Aria

By inaseaofstars

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COMPLETA "C'è bisogno di aria per vivere." Dopo sei anni lontana dalla sua città natale, qualcuno che si nasc... More

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Aria
Prologo
II - Villa Lawrence
III - Dolce e fragile Beth
IV - Camicie hawaiane e décolleté
V - Thanksgiving
VI - Saint Trude Long Beach
VII - Colazione a casa Lawrence
VIII - Festino in corridoio
IX - Tout commence à Paris
X - Vecchie questioni irrisolte e cuori infranti
XII - Che mangino brioche
XIII - Alcolizzata
XIV - L'auto del futuro
XV - Paris est toujours une bonne idée
XVI - Miss FBI
XVII - Ladra di Barbie
XVIII - È stata citata in giudizio
XIX - Dim e Ria
XX - Testimone a sorpresa
XXI - Assomigli ad un lampadario
XXI (parte 2) - Assomigli ad un lampadario
XXI (parte 3) - Assomigli ad un lampadario
XXII - Hakuna Matata
XXIII - Indovina chi viene a Natale?
XXIV - Paris m'a redonné une maison
XXV - Auguri agli sposi
XXVI - Pocahontas
XXVII - Ascoltami, ama chi vuoi
XXVIII - Ventidue passi
XXVIII (parte 2) - Ventidue passi
XXIX - Qual è il tuo Avengers preferito?
XXX - Anche meno, Dimitruccio
XXXI - A casa Lawrence non ci si annoia mai
XXXII - Rose bianche e girasoli
XXXIII - Casa
XXXIV - Non mischiare il cioccolato con il pistacchio
XXXV - Questo sì che è un matrimonio!
XXXVI - Niklaus
XXXVII - Un tranquillo venerdì sera
XXXVIII - Lo conoscete il detto, no?
XXXIX - Ritrovare e ritrovarsi
XL - Riparare non sostituire
XL (parte 2) - Riparare non sostituire
XLI - Parlami d'amore, Mariù
XLI (parte 2) - Parlami d'amore, Mariù
XLII - Rischio di essere romantico
XLIII - Two peas in a pod
XLIV - Conto alla rovescia
XLV - Tre ore
XLV (parte due) - Tre ore
XLVI - Solo una stupida scomessa
XLVII - La scelta dell'abito
XLVIII - Se qualcuno ti regalasse il mondo
XLIX - Houston, abbiamo un problema!
L - Tatiana e Sebastian
LI - Debolezze
LII - Le ultime volte
LII (parte 2) - Le ultime volte
LII (parte 3) - Le ultime volte
LIII - Indescrivibile, illimitato, indissolubile
LIV - Tramonto e alici fritte?
LV - Ti voglio bene, mamma
LVI - 25 agosto
LVII - Non addormentarti
LVIII - Lisa, Paul e Jannis
LIX - Elisa"beth"
LX - Gideon e James
LXI - Dimitri
Epilogo
Ringraziamenti
Capitolo extra - Il giorno zero
Novità

I - Bentornata a New York

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By inaseaofstars


L'eleganza è la sola bellezza che
non sfiorisce mai.

Colazione da Tiffany


Ciò che nella vita rimane, non sono i doni materiali, ma i ricordi dei momenti che hai vissuto e ti hanno fatto felice.

Così scriveva Alda Merini, la scrittrice preferita di sua madre.
Ancora ricordava quando da bambina le leggeva le sue poesie, anziché le fiabe della buona notte. Tra tutte quante, quella le era rimasta particolarmente impressa nella mente, ma le era bastato un solo attimo per trovare quella poesia - che aveva sempre amato - patetica, perché lei ormai, di ricordi ne aveva solo di tristi.

Era quello l'unico pensiero che riusciva a formulare mentre correva per le strade buie e desolate di Saint Breath.

Correva come una forsennata, come se non ci fosse un domani, come se non riuscisse più a vedere l'arrivo di quell'infinita maratona.

Non le restava più fiato nei polmoni, eppure lei continuava a correre, avrebbe fatto di tutto pur di mettersi in salvo.

Stava correndo senza neanche guardarsi una volta indietro, non voleva vedere tutto quello che si lasciava alle spalle.

Le gambe le facevano male, la testa le pesava incredibilmente e non sapeva più neanche lei come i suoi piedi fossero ancora in grado di correre, nonostante tutto il resto del suo corpo sembrava già privo di vita.

Era così che si sentiva. Priva di vita.

Nulla sembrava più avere senso.

Tutte le cose lì intorno - quelle stesse cose che era abituata a vedere da ormai sedici anni - all'improvviso le sembrarono estranee.

E forse l'unica cosa che desiderava in quel momento era sentirsi estranea anche dal suo corpo, da sé stessa.

Ma non era possibile.

Il dolore lo percepiva tutto.

In ogni parte del corpo.

E della mente.

Poi finalmente arrestò la corsa.

Lì davanti c'era casa sua.

Alzò lo sguardo su di essa ed ebbe di nuovo la stessa sensazione. Aveva per davvero vissuto lì per tutti quegli anni?

Un senso di disgusto partì dallo stomaco e arrivò fino alla gola. Si accovacciò con le ginocchia piegate a pochi centimetri da terra. Una fitta prese a torturarle il basso ventre mentre vomitava di tutto, persino l'anima.

«Mamma...» mormorò tra un conato e l'altro «Aiutami, per favore»

Ma si rese conto troppo tardi che sua madre non l'avrebbe potuta aiutare come quando da bambina le premeva una mano sulla fronte e le portava i capelli dietro la schiena per non farglieli sporcare.

«Papà, papà...» sussurrò con la gola in fiamme, mentre si voltava intorno.

Lo cercava tra i cespugli e tra gli alberi, come se stesse ancora giocando a nascondino con lei.

Ma si era nascosto proprio bene quella volta e non riusciva a trovarlo.

Vivere la vita, assomiglia a qualcosa di perfetto. Quelle erano state le ultime parole che sua madre le aveva rivolto, eppure in quel momento non c'era nient'altro che le facesse così schifo.

Le passò per la mente che forse delle volte era per davvero meglio mollare la presa - come aveva fatto suo padre. Era inutile cercare di non annegare, inalare fino all'ultimo respiro come se fosse il più grande regalo della vita - come, invece, aveva fatto sua madre - se alla fine si annega lo stesso ed ogni sforzo si rivela vano.

A cosa serve essere forti se la debolezza si insinua ogni qual volta ne ha la possibilità e ci fa solo desiderare di chiudere gli occhi, smettere di pensare, di camminare, di vivere e sopravvivere?

Aria l'aveva sempre saputo: a spegnere una candela basta solamente un soffio.

Ecco quanto è fragile la vita.


9 anni dopo
28 agosto 2023

La leggera pioggerella di quel pomeriggio di fine agosto si era trasformata in un acquazzone.

Le gocce andavano a posarsi violentemente contro le finestre dell'ufficio personale di Nicholas Lawrence, che nel frattempo noncurante di tutto quello che stava accadendo nel mondo esterno, se ne stava comodamente seduto sulla poltrona, con i piedi sulla scrivania davanti a lui, a leggere il giornale del giorno.

Le solite notizie di politica occupavano le prime pagine, ma lui le conosceva già a memoria, così chiuse gli occhi per un attimo e si massaggiò le tempie, e intorno a lui scomparve tutto. C'era solamente la pioggia e il suo fastidioso rumore.

Era stata una giornata stressante e non desiderava nient'altro che non fosse la notte, così da concedersi un po' di riposo.

«Signore, scusi...» Fred - il suo segretario - bussò alla porta e senza attendere una risposta, la spalancò «Ha una visita»

«Chi è?»

«Non lo so» girò il viso verso la donna che attendeva spazientita nell'altra stanza «Mi ha solo detto che ha urgenza di essere ricevuta, perché reduce da un lungo viaggio»

«Un lungo viaggio?» domandò retorico Nicholas «Me la descriva»

«È giovane, credo non superi neanche i trenta, alta, con i capelli neri»

Ma a Nicholas non servì altro, i piedi gli ricaddero sul pavimento con un tonfo e gli fece capire di farla entrare immediatamente.

Fred si fece da parte lasciando passare la donna, il rumore dei tacchi sul pavimento riecheggiò nella stanza e quella figura misteriosa fece il suo ingresso nell'ufficio.

«Bentornata» gli diede il benvenuto senza neanche guardarla, era girato di spalle e gli era bastato sentire il rumore dei suoi passi e il suo profumo per riconoscerla immediatamente.

«Credevo di ritrovarti sempre in quel buco di Saint Breath» furono quelle le prime parole che pronunciò dopo anni ed anni di silenzio.

Si guardò intorno con stupore. Un grande lampadario era appeso al soffitto - che sembrava essere stato dipinto da Michelangelo in persona.

«Non mi fai neanche accomodare?» i suoi occhi neri incontrarono finalmente quelli azzurri dell'uomo.

Nicholas le fece segno di sedersi sulla poltrona in velluto rossa difronte a lui, e nel mentre lei si aggiustava le leggere pieghe dei pantaloni, lui prese ad osservarla. I lunghi capelli neri le ricadevano leggeri sulle spalle incorniciando il suo viso, gli occhi leggermente allungati e le pupille nere come il carbone, le labbra un po' carnose, che si schiusero per un attimo come per fare un sospiro.

La sua mente quasi l'aveva dimenticata e rivederla dopo tutti quegli anni era un po' come conoscerla di nuovo per la prima volta.

«Perché sei qui?»

«Non ti scomodare a offrirmi da bere. Il tuo rum è arrivato fino in Europa, ho avuto modo di assaggiarlo e credimi che per levarmi quel saporaccio dalla bocca ci ho messo giorni»

«Perché sei qui?» le domandò di nuovo.

«Non so come tu abbia fatto a vendere così tanto rum, ma io non lo comprerei mai» ignorò di nuovo - e volontariamente - la domanda che le aveva posto.

«Te lo chiedo per l'ultima volta, perché sei qui?»

«Altrimenti che fai, Nicholas?» si sporse in avanti per guardarlo direttamente negli occhi «Se qualcuno ti chiedesse di scegliere tra essere l'uomo più ricco del mondo ed essere libero, tu cosa sceglieresti?»

Sembrava vivere in un mondo tutto suo.
I suoi movimenti meccanici, non avevano più niente di armonioso, non appartenevano più ad una bambina, era sicura di sé, stringeva le mani tra di loro in attesa di una risposta, perché sapeva di essere lei a detenere il potere in quella stanza, nonostante fosse la prima volta che ci metteva piede. Sapeva di avere le redini, sapeva perfettamente che quella conversazione pendeva dalle sue labbra.

«Ci stai pensando» afferrò un bicchiere con del gin «Prevedibile... ho sempre dubitato del tuo quoziente intellettivo»

«Se sei tornata solo per fare le tue solite battute del cazzo hai perso tempo»

«Un giorno lo chiesero anche a me. Mi dissero di scegliere tra essere la donna più ricca del mondo ed essere libera» libera dalla maledizione di questa famiglia, era quello che intendeva realmente «...io senza neanche pensarci scelsi la libertà, perché anche se può sembrarti impossibile, vale più di tutti i dollari presenti su questo maledetto pianeta» lo ignorò totalmente e continuò a parlare per i fatti suoi.

Più lei parlava e più lui si accorgeva di quanto fosse cambiata in tutti quegli anni: era diventata una vera e propria donna, quella che aveva sempre desiderato essere. Fece un conto veloce, avrebbe dovuto avere all'incirca venticinque anni e tra un paio di mesi ne avrebbe compiuti ventisei. Ricordava a memoria il giorno del suo compleanno perché era una delle tante cose che condividevano insieme prima.

La porta in vetro si aprì alle loro spalle e si zittirono entrambi, come intrappolati in un terribile e nostalgico dejavu.

Un ragazzo poco più che ventenne si diresse spedito verso la scrivania senza far caso a quella presenza estranea «Ti ho portato la cartella con i documenti che mi avevi chiesto ieri» gliela porse, ma Nicholas non l'afferrò, non lo guardò neanche e Jannis capì che c'era qualcos'altro di ben più importante ad occupargli i pensieri. Si girò alla sua sinistra e finalmente la vide, seduta lì sulla poltrona, con le braccia incrociate e l'espressione rilassata di chi si trova al bar per sorseggiare un semplice caffè.

Le parole gli morirono in gola e l'unica cosa che riuscì a pronunciare fu un'imprecazione che rimase comprensibile solo alle sue orecchie.

«Riunione di famiglia. Ora!» ordinò Nicholas mentre afferrava la cornetta del telefono accanto alla scrivania e componeva il numero del fratello, che un tempo conosceva a memoria «Gideon, devi subito venire qui» e riagganciò, senza dargli neanche il tempo di metabolizzare.

Jannis, come un segugio fedele solo al suo padrone, lasciò la stanza correndo ed eseguì l'ordine.

Le labbra rosse della donna si distesero in un leggero e furbo sorriso, che non si curò minimamente di nascondere.
Nicholas aveva sempre odiato quel lato di lei, aveva sempre odiato il suo sarcasmo tagliante e ancora di più odiava il fatto che fosse tutto ciò che lui aveva sempre desiderato essere.

«È per caso paura quella, Nicholas?» gli rivolse un altro sorriso di sfida, accorgendosi immediatamente del suo piede che tamburellava sul pavimento.

Lui l'aveva dimenticato. Poteva ingannare tutti, tranne quella donna seduta davanti a lui, lei avrebbe sempre capito tutto.

«Aria...» ritornò a pronunciare quel nome per la prima volta dopo anni «Non so perché tu sia tornata proprio ora, dopo tutti questi anni, ma so che porterai solo guai»

«Ti sbagli Nicholas, è questa maledetta famiglia che continua a perseguitarmi» si alzò dalla poltrona e si appoggiò alla scrivania, serrando i pugni contro il legno «Cosa credi che mi faccia piacere stare qui difronte a te a guardare la tua faccia di cazzo?»

L'uomo aprì la bocca, ma prima che le parole uscissero fuori, fu bloccato dal rumore della porta del suo ufficio. Sembrava essersi formata una fila là fuori, che attendeva solo di entrare perché una cosa del genere non si vedeva da anni.

Il primo a varcare l'ingresso di quel palcoscenico improvvisato fu Gideon «Cos'è successo Nick?»

La folta chioma nera di Aria si mosse, si voltò verso di lui e lo vide. Era cambiato parecchio, la barba era più evidente e cominciava ad avere i primi capelli bianchi, gli occhi azzurri però erano sempre gli stessi, il tempo non li aveva scalfiti per niente.

«Aria?»

E poi uno dopo l'altro si affacciarono incuriositi alla porta. Quel nome non rimbombava più tra quelle mura da anni, per questo forse era diventato così difficile per tutti loro ritornare a pronunciarlo. Erano solo cinque lettere, eppure sembrava suonare come una terribile condanna a morte, come il loro peggior incubo.

«Che ci fai qua?» urlò l'ultimo arrivato, un uomo sulla cinquantina dai tratti scuri e la carnagione leggermente abbronzata. Aveva una sigaretta in una mano e l'accendino con le sue iniziali incise in un'altra. Stretto in una delle sue tante camicie di alta sartoria respirava quasi a fatica.

«Paul! È un piacere anche per me»

L'uomo sbuffò contrariato e incredibilmente infastidito, poi guardò la moglie e gli accarezzò il braccio. Solo lui sapeva quanto aveva sofferto per colpa sua, e non avrebbe permesso più a nessuno di ridurla in quello stato, perché per tanto tempo aveva fatto fatica a riconoscerla.
Alzò lo sguardo sulla giovane donna difronte a lui e lo puntò dritto nei suoi occhi, cercando di impaurirla forse, nonostante sapesse benissimo che contro Aria avrebbe perso, perché tutti perdevano contro Aria.

«Parigi non era di tuo gradimento?»

«Ogni tanto bisogna cambiare aria, altrimenti si va incontro alla monotonia» e così dicendo lo zittì e si concentrò sul prossimo componente della famiglia «Gideon... continui ancora a prendere ordini da Nicholas?»

Gideon era il maggiore dei fratelli Lawrence, era lui il legittimo erede al trono, eppure per qualche strana ragione che mai nessuno era riuscito a comprendere pienamente quella sorte era toccata al secondogenito.

«Lasciala perdere» intervenne prontamente Nicholas, conoscendola fin troppo bene, sapendo quale fosse il suo scopo: provocarli.

«Lisa, ti vedo sciupata, tutto bene?» domandò, poi, ironica nel soffermarsi sulla donna dai leggeri boccoli biondi e gli occhi azzurri agghiaccianti che la scrutavano dal fondo della stanza impassibili ed inespressivi.

«E infine il più insignificante di tutti: Jannis. Cosa ti fanno fare? Pulire i cessi di questo posto?»

«Cosa vuoi Aria?» le urlò l'uomo alle sue spalle con talmente tanta rabbia repressa nella voce che nella stanza calò il silenzio più assoluto, ma lei non mosse un solo dito.

Voltò il viso verso di lui e lo fronteggiò senza alcuna paura «Devi darti una calmata, caro» si mise comoda sulla scrivania, incrociando le gambe «Sono qui solo per lavoro»

«E il tuo lavoro include venire a farci visita?»

«Mi sembrava carino passarvi a fare un saluto»

Lisa non resistette più e si liberò dalla presa del marito che la teneva stretta a sé per proteggerla, quasi come se volesse nasconderle la verità, tapparle le orecchie e gli occhi per evitare di farle vedere il viso di quell'arpia e sentire il terribile sibilo di quella vipera «E cosa ti aspettavi? Il ritorno del figliol prodigo?»

«Da voi non mi aspetto nulla»

«E allora qual è il vero motivo per cui sei qui?» Nicholas non si dava pace, gli era piombata addosso in una serata che per quanto infernale fosse, era piuttosto tranquilla prima del suo arrivo. E poi Fred l'aveva descritta, il rumore dei suoi inconfondibili passi gli aveva perforato i timpani e se l'era ritrovato davanti.

E solo in quel momento realizzò che forse quei nove anni in cui lei non c'era stata, in cui tutto era rimasto nei meandri più sotterranei della terra, in cui il silenzio l'aveva fatta da padrone rappresentavano solamente la quiete prima della tempesta.

«Considerando il fatto che hai così tanta voglia di passare del tempo con noi...» Nicholas si alzò e la affiancò «Da oggi ritorneremo tutti nella nostra vecchia casa a Saint Breath» e dopo quelle parole la stanza si svuotò tra i bisbiglìi vari e le espressioni confuse e turbate di chi non ci stava capendo più niente. Perché lei era tornata? E perché lui voleva ricomporre la famiglia perfetta?

«Lo so che c'è dell'altro, che nascondi qualcosa ed io lo scoprirò. Puoi starne certa» si girò verso di lei e rimase incatenato nella notte dei suoi occhi.

Quella donna era il suo punto debole e lui l'aveva sempre saputo, ma prima era abituato a vederla con occhi diversi.

Prima era la sua esatta metà, la sua complice, la sua migliore amica, la sua confidente, la sua spalla.

Era la sua casa, la sua costante, la sua persona.

Era sua sorella.

Ed in quel momento mentre la guardava a neanche un metro da lui, nei suoi occhi non ci vedeva più quella piccola Aria, la bambina che la mattina lo svegliava puntuale come un orologio svizzero, saltellando sul suo letto per fare colazione insieme con dei deliziosi pancakes.
Nei suoi occhi vedeva solo tanta rabbia, solo tanto odio intrappolato che cercava una via di scampo, un'uscita d'emergenza, pur di non morire.

«Sei pronta a ritornare a Saint Breath?»

Aria si allontanò immediatamente da lui, avviandosi verso l'uscita «È come chiedermi se sono pronta a morire per mano vostra» le sue pupille nere sembrarono quasi traforargli gli occhi azzurri «E sarebbe già la seconda volta»

Prima sarebbe riuscita a risvegliarsi da quell'incubo, prima sarebbe ritornata a respirare.

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