse appena abbassato lo sguardo su dove il suo tocco delicato era scorso.

Una strana sensazione lo pervase, così forte da portarlo a ritrarsi -per la prima volta- dal contatto e arricciare le sopracciglia. Nonostante Gguk avesse percepito la sua reazione come sconosciuta e troppo irruenta, agli occhi di Taehyung quel ritrarsi fu appena percettibile -almeno tanto quanto il suo cruccio.

Quei tocchi così delicati lo spaventavano, lo atterrivano, non erano ciò che conosceva. Cosa significavano? Gli lasciavano addosso strani sentori, la pelle quasi solleticava allo sfioramento, un calore anomalo gli si irradiava nel petto come se vi versassero sopra dell'acqua bollente -solo che quella cosa non faceva male.

«E allora cosa sei?» chiese, interdetto. 

Cosa poteva essere, se non un dottore?

Taehyung esitò per qualche istante, indeciso. Non poteva dirgli di essere suo marito visto che Gguk non sembrava nemmeno sapere chi fosse, per cui arricciò appena la labbra e ritirò la mano, stringendola in un pugno per il bisogno impellente di abbracciarlo senza che però potesse farlo. 

«Sono solo Taehyung, una persona che ti vuole bene e che, per questo, non ti farà mai niente di tutto quello che hai detto prima. Niente cinghie, niente dolore.» optò infine, facendo un sorriso accennato nella sua direzione.

Ancora una volta, ciò che stonò in quel volto apatico e privo di espressone fu l'arcuarsi accennato del sopracciglio; gli occhi continuavano ad essere vuoti e spenti, inanimati, anche se sembravano possedere una confusione tutta loro difficile da interpretare. 

Potevano, occhi spenti come quelli, tornare a brillare?

«Non vuoi farmi niente?» ribadì allora, con tono vagamente confuso.

Cosa significava che non voleva fargli nulla?

Perché non voleva fargli nulla?

Se voleva vivere doveva stare tranquillo ed attendere che venisse spostato in qualche stanza per adempiere ai suoi doveri; e se quello non era un dottore ma una persona, non sarebbero vissuti? Avrebbe smesso di vivere? 

Guardò Taehyung scuotere la testa con lenta fermezza e con espressione convinta -così tanto da farlo rimanere interdetto. Sentiva una strana sensazione proprio nel petto su cui fu costretto a portarsi una mano perché non capiva. Il suo cuore batteva veloce come quando il respiro gli mancava perché stringevano il suo collo troppo forte; come prima di perdere i sensi, come prima di essere stretto dalle mani più rudi di quelle di Taehyung. 

Era normale che il suo cuore battesse così velocemente senza aver prima ricevuto una percossa?

«No, non voglio farti nulla a parte aiutarti», scandì lentamente Taehyung, guardandolo dritto negli occhi, «Io sono qui per te, JK, Jungkook e Kookie. Sai di chi sto parlando, no?» gli chiese poco dopo, e quello annuì lentamente. 

Non li conosceva poi così tanto, a dire il vero.

La perplessità si riflesse nel suo sguardo e, infatti, a Taehyung sembrò che Gguk non fosse riuscito a cogliere cosa gli stesse dicendo. Fece per parlare ancora ma lo vide iniziare a battere le palpebre a rallentatore, in un ritmo lento e continuo che divenne sempre più pesante fino a che gli occhi non si chiusero del tutto e la fronte si aggrottò. 

Gguk portò le mani a coprirsi il viso ed attese qualche istante; istante che Taehyung passò a sentirsi uno stupido nel rimanersene lì a guardare il principe in attesa di un qualcosa -di cui persino lui non sapeva nulla. Ma anche se avesse voluto, non sapeva cos'altro avrebbe potuto fare visto che la testa gli girava peggio di una trottola e l'apprensione era tornata a prendere possesso della sua persona. 

Attese con il cuore in gola che l'altro rialzasse il viso dai suoi palmi e puntasse gli occhi nei suoi. Come si incontrarono, bastò il tempo di metterlo a fuoco per allargarli nuovamente e protendersi verso di lui senza neanche pensarci.

Il principe cadde sulla ginocchia e le braccia si avvolsero alla vita di Taehyung, in un abbraccio stretto che non ci pensò neanche un battito d'ali a ricambiare. Nonostante fosse confuso e sconvolto, portò una mano tra i capelli dell'altro e glieli carezzò dolcemente. 

Il petto del principe venne perforato da singhiozzi che, da leggeri, divennero sempre più alti e sonori, così tanto intensi da spezzargli il respiro ed inumidirgli la pelle del collo. 

«Taehyung—Tae, sei davvero tu.» pronunciò in un sussurro tirato e roco, stringendolo ancora più stretto. Taehyung prese un piccolo respiro e passò le mani sulla sua schiena, carezzandolo piano.

«Sì, sono io.», gli mormorò, non riuscendo a fare di più.

Avvertiva una così tanta voglia di piangere da sperare di poter congelare il tempo, isolarsi e lasciarsi andare ad un pianto liberatorio; in quel modo avrebbe potuto scaricare quella tensione emotiva capace di destabilizzarlo e di renderlo incapace di fronteggiare la situazione nel modo più giusto. 

Ma non poteva farlo, doveva resistere e stare a guardare come, per ogni volta che qualcosa si aggiustava, altre cento venivano disintegrate.

E cosa poteva fare lui, se non prendersi cura di ciò che rimaneva?

«Allora non eri un'allucinazione...sei tornato davvero.» mormorò contro la sua gola, e Taehyung annuì silenziosamente, lasciandogli però un bacio tra i capelli. Lasciò che le sue mani continuassero a vagare sulle sue spalle con carezze presenti ma non pressanti, sperando di potergli dare un po' di conforto.

Il principe si districò appena dall'abbraccio, giusto il tanto che bastava per potergli posare una mano sul viso e sfiorarlo con la punta delle dita; tremanti ma delicate quasi avesse paura sfumasse via, scandagliò il suo volto con occhi tornati a brillare come stelle nella notte. 

«Lo so che stamattina ti ho ferito, lo so che ti ho trattato da vero stronzo, ma non sono io—cioè lo sono ma allo stesso tempo no; non sono sempre consapevole di quello che accade, ogni mattina mi fanno una cazzo di puntura nel collo che mi stordisce.» spiegò JK con tono così velato di panico che Taehyung si stupì che non stesse andando nuovamente in iperventilazione. L'indice di JK si artigliò al colletto della camicia che indossava e lo abbassò il più possibile, piegando il capo per mostrare a Taehyung tutta una serie di punzecchiature che, bluastre, si diramavano sulla pelle d'alabastro. 

«Hai avuto un attacco di panico per colpa mia, ma—» il ciarlare continuo, sconnesso e ricco di panico di JK venne fermato dalla mano di Taehyung che, delicata, si posò sulle sue labbra. Fece il primo, vero sorriso a labbra incurvate verso l'altro e lo guardò con occhi dolci. 

Si specchiò nelle iridi scure ed accese da quella fiamma viva che amava, di quella luce di vita di chi non si vuole arrendere, di chi sa di farcela perché non si è da soli, di chi ha speranza, ed il suo sorriso si ampliò. 

«Mi sei mancato.» furono le uniche parole che lasciarono le labbra di Taehyung, portando la mano sulla guancia di JK per fargli una carezza e passare il pollice sullo zigomo, punteggiato dalle efelidi pallide e rade. Si allungò verso di lui e gli lasciò un bacio sulla fronte, chiudendo gli occhi e scacciando una lacrima che, vittoriosa, gli era scivolata lungo la guancia ma di cui era stato veloce nel cancellarne l'esistenza prima che l'altro potesse accorgersene. 

«Non pensare nemmeno che il mio attacco di panico possa essere stato colpa tua; niente di tutto questo lo è. Sono tornato, ed è questo ciò che conta, insieme alla promessa che non me ne andrò più.» gli bisbigliò contro la tempia, facendo un piccolo sorriso all'annuire leggero di JK.

«Non ti lascerei andare neanche se volessi farlo. Mi sei mancato, principessa.» mugugnò quello, abbracciandolo per il busto e posando il capo sul suo petto, dove il battito del cuore di Taehyung gli donava un nuovo senso di pace -il primo, dopo settimane.

Taehyung gli carezzò i capelli e strinse i denti, stentando a credere che quella fosse la loro nuova realtà. Ma se fino a quel momento era riuscito a mantenere una certa solidità ed una presa ferrea sulle sue emozioni, tutto il suo sgomento, la sua rabbia, la sua angoscia, la sua tristezza - insieme allo squarcio del suo petto- si amplificarono fino a rendere in brandelli i lasciti della sua speranza come, aiutando JK nello spogliarsi, li vide.

Ematomi purpurei dalle striature cianotiche e bluastre gli percorrevano orizzontalmente le cosce; una serie di scure e spesse lacerazioni borgogna tremendamente simili a quelle che solo delle cinghie strette potevano infierire attraversavano i suoi avambracci; alcune punzecchiature erano ben visibili nella piega interna del gomito e creavano macchie violacee dagli aloni giallastri; arrossamenti violacei gli costellavano il petto e la schiena -oltre ad un'indefinita serie di segni e macchie sul petto, polpacci e caviglie.

Non poté contenere il singulto -eco dell'arrestarsi del suo battito- che lasciò le sue labbra schiuse dall'orrore e su cui urla mute nacquero e morirono come soli al tramonto. Si vide costretto a reggersi saldamente al bordo della vasca per evitarsi un mancamento e deglutì a vuoto fin quando la carotide non prese a dolergli e le dita persero sensibilità. 

C'erano tanti modi per morire, ma morire internamente mentre ad attenderlo c'era una vita era forse una delle cose più ardue che Taehyung avesse fronteggiato prima. Ogni cicatrice, ogni ferita, ogni singhiozzo ed ogni dolore provato da JK gli si riversarono addosso come rivoli di lava bollente; bruciarono il suo petto e gli squarciarono i pensieri, rendendoli brandelli fiochi di quelli che, un tempo, erano stati i loro momenti felici. 

Un dolore sordo, radicato e annichilente gli si annidò al centro del petto, ferendolo così tanto da sentire le orecchie fischiare e la vista offuscarsi per quello che fu un battito di ciglia ma che, invece, aveva avuto l'effetto di una pugnalata. 

Tutto, ogni singolo lembo di pelle di JK conteneva un frammento di informazioni che, unite, narravano ciò che gli era accaduto in quelle settimane di lontananza e di silenzio; non erano necessarie le parole perché neanche quelle sarebbero state capaci di dare voce a quella straziante sensazione di vuoto che Taehyung sentì dentro. 

Rialzò il viso su JK e lo vide intento a scrutarlo con la preoccupazione di chi attende solamente un crollo e di chi è consapevole di cosa significassero gli sguardi di Taehyung rivolti al suo corpo. 

E nonostante Taehyung provasse quasi del dolore fisico nell'apprendere di non essere stato lì a salvarlo da tutti quei mostri che erano tornati nella vita di JK, cercò di ritrovare il frammento di anima più integro rimastogli dentro per aggrapparvici e stringerlo con tutta la forza rimastagli per non crollare. 

Il dolore non era mai qualcosa a cui si faceva l'abitudine, ma quando colpiva, donava la consapevolezza che non c'era null'altro da fare se non fronteggiarlo. Costringeva ad affrontare la realtà in modo diverso, costringeva a guardare le proprie paure e renderle punti di forza.

Costringeva a reagire.

«Cosa ti hanno fatto...» fu il sussurro che la sua anima straziata esalò, scandagliando con occhi sempre più sciolti in lacrime inespresse ciò che rimaneva dell'uomo che amava. La sua non era stata una vera e propria domanda, non era stata una richiesta e non pretendeva alcuna risposta, ma era solo un quesito volto al nulla perché nessun essere umano avrebbe mai sottoposto un uomo a quello.

«Non fanno così male.» aveva detto JK in un sussurro vuoto, sobbalzando improvvisamente al passaggio delle mani di Taehyung che, delicate come le ali di una farfalla, si erano posate sulla sua pelle offesa e deturpata sentendone la ruvidità direttamente sotto le dita. 

Taehyung si era comunque fatto forza, si era seduto su uno sgabello ed aveva carezzato il corpo di JK come se fosse un cristallo, lusingando con i gesti la pelle martoriata, cercando di sciogliere il nodo che aveva alla gola per ogni tremito, sobbalzo, sibilo o singulto emesso dall'altro, ed il ricordo di Kookie che gli raccontava di come a JK piacesse ascoltarlo canticchiare quando era triste, fece sì che le sue corde vocali vibrassero da sole. 

Un leggero motivetto riempì l'aria tra loro mentre le sue mani scorrevano sui trapezi di JK, mentre i pollici scivolavano lungo la sua nuca, mentre le dita si avvolgevano ai suoi bicipiti e arrivavano fino al polso, intrecciando le loro dita per qualche attimo nel processo. Lievi mormorii di apprezzamento si levarono dal principe nel sentire le dita di Taehyung insinuarsi tra i suoi capelli e massaggiargli la cute con lenti e delicati movimenti concentrici, portandolo a socchiudere gli occhi e lasciarsi andare a tocchi così tanto gentili da farlo sentire nuovamente capace di vivere. 

Vivo.

Tuttavia, i segni fisici, lasciti di trattamenti inumani e barbari, non erano gli unici effetti con cui Taehyung si era ritrovato a confrontarsi; le labbra di JK, improvvisamente, avevano ripreso a tremare, il volto ad impallidire e gli occhi a sgranarsi mentre rantoli riprendevano a risuonare tra le pareti strette del bagno. 

E per Taehyung non era stato così difficile rimettere insieme tutte quelle informazioni affinché un piccolo campanello risuonasse nella sua mente, legato ad un ricordo lontano e quasi sbiadito -che credeva perfino di aver dimenticato. 

Aveva già visto quei sintomi, su suo fratello Jin. Anni ed anni prima, senza alcun motivo apparente, gli era stato diagnosticato quello che avevano definito come disturbo post traumatico da stress che lo aveva portato a dover assumere delle pillole per lunghi periodi. Ricordava che, dopo appena due mesi di trattamento, Jin le aveva sospese perché troppo destabilizzanti e che, poco dopo, avesse iniziato ad accusare tremore, sudorazione fredda, vomito, nausea, perdita di coscienza e convulsioni.

Proprio come quelle che aveva avuto JK poco prima e dopo aver indossato gli abiti per dormire.

Taehyung lo aveva visto -letteralmente- crollare al suolo come un fantoccio a cui avevano tagliato i fili; il suo corpo aveva iniziato a mostrare spasmi nervosi, gli occhi si erano sgranati ed il respiro gli si era fatto corto e raschiante. Sembrava aver perso il controllo delle sue azioni mentre si dimenava, iniziando a tossire per la mancanza d'aria, e Taehyung era riuscito a placare l'episodio mettendolo su di un fianco e tenendogli la testa issata.

La causa di quei malesseri la trovò non appena alzò lo sguardo verso il comodino -a cui non aveva prestato attenzione prima ma dove decine di boccette dai tappi in sughero erano ordinatamente disposte su due file. Non le aveva mai viste prima, non conosceva nemmeno uno dei nomi scientifici apposti sulle etichette scritte con calligrafia disordinata ed illeggibile, ma era bastato rigirarsele tra le mani per trovarne la posologia. 

Sgranò gli occhi al quantitativo che gliene stessero somministrando ed adocchiò con preoccupazione la figura di JK, steso sul letto su cui, in quell'istante, si stava silenziosamente arrampicando, avvicinandosi a JK a labbra strette. Lo guardò prendere lenti e profondi respiri ad occhi chiusi ed espressione contratta ed allungò una mano verso di lui per sfiorargli il braccio con leggerezza, in una sorta di piccola carezza che -sperava- potesse aiutarlo ad alleviare la pressione che sentiva gravargli addosso.

«JK...» chiamò a voce bassa, ricevendo in risposta un mugugno. 

Passarono giusto pochi secondi prima che le palpebre di JK si riaprissero e gli occhi scuri si puntassero nei suoi, notandone l'atteggiamento teso e vagamente agitato. Taehyung, infatti, avrebbe preferito essere gettato in un burrone di vipere piuttosto che dare voce a ciò che avrebbe dovuto fare. Era consapevole che ciò che gli stava per dire avrebbe potuto avere un impatto non indifferente sull'altro, e avrebbe volentieri evitato di farlo -se solo avesse potuto.

«Che succede?» proruppe JK, la voce roca dovuta alla gola arsa. 

Taehyung prese un silenzioso respiro profondo e si schiarì la gola. 

«JK, devo dirti una cosa», iniziò, serio, «Ma prima, desidero che tenga a mente quanto io amo te ed amo voi nel vostro complesso; desidero che continui a credere che farei qualsiasi cosa per proteggervi o aiutarvi, in qualsiasi modo o circostanza. Era così dapprima che io partissi e continua ad essere così a tutt'oggi, ne sei consapevole, vero?»

JK arcuò un sopracciglio e si tolse il panno umido dalla fronte, osservandolo per un lungo istante. 

«Puoi ridirlo?» domandò invece, guadagnandosi da Taehyung uno sguardo confuso. 

«Poiché ciò che devo dirti ha un peso, desidero che tenga a mente che farei—» lo schiocco leggero della lingua di JK bloccò le sue parole e quello si issò su un gomito, tendendosi per spostargli qualche ciocca dalla fronte. 

«Quello me lo dirai dopo», lo interruppe JK, «Ripetilo. Prima che mi dica qualunque cosa che so che farà schifo almeno tanto quanto questa situazione, ridillo. Voglio sentirlo ancora prima che il resto faccia male.» gli disse con serietà, cercando nei suoi occhi cerulei illuminati dalla leggera luce dell'abatjour quelle parole che lo avevano colpito, stupito, abbracciato e gettato in uno stato di torpore tale da fargli sentire, almeno per quella volta, il cuore accelerare i battiti ed una scintilla riscaldargli il petto. 

Taehyung batté le palpebre per qualche attimo, interdetto, prima che gli angoli della bocca si sollevassero ed un guizzo di consapevolezza albeggiasse sul suo viso. Prese la mano di JK tra le proprie per permettere alle loro dita di intrecciarsi ed un moto di dolcezza lo investì. 

«Anche se speravo di dirtelo in un'altra occasione, ormai ho capito che le mie dichiarazioni avvengono sempre in momenti quantomeno intesi.» scherzò appena Taehyung, sentendo la presa della mano di JK stringersi alla sua. Sul volto provato di JK vi era un'aspettativa così dolce da sciogliergli il cuore. 

«Non ho bisogno di vedere il tuo ritratto per innamorarmi di te, JK. Perché io ti amo già», gli disse Taehyung, assaporandosi l'istante in cui sul volto di JK era apparsa un'espressione quasi imbarazzata  ma estremamente sorpresa- tanto da fargli schiudere le labbra- «Ed è proprio perché ti amo che sto per dirti una cosa che so quanto farà male ma che è necessaria. Se non lo fosse, non te la proporrei nemmeno.» finì, sorridendo appena verso JK che, dopo aver deglutito saliva inesistente, aveva preso un profondo respiro ad occhi chiusi. 

«Me lo ridici un'ultima volta?»

Taehyung gli protese in avanti in modo da potergli dare un bacio sulla tempia.

«Non sarà di certo l'ultima volta che te lo dirò, JK», gli mormorò dolcemente, «Ti amo.»

Le parole di Taehyung riecheggiarono nel cuore di JK, punteggiandolo di calde e confortanti sensazioni che non aveva mai sentito prima. Forse non si sarebbe dovuto stupire del loro impatto non indifferente sulla sua persona né di quanto fossero riuscite a lasciarlo quasi stordito dalla loro bellezza, ma non si aspettava che, un giorno, qualcuno avrebbe potuto amarlo. 

Qualcuno come Taehyung per giunta. 

No, non era nei suoi piani né nelle sue aspettative sul futuro amare ed essere amato, ma era contento di essersi sbagliato -almeno quella volta. 

Sapeva che c'era qualcos'altro che lo attendeva, perché sapeva che Taehyung avesse capito, per cui attese che quelle parole gli si radicassero dentro prima di prendere ad annuire lentamente, stringendo la presa sulla mano di Taehyung come se si stesse preparando all'impatto.

Perché per ogni magnifica sensazione di felicità, c'era sempre un rovo spinoso pronto ad attenderlo.  

Taehyung notò che, con quella luce, il volto del principe appariva ancora più devastato di quanto fosse apparso in precedenza, e tutta la leggerezza che lo aveva cullato pochi istanti prima sembrò dissiparsi come vapore, lasciando nuovamente il posto alla gravità della situazione in cui versavano.

«Quella di poco fa, insieme a quella che hai avuto nel corridoio prima che ti trovassi, sono delle crisi di astinenza da farmaci. So riconoscere una crisi di questo tipo perché anche Jin ne ha sofferto tanti e tanti anni fa, quando prendeva un quantitativo di pillole che, anche se non così ampio, erano comunque ad alto dosaggio», rivelò, stupendosi che la sua voce non si fosse incrinata allo sforzo di cacciare fuori quelle parole, «Chiunque le abbia prescritte, la loro posologia è troppo importante perché tu possa sospenderle da un giorno all'altro. Perché le hai sospese, non è così?»

Le supposizioni di Taehyung trovarono conferma nella mascella di JK che, alla loro menzione, si contrasse visibilmente. I sentimenti nei suoi occhi sembrarono solidificarsi e gelarsi, un velato astio e nervosismo tornò a fare da padrone nel suo sguardo e Taehyung gli strinse la mano che, all'improvviso, aveva cercato di divincolare per allontanarla. 

«Non ne ho bisogno. Ogni mattina ed ogni pomeriggio mi iniettano dentro della merda, non ho bisogno anche di quelle.» sibilò, lanciando un'occhiata ricolma d'odio verso il comodino. 

Taehyung si morse una guancia, non aspettandosi nulla di diverso dalla sua considerazione. Sapeva che quello fosse un argomento spinoso per il principe -e soprattutto per JK- il cui atteggiamento era tornato sulla difensiva e poco incline al ragionamento. 

«Lo so, ma se le stai assumendo da tempo non puoi sospenderle di netto; se lo fai, le crisi di astinenza continueranno ed i sintomi peggioreranno, per questo devi continuarle ad assumere e diminuire il dosaggio con il trascorrere dei giorni. E lo sai anche tu.» ragionò con pacatezza Taehyung, sobbalzando appena allo scatto della mano di JK che, libera dalla sua presa, si strinse in un pugno così stretto da fare sbiancare le nocche.

«Cazzo!» ringhiò JK, tirando un improvviso pugno sul materasso con la sola e straziante sensazione di voler urlare e distruggere tutto. 

Tutto; dalla stanza, al palazzo, ai suoi abitanti, alla sua vita. Avrebbe voluto porre fine a tutto, fare smettere al mondo di accanirsi contro di lui -contro di loro- per liberarsi da quell'inferno che, stavolta, non sembrava avere una via d'uscita.

Rifiutava qualsiasi cosa avesse a che fare con le pillole; detestava prenderle, odiava assumerle e vivere quella sorta di stordimento perenne. Lo avrebbero nuovamente portato a sentirsi confuso, a sentirsi quasi estraniato dal suo corpo e non voleva tornare a non riuscire nemmeno a distinguere le proprie emozioni a cui, a fatica, era riuscito a dare un nome. 

Ed un volto. 

«No.», pronunciò con fare perentorio, scuotendo violentemente la testa, «No.» ripeté, inflessibile.

«JK, per favore.» sussurrò Taehyung, allungando una mano verso di lui.

Sobbalzò come JK ritrasse la propria di scatto e gli rivolse uno sguardo furioso.

«Siete forse tutti in combutta per farmi uscire definitivamente di testa? È questo quello che state cercando di fare?! Porca troia!» gli ringhiò contro, afferrando un cuscino per lanciarlo lontano.

Taehyung sobbalzò alle sue parole e ricadde leggermente all'indietro, colpito -anche se non sorpreso- dal suo improvviso scatto d'ira. Lo guardò ad occhi sgranati scattare seduto e stringere convulsamente i pugni, mantenendo le spalle ricurve mentre la mascella gli si contraeva ritmicamente. JK si premette i pugni sulle tempie e Taehyung si apprestò immediatamente a scuotere velocemente la testa, negando con forza quella verità distorta.

«Certo che no! Non potrei mai fare una cosa del genere, ma le hai assunte per troppo tempo, non puoi sospenderle—»

«Io non le voglio! Non le vogliamo!», urlò improvvisamente JK, voltandosi con espressione contrita e rabbiosa, «Non ne abbiamo bisogno, non ne abbiamo mai avuto bisogno! Noi non siamo sbagliati.» sibilò, flettendo le gambe e trattenendo la testa tra le mani. 

Iniziò a dondolare su sé stesso con fare oscillatorio, in un modo che Taehyung non gli aveva mai visto fare ma che ebbe la capacità di fargli sanguinare il cuore ancora una volta. Le spalle dell'altro tremarono vistosamente ed una triste sinfonia di singhiozzi riprese ad inondargli le orecchie.

JK sembrava perso, distrutto, ed anche se Taehyung avrebbe tanto voluto trovare le parole giuste per aiutarlo, sentì solamente una lacrima silenziosa solcargli il viso. 

Triste e dolorosa, tracciò un sentiero salato sulla pelle mentre guardava, impotente, JK crollare ancora una volta ed arrendersi all'impossibilità di guarire. Sulle sue ferite ancora sanguinanti ne erano state create delle altre, forse ancora peggiori, rivelando che la fantomatica cura di cui tutti decantavano l'efficacia era peggiore del disturbo stesso.

Taehyung si protese verso di lui e gli sfiorò i capelli, in un silenzioso "non sei da solo" ma una presa salda gli strinse il polso e lo costrinse a sbilanciarsi in avanti.

Si ritrovò coinvolto, per la seconda volta in meno di tre ore, in un abbraccio stretto e di disperazione, così intriso di sofferenza da sentirla quasi penetrare nelle ossa.

Era riuscito a resistere per molto, ma le barriere che si era imposto vennero distrutte e silenziose lacrime scesero lungo le sue guance, lasciando che JK si abbandonasse totalmente prima di poter riprendere il controllo della sua persona. In modo doloroso, JK stava scaricando tutto ciò che era stato costretto ad accumulare, si stava lasciando finalmente cadere a pezzi  perché sapeva che, per la prima volta, c'era qualcuno disposto a raccoglierli. 

«Lo so, amore, lo so...mi dispiace. Mi dispiace tanto non esserti stato vicino, mi dispiace tanto. Non voglio zittirti, non voglio nemmeno—vorrei solo che non stessi così male, non voglio ti succeda nient'altro.» gli mormorò Taehyung, dandogli un bacio sulla tempia.

«Hanno sempre fatto così», gli rispose JK con tono esausto, rimanendo con il volto tenuto nell'incavo del suo collo, «Non so perché hanno rifatto tutto questo, ma hanno sempre agito per farci stare in silenzio. Non accettano il fatto che noi siamo parte di qualcun altro, non— io non posso permettere che feriscano ancora Jungkook o Kookie. Loro sono tutta la mia famiglia.»

Taehyung strizzò gli occhi, li serrò così forte da lasciare che la vista gli si puntinasse; altre lacrime erano scivolate sul suo viso arrivando fino al mento costringendolo a trattenere il respiro per non singhiozzare egli stesso. 

«Taehyung, non permettere che gli succeda niente. Non voglio che se ne vadano di nuovo.» gli disse infine JK, parlando con voce impastata ed attutita dalla sua pelle. Sentire JK preoccuparsi così tanto per il suo sistema era come udire una straziante melodia dalle note delicate in un momento di malinconia; eppure, nonostante la sua angoscia, le dita di Taehyung passarono dolcemente sulle sue spalle ricurve per fornirgli conforto.

«Non se ne andranno, non potranno mai andarsene perché faremo in modo che non accada. Io sono con te e sono qui per te. Non sarà come le altre volte, non siete da soli. Terrò un basso profilo in pubblico così da non dare alcuna possibilità al re o a nessun altro di mandarmi nuovamente via, faremo funzionare le cose in qualche modo, te lo prometto. So che è difficile, so che ti sto chiedendo tanto ma ti prego», gli sussurrò contro i capelli Taehyung, abbracciandolo stretto, «Non ti chiederei di prendere delle pillole se non fosse più che strettamente necessario. Ma questo lo è.»

Prese un profondo respiro e gli fece qualche altra coccola tra i capelli, attendendo che l'altro si convincesse delle sue parole. Passarono quelli che Taehyung interpretò come minuti quando, lentamente, lo sentì smuoversi tra le sue braccia, issando il capo con occhi grandi ed allargati.

«T-Tae?», sussurrò con incredulità, battendo velocemente le palpebre, «Tae! Oh dio, s-sei tornato!» esclamò con fare così contento e quasi felice che resero Taehyung instabile. Infatti, le labbra gli tremarono e le lacrime presero a sgorgare nuovamente dai suoi occhi quasi vitrei, costringendolo a tamponarsi le guance con la manica della camicia. 

«S-sono così contento di vederti. Finalmente s-sei tornato.» gli disse Jungkook, stringendolo un'altra volta in un abbraccio atto a conferma che, cielo, Taehyung era davvero tornato!

Sentendo le spalle di quest'ultimo tremare, Jungkook di distanziò appena e gli prese il viso tra le mani per farglielo rialzare, asciugandogli le guance umide e cacciando via le nuove lacrime appena sopraggiunte. «Koo, scusami—» cercò di dire Taehyung, tentando di arrestare il suo pianto che però non sembrava troppo intenzionato a smettere.

Jungkook arcuò le sopracciglia ed iniziò, via via che scorrevano i minuti, ad avvertire una serie di sensazioni che non riuscì da subito ad interpretare. Provava un indolenzimento generale che gli comportava uno strano senso di torpore e spossatezza; un senso di nausea gli faceva girare la testa, un dolore sordo agli arti lo portava a sentirli quasi pulsare. Inoltre, aveva la fastidiosa sensazione di avere un qualcosa di unto ad avvolgerlo, ma notò che sulle sue mani non vi era più alcuna traccia delle bende. 

Quanto era stato via? Per quanto tempo non aveva vissuto?

Strinse le labbra con fare pensieroso e si scoprì l'avambraccio, studiandosi per un lungo istante. Su quei profondi segni rossi e scuri che gli solcavano la pelle, Taehyung aveva applicato delle medicazioni che gli ungevano la pelle -simili a quelli che applicava lui sulla sua cicatrice- mentre alcune bende gli ricoprivano porzioni del braccio e del polso. 

Un deja-vu nuovo e mai sperimentato lo colpì; come un ricordo che veniva improvvisamente proiettato nella sua mente, seppe di averli già visti e qualcosa di simile ad un ricordo lo portò a spalancare gli occhi. Bastò quello per trovare innecessario chiedere a Taehyung perché stesse piangendo o cosa gli fosse successo. 

Evidentemente, la terapia era tornata. 

Il singhiozzo profondo di Taehyung attirò la sua attenzione e gli rivolse un'occhiata preoccupata. «Ti prego, Tae, n-non piangere. Passeranno in f-fretta.» supplicò con tono soffuso, spostandogli i capelli dal viso con fare dolce e premuroso.

Taehyung annuì e tirò su con il naso.

«Scusami, non volevo che mi trovassi così, s-solo che ero così contento di rivedervi. Non è passato un solo g-giorno in cui non vi abbia pensato e...», la voce si incrinò e fu costretto a deglutire pesantemente per continuare il discorso, «E appena torno scopro che vi hanno fatto del male—io non so cosa sia successo, ma JK sta male e non so come a-aiutarlo; avevate bisogno di me ed io non ci sono stato.» 

Jungkook guardò Taehyung tamponarsi le guance con i palmi e mordersi forte il labbro inferiore per evitare di farsi sopraffare dal pianto, ma il modo in cui stava parlando ed il rimorso che tinteggiava i suoi occhi quasi trasparenti era così esplicativo che si ritrovò a stringere le labbra e guardarsi intorno. 

Erano nella stanza di JK, e nonostante la fonte luminosa fosse troppo fioca per poter illuminare il tutto, vide quanto era diversa dal solito. Chiuse un attimo gli occhi e prese un profondo respiro, riaprendoli solamente non appena gli fu chiaro cosa dovesse fare. 

Carezzò la guancia di Taehyung e questo strofinò il naso contro il suo palmo, facendoglisi più vicino per prendergli l'altra mano e stringerla. 

«Non è colpa tua se non s-sei stato qui quando ne aveva più bisogno. A-anche io non so nemmeno da quanto tempo manco, ma so cosa è successo. Questi segni li riconosco anche se è s-stato di nuovo JK a viverlo», mugugnò appena, rigirandosi il braccio davanti al viso per studiarne le ferite, «N-non credo si possa immaginare q-quanto mi senta in colpa nei suoi confronti. Queste c-cose dovrebbero capitare a m-me, ma le vive lui. E' il mio protettore, vero, ma non è indistruttibile.» ragionò, tornando poi con gli occhi su Taehyung.

«La prima volta ha dovuto affrontare tutto da solo, ma non sarà da solo s-stavolta. Mi metterò i-io in contatto con lui, lo a-aiuterò ad alzarsi. Proprio come lui ha sempre fatto con me.» 

Jungkook glielo disse con fare pacato e fiducioso, ma Taehyung lo guardò con sguardo contrito.

«Gli ho detto che deve prendere le pillole, gliel'ho dovuto dire per forza perché avete delle crisi di astinenza da farmaci e mi sento un mostro per questo.» sussurrò poi con rimorso palese. 

Jungkook scosse la testa e gli avvolse un braccio attorno alla vita, lasciandogli un bacio sulla fronte. «Non dirlo. S-sei l'ultima persona che paragonerei a-ad un mostro su questa terra; io i mostri l-li ho conosciuti, e posso assicurarti che non coincidevano con il mio angelo.» gli fece un timido sorriso e le guance scarne gli si chiazzarono di un soffuso rosa.

Taehyung strisciò sul materasso e gli avvolse le braccia attorno al collo, stringendolo stretto. Lasciò che in quell'abbraccio si riversasse tutto ciò che aveva soppresso fino a quell'istante, lasciò che la mani gentili di Jungkook gli carezzassero la schiena e che lo confortassero silenziosamente mentre si ancorava, a sua volta, al pensiero di non essere solo.

«Mi dispiace averti salutato così, Koo», sussurrò Taehyung discostandosi appena da lui, coppandogli il viso con le mani, «Ma anche io sono davvero felice di rivederti. Cielo, non vedevo l'ora di tornare, mi sei mancato da morire—mi siete tutti mancati da morire.» gli mugugnò, sentendo nuovamente le lacrime inondargli gli occhi. 

Jungkook fece un sorriso a denti scoperti e si allungò per lasciargli un piccolo bacio su entrambi gli occhi. «Hai detto che devo prendere d-delle pillole, n-non è così?» chiese, ricevendo in risposta il mugugno di assenso di Taehyung che, ritrovata un po' della sua stabilità, prese un profondo respiro. 

«Sì. Sono otto.» proferì, lanciando un'occhiata alle sue spalle.

Jungkook strinse appena le labbra ma annuì. «Dalle a me, le prendo i-io.»

Taehyung sgranò gli occhi come vide Jungkook stendere il palmo davanti a loro; tremava appena ma aveva una determinazione così forte in viso che lo fece desistere dall'aggiungere altro. Afferrò una serie di ampolle e lasciò che alcune piccole pastiglie si posassero sulla sua mano, osservando di sottecchi Jungkook guardarle con espressione concentrata e con labbra strette. 

Sentiva una sorta di istintiva repulsione per quelle capsule colorate e neanche troppo piccole, ma era gestibile e prima che potesse ripensarci le ingoiò con un solo sorso d'acqua. Taehyung lo vide passarsi una mano tra i capelli e giocherellare nervosamente con le sue dita mentre, ad occhi bassi, attendeva che Taehyung ritornasse sul letto.

«Resti?» gli domandò poco dopo, arricciando il naso. 

Anche se nella sua vita aveva preso un considerevole numero di pillole, non se la sentiva di rimanere da solo. Oltre che per il malessere diffuso, anche perché desiderava poter stare con Taehyung quanto più gli era permesso. 

Quello gli sorrise appena e gli diede un bacio sulla punta del naso. «Certo che resto, non avevo intenzione di andare da nessuna parte. Fai sogni tranquilli, Koo, quando riaprirai gli occhi sarò ancora qui al tuo fianco.» gli mugugnò contro la tempia.

Le palpebre di Jungkook iniziarono a diventare sempre più pesanti, il suo parlare iniziò a scemare diventando un brusio soffuso che si spense come cadde profondamente addormentato. Abbracciato stretto a Taehyung, questo rimase ad occhi spalancati e cuore palpitante, non smettendo di carezzargli i capelli o le spalle per un istante.

Ma non si stupì nel constatare che, quella notte, il sonno non bussò alla sua porta.
























✁✁✁✁✁✁✁

NDA: Ma bentrovati ♡

L'appuntamento con la disperazione è tornato, puntuale, anche questo martedì. Contenti?  (•ө•)♡

BEH, capitolo intenso, distruttivo ed emotivamente deprimente. Sì, ne sono consapevole, infatti non è stato proprio semplicissimo scriverlo . (che novità, vero?)

Però qualche nota devo lasciarla:

-Lo stato in cui versa JK ed il suo atteggiamento non sempre congruente con il suo solito modo di fare/con la situazione -nonché la labile mancanza di attinenza tra i fatti- è del tutto voluto. E' un modo che ho utilizzato per palesare il suo stato di non propria coscienza che, spero, non abbia infastidito la lettura. Nel caso vi fosse risultata difficile da seguire, let me know e vedrò di sistemarlo quanto prima c:

-L'incontro con Gguk: il nuovo fagiolino di casa è tornato! Anche nel suo caso, ciò che dice e ciò che fa è strettamente collegato al suo personaggio ed anche se qualcosa risulta ridondante o completamente scoordinata dai discorsi, tra pochissimo capirete perché. 
Tuttavia, vi ho lasciato uno squarcio GRANDE QUANTO IL MONDO sui suoi pensieri, sulle sue emozioni e su quello che gli capita/è capitato. Per inciso, è stato JK a disegnare gli occhi, non Gguk. 
Badate ai paragoni che fa per le sensazioni che prova, perché quelli mi hanno fatto male male male.

Però, mi ha fatto una tenerezza stratosferica che voi non potete capire, e a chi interessa sapere il suo aspetto, sappiate che anche Gguk ha il proprio: è Jungkook con i capelli biondi ed ha un'età compresa tra i diciotto e i vent'anni^^ (non sempre gli alter hanno età definite come JK o Kookie).

-L'atteggiamento di Taehyung: ragazz*, io credo che sia stato l'aspetto più complicato da portare. Credetemi, riuscire ad immaginarmi la reazione di fronte a queste cose, nei suoi panni, mi ha portato a volermi tirare le testate contro il muro una volta sì e l'altra pure. Io davanti al pc like: ಠ_ಠ

Però gli ha detto "ti amo" CUORICINO DI CARAMELLO CHE NON E' ALTRO kefrzsfcndjze

-e poi Koo, il mio pulcino ༼ಢ_ಢ༽

L'avevo detto qualche capitolo fa, ma repetita iuvant: vi sorprenderà. Koo mi ha softata peggio di un cestino da picnic con dentro una marea di micetti con tanto di bolle di sapone intorno stile fairy.

Detto questo -ed appurata l'assoluta necessità di umiliarmi con le mie note autore cringe e sclerotiche- ci rileggiamo presto -spero. 

Love ya (e grazie).

Word count: 10847
Tears: 


Continue Reading

You'll Also Like

24.7K 1.5K 26
Park Jimin, erede al trono di Baia Salmastra, si ritrova, diciottenne, a far fronte alle difficoltà che gli pone davanti la maggiore età: imparare a...
66.9K 4.8K 33
tutto ciò che jungkook faceva era scrivere storie riguardanti personaggi immaginari, che in qualche modo divennero reali. [credits:@thighseok] Stato:...
109K 5.6K 20
La guerra è finita da tre anni ormai, e vengono trovate le ultime volontà di Andromeda e Remus. I due padrini designati per prendersi cura di Teddy s...
103K 6.2K 84
La famiglia Kim è stata vittima di numerosi scandali nel corso degli anni e lo sleale comportamento del bisnonno di Taehyung ha fatto sì che i reali...