Let Me Get Lost In You [TaeKo...

Hananami77 tarafından

1.1M 62.5K 99.5K

''«Taehyung non può sposare il figlio di Jeon. Ho sentito troppe cose poco rassicuranti sul suo conto, non po... Daha Fazla

Personaggi+Introduzione
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[6]
[7]
[8]
[9]
[10]
[11]
[12]
[13]
[14]
[15]
[16]
[17]
[18]
[19]
[20]
[21]
[22]
[23]
[24]
[25]
[26]
[27]
[28]
[29]
[30]
[31]
[32]
[33]
[34]
[35]
[36]
[37]
[38]
[39]
[40]
[41]
[42]
[43]
[44]
[45]
[46]
[47]
[48]
[49]
[50]
[51]
[52]
[53]
[54]
[55]
[56]
[57]
[58]
[59]
[60]
#Special: [Biscotti in incognito]
[61]
[62]
[63]
[64]
[65]
[66]
[67]
[68]
[69]
[70]
[71]
[72]
[73]
[74]
[75]
[76]
[77]
[78]
[80]
[81]
[82]
[83]
[Special 3#] Buon compleanno, hyung!
[84]
[85]
[86]
[87]
~Epilogo~
LMGLIY - FAQ

[79]

10.5K 559 1.1K
Hananami77 tarafından

Come la carrozza si arrestò, Jungkook strinse la mascella e non si preoccupò nemmeno di spostare la tendina per accertarsi di essere appena arrivato davanti al suo palazzo, scocciato e internamente provato da ciò che la visione dello stesso gli avrebbe potuto provocare. Non era necessario farlo, comunque; ricordava con fin troppa minuzia ogni singolo anfratto che componeva la lunga e ripida scalinata d'ingresso -la stessa che aveva attraversato sua madre prima di andarsene e quella che lui aveva sceso di corsa per rincorrerla a perdifiato sperando si fermasse. 

Su quelle mura vi erano impresse così tante emozioni, ricordi e memorie che dimenticare il suo aspetto era impossibile, ma mai -mai- prima di quel momento le sue terre e la sua dimora gli erano sembrate così claustrofobiche. 

Soffocanti, in un certo senso. 

Erano spoglie, erano grigie, erano malinconiche. Poteva, un qualcosa di inanimato come un palazzo, emanare malinconia? Non ne era certo, ma non avrebbe saputo spiegare diversamente quella sensazione di opprimente angoscia che quelle mura gli gettavano addosso.

Proprio perché non conteneva nessuna delle emozioni che la vita gli aveva offerto nell'anno più strano, atipico e meraviglioso della sua vita, la voglia di scendere dalla carrozza per tornare a solcare quei pavimenti spogli e tetri non lo allettava e, anzi, aumentava il senso di repulsione per tutto quello che, almeno per una settimana, si era riuscito a lasciare alle spalle. Prima di conoscere Taehyung e di essere circondato da arte, colori e dipinti -oltre che si sorrisi, parole gentili e sguardi innamorati- non si era mai reso conto di quanto l'ambiente circostante giovasse -o gravasse- sul suo animo.

In quel frangente, quando si era ritrovato a discutere di quell'aspetto in una delle sue chiacchierate con Yoongi, questo lo aveva ascoltato in silenzio ed aveva riflettuto a lungo sulle sue considerazioni e su come fosse confuso al cambiamento della sua prospettiva. Il consigliere lo aveva lasciato parlare, mugugnando di tanto in tanto per fargli intendere di stare ascoltando e di aver compreso il punto di vista a cui Jungkook stava provando a dare voce. Aveva poi visto Yoongi assumere un'espressione comprensiva; lo aveva guardato per un lungo istante e poi aveva risolto il suo dubbio poco prima di andare via, dopo un'amichevole pacca sulla spalla.

"Se un fiore non riesce a sbocciare, ciò deve cambiare non è il fiore, ma l'ambiente in cui si sta cercando di farlo crescere."

Era stata una semplice frase, una metafora dal tono casuale ma che aveva riversato in Jungkook una consapevolezza che poche altre volte aveva sperimentato durante la sua intera esistenza. Tale sensazione era stata amplificata terribilmente vivendo immerso in turbini di colore e giornate rilassanti, e sentiva di aver finalmente compreso il motivo per cui JK amasse l'arte.

O perché amasse così tanto dipingere, perché passasse così tanto tempo ad ammirare i tramonti e le albe affacciato alla finestra della sua stanza o perché impiegasse ore del suo tempo a leggere libri illustrati. 

Per i colori. 

Quelle tinte rossastre, aranciate e dalle pallide quanto aggraziate striature color salmone, con quei tocchi dorati e brillanti sembravano promettere molta più pace e tranquillità di quei colori che, al contrario, li avevano sempre circondati. Nero antracite, grigio fumo, rosso rubino e bordeaux della tonalità più tetra trasudavano da ogni anfratto del palazzo; erano questi i colori che impregnavano gli ornamenti, le pareti e perfino gli arredamenti. 

Abbassò lo sguardo e osservò la fede al suo anulare brillare come la sua speranza di rivedere presto Taehyung; la sfiorò con l'indice senza pensarci, sentendo il cuore stringersi in una morsa sempre più stretta mentre lo sguardo si spostava automaticamente sul posto al suo fianco, solitamente occupato dall'altro e che adesso, invece, era vuoto.

Vuoto come la voragine che gli squarciava il petto e che aveva cercato di risanare durante quell'estenuante giornata di viaggio. 

Fatti forza, Jungkook. Andiamo, puoi farcela. si incitò da solo, sistemandosi nervosamente i capelli sulla fronte; lasciò scorrere le dita tra le ciocche corvine e le sistemò sperando di acconciarle in modo da non far intendere che, solo poche ore prima, se li stesse quasi strappando durante una delle sue crisi.

Lo sportello della carrozza cigolò appena come il cocchiere lo aprì e Jungkook annuì tra sé, alzando gli occhi verso il suo palazzo non appena l'aria fresca del mattino gli punse le guance e gli rinfrescò il viso. Le gote erano pallide ma le percepiva ardenti come braci, neanche dentro di lui ardesse una un fuoco pronto a divampare al minimo soffio.

Rilasciò un sospiro pesante a labbra schiuse; il respiro creò una piccola nuvoletta di vapore davanti al suo viso, mostrando il suo sincero poco entusiasmo nell'essere lì -non se la sentiva di chiamare quel luogo casa. Si rese conto di avere smesso di considerare quella dimora come casa da molto tempo, più di quanto ne avesse memoria, ad essere onesto; eppure, quella piccola fiammella di speranza era sempre rimasta lì, a brillare timidamente per alimentare il pensiero che poiché nulla rimaneva immutato, poteva esserci la remota possibilità che suo padre potesse decidersi ad abbandonare quell'arredamento tetro e soffocante come la sua persona in favore di colori ben più allegri ed accoglienti.

Accogliendo il progetto di rimodernamento del palazzo che aveva presentato Taehyung mesi e mesi prima, ad esempio. 

Gli si incresparono le labbra al ricordo dell'entusiasmo che aveva dimostrato quest'ultimo all'idea di poter cambiare il colore delle pareti o di poter dare sfogo al suo estro estetico per rendere il palazzo diverso e ridente. 

Jungkook stesso si era dimostrato felice di quella possibilità ed il suo mondo si era illuminato incredibilmente come Taehyung aveva poi citato la stanza che lui personalmente aveva fatto preparare per il suo arrivo, definendola come 'la mia stanza preferita, oltre che la più bella di tutte'. 

Fece per parlare, ma richiuse la bocca quasi immediatamente come si ricordò che non poteva dire a nessuno i suoi pensieri. A nessuno importavano, a nessuno serviva sapere cosa gli passasse per la testa e, a dirla tutta, custodiva gelosamente quei discorsi fatti con suo marito, tanto da non volerli condividere con nessun altro. 

Avrebbe pressato suo padre in modo da fargli accettare il progetto e avrebbe fatto a Taehyung quella sorpresa -anche per poter ricambiare il regalo di matrimonio che gli era stato fatto e che non aveva avuto il tempo di ringraziare a dovere. 

Sì, avrò più cose da raccontargli una volta che farà ritorno. mugugnò tra sé, anche se convincersene sembrava più facile a dirsi che a farsi. Arcuò leggermente le sopracciglia e le labbra si piegarono in una smorfia malinconica e infelice, guardando dietro di sé come se si aspettasse da un momento all'altro che Taehyung uscisse dalla carrozza per prendergli la mano e accompagnarlo dentro.

Arricciò il naso dal disappunto e rialzò gli occhi verso l'ingresso, rizzando le spalle di scatto. Aveva promesso a Taehyung e a sé stesso di non farsi scalfire da nulla e da nessuna situazione, ed aveva tutta l'intenzione di onorare tale promessa. Aveva fatto cose di cui ancora stentava nel riconoscerne la veridicità, e quella non era niente di più di un'altra sfida che era intenzionato a vincere. Aveva messo in conto di cedere, ma lo avrebbe fatto in silenzio; avrebbe nascosto i suoi mostri e li avrebbe affrontati nel buio della sua mente, ma non avrebbe più permesso agli altri di guardare oltre ciò che egli stesso rappresentava. 

Non più.

Qualcuno al suo fianco si schiarì la gola e Jungkook sembrò tornare alla realtà; spostò lo sguardo alla sua destra, sorridendo appena alla vista del volto sereno e dell'espressione tranquilla assunta da Yoongi che, a poca distanza da lui, aveva incrociato le braccia dietro la schiena e guardava nella sua direzione con fare fiducioso. 

«Principe Jungkook, non siate così malinconico. I temporali non durano per sempre.» gli disse quello con tono leggero, lasciando che le labbra gli si stirassero in un sorriso accennato ma sincero.

Jungkook annuì senza troppa convinzione e storse il muso. «Lo so. Non è tanto il temporale ad impensierirmi, quanto la frequenza con cui questo avviene.» 

Yoongi lo guardò con risolutezza e fece qualche passo verso di lui in modo da essergli più vicino e non dover alzare troppo la voce per potergli parlare. Non apprezzava particolarmente la tendenza dei membri della servitù di tendere l'orecchio per carpire qualche informazione da utilizzare nell'ennesimo pettegolezzo volto ad infittire quello spiccio chiacchiericcio -che fin troppo spesso si era ritrovato a dover zittire. 

«Non credo di poter affermare con certezza di sapere come vi sentite o cosa state provando in questo momento perché la mia situazione è diversa dalla vostra e, sotto certi punti di vista, più semplice. Ma ciò non significa che non possa comunque offrirvi il mio supporto e la mia compagnia, per come mi è possibile. Certo, non sono paragonabile a Taehyung, ovviamente, ma tengo a voi come se foste la mia famiglia, per cui...» gli disse con tono basso e soffuso, con una nota affettuosa che non stupì Jungkook ma che, come ogni volta, gli infuse un po' di contentezza. Il consigliere gli aveva sfiorato la spalla con fare confortante e lo aveva guardato con convinzione e con sincerità, a rimostranza che credeva fermamente nelle sue parole. 

Jungkook lo guardò con occhi colmi di gratitudine e il sorriso che spuntò sul viso del consigliere fu sufficiente a farlo spuntare anche a lui; le labbra gli si stirarono abbandonando la loro smorfia malinconica e fece un cenno di assenso. 

«Grazie, Yoongi. Non credo di riuscire ad immaginare la mia vita senza te al mio fianco, sai? Mi chiedo come abbia fatto mio padre a prendere due decisioni giuste nella vita.» commentò poi, scuotendo la testa. 

E lo pensava veramente. Quando non era intento a zittire la sua mente o a placare la sua ansia, rimaneva sinceramente sorpreso che suo padre fosse stato in grado di prendere due decisioni giuste per lui. Lo stupore proveniva da ciò che lo scorrere del tempo e l'evidenza degli avvenimenti gli aveva mostrato: suo padre teneva a lui tanto quanto teneva ad uno straccio, e dubitava che avesse trascorso giorni interi per scegliere il consigliere più giusto ed il consorte più adatto. 

Era stato facile per lui annuire in silenzio e sottostare alle richieste del re quando non aveva nessun buon motivo per fare diversamente -o senza che nessuno gli mostrasse che non bisognava solo soccombere per essere accettati. Era stato ancora più semplice trovarsi legato davanti agli uomini e davanti a Dio con un'altra persona, ma non era stato facile comprendere che il re avesse fatto tutto solo per facciata. Suo padre non credeva in lui, non credeva nelle sue capacità e continuava a dimostrarlo in ogni suo gesto ma, evidentemente, qualcuno lassù lo aveva a cuore ed aveva deciso di donargli Yoongi e Taehyung. 

Per ovvi motivi, era quest'ultimo colui che riusciva a rimetterlo in piedi, che lo capiva e che lo amava esattamente per com'era -e quello, tutto quello, era più che sufficiente per spingerlo ad uscire dal suo guscio di incertezze con un rinnovato desiderio di lottare.

Per cui aveva deciso di provare, di tentare di riappropriarsi delle proprie idee e della propria vita, e lo avrebbe fatto fino a quasi crollare ma con la tenacia del potersi guardare indietro e non pentirsi di nulla. 

Yoongi vide Jungkook assumere un'espressione seria e puntare lo sguardo fisso davanti la lunga e vuota scalinata; la determinazione spiccava sul suo volto inespressivo e neutrale, sorprendendolo quanto più per la fermezza che per l'effettivo portamento. 

Sapeva che Jungkook fosse una persona forte, con tante fragilità ma con un animo così limpido ed una voglia di rinascere così grande da potercela fare. Qualsiasi fosse stata la decisione che aveva preso in quell'istante di silenzio, Yoongi non poté fare a meno di gioirne. Era quasi rincuorante vedere Jungkook essere così fermo, così abituato alla felicità da capire cosa cambiare per poterla continuare ad assaporare. 

Fece un sorriso ed un passo indietro, portandosi a poca distanza da lui. «Onorato di essere al vostro servizio, principe. Dopo di voi.» rispose, indicando l'entrata con un cenno della mano.

Jungkook guardò un'ultima volta la fede al suo anulare e con fare istintivo se la portò alle labbra, baciandola leggermente. Si incamminò verso l'ingresso con passo lento e cadenzato, senza mostrare alcun tentennamento o alcuna inquietudine; le spalle ferme, la schiena dritta, il portamento fiero e gli occhi fissi sul percorso, dall'esterno nulla lasciava intendere il suo reale sgomento per quella nuova situazione. I suoi passi riecheggiavano in tonfi soffusi sul tappeto borgogna che ricopriva il percorso mentre Yoongi, a quattro passi di distanza, lo seguiva in silenzio lanciandogli però delle piccole occhiate. 

Quanto durerà questa merda? Per quale motivo dobbiamo andare a parlare con il re? Sei suo figlio, che cazzo, non un ospite. 

L'irritazione di JK esplose nella sua mente e gli fece bloccare il passo per un secondo. Batté velocemente le palpebre e riprese a camminare come se nulla fosse accaduto, trattenendosi dal commentare il fiume di parolacce che JK stava proferendo perché contrariato a quel primo dovere da principe.

Lo so, ma a prescindere se s-sono suo figlio o meno, è così che f-funziona. Ricordi, no? cercò di ragionare, ma JK schioccò la lingua sul palato e la spinse contro la guancia. 

Non mi piace che gli stia vicino. Non mi piace che ti parli, non mi piace lui. Fosse per me lo scaraventerei fuori dalla finestra senza neanche dargli la possibilità di parlare. Dice solo stronzate e non perde occasione per dimostrare la sua inettitudine. sbottò poi, sconcertato. 

Jungkook non si stupì più di tanto della reazione di JK; quest'ultimo aveva sempre mal sopportato il re, ed anche se aveva una moltitudine di piccoli ricordi a palesare il motivo per cui JK avesse ogni diritto per odiarlo dal profondo del suo cuore, Jungkook era a conoscenza di ciò che continuava ad alimentare l'astio del suo alter verso suo padre. 

Il non avergli creduto. 

Nonostante Jungkook sapesse -tramite i racconti di Hoseok e non per esperienza diretta- ciò che aveva fatto il re molti e molti anni prima, il motivo principale per cui JK non riusciva a stargli vicino riguardava, per la maggiore, il suo aver ignorato le sue richieste di aiuto quando era solo un ragazzino, così come non gli aveva mai perdonato di averlo umiliato e posto sotto inutile pressione per il suo balbettare. 

JK non sopportava la sua presenza e mal sopportava l'idea che Jungkook dovesse stargli vicino o a stretto contatto. Anche in tutti quegli anni di ostilità tra loro, JK aveva sempre tenuto Jungkook lontano dalla figura del re; lo aveva fatto in modo silenzioso e quasi impercettibile, tanto che Jungkook poteva contare sulla punta delle dita le volte in cui era riuscito a fare un discorso con suo padre dall'inizio alla fine senza mai dissociarsi con il suo protettore.

Allerta e irrequieto, Jungkook percepì la preoccupazione di JK crescere e si prese qualche istante per poter comprendere la situazione. 

Arrestò improvvisamente il suo passo in mezzo al corridoio e strinse le labbra; strizzo gli occhi portandosi le dita alle tempie e le mosse con fare circolare e lento, sentendo quel lieve mal di testa -tipico da dissociazione- in agguato. Poteva sentirlo come se lo stesse toccando, quel lieve sentore di essere risucchiato da una parte della sua mente, quel distaccarsi dalla realtà e dal suo corpo, quell'allontanarsi dal momento per addentrarsi nella sua mente. Percepì i suoni ovattati per qualche istante, distanti come se avvenissero a distanza di chilometri, i pensieri divennero disorganizzati e discordanti tra loro. 

Tutto quello stordimento, quella spossatezza e quella sensazione di fluttuazione nel vuoto era preludio di una sua dissociazione, che però non stava avvenendo come al solito.

«Jungkook, vi sentite bene?» domandò Yoongi, posandogli una mano sulla schiena ricurva con preoccupazione evidente. 

Lo guardò annuire leggermente e Jungkook aprì un occhio, cercando di mettere a fuoco la sua figura mentre sentiva di stare ritornando -almeno parzialmente- al presente. Yoongi lo fissò per un lungo istante, meditabondo. «Avete necessità di sedervi? Vi posso accompagnare nelle vostre stanze e avvertire il re che non vi sentite bene.» gli disse con prontezza, cercando poi con lo sguardo una sedia o un luogo dove far adagiare Jungkook. 

Quest'ultimo scosse la testa e deglutì sonoramente, battendo velocemente le palpebre seppur arricciando il naso per la fastidiosa sensazione. «No, va tutto bene. T-ti avverto già potrei non esserci io tra un po'...credo che Kookie sia impaziente di andare a colorare nella camera di JK. Vuole fare un disegno per Taehyung e non vede l'ora di poterlo f-fare.» spiegò brevemente, scrollando le spalle per scuotersi di dosso la pelle d'oca che gli era risalita sulla schiena. 

Il rischio di dissociarsi con Kookie quando ad attenderlo c'era suo padre ed il suo solito sguardo inquisitore non era un qualcosa che lo lasciava tranquillo -e a dirla tutta, non era nemmeno la cosa migliore che potesse capitargli. Sapeva quanto re Jeon detestasse la presenza di Kookie, ed era il motivo fondamentale per cui cercavano di farli venire a contatto il meno possibile. Ma non era lui a scegliere, non era colpa di nessuno se succedeva ed i meccanismi del suo cervello non sempre seguivano le regole o processi comprensibili ai più -neanche a sé stesso, a dirla tutta. 

Kookie, nonostante fosse stato in giro per gran parte della sua infanzia e quasi adolescenza, era sconosciuto praticamente a tutti. Solo pochi sapevano il suo nome, tutti lo chiamavano Jungkook e nessuno dei tre aveva sentito la necessità di rivelare all'intera servitù o equipe reale chi fosse 'il bambino' che spuntava di solito. Iniziare quella sorta di lenta dissociazione di cui non sapeva la conclusione né se si sarebbe mai conclusa lo preoccupava, e si ritrovò a stringere le labbra e a guardarsi intorno alla ricerca di una soluzione -che sapeva già non ci fosse. 

Vide Yoongi scrutarlo e rimanergli accanto senza sapere cosa fare e Jungkook scosse la testa perché no, non c'era proprio niente che potesse fare per salvare la situazione. «Non preoccuparti, Yoongi. Possiamo andare, sono sicuro che mio padre si stia già spazientendo...Solo che—», Jungkook arricciò il naso e gli fece cenno di avvicinarsi, in modo da poterglielo bisbigliare all'orecchio, «Kookie potrebbe venire fuori da un momento all'altro, p-per favore, non lasciarlo andare d-da solo in giro.»

Yoongi annuì e gli fece un sorriso, dandogli una piccola pacca sulla spalla. «Ci penserò io, lo porterò a colorare nella stanza di JK.» gli confermò. Nella voce bassa, una nota dolce ed affettuosa che fece rilassare le spalle a Jungkook e lo portò a fargli un cenno di assenso. 

Non dipendevano da qualcuno in senso stretto, ma sapere che ci fosse Yoongi a gettare un occhio su cosa facesse Kookie e vegliasse su di lui senza che si dimostrasse ostile, era una cosa che non guastava e che rendeva lui e JK vagamente più tranquilli; più di una volta Yoongi aveva salvato Kookie da situazioni scomode in cui, altrimenti, non si sarebbe potuto districare -e di questo Jungkook gliene era eternamente grato. 

Con la schiena dritta e gli occhi fissi davanti la porta della biblioteca, un membro della servitù fece un profondo inchino non appena lo vide arrestarsi a pochi passi di distanza dall'ingresso del luogo di incontro con re Jeon. Le porte si spalancarono e Jungkook sentì lo stomaco contorcersi spiacevolmente come l'odore pungente del dopobarba indossato dal re, insieme a quello di incenso, gli arrivarono alle narici con la stessa delicatezza di un pugno. Represse un'espressione di disgusto e, invece, deglutì a vuoto per sciogliere il nodo stretto alla gola; re Jeon era chino su una pergamena su cui stava facendo colare della ceralacca per apporre il timbro reale, e non sembrò curarsi troppo di coloro che avevano appena varcato la soglia della stanza.

Solo quando sia lui che Yoongi furono dentro la biblioteca e la porta venne richiusa silenziosamente, re Jeon alzò il viso verso di loro, spostando la sua attenzione dal preziosissimo anello con il sigillo reale a suo figlio, in piedi e a pochi metri di distanza dalla sua scrivania. Ne studiò il portamento, lo sguardo, l'espressione e l'atteggiamento, guardando i suoi occhi scuri rimanere fissi nei suoi senza abbassarsi come loro solito. 

Si adagiò con la schiena contro la poltrona e indugiò su suo figlio, cercando un qualcosa che lo potesse aiutare a comprendere chi fosse. Era la prima volta che non riusciva a capire se fosse realmente suo figlio o una sua copia mal riuscita, per cui piegò appena il capo di lato e alzò un sopracciglio. Non era il bambino ma non sembrava neanche troppo Jungkook, il che lo irritò oltremodo perché non era ciò che si supponeva dovesse accadere.

«Padre.» esordì Jungkook in segno di saluto, facendo il solito inchino che precedeva qualsiasi loro conversazione. Il tono fermo e deciso portò re Jeon a non reagire particolarmente; infatti, la sua espressione non mutò ad eccezione del suo sopracciglio, ancora portato in alto mentre guardava con fare interrogativo la discreta figura del consigliere. Yoongi, infatti, aveva cercato di rimanersene quanto più in disparte possibile, rimanendo vicino la porta e con la mani giunte dietro la schiena nella speranza che il re non lo mandasse via. 

Se lo avesse fatto, non avrebbe potuto obiettare e, di conseguenza, non avrebbe potuto onorare la promessa di portare via Kookie. 

«Jungkook, finalmente ci onori della tua presenza. Temevo ti fossi dimenticato che ad attenderti c'è un regno da portare avanti.»

Fu con quella frase che re Jeon esordì, invitandolo con gli occhi a tacere e prendere posto sulla poltrona di fronte la scrivania. Non potendo obiettare, Jungkook annuì e avanzò lentamente verso la seduta, sinceramente poco entusiasta all'idea di stare troppo vicino a suo padre; quegli occhi neri non lo avevano lasciato libero nemmeno per un attimo e come prese posto -certo che nessuno potesse vederlo- si passò le mani sulle cosce con fare nervoso. 

Essere studiato e scrutato in quel modo era qualcosa che mal sopportava e che riusciva a metterlo terribilmente a disagio senza neanche parlare. Cercò, invece, di rimanere saldamente concentrato sul suo obiettivo e si costrinse a focalizzare l'attenzione su ciò che doveva fare: ovvero, cercare di terminare quanto prima quella conversazione.

Ed uscirne, possibilmente, moralmente indenne. 

«Non l'ho dimenticato, padre. Ve lo assicuro», disse con tono risoluto e misurato, come se il disagio non gli stesse facendo attorcigliare le budella e mancare la voce, «Il congedo che mi è stato dato per poter partecipare alle nozze e all'incoronazione del nuovo re, Kim Seokjin, è stato di una sola settimana. Durante tale soggiorno ho stipulato diverse convenzioni e ho iniziato delle trattative commerciali con i regni confinanti.» chiarì, parlando lentamente e scandendo ogni parola. Sembrava tanto stesse leggendo un qualcosa di già pensato ma, in realtà, stava solo cercando di evitare di balbettare. 

Re Jeon emise un mugugno di assenso e gli fece cenno di continuare a parlare, anche se non sembrava troppo interessato a ciò che gli stava riferendo. Tuttavia, Jungkook si era preparato anche a quella evenienza, per cui non venne colto troppo di sorpresa. «Non ho abbandonato i miei doveri e sono tornato per riprendere ad attenzionare gli affari del regno. Stasera prenderò visione di tutti i documenti che devono essere sottoposti a revisione e farò in modo che vengano ultimati i progetti lasciati in sospeso prima della mia partenza. Vi assicuro che riuscirò a gestire tutto in appena due giorni.» 

Al termine del suo discorso, Jungkook si aspettava una risposta, una reazione, un pensiero o una parola; insomma, un qualcosa che gli facesse intendere che suo padre avesse compreso che non aveva dimenticato neanche per un istante i suoi doveri e che non avrebbe perso tempo nel rimettersi a lavoro come aveva sempre fatto. Certo, se ci fosse stato Kookie sarebbe stato un po' più complicato, ma ce l'avrebbe fatta come era riuscito a farcela tutte le altre volte. 

Tuttavia, il silenzio divenne pesante ed il rombare del suo cuore -che batteva rumorosamente contro la gabbia toracica facendogli quasi dolere il costato- era tutto quello che percepiva in quel momento di assordante mutismo in cui il re sembrava caduto. Il tempo, scandito solamente dai loro respiri e dal battere delle sue palpebre per comprendere cosa aspettasse il re a parlare, gli fece sentire un brivido lungo la schiena. 

Fu costretto a stringersi le mani da solo per evitare che queste tremassero troppo e sentì le mani sudare mentre cercava di non abbassare gli occhi e strisciare sul suo posto sotto lo sguardo permeante e inquisitore del re. Anche Yoongi, nella sua silenziosa discrezione, aveva permesso alle sue sopracciglia di arcuarsi appena e alla sua confusione di mostrarsi nel contrarsi dei suo viso.

Re Jeon era diverso, sotto un certo punto di vista. Non ricordava di aver mai visto il sovrano assumere quel tipo di atteggiamento con Jungkook e non serviva averlo vicino per percepirne il disagio e la difficoltà nel proseguire un discorso che sembrava essere morto prima ancora di essere nato. 

In quegli occhi ermetici e nel loro sinistro bagliore, Yoongi non vi lesse le stesse emozioni che vi erano un tempo. E non seppe definire se fosse una cosa positiva o meno, quella stretta allo stomaco conseguente a quel suo agire in modo così insolito.

Il re prese un respiro profondo ed incrociò le mani davanti il viso, spostando l'attenzione sui suoi anelli; Jungkook ringraziò mentalmente l'ossessione di suo padre per i gioielli e si permise di respirare, anche se non si era accorto di aver trattenuto il fiato per così tanto tempo. Le orecchie gli fischiavano e la gola era secca ed arida, ma cercò comunque di mantenere l'atteggiamento neutrale che si era imposto sin dal primo istante. 

Vide suo padre rialzare gli occhi con un guizzo di curiosità nello sguardo, piegò il capo di lato e strinse le palpebre.

 «Sei Jungkook?»

Jungkook per poco non sobbalzò alla domanda, pronunciata quasi con tono accusatorio e indagatore. Tuttavia, la confusione e la sorpresa provata furono tali da portarlo ad alzare le sopracciglia e guardarlo con espressione interdetta, chiedendogli tacitamente se avesse udito correttamente la domanda o se fosse stato vittima della sua immaginazione. 

«Come?» chiese difatti, sperando di ottenere una risposta un po' più chiara e anche meno...offensiva. 

Era suo padre, ed anche se il suo comportamento non era stato dei più esemplari, era comunque una persona a cui, anni prima, aveva voluto bene ed aveva stimato. Era con suo padre che aveva trascorso i pomeriggi estivi ad imparare come andare a cavallo, o come riuscire a tenere correttamente una spada tra le mani; come poteva, quindi, non saperlo riconoscere? Come poteva non riuscire a guardare oltre il suo disturbo? 

Perché non riusciva a farlo?

«Sei Jungkook o no? Ti ho fatto una domanda fin troppo semplice per non sapere come rispondere.» si spazientì il re, come se nient'altro avesse importanza. 

O come se non avesse troppo tempo da dedicargli. 

Jungkook aggrottò la fronte e storse il muso ma, nondimeno, annuì lentamente con un cenno del capo. «Certo che sono Jungkook. Posso chiedervi perché mi ponete questa domanda?» domandò subito dopo, guardando suo padre assumere un'espressione assorta e pensierosa senza alcun motivo. Sembrava stentasse a credere che fosse davvero lui...?

«Cosa è cambiato in questa settimana? Forse è successo qualcosa di cui non sono stato informato? Non ho memoria di un momento in cui tu sia mai riuscito a fare un discorso senza balbettare o rendere poco chiaro perfino il tuo nome.»

Ricevuta quella sorta di amara accusa tenuta velatamente camuffata dietro un tono curioso, Jungkook si mosse leggermente sul suo posto ed un senso di amarezza sembrò pervadergli la lingua. Nonostante il disagio che stava provando fosse preponderante e quasi asfissiante, non riuscì a sovrastare il suo disappunto circa il rimarcare del suo difetto di pronuncia. Suo padre sapeva il motivo del suo balbettio, sapeva perfettamente tutte le motivazioni che lo avevano portato ad essere quello che era e non ciò che avrebbe dovuto, sapeva e si cibava delle sue debolezze solo per farlo cadere. 

Per mostrargli quanto fosse fragile, quanto si dovesse vergognare delle sue cicatrici e delle sue ferite, per vanificare i suoi sforzi di mostrarsi finalmente per quello che era, per non guardare quanto avesse fallito come padre e come re. 

«Padre, sono sempre stato i-io. Non è cambiato nulla, stentate perfino a riconoscermi?»

Si morse la lingua per aver balbettato e lo guardò genuinamente confuso e ferito. Negli occhi di Jungkook, infatti, il rammarico prese il posto della confusione e più osservava suo padre scuotere la testa con un sorriso di scherno sulle labbra, più desiderava non essere mai ritornato a palazzo. 

«Mi riferivo proprio a questo. Adesso ti riconosco.» Il commento lasciato da suo padre lo scosse; come se avesse preso la corrente, gli fu chiaro che l'unica cosa che vedeva in lui non fosse altro che una specie di copia deformata di chi voleva fosse; per tutto quel tempo, Jungkook aveva guardato dritto il suo percorso, più intento a farsi accettare e nascondersi piuttosto che a soffermarsi su quanto fosse tutto superficiale. Gli sembrava di non aver mai guardato la realtà e di, al contrario, averla sempre evitata o, addirittura, scacciata. 

E gli bastava sentire quanto facesse male per poterne comprendere il motivo. 

Non seppe spiegarselo, ma gli sembrò come se i paraocchi gli fossero stati tolti e avesse finalmente avuto la possibilità di guardarsi intorno. I suoi occhi non erano più colmi di speranze e non erano pieni di incertezze; gli stavano mostrando ciò che era giusto vedere, ciò che era necessario affrontare per andare avanti e gli stavano fornendo l'occasione di vedere una realtà ben diversa da ciò che aveva visto per tutta la sua vita.

Aveva desiderato per tutta la sua intera esistenza di somigliare al sovrano; aveva preso suo padre come modello di regnante capace e abile, come colui in grado di gestire la più temibile e disperata delle situazioni ed uscirne comunque vincitore, e invece, in quel preciso istante, incarnava tutto ciò che Jungkook non voleva essere. 

Quella di suo padre poteva essere considerata una sorta di involuzione, un arretrare all'andare avanti del tempo, un regredire di ragioni, pensieri e gesti fino a perdersi negli abissi della sua stessa utopia. Perché non poteva essere altro che folle utopia quella che guidava i pensieri di re Jeon, che si riversava nelle sue parole e nelle sue scelte sotto forma di folle e malsana pretesa di poter controllare almeno Jungkook. O meglio, una parte di Jungkook, quella a cui ambiva, quella che gli dimostrava quanto avesse fallito come padre ma vinto come re. 

Re Jeon voleva JK, ma non perché gli importasse, ma per l'idea che si era fatto di lui. 

Lo so che fa male, Jungkook. Mi dispiace.

Le mani di Jungkook tremarono per il nervoso e la collera; quest'ultima emozione era tanto nuova quanto sconosciuta alla sua persona, perché non ricordava di aver mai provato tanto risentimento subitaneo e incontrollato che lo spingesse a stringere le mani in due pugni stretti. 

«M-mi riconosci? Adesso mi riconosci?! Solo perché balbetto? Perché non mi avete riconosciuto anche quando studiavo fino a notte fonda? Perché non mi avete riconosciuto q-quando vi supplicavo di salvarmi da August? Perché g-guardate sempre a ciò che non posso fare e non tutto quello che ho fatto e che continuo a fare nonostante tutto?» sibilò con le sopracciglia arricciate e la fronte corrugata. 

Re Jeon non nascose la sorpresa dell'atteggiamento di suo figlio; lo guardò con costernazione e piegò il capo di lato con un sopracciglio verso l'alto, studiando la posa rigida e rabbiosa di Jungkook per un lungo ed intenso minuto.

Perfino Yoongi, in fondo alla stanza, rimase sorpreso dall'atteggiamento tenuto da Jungkook, e se l'orgoglio era sbocciato nel suo petto nell'esatto momento in cui lo aveva sentito reagire e far valere la sua persona, aveva poi obbligato le sue labbra a stringersi per non intervenire. 

Quanto sarebbe costato a Jungkook quell'obiezione e presa di posizione?

Una risata secca, amara e senza alcuna traccia di divertimento si librò tra di loro come un basso ghignare e Jungkook strinse la mascella. La strinse così tanto che la sentì indolenzirsi, ma non se ne preoccupò più di tanto perché aveva altro -di ben più importante- di cui occuparsi. 

La delusione era una di queste.

«Cosa avrei dovuto riconoscerti, Jungkook? L'aver adempiuto ai tuoi doveri in quanto futuro regnante? Non hai fatto nulla di diverso da ciò che un principe primo in linea di successione fa. Studiare e sperare di essere preparato abbastanza per quando arriverà il momento di regnare, ecco cosa fanno tutti i principi, senza alcun favoritismo di sorta circa i tutori assegnati», gli rispose con voce pacata, anche se negli occhi scuri lampeggiava la furia più cieca, «Credi di aver fatto qualcosa di diverso da me o da chiunque altro? Non ho passato la mia infanzia a giocare a palla, ancor meno a scribacchiare su dei dannati fogli per intere giornate! Anche io ho studiato proprio come te, per cui non ho alcun merito da doverti riconoscere.» sibilò a sua volta, stringendo gli occhi in due fessure. 

Jungkook, vai via. Andiamocene pronunciò seriamente JK, non apprezzando la svolta che stava prendendo il discorso. 

Tuttavia, Jungkook guardò suo padre con sgomento e sbigottimento. «Vi sbagliate. Sicuramente tutti i principi degli altri regni hanno studiato e si sono impegnati, ma n-nessuno di loro riceveva visite notturne dal suo tutore.» pronunciò, stringendo ancora di più i pugni. Le unghie si conficcarono nella stoffa sottile delle bende e la mascella si serrò, sentendo ritornare su di sé il peso di quelle notti, di quegli abusi e di quelle ore spese a cercare di sopravvivere. 

Jungkook, non continuare. Ti farai solo del male. Per favore, ascoltami. Ignorò il suggerimento -anche se supplica era il termine più corretto- di JK e deglutì silenziosamente mentre le narici gli si allargavano appena per il nervoso e la rabbia. 

«Io non sono nato così!», sbottò, all'improvviso, «I-io non sono nato balbettando, non sono nato diverso, ed ho creduto che tutto ciò che sono riuscito a fare, tutte le dimostrazioni che ho f-fornito a te e alla corte bastassero per farmi apprezzare per c-come sono e per convincervi che io sono proprio come tutti», tuttavia, il suo tono cominciò a spegnersi ed affievolirsi, portandolo a scuotere lentamente la testa e ad abbassare gli occhi sui suoi pugni chiusi, «Ma a quanto pare mi sbagliavo.»

Quest'ultima frase l'aveva appena mormorata, in quanto la rabbia che provava verso re si spostò su sé stesso. Aveva permesso al suo disturbo di identificarlo, aveva permesso agli altri di definire chi fosse ed aveva trascorso più tempo a cercare di compiacere una persona vuota come lo era suo padre che ad apprezzare sé stesso e le sue caratteristiche.

Tutto era cambiato, e Jungkook si ritrovò a chiedersi perché fosse tutto così tanto diverso, perché suo padre era cambiato quello stesso giorno in cui sua madre gli aveva voltato le spalle, perché avesse smesso di amarlo come figlio. 

Le lacrime che gli avevano offuscato la vista rimasero nascoste e non si mostrarono, anche se la vista acquosa rendeva i contorni di ciò che aveva davanti tremolanti ed indistinguibili. Se fosse stato da solo, si sarebbe portato una mano sul petto per quanto dolore stava sentendo, ma si costrinse a rimanersene immobile e in silenzio, con le labbra strette in una linea sottile e dura. 

Cooky, le persone non cambiano, rivelano semplicemente chi sono. L'andare via di tua madre ha solamente accelerato il processo, ma è questo ciò che è sempre stato tuo padre. Non farti cullare dal ricordo di tutte le volte che ti ha sorriso o che ti ha aiutato, perché non è quello il suo vero aspetto; il tempo mostra solamente ciò che gli istanti celano. 

Il tono soffuso di JK gli arrivò dritto al cuore e gli fece tremare appena le mani. Non s-so neanche io a cosa credere, JK. Vorrei solamente non essere mai t-tornato. 

Yoongi guardò con allarme evidente le spalle di Jungkook piegarsi appena e la testa rimanere bassa mentre manteneva lo sguardo rigorosamente incollato al pavimento; quella visione fu troppo da sopportare in silenzio, per cui incrociò le dita dietro la schiena e si preparò a fare la sua mossa.

Fece qualche passo avanti e si schiarì la voce, facendo un piccolo inchino. «Perdonate il mio intervento, Vostra Maestà, ma mi duole ricordare al principe Jungkook dell'incontro che avverrà a minuti con gli architetti per la riparazione degli impianti di irrigazione delle risaie.» mentì Yoongi, dicendo la prima cosa che gli era passata per la mente.

Gli occhi di re Jeon scattarono nei suoi senza alcuna espressione. «Non se ne occupa Taehyung di queste robe inutili?»

Yoongi non gradì particolarmente la risposta ma, poiché non gradiva le risposte di -quasi letteralmente- tutta la nobiltà con cui si rapportava giornalmente, rimase impassibile. «Sì, ma Taehyung è stato esiliato da palazzo per un mese, Vostra Maestà. Come da vostre disposizioni.» proferì con tono risoluto. 

Il re si pizzicò il ponte del naso con le dita, strizzando gli occhi per massaggiarsi poi le palpebre con movimenti lenti. «Con tutto quello di cui ci si dovrebbe occupare, ci si mettono di mezzo anche queste fesserie», sbottò con tono contrariato, «E sia. Prima vi liberate da questi impegni inutili e prima Jungkook tornerà ai suoi oneri. Magari tornerà a ricordarsi di essere un futuro re ma che il sovrano sono ancora io.» scandì infine. 

Jungkook annuì semplicemente e scattò in piedi, facendo un profondo inchino prima di andare verso la porta con fare velatamente urgente; prima che potessero chiudersi la porta alle spalle, Yoongi sentì il re richiamarlo con fare imperioso. 

«Dopo che gli impegni di Jungkook saranno terminati, vi voglio nel mio studio. Ho degli affari da affidarvi.»

Yoongi fece un cenno d'intesa e, dopo essersi prostrato in segno di rispetto, si richiuse la porta alle spalle. Si guardò intorno e vide il principe poggiato alla parete di fianco la porta intento a guardarsi intorno con le guance gonfie ed un broncio pronunciato. Sembrava scocciato e sbuffò sonoramente, mugugnando qualcosa tra sé senza però dirlo ad alta voce. 

Come sentì i passi leggeri del consigliere, il principe voltò immediatamente il capo e gli andò vicino. «E' s-sempre c-così noioso! N-non sorride mai, s-sembra proprio u-una m-m—mummia.»  brontolò quello, arricciando il naso per il fastidio. 

Bastò poco perché lo sguardo vagante di Kookie si fermasse e gli occhi gli si allargassero a dismisura; il labbro inferiore sporse ancora una volta ed il mento si corrugò, voltandosi poi verso Yoongi con occhi larghi e lucidi. 

«Taetae n-non torna p-presto, vero?» sussurrò con vocina sottile, deglutendo appena perché sentiva la gola incredibilmente stretta.

Yoongi gli si avvicinò e gli scompigliò appena i capelli, sorridendogli affabilmente mentre negava con la testa. «Taetae tornerà prestissimo, te lo prometto. Nel frattempo, però, un uccellino mi ha detto che vuoi fargli un disegno di bentornato...o sbaglio?» gli disse con fare complice, sorridendo apertamente come Kookie prima storse il muso e poi annuì. 

«Q-Questi u-uccellini p-parlano sempre t-troppo!» esclamò, facendo ridacchiare sommessamente Yoongi. 

«Però hanno detto la verità! Puoi fargliene tantissimi, così potrai mostrarglieli tutti non appena Taetae sarà di ritorno.» suggerì, e Kookie mugugnò un assenso, sospirando profondamente. 

«N-non è proprio la stessa c-cosa, m-ma...», Kookie lo guardò con occhi grandi e un timido rossore sulle guance, «Yoo aiuta K-Kookie a d-disegnare?»

«Certo che sì! Veni—vieni, andiamo.» gli rispose il consigliere con fare caloroso, tendendogli la mano. Kookie la afferrò e la strinse da bravo bambino quale si sentiva di essere, lasciandosi portare in giro da Yoongi senza protestare né fare i capricci; Jché gli raccomandava sempre di fare il bravo e di stare attento, e poi lo aveva perfino promesso a Taetae.

Non appena furono in prossimità della camera di JK, per Kookie contenere l'entusiasmo fu praticamente impossibile. Iniziò a saltellare alle spalle di Yoongi mentre quello gli lanciava un'occhiata divertita. 

«Woah! Q-quindi disegneremo n-nella camera d-del mio hyung?! Potrò usare i s-suoi c-colori?!» trillò, ritrovando quel sorriso ampio e solare che lo caratterizzava. 

Aveva sempre amato la camera di Jché, molto più di quanto amasse la propria. Nonostante la sua fosse grande e piena di peluche e giochi di ogni tipo, li trovava noiosi e poco divertenti visto che non aveva mai nessuno con cui giocarci. Però quella di Jché era più bella per una moltitudine di aspetti: era grande, colorata, spaziosa e trovava sempre tantissimi fogli sparsi sul tavolino su cui poter disegnare e scrivere. 

L'ultima volta che era stato nella sua stanza si era divertito un mondo a colorare i disegni fatti da JK appositamente per lui; li aveva colorati tutti e li aveva conservati poi nel cassetto che conteneva tutte le sue opere d'arte. Solo che il suo hyung non aveva calcolato quanto fosse veloce nel colorare per cui, finiti i suoi disegni, aveva scarabocchiato uno degli schizzi lasciati in giro dall'altro.

Si era preso una strigliata con i fiocchi quando Jché lo aveva scoperto, però poi il suo hyung lo aveva appeso nella sua camera quindi non si era arrabbiato poi molto, no?

Come Yoongi aprì la porta della camera di JK, Kookie corse dentro superandolo e si inginocchiò davanti il tavolino; strattonò i bottoni di quell'ingombrante giacca che gli stringeva le spalle e la gettò di lato, portandosi poi le mani sulla cintura per toglierla e lasciarlo libero di tirare fuori la camicia così che gli pendesse senza tirare. Ne arrotolò le maniche fino al gomito e si tese per poter afferrare alcuni fogli bianchi, mettendoli uno di fianco all'altro mentre scrutava le penne e le matite posate sul tavolino con occhi attenti e pensosi. 

Yoongi lo vide sedersi a gambe incrociate sul pavimento e sorrise tra sé, richiudendosi la porta alle spalle per poi prendere posto su una delle poltrone site vicino la finestra; guardò con profondo e sincero affetto l'espressione di Kookie incurvarsi in una smorfia concentrata, e lo era così tanto che le sopracciglia erano arcuate, la lingua passava lentamente sul labbro inferiore tenuto vagamente sporgente ed il mento era corrucciato per lo sforzo di disegnare bene.

Lui e Kookie non erano mai stati troppo a contatto; quest'ultimo era comparso poche volte in sua presenza ma, soprattutto durante le sue prime apparizioni, Kookie se ne stava in un mondo tutto suo. Yoongi lo trovava sempre nello stallo di Furia, la schiena poggiata contro le balle di fieno ed una trottola che faceva girare davanti gli zoccoli dell'animale. Il suo ridacchiare sommesso era udibile ancora prima di entrare nella stalla, e faceva presupporre che stesse facendo la cosa più divertente del mondo. 

La prima volta che si erano davvero presentati -quindi senza che Kookie corresse via per poi lasciare spazio a Jungkook o JK- era avvenuto quando aveva trovato il principe intento a frugare nella dispensa per trovare qualcosa da mangiare. Yoongi gli aveva preparato le mele alla cannella con tanto di amaretti sbriciolati sopra e da quel momento, Kookie aveva decretato che quel consigliere gentile e silenzioso fosse una brava persona. 

Anche perché, per fare delle mele alla cannella così buone e croccantine, doveva per forza essere buono a sua volta, eh. 

Nonostante non si sentisse un tipo troppo sentimentale, dal momento stesso in cui aveva conosciuto anche quell'altra personalità del principe, Yoongi aveva deciso di stargli vicino aldilà dei suoi oneri. Oltre perché considerava Jungkook la sua famiglia, gli era sembrato che fossero tutti tanto...soli.

Nonostante fossero tanti, sembravano però vivere nella solitudine e nei loro pensieri, come se non si sentissero mai parte di niente -o come se non fossero parte di nulla se non di sé stessi. Non era stato facile fronteggiare un disturbo mentale di cui non aveva mai sentito parlare, né venire a conoscenza di un aspetto così particolare del principe erede al trono, ma poi aveva cambiato modo di vedere le cose perché...perché gli sembrava giusto così.

Certo, vedere il principe cambiare così tanto atteggiamento -e con quella frequenza- lo aveva destabilizzato e gli aveva fatto venire il dubbio circa la sua sanità mentale, ed anche se non era stato facile -se non addirittura inquietante vedere i cambiamenti repentini con i propri occhi- si era reso conto che era la sua ignoranza a spaventarlo.

Venendo poi a conoscenza, grazie ad Hoseok, di ciò che era capitato al principe, Yoongi aveva cercato di agire con naturalezza perché quella di Jungkook non era stata una scelta. Al suo disturbo non importava che lui fosse un principe, che fosse un reale, un erede al trono o che facesse parte dell'alta società. 

C'era e ciò bastava per prenderne atto e guardare quanto, nonostante le dicerie e le malelingue, Jungkook fosse meritevole di affetto. Francamente, era una delle persone migliori che avesse mai conosciuto e quella per cui provava più ammirazione; era la più colpita, la più distrutta, la più ferita e la più fragile, ma aveva trovato il modo di andare avanti a testa alta ed aveva raggiunto cose che molti altri si sarebbero solamente immaginati -o continuavano a non raggiungere, semplicemente. 

Il cervello di Jungkook aveva deciso la via più giusta per salvarlo, il trauma che aveva subito aveva spezzato la sua anima in tre parti; e allora perché doveva essere stigmatizzato per questo? 

Riemerse dai suoi turbini mentali come vide Kookie gattonare verso i colori riversi per terra e afferrare saldamente un carboncino; il principe guaì improvvisamente dalla sorpresa come vide le sue mani colorarsi di sbuffi grigi e neri e rialzò gli occhioni sul consigliere. 

Le mostrò portandole avanti e batté confusamente le palpebre. «M-ma!» esclamò, indicando poi il carboncino con costernazione quasi comica, «È colpa s-sua!» trillò poi. 

Yoongi soppresse una risata dietro un colpo di tosse. «E' carboncino, Kookie. È normale che ti macchi le mani, non toccarti la cam—» non riuscì a concludere la frase che sospirò passandosi una mano sul viso. 

Kookie alzò lo sguardo sperduto su di lui mentre grosse e lunghe ditate si estendevano per parte della camicia -un tempo immacolata. «Ops.» bisbigliò poi, cercando di sistemare il disastro strofinandoci sopra le dita con furia, danneggiando inevitabilmente ed irreparabilmente la situazione.

«Non preoccuparti, Kookie. Jungkook ne ha molte altre, direi che quella possiamo anche buttarla.» commentò con divertimento Yoongi mentre Kookie tornava alla sua postazione e storceva il muso.

«S-sono tutte brutte. Q-quelle di Taetate s-sono p-più belle.» 

Il loro pomeriggio trascorse con Yoongi intento a fare da assistente ad un Kookie preso da una profonda vena estrosa che lo portava a tenere un colore stretto tra i denti mentre l'altro stretto nella mano fino a costringere il consigliere stesso a tenere tutti i colori aperti a mo' di ventaglio per permettergli una scelta più veloce. Fu solamente a pomeriggio inoltrato che Yoongi lanciò un'occhiata all'orologio da polso e sospirò silenziosamente, rialzando il viso verso Kookie. 

Guardò il principe dormire profondamente con la guancia schiacciata sul foglio e le braccia a coprirgli la testa; posò il libro che stava leggendo sul tavolinetto e si issò, stiracchiandosi. Doveva ancora andare dal re e sbrigare almeno una parte dei documenti di cui si sarebbe dovuto occupare Jungkook nel pomeriggio, per cui si sgranchì il collo e cercò di riprendersi. 

Lo issò con non poca fatica e Kookie mugugnò, abbracciandolo stretto mentre avanzavano maldestramente verso il letto su cui Yoongi lo fece distendere. Notò che indossava ancora i vestiti da viaggio ed alzò un sopracciglio. 

«Perdonatemi, Jungkook. Vi voglio un bene dell'anima ma i vestiti non ve li tolgo.» sussurrò con divertimento, tendendosi per afferrare la coperta pesante in modo da poterlo ricoprire per intero. Sorrise come vide Kookie raggomitolarsi su sé stesso nell'angolo del letto, abbracciando un cuscino su cui aveva posato comodamente il capo. Un sospiro profondo lasciò le sue labbra schiuse e Yoongi si accertò che non rimanesse scoperto prima di fargli una carezza sulla testa. 

«Kookie, non andare in giro fino a che non verrò a prenderti, intesi?» gli sussurrò poi, scrollandolo appena per una spalla. 

L'altro aprì un occhio assonnato e annuì lentamente. «S-sì.» mormorò infine, tornando a dormire profondamente senza neanche attendere che Yoongi si chiudesse la porta alle spalle. 

Il consigliere si ravvivò i capelli con la mano e si massaggiò gli occhi, rivolgendo un ultimo sguardo verso la porta con fare apprensivo.

Spero che il tempo scorra davvero così velocemente. 


..................


Per quando Kookie si risvegliò e riaprì gli occhi al nuovo giorno, non sembrava essere poi così tardi. A giudicare dalla pallida luce che filtrava dalla finestra ed illuminava timidamente una parte della stanza, non sembrava più tardi dell'alba. Si mise seduto e si stiracchiò, sbadigliando profondamente mentre portava il pugno chiuso sull'occhio per strofinarlo più e più e volte con il mero intento di scacciare via le ultime tracce di sonno. 

Spostò la coperta e si guardò intorno, sentendosi felice di essersi svegliato nella camera di Jché perché l'odore del profumo che si spruzzava sempre impregnava le coperte, il cuscino dove aveva dormito -e forse un pochino sbavato- e l'intero ambiente circostante, per cui non si sentiva poi così tanto solo come aveva pensato.

Le sue dita erano ancora un po' sporche di quello che Yoo aveva definito carboncino e la constatazione lo portò ad arricciare il naso e stropicciarsi l'altro occhio. Scalciò la coperta con più energia e si mise seduto, andando poi verso la finestra per affacciarsi con fare curioso; nessun vociare, nessun omino che girovagava per il cortile o per i giardini, nessuno sembrava camminare per i corridoi e nessuno sembrava essersi svegliato -a parte lui. 

Lanciò un'occhiata verso il letto che reputava come il più comodo del mondo e andò verso il bagno, tastando il muro fin quando non trovò l'interruttore. Come la luce gli ferì le pupille, sibilò e mugugnò per il fastidio, ciabattando fino al lavandino; si guardò allo specchio e ridacchiò sommessamente alla vista delle sue guance e delle sue palpebre macchiate dello stesso colore delle sue dita, strofinando velocemente la pelle sotto l'acqua per poter rimuovere le tracce del colore scuro almeno dal viso. 

Guardò con soddisfazione il suo riflesso pulito e candido e fece spallucce senza neanche importarsene troppo di aver irrimediabilmente macchiato anche l'asciugamano bianco. Magari Jché si sarebbe arrabbiato un po', però sarebbe stato sicuramente contento di vedere come era stato bravo nel ripulirsi da tutte le macchie sulle mani e sul viso. Però, se non voleva essere sgridato troppo, la camicia che indossava doveva sparire ed essere rimpiazzata con uno dei tanti vestiti di Junkoo. 

Esitò qualche istante sulla soglia della porta e storse il muso, incerto. Yoo gli aveva detto qualcosa a proposito di non uscire, ma lui stava andando nella camera di Junkoo e Taetae, non sarebbe successo niente se si fosse spostato da una camera all'altra, no? Avrebbe atteso l'arrivo di Yoongi direttamente seduto sul letto matrimoniale dei due, e si sarebbe preso tutti i complimenti del caso per essere riuscito a vestirsi di tutto punto da solo. 

Forte di quella convinzione, fece per abbassare la maniglia quando si bloccò e lanciò un'occhiata alle sue spalle, dove la pila di cuscini giaceva silenziosamente. 

Avrebbe dovuto portarne uno con sé?

Turbato e perplesso, Kookie rimuginò a fondo su quella nuova faccenda. Certo, il palazzo era sempre stato un po' troppo spaventoso per farlo stare tranquillo, ed anche le persone che vi abitavano non sembravano troppo simpatiche, però di giorno non faceva paura come la notte. Forse il suo fidato amico cuscino poteva rimanere dentro la stanza tanto c'era la luce ad accompagnarlo, no?

Però il cuscino era il suo scudo, quello con cui aveva combattuto i mostri la prima volta, per cui decise di afferrarne solo uno che strinse al petto. Adesso era pronto! 

Aprì la porta e si affacciò da dietro questa, lasciando sbucare solo la testa per guardarsi intorno con fare guardingo, assicurandosi che non ci fosse nessuno; in punta di piedi, chiuse silenziosamente la porta della stanza di Jché e zampettò in giro, acquattandosi dietro i mobili per non farsi vedere. Se nessuno si fosse accorto della sua presenza, allora non avrebbe dovuto fare quelle cose noiose che facevano sempre Junkoo e Jché, e quindi avrebbe avuto più tempo per poter andare da Furia, per poter giocare con Yoongi e per poter mangiare le sue adorate tortine alla crema -sapeva che lo stavano aspettando, Yoongi gliele faceva portare sempre. 

Avanzò in punta di piedi fino ad arrivare nell'ala principale del palazzo, iniziando una corsa forsennata -e non troppo silenziosa- nel corridoio, sfuggendo alla presa dei mostri che, sicuramente, si nascondevano nelle ombre e che volevano acchiapparlo. Guardò il cuscino e annuì tra sé, considerando l'idea di averlo portato con lui come la migliore che avesse potuto prendere quella mattina. 

Intento a guardarsi indietro per evitare di lasciarsi sfuggire qualche mostro dell'oscurità, l'orlo del tappeto venne completamente ignorato, per cui inciampò e mancò poco perché non ruzzolasse sul pavimento faccia a terra. Squittì dallo spavento prima di schiaffarsi una mano sul viso per zittirsi e scandagliò con occhi allargati lo spazio, sincerandosi che nessuno lo avesse sentito. 

Con passo felpato ma veloce, Kookie si catapultò dentro la stanza e solo quando vi fu dentro tirò un forte sospiro di sollievo. Un sorriso grande e vittorioso si dipinse sulle sue labbra e saltellò sul posto perché nessuno lo aveva visto e questo significava niente cose noiose!

Lanciò il cuscino per aria con fare allegro e corse intorno alla stanza, prendendo poi a saltare ripetutamente sul letto. 

Ehi biscotto, ti stai divertendo? rise sonoramente JK, facendo trillare Kookie. 

Si gettò sul letto ricadendovi di schiena e rotolò da una parte all'altra, scattando seduto mentre stringeva un cuscino al petto. 

S-sì! Kookie n-non è stato visto da n-nessuno! Hyung, t-ti ho anche fatto u-un disegno! P-poi dirai a Kookie c-cosa ne pensi? chiese con tono contento e speranzoso, di quelli a cui nessuno avrebbe potuto dire di no. 

Neanche JK. 

Ne hai fatto uno anche per me?! E me lo chiedi, biscottino?! Oh, non vedo l'ora di vederlo, sono sicuro sarà bellissimo asserì JK con fare davvero gioioso. Tutti i disegni che faceva Kookie, sin dal suo primo scarabocchio, erano custoditi gelosamente e al sicuro da qualsiasi occhiata o qualsiasi evento che potesse rovinarli.

S-sì! N-ne ho fatto uno per Junkoo ed uno p-per Taetae. Così q-quando t-tornerà n-ne avrà ta-tantissimi! esclamò contento Kookie. Iniziò a narrare nel dettaglio cosa avesse fatto tutto il pomeriggio con Yoongi, rispondendo a qualche commento o a qualche domanda di JK sulle sue opere d'arte e spalancò l'armadio iniziando a togliersi la camicia. 

Litigò con i polsini e scrollò le mani con forza perché le maniche si erano impigliate e non erano intenzionate a lasciarlo libero. Hyung! si lamentò, strattonando la camicia, N-non si tolgono! Q-questi vestiti s-scomodi! sbuffò, riuscendo a liberarsi dell'indumento dopo l'ennesimo tentativo. Come cadde a terra la guardò con vittoriosa indignazione e voltò il capo con fare stizzito, alzando poi le sopracciglia al quantitativo di camicie appese e sistemate meticolosamente. Sembravano tutte uguali. 

Prendi quella semplice, biscotto. Dobbiamo mettere quella istruì JK, sentendo il dubbio di Kookie circa quale dovesse scegliere tra tutte quelle presenti. Kookie guardò quella che sembrava essere fin troppo semplice ed arricciò il naso.

M-ma è b-brutta.. protestò, guardando con decisamente più interesse quella più ornata e decorata.

Brutta?! ripeté JK con fare sconvolto, Non è brutta, l'ho scelta io! Da bravo, prendila ed indossala. 

 Kookie mise il broncio e lanciò un ultimo sguardo a quella che gli piaceva di più ma alla fine si decise ad afferrare di malavoglia quella camicia bianca e semplice, i cui bottoni dorati erano l'unico dettaglio che sembrava aggradargli. Abbassò lo guardo sulle asole e prese a chiuderla, rimanendo in silenzio fino a quando il clac della porta che veniva aperta non attirò la sua attenzione, facendolo sobbalzare. 

Forse era arrivata la colazione? 

Il pensiero gli illuminò il viso e con fare curioso avanzò verso il centro della stanza, cercando con gli occhi il familiare carrello ricolmo di ogni dolce che avrebbe assaggiato e mangiato senza neanche pensarci. Batté confusamente le palpebre come non vide nulla di tutto quello che si aspettava ma che, al contrario, una serie di persone che non aveva mai visto lo stavano guardando in silenzio.

Sembravano...studiarlo?

«Chi siete?» chiese, fingendosi Jungkook come meglio riuscì. Come una di quelle figure fece un passo verso di lui, Kookie arretrò a sua volta, continuando ad indietreggiare fino a che la schiena non toccò la parete e gli fu impossibile mettere altra distanza tra lui e quei signori che non aveva mai visto. 

«Allora? Si può sapere c-chi siete?» ripeté, modulando la voce in modo che apparisse sinceramente infastidita. Non apprezzava mai quando le persone lo fissavano in quel modo, a maggior ragione se non li conosceva né li aveva mai visti prima. 

Ed era certo di non averli mai visti, perché chi si sarebbe potuto dimenticare quelle brutte facce?

«Amici.» rispose laconicamente quell'uomo, avanzando verso di lui con fare più deciso. 

Kookie aggrottò la fronte. Amici?

Kookie, che sta succedendo? la voce di JK arrivò provvidenziale per Kookie, che rizzò le spalle e strisciò lungo il muro per tornare a mettere maggiore distanza tra lui e quelle persone di cui non gli stava piacendo né lo sguardo né l'atteggiamento. 

Dov'era Yoongi? Perché non era lì a cacciare quelle brutte persone dalla sua stanza?

Hyung, a-abbiamo amici che si v-vestono d-di bianco? domandò quindi con fare perplesso ed incerto. JK si agitò istantaneamente e la sua ansia crebbe come non riuscì a prendere il controllo perché Kookie era fermamente convinto che ci fosse qualcosa che non andasse e stava cercando di capire cosa. Tutti quei processi mentali lo stavano tagliando fuori, per cui cercò di rimanere presente almeno nella sua mente. Amici? Chi ti ha detto che sono amici, Kookie? Chi c'è lì? Descrivimeli. gli chiese con serietà. 

E Kookie avrebbe anche voluto rispondergli, se solo una di quelle persone non gli avesse afferrato il braccio per strattonarlo e farlo avanzare di forza. Perse l'equilibrio e trillò dallo spavento, strabuzzando gli occhi per la furia del gesto; si dimenò e si voltò con occhi allarmati dalla parte opposta come un'altra persona aveva afferrato il braccio libero, imitando lo stesso movimento che lo aveva portato ad abbandonare il suo posto sicuro contro il muro per farlo avanzare. 

Si dimenò e il cuore gli balzò in gola mentre sentiva le lacrime pizzicargli gli occhi e il labbro tremare appena. «L-lasciatemi! C-cosa v-v—volete d-d—» la situazione ostile, le strette forti alle braccia, il panico e la paura di quello che gli potessero fare lo portò a balbettare pesantemente e non riuscire a finire la frase, facendolo sentire impotente. Piantò i piedi per terra come quelli cercarono di trascinarlo verso il centro della stanza e le lacrime che aveva trattenuto a stento gli scivolarono lungo le guance come qualcosa gli si avvolse attorno alla bocca, separandogli le labbra ed impedendogli di parlare.

Un singhiozzo gli perforò il petto e chiuse forte gli occhi, sentendosi in trappola. 

H-Hyung! C-ci sono i m-mostri!

Fu appena un battito di ciglia che bastò affinché JK spalancasse gli occhi che Kookie aveva strizzato e si guardasse freneticamente intorno. Strattonò furiosamente le braccia e si dimenò con impeto per liberarsi dalla presa di quei due dottori in camice bianco, notando di essere stato imbavagliato perché il suo "Lasciatemi, non ho fatto niente!" uscì come un mugugno indistinguibile.

Ringhiò dal nervosismo e li guardò con occhi iniettati di odio mentre frammenti di ricordi del passato ritornavano ad abbagliargli la mente per catapultarlo indietro nel tempo fino ad un momento preciso della sua vita. Un momento che non voleva ricordare, che non voleva rivivere. 

Una serie di mani e figure con il camice bianco gli sfilarono attorno e lo toccarono, lo strinsero e lo tennero fermo prima che un pizzicore familiare, terribilmente familiare e a lui perfettamente conosciuto non gli si piantasse sul collo. Un calore bruciante gli iniziò a scavare nelle viscere come la siringa veniva svuotata dentro la sua pelle, facendo sì che il sedativo iniziasse a circolare nel suo organismo con velocità disarmante. 

Bastò appena un minuto perché la vista iniziasse ad annebbiarsi, il respiro si facesse pesante, le gambe gli cedessero e i suoi movimenti diventassero improvvisamente scoordinati. Come se i suoi arti pesassero tonnellate, i suoni divennero ovattati e il battito del suo cuore -simile a quello di un tamburo- gli tuonò nelle orecchie mentre crollava sulle ginocchia e veniva tenuto in piedi solo da alcune mani che non conosceva e che non voleva sentire addosso. 

Rialzò gli occhi un'ultima volta alla ricerca di una spiegazione, di una motivazione, di un perché stesse succedendo di nuovo, e tutti i suoi dubbi smisero di affollargli la mente nel momento in cui le palpebre divennero pesanti ed il suo cervello di spegnersi. 

Non prima, però, di udire una frase. 

«Fate in modo che stavolta mio figlio rimanga.»














✁✁✁✁✁✁✁✁

NDA: Bentornati su LMG! ♡

La dolorosa e velata tristezza di lmg sta tornando, e vi avviso già che nel prossimo capitolo ci sarà da piangere. (Io l'ho fatto).
Se mi dessero una monetina per ogni volta che ho pianto per questa parte di LMG, probabilmente camperei di rendita- 

In ogni caso, siamo tornati a palazzo Jeon! Contenti? :')

-Prestate attenzione alla figura del re; non lo dico solo perché è "il cattivo" ma perché ci siamo scelti un antagonista con i controcazzi. E' davvero fondamentale che vi accorgiate del suo cambiamento e del suo atteggiamento, e non lo dico per dire: noterete, leggendo gli ultimi capitoli che verranno pubblicati, di quanto sia importante comprenderlo. (comprenderlo in quanto personaggio, non giustificarlo obv)

-Jungkook è stato il mio orgoglio, è cambiato così tanto in questi 79 capitoli. Il Jungkook dei primi capitoli non si sarebbe mai sognato di rispondere a suo padre, né di utilizzare questi toni. I'M SO PROUD e vi anticipo che vi sorprenderà.
Vi sorprenderà tanto e in positivo. Ha sorpreso pure me lmao 

-Kookie: inutile dirvi che il fagiolino coccolone di casa non lo vedremo per un po'. Già, lo so, ma ciò che avverrà prossimamente va fuori dalle cose che lui può gestire. JK gli faceva i disegni da colorare, già. 

Devo aggiungere altro?

Curiosità personale: avete anche solo un'idea generale di cosa accadrà prossimamente? :) 
C'è qualcosa che vi ha lasciat* insoddisfatt* perché avete pensato potesse essere migliorato/approfondito? (lo chiedo perché cerco sempre di migliorare i contenuti che porto, per cui avere un feedback può essermi di aiuto ^^)

BTW, grazie per aver letto anche questo capitolo, non ne mancano tanti alla fine (il mio countdown personale è già iniziato♡) e mi scuso se sono stata assente da ig/wattpad e un po' ovunque. Tante cose capitano di giorno in giorno per cui, scusatemi di cuore.

A presto♡


Okumaya devam et

Bunları da Beğeneceksin

109K 5.6K 20
La guerra è finita da tre anni ormai, e vengono trovate le ultime volontà di Andromeda e Remus. I due padrini designati per prendersi cura di Teddy s...
250K 12.9K 91
[𝑺𝒐𝒄𝒊𝒂𝒍 𝒎𝒆𝒅𝒊𝒂 𝑨𝑼] Il modello emergente Kim Taehyung, dopo aver postato un'innocente foto su Twitter, non si rende conto di un piccolo pa...
191K 12K 28
-"𝑴𝒊 𝒑𝒓𝒆𝒏𝒅𝒐 𝒄𝒊𝒐' 𝒄𝒉𝒆 𝒑𝒆𝒏𝒔𝒐 𝒔𝒊𝒂 𝒎𝒊𝒐, 𝒎𝒂 𝒔𝒐 𝒑𝒆𝒓𝒇𝒆𝒕𝒕𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒍𝒐 𝒔𝒆𝒊, 𝒎𝒊 𝒊𝒍𝒍𝒖𝒅𝒐 𝒆 𝒃�...
94.3K 4.4K 49
Where... Camilla Leclerc e Lando Norris scoprono cosa c'è oltre la linea sottile che divide il punzecchiarsi e l'amore. Non possono o meglio non vogl...