Let Me Get Lost In You [TaeKo...

Af Hananami77

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''«Taehyung non può sposare il figlio di Jeon. Ho sentito troppe cose poco rassicuranti sul suo conto, non po... Mere

Personaggi+Introduzione
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#Special: [Biscotti in incognito]
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[Special 3#] Buon compleanno, hyung!
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~Epilogo~
LMGLIY - FAQ

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Af Hananami77

Jimin prese un lungo e profondo sospiro e rivolse lo sguardo al suo orologio da polso, corrucciando le labbra ed arcuando un sopracciglio. Non aveva fatto tardi, vero? Si era liberato dagli impegni istituzionali il prima possibile ma temeva che quel 'prima possibile' non fosse stato sufficiente a lasciargli lo spazio di manovra per agire.

Secondo i suoi calcoli -abbastanza approssimativi e pressoché inesistenti- Taehyung non sarebbe dovuto essere in camera perchè richiamato da loro padre -appena tornato dalla sua breve vacanza- e sapeva per esperienza che i loro incontri non fossero dei più duraturi o fruttuosi. Nella maggior parte dei casi, infatti, si scambiavano giusto qualche convenevole di poco conto, ma nulla che sott'intendesse un rapporto padre-figlio stretto o improntato su qualcosa di diverso che non fosse il nulla. 

Il pensiero che ci fosse la possibilità di trovare suo fratello intento a rotolarsi tra le lenzuola e, di conseguenza, assistere a qualche conversazione particolarmente piccante non lo allettava, e lo allettava ancora meno il pensiero che Taehyung, l'uomo che lui aveva sempre considerato come colui che non si sarebbe mai fai fatto mettere sotto da nessuno -in nessun senso- potesse cedere il proprio scettro al principe. 

Per la sua stabilità e sanità mentale, preferiva ricordare suo fratello come colui che donava piuttosto accoglieva qualcosa di diverso dall'amore. Il suo cuore non avrebbe retto una visione di quel genere, anche se nutriva forte fiducia nelle sacrosante leggi divine che imponevano a Taehyung di stare sopra e a quel timidone di Jungkook di starsene sotto, anche se—

Beh, dopo aver avuto a che fare con quel tipo, JK, le sue certezze erano andate via via vacillando pericolosamente; quella personalità non sembrava il tipo da lasciare spazio a troppi dubbi...sì, insomma, se visualizzare Taehyung come il bottom della situazione gli risultava difficile, gli veniva quasi impossibile credere che JK lo fosse.

Non conosceva le dinamiche intime tra loro, ma aveva le sue buone ragioni per credere che tutti possedessero un lato passivo per JK.  

Anche lui.

«Jimin-ah! Ma che diamine pensi?!» si rimproverò da solo, sibilando verso il nulla e dandosi uno schiaffo per i suoi pensieri divaganti e ben lontani dal vero motivo per cui stava pensando a Jungkook e suo fratello. Infatti, come si trovò di fronte la porta di camera di Taehyung, prese un silenzioso ma incoraggiante respiro profondo e rimase per qualche secondo in attesa, tendendo l'orecchio per eventuali suoni equivoci che lo avrebbero fatto desistere dal suo "piano" non troppo geniale ma efficace. 

Con il protrarsi del momento di silenzio, esultò mentalmente sentendosi incredibilmente fortunato ed alzò il pugno chiuso per poterlo battere leggermente contro la porta, sperando che Jungkook fosse ancora sveglio. Non poteva attendere oltre, non dopo quanto appreso quella mattina nello studio di Jin; la necessità di parlare con Jungkook -già abbastanza elevata grazie alle calde raccomandazioni da parte di un certo consigliere- era arrivata a toccare livelli quasi insopportabili per la sua persona e per il suo carattere. 

Non gli piaceva lasciare le discussioni a metà né che gli venisse fatto notare di non aver ancora fatto nulla per poter rimediare ai suoi errori, e nonostante gli fosse stato rimarcato in una graziosa moltitudine di occasioni la sua mancata empatia, era chiaro perfino al suo orgoglio di dover prendere in mano la situazione e fare qualcosa. 

Al suo bussare non arrivò alcuna risposta ed imprecò silenziosamente, guardando nuovamente l'orologio. Erano appena le dieci di sera, Jungkook non poteva già essere nel mondo dei sogni! Forte di quella convinzione, ripeté il gesto di poco prima, stavolta bussando con un po' più di energia. 

Un rumore di qualcosa che ruzzola malamente al pavimento, seguito da uno scalpitio ed una sorta di stropiccio acuto e appena percepibile gli fece arcuare un sopracciglio. Che diamine poteva star facendo Jungkook per provocare tutto quel frastuono?

«Jungkook...?» bisbigliò a voce bassa, battendo nuovamente le nocche contro la porta e, allo stesso tempo, avvicinando l'orecchio alla stessa per cogliere altri suoni.

«Jungkook, sono Jimin.» continuò, cercando in qualche modo di farsi riconoscere senza dover alzare la voce a più di un basso sussurro. Non voleva attirare troppo l'attenzione né tantomeno essere sentito da tutto il palazzo, ed il quel silenzio denso e quasi assordante, anche un semplice colpo di tosse sembrava essere un boato di un cannone. 

Fu sollevato nel percepire lo scalpitio sordo farsi sempre più vicino e rizzò le spalle, mettendosi in posa non tesa ma neanche troppo rilassata. Si sentiva un po' in ansia, ma non era niente di troppo invasivo, per cui rilassò l'espressione e ne assunse una cordiale e -sperò- rassicurante. 

Si udì lo scatto della serratura e il capo di Jungkook fece capolino da un piccolo spiraglio, come se stesse sbirciando. Jimin si schiarì appena la gola e si passò una mano tra i capelli ancora perfettamente ordinati, sentendo una nuova ondata di determinazione propagarsi fino alla punta delle scarpe. 

«Jimin?»

Felice che Jungkook non gli avesse richiuso la porta in faccia non appena realizzato che fosse lui, Jimin annuì ed incurvò le labbra in un piccolo sorriso. «Esatto, sono contento che sia ancora sveglio. Sei da solo?»

Jungkook gli lanciò una lunga occhiata, guardandolo da capo a piedi con espressione imperscrutabile, prendendosi qualche attimo per poter valutare un qualcosa che Jimin stava mancando di capire. 

«Sì.» annuì infine Jungkook, senza tuttavia aggiungere altro. 

Jimin strinse le labbra e rimase in silenzio, sentendo uno strisciante senso di disagio scivolargli addosso perché Jungkook non sembrava tanto intenzionato a farlo entrare nella camera; imbarazzato, spostò il suo peso da una gamba all'altra visto il silenzio fastidioso caduto tra loro e arricciò il naso, deglutendo silenziosamente.

«Posso entrare? Ho assoluta necessità di parlarti e non posso farlo sulla soglia della porta.» gli chiese con fare laconico, guardando con sorpresa la riluttanza di Jungkook nel valutare le sue parole. Lo vide battere le palpebre per qualche secondo con fare interrogativo e dubbioso; si grattò il naso con l'indice e si sporse maggiormente, guardandosi intorno e rivelando parte del busto ad un perplesso Jimin. 

Che lo avesse traumatizzato così tanto da renderlo così timoroso nei suoi confronti? 

Si sentì come se gli avessero appena assestato un pugno direttamente alla bocca dello stomaco e si morse l'interno della guancia, cercando le parole giuste per convincere l'altro che quello avuto mesi prima non era stato nulla di più di uno scatto d'ira -che poco aveva a che fare con la sua persona. 

«Devo solo parlarti, non ho intenzione di fare nulla di diverso dallo...spiegarmi», cercò di dire, guardandolo però negli occhi con serietà, «Ed ho necessità di farlo prima che Taehyung faccia ritorno.» chiarì quindi, allargando gli occhi alla vista delle sopracciglia di Jungkook aggrottarsi notevolmente. 

«P-perché?»

La domanda lo sorprese forse più di quanto si sarebbe mai aspettato, facendolo bloccare sul posto. Aveva dato per scontato che a Jungkook non servisse molto altro per convincerlo a farlo entrare, per cui arrestò il suo passo per guardarlo stranito, non capendo il suo atteggiamento. D'accordo, era stato un po' una persona orribile ma, che diamine, non si era mica presentato alla sua porta con un'ascia  seguita da minacce di morte e schiuma alla bocca!

Lo guardò, turbato, e arricciò il naso. «Beh...perché si suppone sia una cosa lunga?» domandò, suonando più incerto di quanto desiderasse apparire. 

Jungkook gli lanciò un'altra lunga occhiata e corrucciò le labbra, valutando attentamente la situazione prima che si spostasse in modo da poter aprire -con manifesta esitazione- la porta e permettergli di fare il suo ingresso. Seguì con lo sguardo il fratello di Taehyung guardarsi intorno, indugiare per qualche secondo sul coniglietto di peluche posato sulla pila di cuscini posati sul letto e lo vide prendere posto ai piedi di quest'ultimo, voltandosi con fare interdetto nella direzione di Jungkook.

Se ne stava in piedi, immobile, davanti l'uscio e con espressione indecisa.

«Non ti avvicini? Non ti mangio mica.» scherzò appena Jimin, indicando il posto sul letto dove Jungkook era seduto fino a qualche minuto prima. Infatti, in quel punto, le coperte erano stropicciate ed i cuscini scompostamente disseminati e schiacciati.

«Non ti facevo un amante del cioccolato.» continuò, con il solo intento di alleggerire l'atmosfera, accennando al mucchietto di carta di alcuni cioccolatini accumulati tra le coperte. E sembrava esserne anche parecchio amante visto che la scatola posata sul comodino era aperta e all'appello ne mancava un numero consistente. 

Vide Jungkook arrossire alla constatazione ed avvicinarsi goffamente verso di lui, non senza un piccolo e sporgente broncio. «I-il cioccolato è buono. R-rende felici, p-per cui ne mangio tanto.» mugugnò in risposta, salendo sul letto. Jimin guardò con curiosità Jungkook prendere posto sedendosi a gambe incrociate di fronte a lui; lo vide cercare qualcosa con gli occhi e lo osservò afferrare una coperta abbandonata lì vicino per avvolgersela attorno e coprirlo fino alla testa.

Jimin alzò le sopracciglia ed un cipiglio perplesso gli si dipinse sul viso affusolato, portandolo a stringere le labbra. Jungkook si accorse del suo sguardo scrutatore e si mosse, a disagio, sul suo posto, guardandosi dubbiosamente intorno. 

«C-che c'è?» domandò, esitante.

Non c'era storia, era innegabile che Jimin gli mettesse addosso una leggera ansia. Non credeva che ciò che provasse nei suoi confronti fosse antipatia, però poteva affermare con certezza che fosse ben lontano dall'essere a suo agio come lo era, invece, in compagnia di Taehyung. 

O anche di Yoongi stesso. 

Jimin lo guardò per un istante prima di scuotere la testa e abbassare qualche secondo gli occhi; le labbra carnose si piegarono in un piccolo sorriso incerto e lasciarono scivolare via una bassa e accennata risatina. «Niente, solo...mi sembri un po' nervoso. Ti metto così tanto in soggezione?» domandò, anche se le sue parole erano velate da indubbio rammarico. 

Era quello ciò che JK aveva fatto intendere quella mattina a proposito di quanto ci fosse stato male Jungkook? La gola, a quella possibilità, gli si serrò e si seccò, obbligandolo a deglutire diverse volte per sciogliere il nodo formatosi alla sua base. 

Sorprendentemente, Jungkook arricciò il naso e lo guardò infastidito, emettendo uno sbuffo con tanto di alzata di occhi al cielo. «N-non lo sono, va tutto b-bene! A-allora? P-perché sei venuto qui?» borbottò in risposta, stringendosi nella coperta e chiudendola del tutto. 

Di tutto il corpo, l'unica parte visibile era il volto e, stretto nel tessuto, sembrava essere diventato più tondeggiante di quanto lo fosse mai stato. Colpito dalla sicurezza delle sue parole e dall'atteggiamento di ascolto assunto dall'altro, Jimin sospirò dal sollievo e si schiarì la gola, ricomponendosi. 

Jungkook attendeva che parlasse con i gomiti posati sulle ginocchia e le mani chiuse a mo' di pugno sotto il mento, su cui aveva posato il capo per sorreggersi. «Potresti assumere un'espressione un po' meno da cucciolo? Mi metti in imbarazzo.» mugugnò Jimin, sentendo le guance bruciare perchè Jungkook era dannatamente adorabile in quel momento di assoluta follia che -era sicuro- lo stesse cogliendo. 

Non poteva considerare adorabile un principe, che diamine! 

E Jungkook sembrava essere d'accordo con lui. Infatti, emise un verso di acuta sorpresa e spalancò gli occhi, curioso e indignato allo stesso tempo. «E-ehi! M-ma io non sono un c-cucciolo!» si lamentò difatti, assumendo un'espressione profondamente perplessa e corrucciata. 

Nella sua lunga vita, nessuno lo aveva mai paragonato ad un cucciolo.

«Ma è vero! Non riesco a fare un discorso serio se mi guardi così!» si lamentò Jimin, facendo un verso esasperato, indicandolo con un movimento della mano, «Aish, potresti non allargare ancora di più gli occhi?! Mi viene voglia di pizzicarti le guance e non credo che né tu né io saremmo felici se lo facessi.»

Vide il principe boccheggiare e si tirò su le coperte fino a coprirgli quasi interamente il volto, lasciando che solo il ponte del naso e gli occhi fossero percepibili allo sguardo di Jimin, che si arrese all'idea di stare impazzendo. 
«Comunque.» sbuffò quest'ultimo, concentrandosi sul motivo reale per cui si trovava seduto sul letto di Taehyung alle dieci di sera con Jungkook intento a guardarlo come un cucciolo smarrito. Un po' del nervosismo che aveva cercato di scacciare tornò a bussare alle porte del suo animo e abbassò gli occhi sulle sue mani, prendendo a giocherellare con i bottoni dei polsini.

«Tenerosità a parte, c'è un motivo ben preciso per cui sono venuto qui stasera, che non è esattamente molto piacevole ma che credo non sia più procrastinabile. Mi sta divorando da mesi e se non gli do voce, rischio seriamente di impazzire. Il motivo per cui sono qui è che...che—» Jimin interruppe il suo discorso e si rese conto che tutte le parole che avrebbe voluto dire, si erano appena aggrovigliate nella sua mente come un gomitolo di lana difficile da sciogliere. 

Arricciò le labbra in una smorfia pensierosa e cercò di farvi chiarezza.

Scusarsi non sembrava facile come invece sembrava; per ciò che aveva fatto, un semplice 'scusa' non era sufficiente, ma non voleva nemmeno perdersi in pomposi discorsi ricchi di paroloni la cui sostanza scarseggiava -almeno tanto quanto scarseggiava l'alcool sufficiente a dargli il coraggio di esprimersi a parole. 

Sicuramente, perdonare qualcuno che ti feriva era difficile, ma chiedere di essere perdonato lo era forse anche di più. Soprattutto per una persona come lui. 

«Che...?» incitò Jungkook, protendendosi verso di lui salvo poi bloccarsi all'occhiata di sbieco ricevuta da Jimin. 

«Sto cercando le parole più adatte, non mettermi pressione.» mugugnò quest'ultimo, e Jungkook alzò gli occhi al cielo, nascondendo il broncio dietro la coperta mentre guardava Jimin mordersi il labbro, guardarsi intorno, grugnire quasi dall'esasperazione e gettare il capo all'indietro, reggendosi sulle mani. 

«Sono venuto qui per scusarmi con te.» pronunciò infine Jimin, guardandosi intorno alla ricerca di ispirazione per fare quel discorso che si era preparato mentalmente ma che si era improvvisamente rivelato essere un'accozzaglia di parole che non volevano proprio saperne di mettersi insieme e snocciolarsi in un discorso sensato -e pertinente. 

«So che con oggi il discorso è stato considerato chiuso—in un certo qual modo, però per me non lo è. Non può esserlo fin quando io e te non chiariamo la situazione, perché non credo di riuscire a convivere ancora con il senso di colpa. Bada che non l'ho provato immediatamente, ma vedere quanto tu e Taehyung siate...affini, in un certo senso, e quanto ci tenga a te e agli altri— credo si possa dire così, no? Beh comunque,» sospirò appena, mordicchiandosi l'angolo della bocca con fare nervoso, «Non sarebbe giusto nei tuoi confronti né in quelli di Taehyung continuare ad incaponirmi così tanto su un'idea sbagliata. Mi dispiace davvero di aver sbagliato così tanto con te, per essere stato brusco e poco comprensivo...soprattutto perché sapevo già del tuo disturbo e l'ho ignorato del tutto.» finì Jimin, chiudendo gli occhi subito dopo. 

L'ammissione di aver sbagliato, seppur difficile, lo aveva fatto sentire come se finalmente avesse tolto le zavorre che rendevano difficile vivere con cuore leggero e continuare il percorso della sua vita. Poteva essere testardo, puntiglioso o anche schietto, ma non avrebbe mai voluto fare del male a qualcuno. E farne a Jungkook non era stato intenzionale, nonostante l'avesse fatto ed avesse continuato a sbagliare perché, anziché parlarne con Taehyung anche solo tramite lettere...aveva optato per il tacere.

Una scelta all'apparenza più semplice e migliore, ma che si era rivelata solo dannatamente controproducente.  

Non ricevendo altro se non silenzio, Jimin aprì gli occhi e rivolse lo sguardo verso Jungkook che, da pensieroso, assunse un'espressione ed una postura molto più consapevole. Lo guardò negli occhi senza alcun timore e prese a scrutarlo silenziosamente. 

Si ritrovò ad ammettere che Jungkook era la persona più singolare e particolare che avesse mai avuto modo di conoscere; era timido ma aveva il coraggio di affrontare situazioni che normalmente richiedevano più tenacia di quanto si potesse immaginare e, anche in quell'istante, lo stava guardando negli occhi senza battere ciglio.

Lo vide annuire lentamente e riesumare il viso dalle coperte.

«C-capisco. Non saresti c-comunque il primo ad i-ignorare il nostro e-essere s-speciali.» rispose semplicemente, scrollando le spalle senza però troppa convinzione. In quegli occhi scuri, grandi e brillanti, Jimin aveva visto comparire un barlume di quello che poteva essere considerato antico dolore, ma che era sparito nel momento stesso in cui era sorto, con la stessa velocità del consumarsi di una stella cadente. 

Jimin sbuffò silenziosamente dalle labbra ed alcuni ciuffi argentei svolazzarono sulla sua fronte, tornando nella loro posizione iniziale ma coprendogli parte del viso. Le guance gli si tinteggiarono di una chiara sfumatura color pesca e si mise seduto più comodamente, voltandosi con il busto verso Jungkook.

«Mi sono davvero pentito di ciò che ho detto in passato. Anche se Yoongi sostiene che potrai capirmi, io sostengo che le scuse non sono mai troppe quando si ferisce qualcuno...so che ciò che sto per chiederti è quasi impossibile, ma se non ci provassi, allora non sarei Park Jimin.» fece un debole sorriso, ma Jungkook notò la profonda speranza albeggiare nelle iridi color cenere, rischiarate dalle timide luci notturne della stanza. 

«Oh?» emise Jungkook, piegando il capo di lato con fare confuso.

Jimin si sporse leggermente verso di lui con fare serio. «Jungkook, ci terrei davvero tanto se riuscissimo ad andare d'accordo e riallacciassimo i rapporti. Sono abbastanza certo di poter mettere da parte tutto quello che è successo e chiudere il discorso una volta per tutte, non solamente perché sei il marito di mio fratello, ma perché ho avuto di constatare che sei una brava persona. Non tutti avrebbero fatto ciò che tu hai fatto oggi—pur sapendo che ad attenderti c'era un po' di ostilità...» gli disse, arcuando un sopracciglio all'aggrottare della fronte di Jungkook ed al consecutivo scrollare delle spalle.

«C-come ti ho detto p-prima, c-ci siamo abituati.»

Jimin scosse la testa con fermezza, sentendo l'immane quanto strano impulso di abbracciare stretto Jungkook senza un motivo apparente. Si passò una mano tra i capelli e schioccò la lingua sul palato.

 «Il fatto che tu e gli altri ci siate abituati non significa che sia giusto!» protestò, corrucciandosi maggiormente, «E, a maggior ragione, ti prego di perdonarmi. Le parole non si dimenticano e feriscono più dei gesti, ma ci terrei davvero moltissimo a riprendere il nostro rapporto da prima che il nostro litigio avesse luogo.» concluse Jimin, allargando inconsapevolmente gli occhi alla richiesta. 

Jungkook notò come questi avessero assunto una forma più tonda e meno affusolata, e che erano splendenti almeno tanto quanto quelli di Taehyung, di una tonalità più chiara ma ugualmente belli. Con la poca luce a disposizione, la loro consueta sfumatura acquamarina si disperdeva in un'intensa gradazione antracite con riflessi argentei così splendenti da sembrare tanto riuscissero a riflettere il notturno manto stellato. 

Jimin lo sguardò abbassare la coperta e scoprire nuovamente il suo viso, boccheggiando per qualche attimo come se gli venissero in mente delle parole da dire ma di cui si pentiva e che, per questo, venivano soppresse senza dargli voce. 

«Jungkook...?Cosa...cosa ne pensi?» domandò, esitante. Deglutì silenziosamente perché, effettivamente, non si aspettava di certo un'amichevole pacca sulla spalla e un sorriso da un orecchio all'altro nell'immediatezza, ma Jungkook gli era sembrato ben disposto all'ascolto quel giorno, per cui non aveva mai seriamente contemplato l'alternativa che quello potesse, in qualche modo, non considerare le sue buone intenzioni. 

Alzò le sopracciglia dallo sgomento come vide Jungkook arricciare il naso e fare un'espressione corrucciata e vagamente concentrata; una mano sbucò dalla coperta e l'indice picchiettò sul mento corrugato. 

«C-ci dobbiamo pensare.» decretò infine, con una soddisfazione tale da far credere a Jimin che avesse appena capito male. Infatti, batté ripetutamente le palpebre per qualche istante fino a che non assimilò il significato di quelle parole.

Sgranò gli occhi, non credendoci davvero, e spalancò le labbra per la sorpresa, protendendosi verso di lui come se non se ne capacitasse.

Prego?!

«Cosa?! Dovete pensarci?! Ed io quando avrò la mia risposta?!» esclamò, boccheggiando. 

Jungkook scrollò le spalle e Jimin temette che la sua mandibola stesse per crollare al suolo. Gli prese la mano tra le proprie e la strinse, cercando di infondere un po' di buon senso in Jungkook, che sembrava aver terminato la sua dose di comprensione proprio in quel momento.

«Per favore, Jungkook! Yoongi continua a tenermi il muso e non mi permette neanche di sfiorarlo, non lasciarmi sulle spine!» si lamentò, lasciando la presa sulla sua mano. Prese a scalciare i piedi per terra ed emise un verso esasperato, soffocando la sua voglia di urlare dalla frustrazione e di prendersi a schiaffi da solo.

Jungkook alzò un sopracciglio nella sua direzione, incrociando le braccia al petto. «F-fa bene. T-ti faremo sapere.» gli rispose con fare disinteressato, afferrando subito dopo un cioccolatino, gustandoselo con soddisfazione. 

Ehi, biscotto, non credi di essere stato un po' troppo severo con Jimin? 

JK rise apertamente insieme a Kookie, che ignorò lo sguardo attonito e quasi supplicante di Jimin per godersi la soddisfazione di avere avuto la possibilità di parlare con il fratellone di Taetae -e farlo penare un pochettino.  

N-no, perchè s-sembra che abbia detto b-brutte cose a Junkoo. E q-quindi a-adesso a-aspetta! asserì, annuendo tra sé per darsi ragione da solo. Il suo era un ragionamento giusto, Junkoo era stato male tante volte per le brutte parole che gli rivolgevano gli altri, e siccome non era giusto che succedesse, allora ci avrebbe pensato lui a metterli al loro posto!

Questo è il mio biscottino preferito! ridacchiò apertamente JK e Kookie si aprì in un sorriso smagliante rivolto a nessuno in particolare, annuendo velocemente. Però dovresti dirglielo che non ha parlato con Jungkook, lui non ci conosce abbastanza da saperlo puntualizzò JK. 

Alle sue parole, Kookie arricciò il labbro e mise il broncio. N-non è necessario c-che sappia. Junkoo s-sarebbe d-d'accordo con m-me.

«Jungkook! Per favore!», ritentò Jimin, cercando un modo per convincerlo, «Sono stato un po' stronzo, lo ammetto, ma—potresti evitare di farmi sentire ancora peggio?!»

Uno squittio acuto lo fece sobbalzare e guardò con confusione Jungkook portarsi la coperta fin sopra gli occhi. «Ah! Hyung, h-ha detto le pa-parolacce!» esclamò subito dopo, sparendo dietro la coperta. 

Jimin lo guardò senza capire, arretrando appena sul letto per avere una visione più chiara su ciò che stesse avvenendo; il principe abbassò le mani e strizzò gli occhi, iniziando a batterli con lentezza quasi esasperante mentre lo sguardo gli si perdeva nel vuoto e rimaneva con espressione neutrale a fissare un punto indefinito della trapunta. 

Stava per chiedere cosa stesse succedendo ma il rialzare di scatto della testa dell'altro lo fece ammutolire. Il principe schioccò la lingua sul palato con disappunto, guardandosi intorno per qualche attimo fino a che non portò nuovamente l'attenzione su di lui. 

«Non ti hanno insegnato che non si dicono le parolacce davanti ai bambini?» sbottò con tono brusco e profondo. Puntati gli occhi scuri nei suoi, Jimin per poco non cadde giù dal letto per la sorpresa, guardandolo con confusione crescente togliersi la coperta di dosso con uno scatto e portarsi una mano tra i capelli; le dita scivolarono tra le ciocche corvine per ravvivarle e sistemarle all'indietro, fermandosi dopo aver mugugnato tra sé un assenso.

«Ma c-cosa, i-io—» balbettò Jimin, non capacitandosi di ciò che aveva appena visto né riuscendo a trovarvi una spiegazione a ciò che l'altro gli avesse detto -ed ancora sconvolto del suo cambio di attitudine. Anche se era a conoscenza del disturbo di Jungkook, ciò non significava che si sentisse dannatamente pronto ad affrontarlo senza almeno aver prima capito come funzionasse il tutto!

JK alzò un sopracciglio nella sua direzione e lo vide battere velocemente le palpebre, guardandolo con occhi persi come a cercare un senso al tutto; l'atteggiamento sgomento lo portò ad alzare gli occhi al cielo e ricadere all'indietro sugli avambracci, piegando una gamba e lasciando l'altra stesa. 

Cercò di ignorare il fatto che Kookie avesse indossato i pantaloni al contrario e studiò Jimin per un lungo istante.

«Non stai per svenire, vero?» chiese dopo quella breve riflessione.

Jimin sobbalzò come se fosse appena tornato alla realtà e si schiarì la voce, scuotendo velocemente la testa da una parte all'altra per cercare di ricomporsi e porre l'attenzione su altro che non fosse il cambiamento evidente di Jungkook. 

Anche se, con il senno di poi, non aveva idea del chi ci fosse ad ascoltare le sue scuse; rizzò la schiena e si sistemò la giacca sul petto, mettendosi seduto composto. «No, non sto per svenire», borbottò con un leggero broncio, «Io...uhm, mi devo un attimo abituare.» si grattò la nuca quello, trovando difficile credere che quello fosse sempre Jungkook.

Si chiese come avesse fatto suo fratello ad adattarsi così in fretta, ed anche se i suoi pensieri potevano risultare quasi irrispettosi, fin quando rimanevano nella sua testa e non vi avesse dato voce, avrebbe avuto la speranza di essere perdonato. Anche quello faceva parte del ricominciare, no?

«Non ti sto per ammazzare, nanetto.» commentò JK, vedendo quanto si fosse irrigidito Jimin dal momento stesso in cui Kookie si era dissociato con la sua persona. Non era strano vedere le persone reagire in quel modo alla loro presenza o al loro cambiamento, era quasi normale cercare di convincere tutti che non rischiavano la vita standogli vicino.

«Ma se sono alto quanto Yoongi!» protestò Jimin, arcuando un sopracciglio con un mezzo broncio a fargli sporgere il labbro carnoso. JK lo guardò come se gli avesse appena detto di apprezzare le gonne e piegò il capo di lato, «Ah, certo. Questo ti rende indubbiamente altissimo.» asserì con sarcasmo, che portò Jimin a guardarlo oltraggiato.

«Ma...! Cosa te ne importa!», sbuffò, tenendo gli occhi fissi per qualche istante sulla sua figura, studiando nel suo complesso l'atteggiamento di JK. 

Forse avrebbe dovuto ripetersi...?

«Devo...Devo ripetere il discorso, quindi? Non posso parlare con Jungkook?» azzardò, sperando di ottenere qualche tipo di informazione circa come funzionasse tutta quella storia e come potesse risultare meno irrispettoso. JK lo fissò per un lungo istante; gli occhi fermi sulla sua figura lo fecero sentire vagamente in soggezione, quasi giudicato nella sua persona e morale. 

Jimin si mosse appena sul letto e arcuò le sopracciglia, piegò il capo e si grattò confusamente una tempia. «Ho detto qualcosa di male?» 

JK storse il muso ma negò con un cenno fermo e netto, portandosi nuovamente i capelli all'indietro. Si pizzicò il ponte del naso per qualche istante e ragionò qualche secondo su come rispondere al fratello di Taehyung senza essere troppo brusco. Nonostante quella tipologia di scrupoli non gli appartenessero, non voleva deludere Taehyung e -soprattutto- lui onorava sempre le sue promesse.

Aveva promesso che avrebbe provato ad andare d'accordo con Jimin e Jin, per cui, quella era l'occasione giusta per dare dimostrazione dei suoi sforzi -anche se era tutt'altro che entusiasta di parlare più del necessario con i fratelli di Taehyung. 

«No, ma non siamo degli stregoni che basta chiedere di parlare con qualcuno di noi perché quello spunti. So già cosa sei venuto a fare, ho sentito il discorso che hai fatto al biscotto e devo dire che, nonostante la mia simpatia nei tuoi confronti sia pari a quella di una ciglia nell'occhio, mi farò andare bene le tue intenzioni. Non solamente per il bene di Jungkook e per l'amore di Taehyung, ma anche per Yoongi.»

Jimin strinse le labbra e si rabbuiò appena, non distogliendo l'attenzione da JK. «Se hai sentito il mio discorso di poco prima, allora significa che hai capito quanto io mi sia pentito di avervi detto quelle cose. Seriamente—», Jimin sospirò dalle narici, che si allargarono appena allo sbuffo.
«Non intendevo prendermela così tanto con voi, ok? Vi ho ferito, ho detto delle cose orribili, ho agito in modo impulsivo e me ne scuso profondamente. Sto cercando di rimediare come possibile, anche se a distanza di tempo, e ti assicuro che mi impegnerò per non ripeterli in futuro.» finì, sperando che la sua sincera determinazione fosse chiara e limpida almeno come i suoi occhi.  

Vide JK protendersi verso di lui fino a che i loro visi non furono ad una distanza minima, tanto che sarebbe bastato un movimento improvviso per poter far picchiare le loro fronti insieme; il principe si poggiò su una mano e strinse gli occhi, spingendo la lingua contro la guancia per un breve istante. 

«Sia chiaro che io non do mai seconde possibilità. Nessuno l'ha mai meritata e non credo tu faccia eccezione ma, a differenza degli altri, hai due fortune dalla tua: essere il fratellino di Taehyung ed essere la persona che Yoongi ama. Questi sono gli unici due motivi per cui posso archiviare ciò che Jungkook ha subìto a causa tua e sorvolare sul fatto che lo abbia ferito a tal punto da spingerlo quasi a farsi del male», scandì JK con tono basso e deciso, «Quindi vedi di non sprecare l'unica opportunità che ti sto dando, perché non ce ne sarà una terza. Sei stato avventato tanto quanto lo sono stato io in passato ed hai ferito tanto quanto ho fatto io, ma Jungkook è una persona fin troppo buona per questo mondo e ti ha già perdonato.» rivelò, facendo una smorfia. 

Non condivideva il temperamento di Jungkook; quest'ultimo tendeva sempre a vedere del buono in chiunque e qualunque cosa; un po' come Kookie, si erano entrambi convinti che ci fossero troppi lati positivi nelle persone e nelle cose per poter perdere tempo dietro i loro difetti e le loro cattiverie. Per questo si sentiva responsabile delle persone che li circondavano e di cosa gli accadesse. 

Jimin annuì con convinzione, facendo un sorrisetto accennato. «Immagino, posso comprendere e anche se non posso cancellare le mie parole, posso evitare di sbagliare ancora una volta.»

JK scrollò le spalle; ed anche se il gesto poteva apparire quasi come uno sminuire la faccenda, in realtà, sembrò fargli assumere una posa particolarmente tesa e decisa. «Come io non posso cancellare i miei gesti ma cercare di rimediarvi come possibile. Però, principe Park, prova anche solo un'altra volta ad essere così coglione e ti spezzo un ditino per volta; quella volta che hai urlato contro Jungkook io non c'ero, ma stavolta ci sono e non ho problemi a prenderti a calci nel culo fino alla fine dei tempi. La lingua usala per deliziare Yoongi, non per dire stronzate.»

Fece un ghigno come notò l'immediato rossore che comparve sulle guance di Jimin, che gli si propagò per tutto il viso mentre spalancava la bocca con fare incredulo ed indignato e scattava in piedi.

«Ya! Non è—cioè,  ,ma..», Jimin grugnì sotto lo sguardo divertito di JK, che osservava il fratello di Taehyung affannarsi per sciogliere la lingua e allontanare l'imbarazzo crescente a quella constatazione accurata ma che non si aspettava venisse propinata tra una minaccia e l'altra. 

«Ti sembrano cose da dire?! Io ne parlo con Taehyung, non con te!» lo rimbeccò Jimin, passandosi una mano sul viso con fare esasperato.

«Fai poco il puritano, sappiamo tutti e due quanto vi piaccia sc—» la frase di JK venne interrotta dallo scatto della serratura e il relativo leggero cigolio dei cardini della porta che veniva aperta e che rivelata la terza figura che, alla vista di Jimin, si bloccò dal parlare.

«Kookie, piccolino, sono tornato!  Guarda cosa ti ho porta—Jimin?!» esclamò con sorpresa, battendo confusamente le palpebre. Fermo sull'uscio, teneva stretta tra le mani una ciotola in porcellana su cui era posato un panno bianco che pendeva dalle estremità; strinse la presa sull'oggetto per richiudere la porta ma la corsa di Jimin verso la sua persona attirò la sua attenzione. 

«Ma che ti prende?» chiese, perplesso. 

Non riusciva a collegare le guance rosse di suo fratello al ridere sommesso e roco di JK che, con occhi ridenti e accesi dalle risa, guardava verso di lui alzando le mani come per dire 'io non ne so nulla' che Taehyung stentava a credere. 

«Tae! Sappi che ti amo profondamente per il tuo tempismo, ti devo una marea di favori tutti insieme!» ciarlò velocemente Jimin, abbracciandolo così di slancio che per poco ciò che stringeva tra le mani non gli cadde. Taehyung lo guardò con confusione crescente, rivolgendogli una breve occhiata mentre Jimin era ancora intento a strizzarlo come un limone. 

«Grazie...?» emise, dubbioso. Jimin gli diede un bacio sulla guancia e annuì velocemente, «Sei il fratello migliore del mondo, ma devo proprio andare via...ci si vede—uhm, credo...?» mugugnò, lanciando un'ultima occhiata a JK che, sventolando una mano verso di lui a mo' di saluto, lo guardò andare via con umorismo crescente.

Jimin si richiuse velocemente la porta alle spalle e Taehyung la fissò per qualche secondo, voltandosi in direzione di JK. «Cosa mi sono perso?» domandò, facendo un sorriso.

Gli andò vicino e posò la ciotola sul comodino, sorridendo molto più ampiamente guardando JK allungare una mano per sbirciare cosa ci fosse oltre il bordo del panno, rivolgendogli successivamente un'occhiata interrogativa. 

«Cosa sono?»

Taehyung scacciò giocosamente via la sua mano. «Sono brioches alla crema. Sono le migliori del mondo e visto che Kookie ama qualsiasi dolce sia con la crema, ho chiesto al cuoco di prepararle» spiegò, ridendo come JK riuscì ad afferrarne una. 

Rotolò sul letto per allontanarsi e non permettere a Taehyung di prenderla e la addentò, allargando gli occhi al gusto zuccherino e vanigliato della crema che, al primo morso, gli deliziò le papille gustative e gli fece emettere un mugugno di piacere. 

«Ma sono per Kookie!» protestò, guardando JK masticare con gusto una brioche. 

Si convinse che ci fosse qualcosa che non andava nella sua persona perché, la vista di JK che si leccava via dalle labbra i residui di crema, gli fece stringere le budella come se si fossero trasformate in anguille. Sentì il cuore fargli una capriola e si morse il labbro, decidendo che fosse meglio andare a cambiarsi per la notte piuttosto che starsene fermo, in piedi, a guardare JK mangiare. 

«Sono anche mie. Il biscotto non è l'unico ad avere uno stomaco», mugugnò a bocca piena JK, osservando di sottecchi Taehyung allontanarsi il tanto che bastava per potersi togliere la giacca.

«Cosa ci faceva Jimin in camera nostra?» domandò con curiosità Taehyung, iniziando a sbottonarsi i polsi della camicia sotto lo sguardo interessato di JK che, masticando lentamente un po' del dolce, sentiva un'altra tipologia di fame, ben diversa rispetto a quella per il cibo.

Scrollò le spalle e si leccò le labbra. «È venuto per scusarsi con Jungkook di ciò che gli ha detto in passato, ma ha trovato il biscotto che, quando si tratta di perdonare qualcuno che ha fatto del male a Jungkook, è un osso duro ed è perfino più intransigente di me.» rispose con una punta di divertimento. Taehyung mugugnò un assenso ed incurvò le labbra in un sorriso accennato, prendendo a sbottonarsi la camicia con fare metodico e veloce. 

«Tipico di Jimin. È  sempre stato un po' una bocca larga, ma sapevo che prima o poi vi avrebbe chiesto scusa.» rispose con fare consapevole e quasi orgoglioso, sfilandosi la camicia per appenderla alla stampella lì vicino e sgranchirsi il collo. 

«Spero per Yoongi che abbia davvero la bocca larga.» commentò JK, rispondendo all'occhiata di sbieco di Taehyung con un un sorriso fintamente innocente e largo.

JK notò che Taehyung fosse stranamente silenzioso e di poche parole, per cui si mise seduto e poggiò la schiena sui cuscini, osservandolo per qualche istante. Dov'era il suo bacio di bentornato? Perché Taehyung non lo aveva ripreso -come al solito- per le sue insinuazioni?

Cooky, cos'è che doveva fare oggi Taehyung?

Sperò di ricevere una qualche risposta ma questa non arrivò, per cui arricciò le labbra ed arcuò un sopracciglio, non avendo possibilità di chiedere a Taehyung cosa fosse successo perché quest'ultimo si era appena chiuso nel bagno; a seguito di quello, un rumore scosciante di acqua gli fece intendere che ne avrebbe avuto ancora per un po', per cui frugò nei meandri della sua memoria per riuscire a capire cosa fosse successo nell'arco di tempo in cui era stato assente. 

Ma era un po' come cercare nelle sabbie mobili, e l'unico che poteva sapere i loro impegni era Jungkook.

Credo d-dovesse incontrarsi con s-suo padre.

JK alzò le sopracciglia e rivolse lo sguardo verso nulla in particolare, rimuginando. Che tipo di rapporto ha con suo padre?

Jungkook sembrò rifletterci qualche attimo. Non troppo b-buono, stando a ciò che mi ha r-raccontato. N-non lo ha mai considerato molto e n-non ha mai avuto alcun tipo d-di rapporto con lui; re Kim è la v-versione menefreghista di mio p-padre, praticamente.

JK schioccò la lingua sul palato. Esiste forse un qualche corso accelerato per essere dei padri di merda? Secondo me erano compagni di studio commentò, facendo ridere sommessamente Jungkook. 

Potrebbe e-essere, ridacchiò quello, Ma Taehyung n-ne ha sempre sofferto t-tantissimo di questa cosa. C-come mai me lo chiedi?

Perché mi è sembrato un po' strano, tutto qui.  

Rimasero a parlare fin quando Taehyung non fece nuovamente la sua comparsa, avvolto da una nuvola di vapore ed un odore muschiato e intenso dovuto al sapone. Lo guardò sfilare silenziosamente attraverso la stanza, salire sul letto e distendersi al suo fianco, sospirando profondamente ad occhi socchiusi e labbra strette. 

JK si issò su un avambraccio e lo scrollò appena per un braccio. «Principessa, com'è andata con tuo padre?»

Taehyung rimase nella stessa posizione iniziale e mormorò un «Bene.» che gli fece roteare gli occhi per la seccatura.

Gli occhi chiusi di Taehyung si riaprirono solamente perché un peso si era posato su di lui, schiacciandolo sul materasso; le labbra gli si incurvarono in un sorriso ed una mano scivolò tra i capelli corvini, contento di sentirli scorrere nuovamente tra le dita. JK si era disteso su di lui e aveva posato la guancia sul palmo della mano, sbilanciandosi leggermente di lato per stare più comodo e per godersi le carezze per cui aveva un serio debole. 

Lasciò che le dita di Taehyung giocherellassero con i suoi capelli e li portassero all'indietro deliziandolo con il suo tocco delicato, ed attese che quelle iridi cerulee a lui tanto familiari si schiarissero un po' da quelle ombre che minacciavano il loro splendore.

«Ti rifaccio la domanda, principessa: com'è andata con tuo padre?»

Taehyung arricciò il naso e fece una smorfia; le dita si arrestarono dal coccolarlo per qualche secondo prima di riprendere a carezzarlo con rinnovato affetto. «E' andata bene. Credevo non ci fosse cosa più importante del suo titolo di re e che io, Jimin e Jin fossimo solamente di contorno, perché ha agito sempre come se non esistessimo. Però, forse, a non esistere per lui sono solamente io.» rifletté con tono basso e pacato, abbozzando un sorriso che non raggiunse mai i suoi occhi. 

JK aggrottò profondamente le sopracciglia, irrequieto, e le dita di Taehyung scivolarono sul ponte del suo naso più volte, premendogli la rughetta sulla fronte per appianarla. 

«Perché dici così? Che ti ha detto?»



Taehyung avanzò lentamente verso dove la servitù gli aveva comunicato che suo padre, re Kim, lo avesse convocato. Accantonata la sorpresa nell'apprendere che suo padre fosse tornato dalla sua "romantica" fuga per poter presiedere al matrimonio di Jin, si sistemò la giacca passandoci su le mani diverse volte. 

Fece un profondo respiro e bussò alla porta picchiandoci contro le nocche. «Padre? Avete richiesto la mia presenza?» si annunciò Taehyung, socchiudendo la porta per guardare l'interno dell'enorme libreria dove -a quanto pare- era atteso. 

In cuor suo, era sinceramente felice che, come prima cosa non appena di ritorno, suo padre avesse chiesto di lui e avesse deciso di dargli udienza; non lo aveva mai fatto in tutti quegli anni di vita a palazzo -se non per comunicargli qualcosa relativo ai suoi impegni- per cui ebbe modo di credere che la sua assenza fosse stata notata. 

Vide suo padre annuire e fargli un cenno di entrare con un movimento leggero della mano, rivolgendogli un'occhiata tranquilla che gli scivolò addosso come Taehyung rivelò la sua intera figura.

«Entra, Taehyung. Ti stavo aspettando.»

Taehyung si richiuse la porta alle spalle e prese posto sulla poltrona posta di fronte al basso tavolino in noce, che lo divideva dall'immenso divano su cui suo padre se ne stava seduto. Notò immediatamente che la fede che suo padre non aveva mai tolto non fosse più presente al suo anulare e che, tra le mani, stringeva quello che Taehyung aveva identificato come whisky. 

Il colore ambrato simile a quello del miele emetteva bagliori caldi quando colpito dai riverberi delle luci soffuse dei paralumi che decoravano la sala lettura. E poi, Taehyung era a conoscenza dell'amore viscerale di suo padre per quel liquore aromatico e vagamente dolciastro. 

Rimase in silenzio e scosse la testa come una delle domestiche si era avvicinata a lui con un vassoio ed un bicchiere ricolmo dello stesso liquido dorato, reprimendo il lieve disappunto al gesto. Anche i muri sapevano che lui e l'alcool non erano buoni amici e che il gusto forte e amarognolo dello stesso non incontrava minimamente i suoi gusti. 

Attese a labbra chiuse ma ad occhi curiosi che suo padre prendesse la parola -perché era certo che lo avesse fatto, avveniva sempre quello. 

«Non sei cambiato molto, Taehyung.»

Appunto.

Nel sentire quella lieve constatazione quasi non gli venne da ridere; era uno dei motivi che davano prova di quanto poco suo padre lo conoscesse. Se avesse posto attenzione in passato, avrebbe sicuramente notato che Taehyung si sentiva ed era diverso. Lo era per davvero; dalla sua posa non rigida ma estremamente pacata, dalla sua espressione non più solamente vuota ma ricca di emozioni nascoste ed imperscrutabili che, però, contribuivano a renderlo austero ed elegante.

Fece un mezzo sorriso ed accavallò le gambe, rimanendo fermo nella sua compostezza. «Dipende, padre. Il non cambiare sottintende positività?» domandò, l'ombra dell'ilarità ad avvolgere la sua domanda. 

Re Kim scrollò le spalle e lasciò vagare lo sguardo dietro di lui, sulle lunghe file di scaffali ricolmi di manuali, pergamene e trattati di cui non ricordava nemmeno l'esistenza. I ripiani più alti erano adombrati e scuri, in quanto la soffusa luce aranciata non riusciva a raggiungere i soffitti alti della stanza.

Taehyung fu grato a suo padre per aver scelto quel luogo e non il suo studio; le luci confortevoli riscaldavano non solamente l'ambiente ma anche il suo animo. La libreria, infatti, erano uno dei suoi luoghi preferiti, la stanza dove trascorreva gran parte del tempo e dove aveva trascorso notti e notti insonni passate a leggere e studiare. 

Era un po' la sua fuga dal mondo, quel luogo dove tante testimonianze di menti, pensieri, parole ed opinioni diverse si incontravano e coesistevano come un'insieme infinito di sistemi solari in una galassia.

Tra quegli scaffali, storie e parole attendevano solamente di essere lette e vissute, per poi essere riposte e custodite nel tempo, e Taehyung apprezzava maggiormente la compagnia di un buon libro che di un qualcuno la cui esistenza era vuota come lo sguardo di re Kim.

«Il cambiamento può essere positivo o negativo; ma se il primo è ciò di più auspicabile, il secondo rimane sempre un'opzione. E tra il peggiorare e stanziarsi, allora è meglio rimanere fermi ad attendere di essere pronti a proseguire puntando sempre in alto.»

«Ad maiora semper.» citò Taehyung quasi in automatico, sorridendo verso sé stesso. Quella era una delle centinaia di locuzioni latine di cui suo padre faceva uso per ricordargli non solamente di essere parte di una casata reale, ma anche per rimarcare il fatto dovesse fare di più. Aveva avuto la singolare capacità di rendere un'espressione augurale e positiva una sorta di velato rimprovero per non aver fatto abbastanza. 

Re Kim fece una bassa risata vuota come il fondo del bicchiere che guardava con rammarico e annuì, sospirando subito dopo. 

«Ad meliora et maiora semper,» continuò quindi, rialzando gli occhi su Taehyung, «Sei sempre stato un buon ascoltatore, Taehyung. Proprio come tua madre.»

Il commento lo lasciò di stucco, tanto che si permise di esprimere tutta la sorpresa del caso sgranando gli occhi e guardandolo come se stesse dubitando di aver udito seriamente quelle parole. Cercò gli occhi di suo padre, ma questi erano fermi ed intenti a fissare con velata malinconia il nuovo sorso di whisky versato nel calice.

«Era una creatura superiore, a volte stento a credere di averla avuta al mio fianco. Era in grado di vedere e sentire cose, in un semplice discorso o gesto, che comunemente sarebbero passate inosservate o ignorate. Con lei, se ne è andata via anche una parte di me.» rifletté re Kim, prendendo un sorso di liquore e trattenerlo in bocca per qualche attimo al fine di godersi l'intenso aroma del liquido pregiato. 

«Sei così simile a lei, Taehyung. Forse più di quanto tu creda.»

Taehyung arcuò appena le sopracciglia, abbassando gli occhi sulle sue cosce per qualche secondo. Lo stupore per la tipologia di discorso non si era affievolita ma, anzi, era cresciuta a dismisura nel suo animo, alimentando il piccolo quanto consueto senso di colpa -lo stesso che aveva curato con tempo e fatica- che aveva iniziato a pungergli il cuore come la punta di un ago. 

Il tono soffuso di suo padre, quella malinconia di cui le sue parole erano intrise, quell'ammissione della sua similitudine con la madre...avrebbero sicuramente fatto piacere a chiunque. 

Ma non a lui. 

Non quando, per tutta la vita, gliene era stata fatta una colpa. 

«Padre, non credo che—», le parole gli morirono sulle labbra all'occhiata che gli rivolse re Kim.

«Ormai è andata così. Non posso riportarla indietro, posso solo contemplare il suo ricordo. E sono anche certo che, se potesse, mi guarderebbe con profondo disappunto.» Re Kim fece un sorriso a labbra chiuse e fu come se avesse appena messo a fuoco un ricordo lontano, lasciando che lo sguardo si perdesse qualche secondo nell'infinito tra loro.

Taehyung arricciò le labbra. «Non credo che lo farebbe. Come avete detto voi, era capace di vedere oltre le semplici apparenze; siete riuscito a portare avanti il regno e a fornire a me e ai miei fratelli l'istruzione necessaria per essere dei buoni principi... credo che questa possa essere considerata una vittoria.»

Re Kim strinse le labbra e rivolse lo sguardo al soffitto, giusto il tempo per permettere a Taehyung si ricomporsi e ritrovare la forza necessaria a tornare a mostrarsi quasi indifferente a quella conversazione. La punta di quell'ago era ancora lì, a pungere un angolo del suo cuore, ma era sopportabile fintantoché non fosse stata resa più insistente. 

«Sei felice, Taehyung?»

Aveva appena trovato la sua compostezza quando una nuova ondata di stupore e sorpresa gli si abbatté addosso; lo sbalordimento lo portò a sgranare gli occhi e le labbra gli si schiusero inconsapevolmente mentre, quasi in automatico, iniziava a giocherellare con la fede al suo anulare. Quella domanda lo aveva spiazzato almeno tanto quanto il discorso di suo padre, ed era quasi incredibile che proprio il re -il re!- gli chiedesse e si interessasse della sua felicità. 

Quell'atteggiamento apparteneva poco alla persona che era suo padre, e solo quando quest'ultimo ripeté la domanda, assicurandosi di scandire perfettamente le parole, Taehyung sembrò ritornare in sé. Si diede un pizzicotto per ridestarsi da quello che sembrava a metà tra un sogno e un quasi tormento e deglutì a vuoto. 

La gola era secca e la bocca ancor di più, ma la voce c'era ancora e sperò che non lo tradisse. 

«Sì, lo sono.»

Lo pronunciò senza alcuna esitazione, senza alcun tentennamento e con voce ferma e decisa tale da riuscire a sorprendere perfino sé stesso; sostenne lo sguardo di suo padre mentre confermava che sì, lui era felice, lo era per davvero e non aveva alcun motivo per nasconderlo. 

Che suo padre non lo fosse più da tempo non era più una questione che lo riguardava, perché aveva già scontato abbondantemente la sua colpa di essere nato. 

«Lo sei veramente?» insistette re Kim, con una tenacia che lo colpì.

Taehyung piegò leggermente il capo ed alzò un sopracciglio, non riuscendo a leggere tra le righe del discorso che stavano affrontando.

«Perché non dovrei esserlo?» ritrattò.

Re Kim accolse l'implicita sfida ed un barlume del re che Taehyung soleva conoscere ritornò ad illuminargli le iridi, salvo poi spegnersi e morire sulla smorfia di costernazione di quelle labbra sottili. 

«Perché nessuno dei tuoi fratelli lo è. Non credere che non me ne sia accorto; posso essere un padre severo, ma dalla mia ho quelli che un tempo venivano chiamati sbagli e che adesso vengono definiti esperienze, e so riconoscere quando qualcuno non è felice per causa mia», replicò il re.
«Riconosco che ti ho riservato un trattamento un po'...singolare, oserei dire. Ti ho considerato sempre molto poco, ma sai, è sempre difficile ammettere di aver trascurato un qualcosa di importante per dedicarsi ad altro.»

Taehyung sentì il cuore rimbalzargli nel petto e strabuzzò gli occhi perché non stava sognando, vero? Suo padre si stava preoccupando per lui?

Della sua felicità?

Si sentì quasi sollevato all'idea che, finalmente, nonostante avessero passato praticamente l'intera vita a scontrarsi-lui a cercare di farsi accettare e suo padre a rinnegare la sua esistenza- avessero trovato un punto di incontro tale per cui suo padre sembrava averlo accettato così per com'era. Con i suoi difetti, con i suoi pregi e con le sue peculiarità. Nonostante fosse stato doloroso vederlo voltare lo sguardo ogni volta che gli rivolgeva la parola o lo richiamava, era disposto a mettere da parte le vicissitudini occorse per iniziare daccapo. 

Gli sembrava quasi assurdo che suo padre gli stesse facendo quel discorso, tanto che non stava riuscendo a distinguere le sue sensazioni o dargli un nome -né tantomeno capire se fossero positive o meno. 

Erano solo...strane.

Assurde.

Quasi inconcepibili.

Sulle labbra di Taehyung si dipinse un sorriso più dolce e mimò un assenso con il capo. «Sì, padre. Sono davvero felice; ho un marito splendido ed un matrimonio che lo è altrettanto, non avrei potuto desiderare di più. Non vi ringrazierò mai abbastanza per avermi annunciato le nozze con Jungkook, quel giorno» rispose con sincerità, sentendo l'orgoglio gonfiargli il petto e velargli la voce. 

Re Kim lo ascoltò attentamente, mugugnando con fare pensieroso, facendo roteare il calice in modo che l'aroma del whisky gli inebriasse l'olfatto e non soddisfacesse solo il gusto. Soppesò attentamente le parole di Taehyung e si massaggiò gli occhi con il pollice e l'indice, in movimenti circolari sulle palpebre chiuse, facendo una smorfia che doveva sembrare un sorriso. 

Taehyung rimase interdetto vedendo sul volto di suo padre quella che non sembrava gioia né sollievo nel sentire che fosse felice del suo matrimonio; al contrario, sembrava quasi...rammaricato?

«Ci sono riuscito con te in modo totalmente involontario e non sono riuscito a rendere felice tuo fratello Seokjin. Per lui ho passato mesi e mesi a valutare tutte le proposte di matrimonio nel dettaglio, organizzando banchetti e cerimonie. per poi accorgermi che la felicità non fa parte neanche del suo vocabolario.»

Taehyung non era sicuro di volere ascoltare il proseguo del discorso ma, nondimeno, si mise in ascolto prendendo una profonda e silenziosa boccata d'aria. 

«Capisco.»

Suo padre storse il muso. «È sempre stato così intelligente, spigliato, così perfetto per il ruolo di re. Vedendo l'uomo e il principe che è diventato, ho pensato che avrei saputo concludere la sua felicità lasciandogli il posto al trono; in lui e in Jimin ho riposto tutte le mie aspettative per questo regno, mi chiedo dove abbia sbagliato.»

Taehyung sarebbe voluto andare via. 

Nel momento stesso in cui suo padre aveva iniziato l'ennesimo discorso su quanto Jin fosse perfetto, su quanto lo rendesse orgoglioso e su quanto lui fosse il figlio desiderabile e desiderato, la sua voglia di alzarsi e andare via si era ripresentata con puntualità svizzera. Quell'argomento era ancora un nervo scoperto nel suo animo. Non provava alcun tipo di astio nei confronti di suo fratello, lui non aveva nulla a che vedere con il comportamento di suo padre; ma non era mai bello stare ad ascoltare le elucubrazioni mentali del re circa la mancata felicità di Jin, non sapendo se il suo non essere incluso nel discorso fosse voluto o meno.

Non provava invidia nei confronti di Jin o Jimin, non provava alcun rancore nei loro confronti per quella palese preferenza, ma odiava quando veniva utilizzato come valvola di sfogo per elogiare gli altri fingendo di tenere alla sua felicità.

Abbassò gli occhi sulle sue mani e si morse la guancia, sfiorando con l'indice il cerchietto d'oro giallo che gli adornava l'anulare, soffocando a stento la sua voglia di andare via e di tornare nella sua stanza, dove ad attenderlo c'era qualcuno che lo apprezzava per quello che era senza metterlo in secondo piano come se fosse un soprammobile superfluo.  

«Mi è stata sempre a cuore la sua felicità, avrei voluto che mi parlasse delle sue perplessità piuttosto che vederlo adempiere ai suoi doveri soffocando il proprio io.»

«Se è così, avreste dovuto chiedere di Jin di incontrarvi, non a me.» lo interruppe Taehyung, avendo raggiunto il grado massimo di sopportazione che la vita gli aveva donato. Se poco prima aveva sentito le spalle più leggere e il cuore più contento, il macigno che si era trascinato dietro da tutta una vita era tornato a gravare sulla sua schiena con, forse, più pesantezza di prima. 

Re Kim alzò gli occhi su di lui con un chiaro cipiglio interrogativo, come se si fosse appena reso conto della presenza di Taehyung nella stanza con lui. Guardò suo figlio rizzare le spalle, mollare la presa sulla sua fede per assumere un'espressione drasticamente diversa rispetto a quelle che gli aveva visto fare fino a quel momento. 

Contrariato, irritato e pacatamente innervosito, il volto di Taehyung era diventato una sorta di maschera inespressiva perché tutte le emozioni sembravano essere racchiuse in quelle iridi illuminate dalla determinazione e dall'inflessibilità. 

Le labbra erano strette in una linea sottile e dura e le sopracciglia creavano due ombre nette e precise sugli occhi furenti. 

«Per quale motivo avete richiesto la mia presenza? Cosa volevate dirmi, esattamente?» interrogò Taehyung, controllando la voce affinché risultasse bassa e inflessibile. 
«Vi interessa davvero la mia felicità o volevate solamente fare un paragone tra cosa fosse andato storto nelle vostre decisioni? Vi duole sapere che l'ultimo dei vostri figli, quello che meno avete considerato e a cui non avete mai mancato di far notare la colpevolezza di aver ucciso la regina, possa essere più felice degli altri?»

Re Kim alzò un sopracciglio verso di lui, senza però rispondere. 

Il sentimento di dolore che provò Taehyung in quella tacita affermazione che avesse dannatamente ragione si propagò nel suo petto simile ad una scarica dolorosa, arrivando ad intaccare i suoi nervi ed i suoi occhi, che avrebbero voluto sciogliersi in lacrime di rabbia. 

«Ho passato la mia intera vita a cercare di compiacervi e di rendervi orgoglioso di me. Ho studiato il doppio di quanto mi fosse necessario, ho sempre acconsentito alle vostre decisioni senza mai lamentarmi, e nonostante non abbiate avuto alcuna delicatezza nel comunicarmi costantemente il vostro disappunto e rammarico nell'avermi intorno, non vi ho mai dato la colpa di nulla.» 

Taehyung strinse le mani in due pugni chiusi e stretti; gli tremarono appena e le mascelle si serrarono per il nervosismo, sentendo quella bolla insostenibile crescere ed avvilupparlo quasi soffocandolo. 

«Se la vostra preoccupazione è la felicità di Jin o di Jimin, dovreste parlarne con loro, e non perdere il vostro tempo dietro la gonna di qualche dama di corte.» sibilò, non sentendosi minimamente toccato dal bagliore irritato appena passato negli occhi di suo padre.

«Taehyung, la tua sfacciataggine e la tua irriverenza non sono mai cambiate.» constatò re Kim, posando il bicchiere sul tavolino di fronte a loro mentre lo guardava con aria di sfida. 

Come se Taehyung fosse tipo da tirarsi indietro.

«E non cambieranno mai, se è questo quello che cercate di dirmi o che sperate di ottenere. Mi chiamate con l'illusione di volere avere a che fare con me; per un attimo ho sperato di essere visto come un qualcuno di diverso da un rimpiazzo, come qualcosa di più di un errore, e per una volta che avevo sperato che vi interessasse veramente di come stessi, l'unico discorso che riuscite ad articolare tra un sorso di whisky e l'altro è volto a palesarmi la vostra insoddisfazione nel sapermi più felice dei miei fratelli?!» esclamò, non accorgendosi nemmeno di essere scattato in piedi mentre sibilava, incollerito, quelle parole che facevano male da pensare e ancora di più da articolare. 

Ignorò l'occhiata di avvertimento di suo padre e quello strinse gli occhi nella sua direzione. «Sono comunque tuo padre e sono ancora il re, Taehyung. Prendi posto, non abbiamo ancora finito.»

Taehyung assunse una posa risoluta e fece un sorriso di scherno. «Vero, siete mio padre, ma non siete più il mio re. Vogliate scusarmi, mio marito mi attende.»


JK guardò Taeyung finire il suo racconto con voce inespressiva ed occhi vuoti puntati sul soffitto; le braccia erano mollemente posate sul suo stomaco come se fosse stato svuotato di qualsiasi emozione. 

Si issò sui palmi posando le mani ai lati della testa di Taehyung in modo che il suo viso fosse alla stessa all'altezza di quello dell'altro e lo scrutò per quelli che sembrarono minuti interi; non gli piaceva quell'espressione, non gli piaceva sapere che qualcuno ferisse l'altro in quel modo, che venisse svilito e sminuito nel suo valore originario. 

Quel modo di agire di re Kim gli ricordava un po' il re Jeon, il padre di Jungkook. Erano diversi, ma avevano diverse caratteristiche in comune, tra cui quell'incaponimento circa la perfezione di qualcuno e lo svilimento di qualcun altro con il solo scopo di farli cadere per renderli poveri d'animo almeno quanto loro. 

«Principessa.» chiamò JK in un sussurro, non proseguendo il discorso fin quando gli occhi di Taehyung non furono nei suoi. Quest'ultimo alzò una mano e gli sfiorò lo zigomo con la punta delle dita, sorridendo appena all'addolcirsi dei tratti di JK, «Sto bene, non preoccuparti. Sapevo già che sarebbe finita così.»

JK arcuò un sopracciglio e corrucciò appena le labbra. «Se lo avessi saputo non avresti quest'espressione che mi fa venire voglia di andare da tuo padre e gettarlo in un dirupo.» fu la piccata risposta che ricevette Taehyung.

Ridacchiò rocamente e gli pizzicò il naso, facendo scivolare l'indice sulle labbra di JK; gli occhi si accesero nuovamente di contentezza e le labbra si stirarono in un ampio sorriso per come JK le baciò via via che passavano sulla sua bocca.

«Diciamo che la speranza è l'ultima a morire. Credevo avesse qualcosa di diverso da dirmi, e invece...non è stato propriamente così. Ma non preoccuparti, mi scivolerà addosso senza neanche intaccarmi.» fece spallucce Taehyung, alzando le sopracciglia all'occhiata maliziosa che gli rivolse JK.

Le labbra di quest'ultimo si incurvarono in un piccolo ghigno che trasudava furbizia e Taehyung seguì con gli occhi la lingua che, lentamente, umettò voluttuosamente il labbro inferiore. 

«Sai cos'altro ti scivolerà addosso, e non solo, stasera?» gli mormorò, chinandosi su di lui per strofinare il loro nasi e sorridere apertamente come le gambe di Taehyung si erano appena avvolte alla sua vita. Questo scosse giocosamente la testa e risucchiò il respiro sentendo la lingua di JK lasciargli una lenta lappata sul collo. 

«Io.»













✁✁✁✁✁✁✁✁

NDA: Nihao a tutti ♡

Questo capitolo lo adoro per qualche motivo non meglio identificato; forse per la conversazione tra Kookie e Jimin che mi ha letteralmente uccisa, o anche il confronto con re Kim.

Per chiarire qualsiasi dubbio: sì, Kookie è stato presente per tutto il tempo. E' stato lui ad aprire la porta e portare avanti il discorso, Jungkook non era presente ^^

Non ho moltissimo da dire per questo capitolo perché è stato tranquillo, funny (credo), a bit angsty e con quella nota picanto tipica di JK che lo ha reso abbastanza variegato e che lo ha fatto rientrare direttamente tra i miei preferiti. 

Però...

Tic toc, tic toc, tic toc non abbassate la guardia ◕‿◕

Grazie per aver letto, a presto ♡






Fortsæt med at læse

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