Cherry tea - TAEKOOK

By KM_2026

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[COMPLETATA] L'inizio non fu certo dei migliori e mai Jeon Jungkook avrebbe pensato di passare uno degli an... More

CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
CAPITOLO 8
CAPITOLO 9
CAPITOLO 10
CAPITOLO 11
CAPITOLO 12
CAPITOLO 13
CAPITOLO 14
CAPITOLO 15
CAPITOLO 16
CAPITOLO 17
CAPITOLO 18
CAPITOLO 19
CAPITOLO 20
CAPITOLO 21
CAPITOLO 22
CAPITOLO 23
CAPITOLO 24
CAPITOLO 25
CAPITOLO 26
CAPITOLO 27
CAPITOLO 28
CAPITOLO 29
CAPITOLO 30
CAPITOLO 31
CAPITOLO 32
CAPITOLO 33
CAPITOLO 34
CAPITOLO 35
CAPITOLO 36
CAPITOLO 37
CAPITOLO 38
CAPITOLO 39
CAPITOLO 40
CAPITOLO 41
CAPITOLO 42
EPILOGO
SPECIALE 1
Nuova storia ❀

CAPITOLO 1

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By KM_2026

Furono tre ore scomode. Molto scomode.

La sfortuna volle che mi ritrovassi seduto vicino ad un vecchio dall'atteggiamento parecchio inquietante. Ma la cosa più fastidiosa fu sicuramente la coppietta che mi ritrovai davanti, che era molto, come dire, affettuosa.

Furono tre ore di viaggio parecchio intense considerando che i due davanti a me non facevano altro che mangiarsi la faccia ed ispezionarsi l'esofago a vicenda, con tanto di gridolini da parte di lei che mi irritavano parecchio. Avrei potuto mettermi le cuffie ed ascoltare un po' di musica, se solo non avessi lasciato l'astuccio con tutti i cavi e gli auricolari sul tavolo della cucina. Che stupido. E pensare che mia madre più volte mi aveva chiesto se avessi preso tutto. E io le avevo pure risposto spazientito che sì, avevo ricontrollato più volte e avevo tutto. E invece ora mi ritrovavo con il telefono al 47%, senza caricatore e senza cuffie.

Cercai almeno di distogliere lo sguardo dalla coppia nonostante gli schiocchi di labbra e le risatine mi continuassero ad innervosire alquanto.

Il paesaggio mi annoiò presto, per cui mi voltai ad ispezionare il resto della carrozza fino a posare gli occhi sul signore seduto affianco a me. Appena mi voltai a guardarlo notai come i suoi occhi fossero fissi nei miei. Aveva uno sguardo di pura ansia e continuava a stringere al petto un borsone aperto pieno di quelli che parevano essere quotidiani. Si guardò intorno agitato e poi con uno scatto tornò a fissarmi con quei due occhi da pazzo.

Un gridolino più acuto degli altri da parte della ragazza davanti a me mi fece voltare, distolsi quindi lo sguardo da quel signore strano. Sbuffai e mi rimisi a guardare fuori dal finestrino, sperando solo di arrivare il prima possibile.

Finalmente sentii l'autoparlante annunciare l'imminente arrivo del treno alla stazione centrale di Seoul. Mi alzai con calma, afferrando lo zainetto nero che tenevo tra i piedi, e questo provocò un sussulto al signore seduto nel posto vicino al mio, come se avesse paura che potessi prendere anche il suo inutile borsone pieno di giornali per poi scappare via.

Uscii da quei quattro posti infernali e tirai giù la mia valigia dall'apposito scomparto sopra ai sedili. Più che valigia era in realtà un grosso borsone nero, con delle spillette su un lato e una targhetta con il mio nome e il mio numero di telefono. Telefono che, dopo aver controllato, era al 42%. Vedere la batteria scendere mi aveva sempre messo parecchia ansia, ma rimisi il telefono in tasca senza pensarci troppo per poi avviarmi alle porte del treno.

Avevo passato tutta la sera precedente a fare una lista mentale di quello che avrei dovuto prendere il giorno seguente, riuscendo comunque a dimenticare qualcosa. Tutto il viaggio lo avevo fatto cercando di non pensare al filmino porno che avevo davanti ai miei occhi sperando di arrivare il prima possibile.
Solo in quel momento, davanti alle porte della carrozza del treno, mi fermai un attimo a pensare a cosa sarebbe successo una volta arrivato a Seoul.

Non ero mai stato un fifone, ad una gita scolastica avevo addirittura insistito per fare bungee jumping e lo avevo fatto per ben due volte. Non mi faceva paura nulla, o almeno così credevo. Perché quella che ora si stava instillando in me in quel momento era sicuramente qualcosa che si avvicinava fortemente ad uno stato di inquietudine: era ansia. Avrei fatto un salto nel vuoto, non letteralmente questa volta. Mi stavo trasferendo lontano da casa per la prima volta, da solo, senza famiglia né amici. E se l'università non mi fosse piaciuta? Se la città fosse stata troppo caotica? Se il mio compagno di stanza al dormitorio fosse stato uno stronzo antipatico?

Preso da tutti questi pensieri iniziai involontariamente a trattenere il fiato e a sperare che quelle porte non si aprissero mai.

Ma lo fecero comunque.

Presi un respiro profondo, uno di quelli che ti riempiono i polmoni facendoti alzare spalle e petto. Trattenni per qualche secondo l'aria e poi espirai facendo il passo che mi avrebbe condotto al nuovo capitolo della mia vita.

Tirai fuori dalla tasca il cellulare e ricontrollai l'indirizzo del dormitorio. Uscii dalla stazione e chiamai un taxi. Dopo una quindicina di minuti nel traffico di Seoul arrivai a destinazione.

Pagai il taxista ed uscii sul marciapiede appoggiando il borsone a terra. Mi guardai intorno tirando fuori una mappa del campus dalla tasca anteriore dello zainetto. Il polo universitario era costituito da 6 edifici imponenti e da una biblioteca. All'interno del campus erano presenti anche un'aula studio e un parchetto che divideva il dipartimento di matematica e scienze da quello di filosofia e letteratura. Il dormitorio sembrava trovarsi vicino alla biblioteca secondo la mappa, così presi la mia roba e mi incamminai verso quella direzione.

Mi trovai davanti ad un edificio marroncino, palesemente vecchio e mal ristrutturato negli anni, ma non capii dove potesse trovarsi il dormitorio. Guardai la mappa e poi mi guardai intorno. Nulla.

"Scusami, sai mica dov'è il dormitorio?" chiesi ad una ragazza che passava da lì.

"No, scusami, sono appena arrivata anche io, è il mio primo anno."

"Oh, tranquilla, grazie comunque" dissi sorridendo appena, sempre più stanco di quell'interminabile viaggio.

La ragazza continuò per la sua strada e io continuai a guardarmi intorno iniziando ad innervosirmi. Percorsi con lo sguardo la stradina che congiungeva la biblioteca ad un parcheggio. Finito il parcheggio riuscii a scorgere un'insegna color panna con su scritto "Y" in un font corsivo abbastanza semplice. Mi avviai nella direzione di quella che sembrava essere ad occhio e croce una caffetteria, sperando di poter trovare qualcuno in grado di indirizzarmi alla mia meta.

Attraversai la strada e mi fermai qualche secondo davanti all'ingresso. Il locale aveva un'enorme vetrata che permetteva di scorgere l'arredamento interno del locale. Fuori si trovavano divanetti in vimini con cuscini bianchi e tavolini rettangolari bassi in vetro. Ero troppo stanco per prestare attenzione ai dettagli, per cui entrai nella caffetteria velocemente, spingendo la porta a vetri con su il cartello "aperto". Sentii subito il fastidioso suono di una campanella. Quanto odiavo quel suono, così acuto e perforante. Mi guardai attorno per cercare qualcuno, ma non vidi nessuno. Non solo quelle campanelle erano fastidiose, ma evidentemente anche inutili perché nessuno era venuto ad accogliere il nuovo cliente. Tirai fuori dalla tasca il telefono spazientito: 37%. Imprecai mentalmente contro me stesso per l'ennesima volta per aver dimenticato il caricabatterie a casa, ma venni interrotto da una voce.

"Salve, benvenuto al Y".

Mi girai sulla sinistra e vidi, quello che era presumibilmente un cameriere, uscire dalla porta del personale con un'enorme cassetta di bicchieri, tazze e tazzine pulite. Il ragazzo si avvicinò al bancone che si trovava al centro della stanza appoggiando la cassetta. Si pulì le mani nel grembiule verde scuro e si girò verso di me.

"Posso fare qualcosa per te?"

Era veramente un bel ragazzo, la sua pelle pareva essere fatta di porcellana, i capelli biondi parzialmente legati gli ricadevano a ciocche sul viso, le labbra piene e rosa incurvate verso l'alto e gli occhi dal taglio affilato socchiusi a completare quel sorriso cordiale di benvenuto.

"Oh...mmh...sì, grazie" mi affrettai a rispondere.

Il biondo mi fissò aspettando probabilmente che gli dicessi cosa potesse fare per me. "Dimmi pure allora" disse infatti poco dopo continuando a sorridermi. Appena arrivato e già avevo fatto la figura dello scemo, ma ero fin troppo stanco per preoccuparmi anche di questo.

"Mi sapresti indicare l'entrata per il dormitorio dell'università?"

"Certo, allora..." disse il ragazzo avvicinandosi alla vetrata per indicarmi la strada. "Esci da qui e vai a destra, poi al primo incrocio a sinistra e sei praticamente arrivato. È un edificio bianco sporco con una grossa porta grigia, non puoi sbagliarti" mi disse facendo l'occhiolino.

"Grazie mille allora" dissi dopo aver annuito ad ogni sua parola cercando di ricordarmi tutto quello mi aveva spiegato.

"Figurati, buon inizio" disse per poi dirigersi verso il bancone ed iniziare a sistemare i bicchieri.

Uscii velocemente dalla caffetteria e girai a destra. Dopo neanche cinque minuti a piedi arrivai davanti al tanto ricercato edificio dalla porta grigia.

Entrai immediatamente. Mi sarei guardato intorno più tardi, volevo solo posare quello stupido borsone e sdraiarmi sul mio nuovo letto. Mi registrai e presi le chiavi della mia stanza: numero 54, terzo piano. Sbuffai. Ero una persona atletica, ma in quel momento il pensiero di dovermi fare tutte quelle rampe di scale mi sembrò la cosa più faticosa del mondo. Mi sistemai meglio lo zainetto sulle spalle e iniziai a percorrere quelle scale che parevano infinite fino, finalmente, a raggiungere il mio piano. Guardai velocemente le targhette sulle porte fino a trovare la mia camera che era l'ultima del corridoio.

E ora? Entravo? Bussavo? Ci sarebbe stato il mio coinquilino?

Il telefono mi vibrò nella tasca. Guardai distrattamente il messaggio di mia madre che mi faceva notare di aver lasciato l'astuccio sul tavolo in cucina. Grazie mamma, ne avevo proprio bisogno. 32%. Che palle.

Decisi di bussare, contai fino a dieci e poi girai la chiave nella toppa non avendo ricevuto nessuna risposta dall'interno della stanza.

Non feci in tempo ad entrare che un ragazzo castano si precipitò su di me abbracciandomi per poi prendermi dalla mano il borsone.

"Ehi, entra pure. Allora questo è il mio letto e quello il tuo" iniziò ad indicare i mobili nella stanza poggiando il mio borsone vicino ad uno dei due letti. "Qui c'è il bagno. L'armadio è uno solo, ce lo dovremo dividere, ma è abbastanza spazioso. Poi qua abbiamo una scrivania a testa con tanto di sedia schifosa. Mi viene il culo piatto a stare seduto lì per troppo tempo. Allora? È stato difficile trovare il dormitorio? Alle rampe di scale di abitui presto tranquillo. Hai fame? Questa sera ti porto a festeggiare il tuo arrivo a Seoul, ti va?"

Restai a bocca aperta. Stavo ancora sul ciglio della porta ed ero stato letteralmente bombardato di informazioni e domande da un ragazzo di cui non sapevo neanche il nome. Sicuramente non era una persona taciturna.

Entrai appoggiando lo zainetto e sedendomi sul letto. "Io sono Jeon Jungkook comunque" gli dissi porgendogli la mano e sorridendogli.

"Ah certo, scusa, non mi sono presentato, io sono Li JianPu, ma chiamami semplicemente P." Mi strinse la mano e poi si avvicinò al suo letto, proprio difronte al mio, per lasciarcisi cadere sopra a peso morto. Il cellulare gli squillò proprio in quel momento. "Non mi sono accorto dell'orario...Si, ma calmati...ok...arrivo, dammi dieci minuti".

"Scusami, mi sono dimenticato che dovevo aiutare un mio amico a studiare per un test. Come ti dicevo però questa sera ti porto fuori così ci conosciamo un po' se ti va".

"Certo, perché no." Ero stanco, molto stanco, ma il suo entusiasmo era contagioso e poi non potevo permettermi di apparire antipatico già nei primi 10 minuti con la persona con cui avrei dovuto dividere la camera per i prossimi anni.

"Benissimo, allora io scappo. Usciamo per le 21!"

"Aspetta!" lo fermai mentre stava per uscire "potresti prestarmi il caricabatterie? Ho lasciato il mio a casa, domani ne andrò a comprare uno nuovo, ma ho il telefono praticamente scarico ora."

"Certo, lo trovi sulla mia scrivania, prendilo pure" e detto questo uscì dalla stanza lasciandomi finalmente solo tra i miei pensieri.

Misi il cellulare sotto carica e finalmente quell'ansia che avevo provato costantemente svanì lasciando spazio alla stanchezza che avevo cercato di ignorare fino a quel momento. Finalmente silenzio. Tra la corsa per non perdere il treno, il fastidioso viaggio, la disperata ricerca del dormitorio e la batteria del cellulare in continuo calo non avevo avuto un attimo di pace. Ma ora solo silenzio. Tirai un sospiro di sollievo e mi chiesi cosa avrei dovuto fare ora.

Non avevo sicuramente le forze per sistemare le mie cose ora, ma improvvisamente seppi cosa fare. Il bagno, ecco cosa mi serviva. Non andavo in bagno dalle 10 di mattina e mi venne l'impellente urgenza di svuotare la vescica. E quando anche quel problema fu risolto non mi rimase altro che sdraiarmi sul letto e riposarmi qualche ora.





*** Spazio autrice ***

È la prima storia che scrivo, quindi sono molto agitata. Spero possa sembrare interessante, so che non è ancora successo nulla, ma se volete già lasciare delle impressioni qui nei commenti ne sarei molto felice.

Ho più o meno uno schema di quello che succederà e di come sarà strutturata la storia, ma cambio idea ogni due minuti quindi chissà.

(una nota a margine: la caffetteria si chiama Y e la pronuncia è quella della lettera inglese, quindi "uai").

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