Venenum

By LadyUzumakyEfp

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Tutti amano le storie di magia... More

I
III
IV

II

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By LadyUzumakyEfp

Camminando per gli infiniti corridoi, la Sala Grande non poteva sembrare più lontana. Erano stanchi, provati dal viaggio e desiderosi di raggiungere al più presto i loro tanto attesi giacigli, ma no, non potevano. Dovevano assistere alla cerimonia di smistamento, come ogni anno, ed accogliere i nuovi arrivati con entusiasmo, prima di poter fare qualsiasi altra cosa. Avevano avuto giusto il tempo per lasciare i bagagli nelle loro stanze, cambiarsi ed indossare la classica divisa con la tunica nera e i ricami della loro casata e correre alla cerimonia, per nulla propensi a prendersi una ramanzina, se non peggio, dal preside Phineas Nigellus Black.
Phineas era un ex studente di Hogwarts, un Serpeverde dal sangue puro e dal lignaggio nobile. Un uomo tutto d’un pezzo che a stento riusciva a nascondere – non che volesse farlo- il suo disgusto per i mezzosangue ed i figli di babbani –i comuni esseri umani privi di magia. Non si poteva definire una persona generosa e caritatevole; oltre a questo odiava insegnare e a stento riusciva a considerare i giovani la promessa per il futuro. Era arrivato dov’era grazie alla sua spropositata ambiziosità, in grado di creargli una certa reputazione anche al di fuori delle mura del castello. Nessuno voleva finire nella sua lista nera, era tanto spaventevole da far ricredere anche i più fastidiosi dei Serpeverde. Che questi avesse un occhio di riserva per gli studenti della sua ex casa, però, era noto. Si poteva parlare di ingiustizie, se non si temeva per la propria lingua.
Le intricate porte principali del salone erano spalancate, segno che erano ancora in tempo per poter raggiungere il proprio tavolo ed accomodarsi. All’interno vi erano quattro, come quattro erano le sezioni, lunghe tavolate piene di studenti, che percorrevano l’intero spazio per il lungo. Sul fondo si ergeva- perpendicolare agli alunni, su una piattaforma sopraelevata-, il tavolo dei professori, al cui centro si trovava la sedia d’oro dove di lì a pochi minuti si sarebbe seduto il Preside. Le decorazioni che si potevano rimirare lì dentro erano le più belle e magiche di tutta la scuola, a partire dalle semplici candele sospese in aria che la illuminavano, insieme ai grandi candelabri lavorati, agli angeli in pietra posti a lato dell’entrata. Il soffitto era stato, oltretutto, incantato in modo tale da rispecchiare il cielo esterno, quindi grandi nubi minacciose si ammassavano l’una sopra l’altra lasciando cadere immaginarie gocce di pioggia sopra le loro teste.
Lu Han salutò i compagni della squadra di Quidditch, sedendosi a fianco a loro e in un battito di ciglia fu sommerso di saluti da parte degli altri ragazzi, entusiasti di poterlo rivedere dopo quei lunghi mesi in cui avevano dovuto separarsi da lui.
 
“Non mi ci abituerò mai.”
“Dovresti. Sei amico di una celebrità, questo vuol dire che la fama arriverà anche a te, volente o nolente.”
“Piuttosto gli sputo in un occhio.”
“Kai! Che diavolo dici. Poi non è che noi siamo così da scartare, mh. Siamo qualcuno, anche se di certo non siamo lui…”
 
Chanyeol guardò Lu Han venir abbracciato da più e più ragazzine, incapace di rifiutare loro il saluto tanto agognato di inizio anno. Era una cosa che aveva dovuto fare per arrivare a patti con coloro che da lui volevano più di un sorriso ogni tanto. La soluzione era quindi stata che, il primo giorno all’anno avrebbe permesso un abbraccio a tutti coloro che ne avrebbero fatto richiesta. Dopo di che, tramontata la luna, non avrebbe esitato a pietrificare all’istante chiunque avesse anche solo tentato di sfiorarlo con un dito.
Tutto d’un tratto il soffuso chiacchiericcio si interruppe, segnalando l’entrata del Preside sulla piattaforma. L’uomo, di media altezza, guardò austero i propri alunni, concentrandosi sulle diverse file di ragazzini in piedi davanti al corpo docenti. Prese nota del leggero tremolio di alcuni, del continuo spostare il peso di altri, fino a soffermarsi con un leggero sorrisetto su coloro che, spavaldi, lo fissavano dritto in volto, con schiena ritta e petto in fuori. Batté le mani un paio di volte e il cielo sul soffitto trasmutò in una notte serena, dando inizio alla cerimonia e al grande banchetto.
 
 

❧❧❧

 
 
La mattina seguente conferiva l’inizio, con le prime lezioni, all’anno scolastico.
La Torre di Grifondoro dava ritrovo alla casata dall’omonimo nome, ospitandone la Sala Comune e i dormitori. Essi erano protetti dal quadro della Signora Grassa, posto lungo il muro delle scalinate della torre, rendendo invisibile ad occhi estranei ed indiscreti l’entrata. La Signora Grassa abitava il quadro da innumerevoli anni, ma non faceva che blaterare di continuo di quando era stata dipinta, come se fosse stato appena qualche giorno prima e non decenni. Si riputava ancora molto giovane e avvenente ed era sempre in vena di chiacchierare con chi riteneva affascinante abbastanza per intrattenerla.
Una cosa che si doveva sapere era che, i quadri, erano trasposizioni di persone realmente esistite e vissute, che possedevano la conoscenza di questi e potevano muoversi e parlare come se avessero volontà propria. Solo personaggi importanti potevano avere l’onore di presidiare in uno di essi.
Per poter superare la vigilanza del quadro -e passare quindi attraverso il passaggio segreto alle sue spalle-, era necessario dichiarare la parola d’ordine annunciata dal prefetto dopo il banchetto iniziale, che spesso poi veniva cambiata nell’arco dei trimestri per scongiurare invasioni indesiderate da scaltri ascoltatori.
L'ingresso prevedeva un piccolo corridoio che si apriva poi su un immensa sala arredata con colori caldi e forti, quali il rosso e il giallo; le pareti erano rivestite, lì dove non si vedeva la nuda pietra, con carta da parati figurata ed erano presenti svariati quadri. Il pavimento era quasi completamente nascosto da grandi tappeti. Comode poltrone, con soffici cuscini, di rosso velluto erano posizionate, assieme ad un piccolo divano, davanti ad un altero ed imponente camino di pietra grigia. Tavolini di legno scuro davano appoggio a lampade e decorazioni varie, assieme a mobili pieni di libri. L'unica altra porta presente dava sulle scale che portavano al dormitorio maschile e a quello femminile. Sfiducia aveva spinto i fondatori ad impregnare di magia le scalinate, facendo sì che nessun maschio sarebbe mai stato in grado di arrivare alle camere delle ragazze; esse infatti diventavano uno scivolo, al solo contatto di una suola di scarpa maschile sul gradino successivo alla porta del primo dormitorio. Erano un totale di quattordici stanze per anno, in cui all'interno si potevano avere dai tre ai quattro letti a baldacchino. Seppur condivisa, la stanza era ampia e confortevole, ed ognuno aveva per sé lo spazio necessario per riporre tutte le proprie cose senza aver paura di non trovar loro posto.
 
Lu Han era sommerso sotto voluminose coperte, lontano anni luce dal tempo presente, con sogni più vividi di quanto sarebbero dovuti essere. Nonostante ciò, la luce che cominciò a filtrare dalle persiane arrivò dritta sul suo volto, portando macchie nella sua visione oscura, obbligandolo lentamente a riprendere conoscenza. Cominciò ad arricciare il naso, provando a nascondersi meglio sotto il lenzuolo dal profumo di pulito, ma finì per peggiorare le cose, quando gli mancò l'aria. Aprì gli occhi, strizzandoli, per poi richiuderli immediatamente, scocciato. Voleva continuare a dormire, non era ancora pronto ad abbandonare il dolce tepore e la morbidezza del materasso. Dai grugniti che gli giunsero alle orecchie, nemmeno Kai e Chanyeol lo erano, ma questo era di poca importanza. Se la luce aveva iniziato a filtrare, voleva dire solo una cosa: era tempo di alzarsi. Presto la magia che oscurava le finestre sarebbe sparita del tutto, segnando l'ultimo rintocco della sveglia naturale che gli era imposta. Se avessero aspettato fino a quel momento, molto probabilmente sarebbero arrivati in ritardo.
 
"C-Chanyeol..."
 
Kai portò un braccio fuori dalle coperte, girandosi fino ad essere a pancia in su, colto da un improvviso colpo di calore. Era sempre così, appena si svegliava non riusciva più a sopportare di essere intrappolato nel lenzuolo. Con un movimento brusco spinse via tutto, scalciando un po' anche, liberandosi.
 
"Joongiiin."
 
Si lamentò Lu Han, la cui ultima speranza di poter dormire ancora qualche minuto in più era appena stata infranta. Si mise a sedere a fatica, provocando il riso di Kai - unico sveglio oltre a lui, a quanto pareva- con il suo bellissimo aspetto.
 
"Mi mancava vederti al mattino, Lu."
"Oh, come se tu sei messo meglio!"
"Fossi... Si dice fossi"
"Argh! Sveglia Chanyeol invece di metterti a fare il grammar nazi alle cinque e mezza di mattina, brutto bipolare di mia nonna."
 
Si lasciò ricadere sul materasso, bofonchiando fra sé e sé mentre con le mani cercava di sistemarsi i capelli come meglio poteva, tenendo sotto controllo con la coda dell'occhio che l'altro facesse ciò che gli aveva detto.
Kai si alzò lentamente, divertito, per poi compiere i pochi passi che lo separavano dal letto a baldacchino di Chanyeol e saltarvici sopra.

   ❧❧❧


 
Tenere i libri di Rune Antiche gli stava costando la sensibilità nelle braccia. Erano veri e propri mattoni, rilegati con una spessa copertina di vecchia pelle sgualcita. Non aveva problemi con il fatto che fossero usati, in fondo appartenevano a suo padre e non li avrebbe scambiati per nulla al mondo… ma fatto non toglieva che lo stessero sfiancando. Non poteva nemmeno scaricarli a Chanyeol o Kai, visto che entrambi avevano corsi differenti dal suo. Essere ad anni diversi era davvero una cosa antipatica.
Nonostante questo, la compagnia ce l’aveva. Era difficile per lui riuscire a rimanere solo, c’era sempre qualcuno pronto ad importunarlo in qualche modo, desideroso della sua attenzione.
Lu Han spesso e volentieri si era ritrovato a desiderare con tutto se stesso di poter rimanere da solo e finalmente, dalla metà dello scorso anno, era riuscito a trovare un luogo perfetto per nascondersi dal caos circostante. Non fraintendiamo, amava essere in compagnia… ma dei suoi amici.
Rune Antiche faceva parte delle materie a scelta che gli era permesso di seguire ora che aveva finito e superato gli esami G.U.F.O. del quinto anno. Era interessante, gli era sempre piaciuta l’idea di poter leggere linguaggi antichi, anche se spesso la professoressa la rendeva più noiosa di quello che in realtà era.
 
“Lu Han.”
 
L’improvviso saluto lo riportò con i piedi per terra, facendogli sollevare lo sguardo, perso, che inconsciamente aveva tenuto sul pavimento per tutto il tragitto. Sbatté un paio di volte le palpebre per riacquistare lucidità, guardandosi intorno sperduto, prima di agganciare finalmente chi gli aveva rivolto la parola. Sollevò il capo e la schiena, cercando di recuperare i libri che pian piano gli erano scivolati verso il basso, annuendo con il capo prima di parlare a sua volta.
 
“Xiumin.”
“Oh dai, è tutto qui quello che hai da dirmi?”
 
Lu Han aggrottò le sopracciglia, confuso, continuando a camminare con Xiumin ora al suo fianco. Erano entrambi al sesto anno e, per una strana coincidenza –Lu Han non la credeva poi tanto strana- frequentavano entrambi lo stesso corso.
 
“Non capisco.”
“Sei ancora fissato con quella storia, non ci credo. Ti credevo diverso.”
 
Xiumin aspettò giusto qualche secondo, consapevole di aver irritato l’altro, prima di sentirlo alzare la voce e poi abbassarla, resosi conto del possibile orecchio sempre all’ascolto, finendo per sussurrare urlando.
 
“Ti ho detto di smetterla! Apparteniamo a case diverse, non rivolgermi la parola davanti a tutti come se nulla fosse, non camminarmi a fianco e non cercare di sederti vicino a me a lezione! Quante volte te lo devo dire, Xiumin? Noi non possiamo interagire, ok?”
“Questo non c’è scritto da nessuna parte.”
“Non far finta di non capire! Quanto ti odio quando fai così.”
“Sono io ad odiarti quando tutto quello di cui ti preoccupi è quello che gli altri potrebbero pensare! Oddio, il piccolo Lu Han è con un Corvonero, oh e chissenefrega.”
 
Xiumin, il cui vero nome era Kim Minseok, apparteneva di fatti alla casa Corvonero, ai cui membri era riconosciuta un’acuta intelligenza e saggezza. Era più grande di Lu Han di qualche mese, ma non lo dimostrava affatto; la sua misera altezza e il fisico minuto lo facevano risultare appena uno del primo anno. Non era riconosciuto per qualcosa in particolare, in quanto evitava come la peste qualsiasi tipo di attività collettiva, preferendo a tutto quello la tranquillità dello studio e del giardinaggio. Aveva di fatto una grande passione per Erbologia, che lo aveva portato ad essere l’assistente personale della professoressa e l’addetto alla cura delle piante nella serra. Era una compagnia piacevole, quando non si metteva a fare il pignolo su ciò che sapeva essere errato, recitando, come se fosse stato stampato nella sua mente, ogni riga di ogni libro che era riuscito ad apprendere fino a quel momento –ed erano tanti, davvero- sull’offuscato argomento. Era figlio di entrambi genitori Babbani, cosa vista davvero di pessimo occhio dal Preside ma che non gli aveva comunque impedito di avere una brillante carriera scolastica. Era strano vederlo senza il suo fidato accompagnatore, un Metamorfomagus - un mago in grado di cambiare il proprio aspetto a suo piacimento, capacità presente sin dalla nascita ed estrema rarità nel mondo magico- che si faceva chiamare Chen, in quanto essi sembravano legati insieme da qualche sorta di misteriosa magia.
Lu Han smise di camminare, ogni traccia di qualsiasi emozione sparita dal suo volto. Solo un’agghiacciante patina di apatia a rovinare i tratti delicati e a spegnergli la vivace luce negli occhi, sostituendola con qualcosa di più oscuro, così diverso dal suo solito essere. Improvvisamente non sembrava nemmeno più sentire il peso dei volumi che teneva contro al petto, come se si fossero tramutati in leggiadre piume inconsistenti.
 
“Forse hai frainteso. Ci siamo incontrati per caso qualche estate e abbiamo passato del tempo insieme, al di fuori di Hogwarts. Tutto qui. Io non ti conosco e tu non conosci me. Non provare ad avvicinarti ancora o non mi limiterò alle sole parole.”
“Oh, e cosa vorresti fare, uh? Lu Han! Chi diavolo sei tu veramente?”
 
Accelerò il passo, lasciandosi la voce dell’altro ragazzo alle spalle e con ciò anche le sue parole. Tutto d’un tratto andare a lezione non gli sembrava più nemmeno tollerabile. Non svoltò l’angolo che lo avrebbe portato nella buia aula di Rune Antiche, continuando a camminare dritto. Attraversò diversi corridoi senza nemmeno tener conto di dove stesse andando, perso nella propria collera interiore. Era arrabbiato, furioso a dire il vero. Tutto era proceduto secondo i piani per ben cinque anni ed ora, per una stupida, stupida persona, rischiava di buttare tutto all’aria? Mai. Non l’avrebbe permesso. A costo di non frequentare più il corso, non avrebbe più dovuto incrociare nemmeno per sbaglio Xiumin, al fine di non perdere di nuovo la calma come era successo quel giorno.
Era una persona gioviale e socievole, sorridente e allegra. Doveva rimanere nel personaggio. Per forza.
Uscì all’aperto in uno dei tanti portici, trattenendo il fiato per qualche istante al cambio di temperatura, rifugiandosi dietro ad un’arcata per poi sedersi nell’erba umida e gelida. L’aria pungente gli avrebbe fatto bene e magari l’avrebbe aiutato a schiarirsi le idee. Posò i libri a fianco a sé, incurante di poterli bagnare, visto che erano protetti da una vecchia magia, facendo ricadere il capo all’indietro contro le dure pietre. Per attimi interminabili fissò il cielo, ancora cupo denso dagli spessi nuvoloni del giorno prima, finendo per incantarsi.
Minuti, -o forse ore, a giudicare dal cambio di luce- dopo, delle voci lo riportarono con i piedi per terra. Non gli era mai successo di perdere il senso del tempo a quel modo, né di finire per saltare tutte le lezioni della mattinata senza nemmeno accorgersene. A pensarci, poi, nemmeno ricordava che cosa l’aveva distratto in tale modo così profondo e intenso da fargli perdere contatto con il presente e spingerlo addirittura ad ignorare le dolorose grida d’attenzione mandate dal proprio corpo al cervello; solo ora che era, come dire, conscio di sé, aveva percepito il male provocato dalla gelida aria autunnale, le cui spire avevano congelato ogni centimetro di pelle scoperta, arrossandola nel peggiore dei modi. Spalancò la bocca in un grido muto, portando i poveri gelidi arti sotto ai propri occhi, avvicinandoli al volto per poterci alitare su caldo aiuto, senza grandi risultati. Anche solo provare a muovere le dita mandava stelle a riempirgli la mente e parole che tutto si potevano definire tranne che fini a fargli da sottofondo continuo. Gliene sfuggì qualcuna dalle labbra raggrinzite, in un mormorio appena udibile, mentre si chiedeva cosa avesse fatto di male per meritarsi tale supplizio.
 
“Dovresti farlo, sai.”
“Sì, fallo, fallo!”
 
Voci, che aveva dimenticato di aver udito non poco prima, tornarono a farsi sentire, permettendogli di localizzarli non troppo distanti da dove si trovava. Fortunatamente la sua posizione nascosta gli permetteva di non essere visto e potere così passare inosservato –ed evitare una pessima figura, di certo-. Non aveva idea di chi fossero quelle voci, non riusciva ad abbinarci nessun volto familiare, per cui era chiaro che dovevano essere studenti di un’altra casa- cosa non di suo interesse quindi.
 
“Il capo non sarà contento.”
“Cos’è, hai paura che potrebbe metterti in castigo? Hai paura che possa vietarti le scappatelle con quella Corvonero, mh? Com’è che si chiama? Mesmun, Mesmen? Forse? Uh, non importa, se continui così gli dirò che sei stato tu a proporre la cosa e resterò a guardare mentre ti laverà il cervello così che nemmeno un suo singolo ricordo possa rimanere nella tua ottusa mente da mezzosangue e riderò vedendo l’espressione ferita di lei quando le passerai davanti senza nemmeno riconoscerla. ”
 
Lu Han allargò gli occhi, trattenendo il fiato, sentendosi di troppo, in mezzo a qualcosa che non avrebbe dovuto sentire, men che meno ascoltare. Da quel che era riuscito a capire, erano in quattro e senza ombra di dubbio quelli che aveva alle proprie spalle erano non altri che Serpeverde. Nessun altro poteva dire tali parole con così tanta leggerezza e arroganza. Quello che stentava a crede però, era ciò che aveva erroneamente appreso.  Un Serpeverde e una Corvonero, assieme. Com’era possibile? Perché, sebbene più membri della casata dal verde serpente fossero a conoscenza della cosa, non avevano fatto nulla se non, anzi, portarsi a chiudere un occhio nei loro confronti? Non erano loro i primi a distaccarsi completamente da chiunque che di puro e velenoso niente in sangue avevano?
Aggrottò le sopracciglia, stringendosi nelle spalle, cercando di infossarsi il più possibile. Essere scoperto ora non sarebbe stato per nulla produttivo.
 
“Ooh, Sehun, questa era bella. Amico, dovresti starlo a sentire.”
 
Il volto del Serpeverde in questione gli balenò davanti agli occhi, perfettamente conscio della sua persona. Il giovane cercatore prodigio, al secondo anno, come poteva non ricordarlo. Il giorno in cui si era sparsa la voce, l’anno prima, del nuovo acquisto nella loro squadra di Quidditch aveva animato l’intero castello; tutti erano impazienti di vedere le abilità che gli avevano permesso di rompere le strette e dure regole, che vietavano a qualsiasi alunno del primo anno di praticare il suddetto sport, ancora una volta. Non era mistero, infatti, che lui stesso fosse uno dei pochi che era stato in grado di entrare, a così giovane età, nel pericoloso campo da gioco e questo aveva portato inevitabilmente a confronti fra i due. Lu Han non aveva mai amato essere paragonato a qualcun altro e quella volta non aveva fatto eccezione; per di più si trattava di un Serpeverde -la casata più ignobile e malvagia- e lui era un Grifondoro; il pensiero di poterli mettere a confronto non avrebbe dovuto nemmeno sfiorargli la mente… ed invece aveva dovuto passare giorni con la professoressa di Volo, Miss Pewy e il ragazzo in questione, cercando di mostrare la parte più tollerante e cortese di sé, quando in realtà tutto ciò che provava era irritazione e voglia di distruggere la scopa che teneva fra le dita.
Rimembrava bene, perciò, l’aspetto dell’altro. Non lo stupiva nemmeno realizzare che fra tutti esso era stato quello la cui bocca aveva rilasciato le parole più avverse. Aveva avuto un assaggio, quando per sua sfortuna si era ritrovato solo in sua compagnia, di ciò che la sua lingua mordace era in grado di liberare. Si era avventato su di lui demolendo il suo strado di pazienza in pochissimi secondi, vomitandogli addosso parole crudeli sul suo aspetto, la sua natura e la casata. Peccato che non avesse potuto mostrargli quanto in realtà si sbagliava, quanto poteva essere lui stesso ignobile e ostile, se solo non avesse dovuto mantenere un certo contegno. Aveva lasciato correre, facendogli credere di averla vinta, di avergli messo paura, quando tutto quello che era riuscito a fare era confermargli quanto altezzosi, luridi e spocchiosi fossero i figli di papà.
Oh Sehun era figlio di importanti maghi, entrambi appartenenti al Ministero della Magia, le cui donazioni spesso avevano contribuito al benessere della scuola. Apparteneva ad una famiglia con cui non si poteva scherzare, con cui bisognava andarci cauti se si voleva sperare di poter avere ancora un futuro nel mondo magico. Aveva sentito di persone che gli avevano calpestato i piedi e non erano mai più state ritrovate. Lu Han non ci credeva. Ma forse avrebbe fatto meglio a farlo.
 
“Che aspetti allora, fallo. Se credi che provocare una finta morte al suo animale da compagnia sia un bello scherzo, prego, fai pure.”
“Non mi piace il tono che stai usando, se hai qualcosa da dire fallo e basta. Immagino che passare tutto quel tempo con quella ti abbia rammollito. Forse è arrivato il momento di cambiare un po’ visuale, che ne dici, mh? Se tipo sparissi, in questo esatto momento, prima che cambi idea e decida di usarla su di te e non più sul gufo.”
 
Lu Han sentì dei passi allontanarsi e capì che il ragazzo in questione doveva aver preferito assecondare le parole di Sehun, per nulla propenso, molto probabilmente, a mettersi nei guai per qualcosa di così banalmente stupido. Come scherzo, comunque, non era affatto divertente; se qualcuno avesse anche solo provato ad avvicinarsi al suo bellissimo Kalì –un Main Coon di circa tre anni che a grandezza poteva rivaleggiare con un cane di media taglia- gli sarebbe di sicuro venuto un infarto, perché amava quella creatura più di qualsiasi altra cosa al mondo. Sperava solo che come avesse detto quel tipo volessero solamente metterlo in uno stato di morte apparente e non ucciderlo veramente, o si sarebbe sentito colpevole per non essere intervenuto a fermarli quando poteva evitare il misfatto.
 
“Potete andare voi due. Troviamoci alla sala comune questa sera e fate in modo che sia tutto pronto.”
 
Risposte affermative e passi affrettati catturarono l’attenzione del suo orecchio, portandolo a seguirli fino allo sparire del corridoio dentro le mura della scuola, tornando a fissarsi, poi, finalmente tranquillo, sulle proprie mani. A dire il vero non era propriamente “tranquillo” visto quello che aveva appena sentito –non era ancora così insensibile- e non era del tutto sicuro su come procedere. Avrebbe dovuto fermarli, ma come?
L’attenzione tornò sulle proprie mani, ormai del tutto andate, cercando di affrontare una cosa per volta.
Provò a portare gli arti sotto al maglione della divisa e se ne pentì subito. A stento riuscì a soffocare un gemito al gelo che aveva preso ad irradiarsi sul tessuto della camicia, sulla tiepida pelle, ma le lasciò lì, sperando di riuscire ad alleviare un po’ la pena.
 
“È maleducazione origliare, lo sai?”
 
Ogni fibra del suo corpo si tese in allarme, costringendolo a paralizzarsi sul posto. Rimase immobile a guardare i ciuffi d’erba fra le proprie gambe incrociate, sperando di essere nel torto. Non poteva essere che quella voce si stesse riferendo proprio a lui, no? Anche se, a quanto era rimasto, lui era l’unico in quel cortile. Alzò il volto di scatto, turbato, vedendo ciò che non avrebbe voluto vedere:
Oh Sehun troneggiava sopra di lui, stravaccato sul muretto dell’arcata con le braccia a sostenerne il corpo, così che il capo e le spalle fossero giusto ciò che Lu Han poteva scorgere da quella posizione.
Schiuse la bocca, attonito, non riuscendo a fare altro che fissare il ghigno beffardo che il giovane gli stava riservando.
 
“Rimasto senza parole? Non credevi che ti avessi notato, mh? Peccato che il tuo odore si possa sentire da chilometri di distanza. Hai fatto il bagno nel profumo, principessa? In più è identico a quello dell’anno scorso, come potevo non accorgermene. Per un attimo ho dovuto tapparmi il naso.”
“Non ho nessun profumo addosso! E non chiamarmi principessa. Se sapevi che ero qui, perché non siete andati altrove. -”
 
Lu Han assottigliò gli occhi, scuotendo il capo. Non era –appunto- la prima volta che Sehun gli diceva che si metteva troppo profumo e proprio non riusciva a capire a cosa si riferisse, visto che addosso non aveva nulla del genere. Non era mai stato uno da boccette colorate piene di liquido con strani aromi, quello era più Baekhyun; quando lui camminava per i corridoi si lasciava sempre dietro una scia così forte che si era in grado di stabilire che era passato di lì anche ore dopo che l’aveva fatto. Ma Lu Han no. Lu Han non metteva profumi. Ciò che diceva, quindi, non aveva il benché minimo senso.
Sehun alzò le sopracciglia, continuando a scrutarlo con i suoi occhi sottili e scuri, più interessato a fissare la posizione in cui il maggiore era seduto, piuttosto che ciò che stava dicendo.
 
“- non sono io, di certo, il maleducato, qui.”
“Ouch, fa male, davvero. Sentirsi dare del maleducato è l’incubo di ogni persona. Non ci dormirò la notte.”
 
Le labbra piccole e turgide completarono ancora una volta il ghigno che Lu Han aveva imparato ad abbinare fisso al suo volto e ciò che disse lo spinse a sbuffare, tornando a sedersi in modo tale da non avere la possibilità di vedere nemmeno un capello del ragazzo dietro di lui. La cosa migliore che avrebbe dovuto fare era andarsene, ma gli seccava dover essere scacciato dal suo posto.
 
“Comunque, principessa, cosa ci fai qui tutta sola nel bel mezzo dell’orario di lezione? È strano, non trovi, che uno come te sia seduto qui, quando è chiaro come il sole che se venissi avvistato o, come dire, segnalato, sarebbero punti in meno alla tua casa. Come Grifondoro sarebbe un vero disonore… quasi riesco a sentirle le occhiate deluse dei tuoi avvoltoi.”
“Non sono cose che ti riguardano e mi stai minacciando, per caso? Guarda che nemmeno tu sei a lezione, potresti venire segnalato a tua volta.”
“Quindi non smentisci che quei tizi siano degli avvoltoi. Non me lo aspettavo, non è una bella cosa da pensare, proprio no.”
 
Sehun scosse il capo avanti e indietro imitando un tono di voce quasi rammaricato, mostrando il suo finto disappunto. Cambiò posizione così che le mani pendessero a loro volta giù dal muretto e ne aprì una, arrivando a sfiorare il capo di un ignaro Lu Han, rimanendo a qualche centimetro di distanza dalle ciocche scure dei suoi capelli.
 
“O-Diiio! Mi chiedo perché stia ad ascoltarti. Ogni volta che apri bocca esce qualcosa di cattivo e derisorio e- lascia perdere. Non ci dovrei nemmeno parlare con te. Me ne vado.”
“Calma, calma, dove credi di andare. Non dimentichiamoci perché sono qui ora: hai sentito qualcosa che non dovevi.”
“Ma per favore, come se te ne importasse veramente qualcosa. Che io abbia sentito o meno non ti cambierà niente, quindi smettila di giocare con me al gatto e al topo perché non ci sto. Ho altro da fare.”
 
Sehun tirò la bocca in una linea dritta, osservando la sua figura dall’altro ancora per qualche attimo, prima di saltare il muretto e atterrare proprio di fronte a lui. Si mise velocemente in ginocchio, incatenando i propri occhi a quelli di Lu Han, ancora una volta spalancati per lo stupore, sbuffando dal naso.
 
“Mi domando se ciò che i Membri Fondatori intendessero per il “coraggio di Grifondoro” non sia in realtà mera stupidità. In questo caso spiegherebbe molte cose.”
“È risaputo invece che voi Serpeverde siate dei vigliacchi.”
“Attento con le parole, principessa, ricorda chi hai davanti.”
 
Lu Han fece una smorfia, per nulla intimorito da ciò che disse, se mai seccato. Allungò un braccio e diede una secca spinta al Serpeverde, allontanandolo da sé il giusto per riuscire ad alzarsi senza dovergli andare contro e finire in posizioni per nulla gradite, ignorando completamente lo stato del proprio corpo. Il freddo non aveva solamente toccato mani e volto, ma anche le gambe. Sentì la pelle tirarsi al cambiamento di posizione e i muscoli gemere, ma era troppo infastidito da Sehun, per badarci.
 
“Non ho davanti nessuno.”
 
Arricciò il naso prima di raccattare i propri libri ed andarsene, per nulla propenso a continuare un discorso senza capo né coda con una persona senza cervello.
 
 

❧❧❧

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