Let Me Get Lost In You [TaeKo...

By Hananami77

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''«Taehyung non può sposare il figlio di Jeon. Ho sentito troppe cose poco rassicuranti sul suo conto, non po... More

Personaggi+Introduzione
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#Special: [Biscotti in incognito]
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[Special 3#] Buon compleanno, hyung!
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~Epilogo~
LMGLIY - FAQ

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By Hananami77

Strinse tra le mani il comunicato pervenutogli quella stessa mattina ed alzò gli occhi su Yoongi che, in piedi a qualche passo di distanza da loro, si passava una mano sul volto in modo poco professionale ma inevitabile. In altre situazioni si sarebbe premurato di mantenere la facciata o di tentare di calmare quelle acque nervose che si agitavano negli occhi inverosimilmente irati di JK, ma non se la sentiva neanche lui di azzardare così tanto.

Perché il comunicato che JK aveva letto ad alta voce aveva avuto su di lui un impatto simile, colpendolo non tanto per la sorpresa quanto per la singolarità del provvedimento. Pervenuto tramite pergamena finemente arrotolata e richiusa con tanto di scocca e sigillo viola della casata Jeon, egli stesso era stato incaricato di recapitarla ai due principi che, in occasione della loro partenza, erano tornati nella loro camera "ufficiale" per consumare la colazione. 

«Che diamine significa? Cosa cazzo ho appena letto?» sbottò JK, mollando la presa su quel pezzo di carta con sdegno come se lo stesse bruciando; lo posò malamente sul tavolino di fianco alla tazzina di caffè che stava sorseggiando e sperò che qualcosa gli si rovesciasse sopra per cancellare quelle inutili parole che gli avevano fatto andare di traverso la colazione con Taehyung. Per una volta che quest'ultimo stava mangiando di gusto e consumando un vero pasto senza essere sollecitato a farlo, arrivava quel comunicato che aveva la capacità di fargli saltare i nervi come molle.  

Yoongi fece un sospiro silenzioso e rizzò le spalle, incrociando le mani dietro la schiena e abbassò un attimo lo sguardo sulla pergamena, le cui eleganti scritte contenevano parole un po' meno eleganti del suo andamento tondeggiante e allungato.

«E' il provvedimento che è stato deciso da sua Maestà per la negligenza di Taehyung di qualche mese fa. Non ho avuto voce in capitolo, non ho potuto fare molto se non far sì che l'allontanamento durasse un mese e non tre. Perdonatemi» rispose, guardando poi le punte delle sue scarpe con un cipiglio vagamente irritato sul volto. Le labbra sottili, infatti, erano piegate in una smorfia contrariata e mostrava tutto il suo disappunto per come gli era stata tolta la possibilità di parola mentre cercava di negoziare una punizione non così tanto severa nei confronti di Taehyung. 

Quando aveva sentito della possibilità che venisse imprigionato per minaccia al potere del sovrano aveva rischiato un mancamento, sensazione che si era amplificata come era stato suggerito da uno dei consiglieri del re l'esilio forzato in terre lontane per tre mesi. A quel punto, nel momento stesso in cui aveva capito quanto fosse in pericolo Taehyung, aveva dato sfoggio delle sue abilità persuasive e dialettiche, contrattando per ore affinché la colpa che gravava sulla testa del principe venisse smorzata. 

L'atteggiamento di assoluta fermezza del re lo aveva infastidito più di quanto desiderasse ammettere -ma non lo aveva sorpreso.

In realtà, non si aspettava nulla di diverso dal re, da quel sovrano che stentava a riconoscere come suo regnante.

«Non è stata colpa tua, non esiste alcuna ragione per cui debba recriminarti qualcosa. Sapevo che sarebbe stato preso un provvedimento nei miei confronti nel momento stesso in cui ho accettato di disubbidire ad un ordine del re» parlò Taehyung, posando la tazza in porcellana sul piattino di fronte a lui. Si tamponò le labbra con il tovagliolo e guardò, risoluto, la bevanda scura e fumante. 

«Sono quasi sollevato che sia stato così clemente nei miei confronti. Vista la poca simpatia che sembra nutrire nella nostra unione, avevo in mente qualcosa di più molto più drastico» ammise con una smorfia, e Yoongi non se la sentì di dirgli che -effettivamente- aveva pensato correttamente e che aveva perso almeno dieci anni di vita in quelle lunghe ed estenuanti ore. 

JK, invece, si voltò di scatto verso Taehyung e lo guardò come se avesse appena detto di essere incinto. «Sollevato?», ripeté, calcando sulla parola, «Una restrizione da palazzo per un fottuto mese è qualcosa per cui sentirsi sollevati?». Arcuò le sopracciglia in un'espressione profondamente scettica ed irritata.

Taehyung gli lanciò un'occhiata colma di significato. 

«Avrebbe potuto fare di peggio. Avrebbe potuto sciogliere il matrimonio, imprigionarmi, torturarmi o condannarmi a morte per aver disubbidito alla corona. Se pensi a quante cose avrebbe potuto farmi, questa è la più tollerabile e meno aspettata» ragionò Taehyung, sperando di infondere un attimo di senno in JK che, contrariamente, sembrava scalpitare per poter prendere a pugni qualcuno.

Yoongi strinse le labbra, annuendo senza aggiungere nulla. Quella mattina, però, mentre si dirigeva verso la loro camera con la pergamena tra le mani, non era riuscito a non pensare che quella situazione fosse -almeno in parte- colpa sua. 

Lui aveva incitato Taehyung a partire, lui aveva suggerito quella soluzione che si era rivelata la peggiore sul piano tattico ma importante sul piano emozionale, lui aveva organizzato la partenza di Taehyung con la speranza che andasse tutto bene. 

Quella parte andava a contrasto con la sua reale gioia nel constatare quanto, tutta la vicenda, avesse cambiato JK, quanto avesse fatto bene a Jungkook, quanto fosse stato importante quell'avvicinamento per poter decretare un capitolo nuovo ed inatteso di quel matrimonio partito con il piede sbagliato.

E in quel preciso istante, era impossibile non notare la sua mascella stringersi, le mani che cercavano di rimanere ferme nonostante le dita si contraessero in spasmi per potersi chiudere in due pugni chiusi, e come guardasse quella pergamena come se volesse essere capace di bruciare, insieme alla carta, anche le idee e le decisioni che vi erano impresse. 

«Non vogliamo» sibilò JK, passandosi una mano tra i capelli ed incrociando le braccia al petto in un segno di chiusura a qualsiasi tipo di contraddizione, «Non accettiamo una cosa del genere».

Taehyung lo guardò con sguardo perplesso, «JK, neanche io—».

JK gli schioccò un'occhiataccia e strinse le labbra, «Cosa non è chiaro che non vo—».

«La colpa è la mia».

La voce di Yoongi interruppe il battibecco che stava nascendo tra i due ed alzò gli occhi affusolati verso i due principi; gli sguardi di entrambi si puntarono in simultanea sulla sua figura, quello di JK era imperturbabile, quello di Taehyung visibilmente più sconvolto e quasi sorpreso. 

«Yoongi, cosa dici? Colpa tua?!» ripeté quest'ultimo con tono così costernato da risultare quasi artefatto, «Qui nessuno ha colpa, ed anche se fosse, tu sei l'unico a non averne neanche un po'. Hai fatto solo ciò che era giusto, nessuno potrebbe condannarti per avermi comunicato la partenza di Jungkook. Se non lo avessi saputo ti assicuro che sarebbe stato molto peggio, quindi non mettere in dubbio la correttezza dei tuoi gesti».

Il consigliere scosse la testa ed irrigidì la sua posa, «Ho pianificato male il tutto, vi avevo promesso sarebbe andato tutto bene ed invece così non è stato. Io sono un consigliere e se non riesco a svolgere correttamente il mio dovere non è giusto che qualcuno paghi per la mia poca capacità di valutazione. Farò un comunicato al re in modo che questo sappia del mio coinvolgimento primario—».

JK schioccò sonoramente la lingua sul palato, stringendo gli occhi verso di lui e posando gli avambracci sulle sue cosce per sporgersi in avanti, «Ma siete forse tutti impazziti? Oppure forse mi volete tutti prendere per il culo in questo fottuto istante? Non esiste che tu faccia una cosa del genere. Fallo e giuro sul mio nome che ti prendo a pugni, Yoongi». 

Il tono austero e serio di JK era in contrasto con la sua scelta lessicale, ma quella tipologia di avvertimenti nascondevano delle emozioni tutt'altro che arrabbiate o irritate; Taehyung lo aveva capito già da un po' che quello era il modo che JK utilizzava per poter far capire al suo interlocutore quanto ci tenesse, quanto fosse preoccupato all'idea che potesse succedergli qualcosa.

Gli faceva infinitamente piacere che fosse rivolto a Yoongi, visto che quest'ultimo -per tutti loro- era sempre stato un saldo punto di riferimento. Era sempre stato colui a cui JK aveva dato ascolto, l'unico a cui avesse dedicato le sue attenzioni e l'unico che riuscisse a farlo ragionare almeno un minimo quando lui non era presente -o quando non avevano dei buoni rapporti.

Anche Yoongi era a conoscenza di questa tendenza di JK e, infatti, lo guardò sorpreso fissandolo per un lungo istante.

«Per quanto mi stia sul culo ammetterlo, Taehyung ha ragione. Lo hai fatto per un motivo valido e che sia stato tu ad aiutarlo deve rimanere tra le mura di questa stanza del cazzo. Sei un consigliere,  hai fatto ciò che era giusto ma non potevi mettere in conto che Taehyung ne uscisse mezzo morto e con un buco nel petto; inoltre, non hai i privilegi e non godi dei benefici di un reale per cui, Yoongi, fallo, e giuro che il naso te lo faccio spuntare sulla nuca».

Yoongi si trattenne dall'incurvare le labbra in un sorriso perchè JK aveva accompagnato quelle parole con un nervoso movimento della mano, portandosi i capelli all'indietro con uno scatto secco. Gli occhi, invece, avevano tradito una sorta di urgente preoccupazione alla possibilità che gli succedesse qualcosa

Nonostante avesse avuto principalmente a che fare con Jungkook, JK ricordava di non aver avuto alcuna sensazione negativa nel momento stesso in cui aveva incontrato il consigliere per la prima volta, né quando si erano ritrovati a parlare del perchè Yoongi avesse deciso di essere un consigliere. Poteva affermare che lui fosse stato il suo primo vero amico -se non l'unico- ed era stato l'unico che aveva vegliato su Kookie quando lui non poteva farlo per ovvi motivi. 

Certo, aveva simpatizzato con quel dottore da strapazzo, ma chi non faceva errori nella vita?

«Potevi anche omettere la prima parte» mugugnò alzando gli occhi al cielo Taehyung, scoccandogli un'occhiata torva. JK gli diede un colpetto con il ginocchio ma mantenne fisso gli occhi su Yoongi, la cui espressione esprimeva dubbio circa la veridicità delle sue parole. 

«Yoongi, sono serio. Io e Taehyung possiamo trovare il modo di gestire la lontananza, non è un problema. Il problema si pone se ti metti nei casini; in quel caso, mi toccherà sistemare pure quello e, cazzo, ho già abbastanza pensieri per la testa. Per cui, cortesemente, evita di parlare. Jeon, quel coglione, non cambierà mai idea neanche se dovesse svegliarsi intelligente» arricciò il naso JK, scuotendo la testa mentre mostrava tutto il suo disappunto per la presunta colpevolezza di Yoongi.

Taehyung fece strisciare silentemente una mano verso di lui fino a posarla sul suo avambraccio, stringendolo appena nella sua stretta mentre lo guardava allargare le narici per mascherare la preoccupazione con la rabbia. JK voltò vagamente il capo verso di lui, giusto il necessario affinchè Taehyung notasse quanto stressato fosse JK.

Sapeva a sua spese quanto lo stress, l'ansia, l'agitazione ed il nervosismo influissero sulla vita quotidiana di Jungkook, JK e Kookie e quanto il sistema fosse suscettibile a quel tipo di tensione emotiva, e se c'era una cosa che temeva, era un altro possibile crollo. 

Perchè, ogni volta che qualcuno di loro crollava, era come se un vaso già lesionato venisse nuovamente scagliato contro il pavimento; per ogni volta che si spezzava, non era importante quanta minuzia ci si potesse impiegare nel ricomporlo attentamente, ci sarebbero sempre stati dei frammenti persi che avrebbero lasciato vuoti incolmabili e indefinibili. 

Avrebbe fatto qualsiasi cosa per loro, e se ciò significava dover avere una presa di posizione più severa, allora lo avrebbe fatto. 

«Yoongi, confido in te tanto quanto confido in me stesso e Dio solo sa quanto io ti stimi, ma se non basta chiederti di tacere in qualità di amico, allora lo farò in qualità di principe. Non dire nulla al re e lascia che la cosa rimanga tra noi. Sono sicuro abbia fatto abbastanza» proferì Taehyung.

Il volto serio ed imperturbabile si scontrò contro la sorpresa di Yoongi, che non si aspettava quella presa di posizione così tanto netta.

Nonostante a Taehyung dispiacesse imporsi in qualità di principe ed avesse sempre odiato le disparità tra classi sociali -o i benefici che da esse derivavano-, poteva fare un'eccezione per i casi in cui serviva a proteggere qualcun altro. Perchè se Yoongi avesse anche solamente fatto cenno del suo coinvolgimento nella fuga di Taehyung per andare con la legione al nord, le conseguenze sarebbero state ben più gravi di un allontanamento forzato, che avrebbe -a sua volta- comportato una serie infinita di situazioni poco gradevoli per tutti.

Ma, in modo particolare, proprio per il consigliere. 

Essere accusato di cospirazione contro la corona poteva essergli fatale, e nessuno di loro poteva rischiare una condanna a morte- anche se c'erano buone possibilità di credere che lui l'avesse rischiata per davvero.

Yoongi non poté far altro se non annuire e prostrarsi in un profondo inchino, «Come desiderate. Anche se non dovrei dirlo, prima di essere fedele alla corona sono fedele a voi, per cui...se è questo ciò che desiderate, lo farò» rispose con tono basso e profondamente riconoscente.

Taehyung annuì e JK fece un sospiro di sollievo, sbuffando dalle narici per allentare un po' di tensione -anche se il pollice di Taehyung che gli carezzava l'avambraccio sembrava aiutarlo a mantenere il controllo. 

«Prima di congedarmi, però, ho udito il re domandare di Woosung. So che non è molto cortese da parte mia chiedervelo, ma sapreste dirmi quando è partito? Nessuno lo ha visto andare via».

L'innocente domanda posta da Yoongi fece cadere un secondo macigno sulle loro teste; l'atmosfera della stanza cambiò bruscamente diventando tesa, densa e quasi irrespirabile senza che il consigliere ne sapesse il motivo. Li vide solamente irrigidirsi e ammutolire e se Taehyung stava mantenendo una certa facciata, lo stesso non si poteva dire di JK che, come perso in un mondo interiore a sé state, quasi non sobbalzò. 

Accaduto tutto solamente quarantottore prima di quella nuova decisione -e dell'imminente partenza alla volta del palazzo Kim- quell'evento doloroso e straziante era ancora vivido nella memoria di JK come quasi niente lo era mai stato così dolorosamente tanto. 

Il tempo per potersi rimettere in piedi era stato poco e JK stava ancora affrontando quel serpeggiante senso di colpa che gli rubava l'ossigeno e si cibava dei suoi pensieri, lasciandolo vivere solo quando, per sopravvivenza, smetteva di pensarci e si concentrava su cosa il presente avesse da offrirgli.

Ma se tecnicamente era tutto possibile, a livello pratico niente era così matematicamente perfetto ed analizzabile. 

Pensieri sbagliati facevano a pugni con i sentimenti provati in quell'impeto di furia; momenti vissuti divoravano la voglia di viverne altri non ancora scoperti, e l'impellente necessità di resistere ai colpi metteva a dura prova la sua capacità di proteggere gli altri e il suo corpo da nient'altro che sé stesso. 

Lui era la parte forte di Jungkook, era vero, ma non era un eroe. Non aveva poteri magici strani, non era invincibile, non era infrangibile; il dolore non era diventato forza, gli aveva solamente donato la forza di andare avanti pur cadendo a pezzi, era un sopravvissuto ad un qualcosa di inaspettatamente doloroso e devastante. 

Non era un eroe e non era un super uomo; era solo una testimonianza di quanto le atrocità ferissero e lasciassero ferite così profonde da non poter essere curate.

Deglutì a vuoto sentendo la gola arida, quindi si morse la guancia lasciando che fosse Taehyung a rispondere alla domanda del consigliere con fare pratico e assolutamente intangibile, come se neanche sapesse che l'uomo in questione fosse stato lasciato morire in mezzo alla boscaglia proprio da egli steso. 

Era un crescendo, un po' come quando il livello di acqua nella vasca iniziava a sommergerlo, con la differenza che non c'era alcun rubinetto da poter chiudere affinché quel naufragare si arrestasse. 

Passerà, l-lo sai? Non d-dura p-per sempre, hyung.   

Kookie gli parlò con vocina sottile ma fiduciosa, così tanto che lo fece sorridere per giusto un battito di ciglia. Lo so, biscottino. Non andrà via tanto presto, è per questo che è difficile. Hyung non è invincibile e non è un eroe, è solo una persona come un'altra che ha visto tante cose brutte. 

Sentì Kookie squittire in un verso preoccupato che però soffocò con un colpetto di tosse per cercare di mostrarsi forte per il suo hyung. Stava provando, di nuovo, quelle brutte sensazioni di cui lui aveva solo un vago ricordo -che però gli bastava per allarmarlo circa lo stato di salute di Jché.

A-anche per K-Kookie è d-difficile c-certe volte, lo s-sai? P-però poi p-passa e-e tutto d-diventa più bello. 

JK arcuò un sopracciglio con fare curioso e piegò il capo di lato, cercando al contempo di prendere piccole e profonde boccate d'aria per respirare. Ah, sì? E cosa lo fa diventare più bello? Magari funziona anche per me.

Kookie gli fece un grande sorriso. L-la fortuna di avere Jché e Junkoo! L-loro r-rendono tutto p-più bello, Kookie s-si sente f-fortunato e-e pensando a l-loro p-passano i momenti b-brutti

JK guardò stupito un punto fisso davanti a sé, sorpreso da ciò che Kookie gli avesse appena detto e con una strana voglia di essere emotivo per il significato che quelle parole avevano per lui. Taehyung notò che le sue mani avessero iniziato a tremare, per cui congedò Yoongi ed attese che questo svanisse oltre la porta per dedicargli la sua attenzione.

Prese una mano di JK tra le proprie e si sporse verso di lui, studiandone l'espressione contratta ma sorpresa; sbatteva lentamente le palpebre e lo sguardo non era rivolto a niente in particolare, le sue iridi erano due pozzi vuoti e fissi, le pupille erano vagamente dilatate ma sapeva che JK fosse ancora presente.

E che stesse lottando contro un attacco di panico. 

«JK...è andato. Fai respiro profondo, non è successo niente» sussurrò, passando il pollice sul dorso della mano fasciata.

JK abbassò gli occhi sulle loro mani e le palpebre gli si contrassero per qualche attimo, tornando saldamente al presente e riprendendo il filo dei suoi pensieri -che erano tutti rivolti al suo piccolo Kookie. Poteva, un bambino di otto anni e mezzo, essere così di conforto nonostante le semplici parole? Poteva, una frase apparentemente normale e modesta, avere questo tipo di impatto?

A quanto sembrava, sì.

Infatti, JK cacciò indietro l'opprimente sensazione di asfissia e alzò gli occhi su Taehyung. 

«Sì» annuì, convinto, «Lo so. E' stato un attimo, niente di cui preoccuparsi. Non credere che ceda così facilmente, principessa».

Vedere JK riprendere nuovamente il controllo di sé permise a Taehyung di respirare; infatti, si aprì in un sorrisetto ed alzò un sopracciglio verso di lui con espressione fintamente scettica.

«Io, infatti, lo so. Solo che a volte è necessario che qualcuno lo ricordi a te...ma capisco che qualcun altro lo ha già fatto», gli occhi cerulei si illuminarono e sorrisero mentre JK alzava curiosamente un sopracciglio nella sua direzione. Catturò tra le dita quelle di Taehyung ed iniziò a giocherellarci, muovendole a suo piacimento con fare lento e concentrato. 

Era un'abitudine che aveva anche Jungkook, con la differenza che mentre quest'ultimo lo faceva quando era in imbarazzo, pensieroso, corrucciato o concentrato; JK lo faceva perchè gli piaceva vedere quelle dita affusolate e aggraziate tra le proprie, studiarne le forme e sentirne la consistenza sotto i polpastrelli. 

Era rilassante.

«Può darsi» rispose JK con un mezzo sorriso. Non si dilungò oltre, perchè anche se Kookie era riuscito nell'intento di farlo sentire meglio, niente riusciva a sanare ciò che realmente si celava dietro tutte quelle che erano ombre di un passato che continuavano a tenerlo ancorato ad una parte di vita difficile da abbandonare.

Districarsi in quella marasma di sabbie mobili che lo avviluppavano fino alla gola impedendogli di muoversi era estenuante e snervante; nonostante sapesse di aver fatto la cosa giusta, nonostante Woosung si fosse scavato la fossa da solo, nonostante non fosse stato lui direttamente ad ucciderlo...

Prese un profondissimo e doloroso sospiro ad occhi chiusi e reclinò il capo all'indietro posando la nuca sul morbido divanetto, sperando di trovare l'interruttore dei suoi pensieri per poterli bloccare ed impedirgli di vorticargli attorno in una spirale confusa.

Ci provava a seppellirli, quei pensieri, ma erano tanto come semi. E, proprio come questi ultimi, sembravano germogliare ogni volta che li nascondeva, irrobustirsi ogni volta che provava a lasciarli liberi, prosperare quando cercava di controllarli. 

Le dita di Taehyung passarono sotto il suo mento e lo portarono ad aprire gli occhi e puntarli su di lui, in un gesto quanto istintivo tanto sorprendente. Gli era naturale rispondere ai gesti di Taehyung molto più che respirare, quindi attese che fosse l'altro -dopo essersi messo un attimo comodo- a prendere la parola. 

Lo vide guardarsi intorno e mordersi il labbro inferiore alla ricerca delle parole, ispezionare con occhi vaganti l'ambiente e l'espressione mutare da pensosa a determinata.

«Credo che questo viaggio non capiti per caso». 

La fronte di JK si increspò, «Cosa intendi, principessa? Passiamo da un palazzo all'altro come degli idioti, non credo faccia molta differenza in quale gabbia ci troviamo».

Taehyung storse il muso e negò con la testa, «Mi piace pensare che nulla capiti solo per caso. Per quanto sia poco allettante il pensiero di spostarsi, il mio palazzo non è una gabbia—Mio padre lo rendeva pesante ed opprimente, ma adesso che è nelle mani di Jin... ho speranza che possa essere diverso» commentò, ritrovando il vigore nel parlare via via che gli ritornavano alla mente tutti gli aneddoti sulla sua vecchia casa

«Anche se voi starete solo una settimana mentre io dovrò rimanerci per un mese, sono sicuro che sarà come prendere una boccata d'aria fresca. Cercare di trovare la felicità dove si è persa non è facile, per cui», Taehyung si allungò per spostargli dalla fronte i capelli, «Sono contento che andremo via per un po'. Non credo di aver mai sentito così tanti occhi addosso come da quando vivo qui».

JK fece una risatina secca e arricciò il naso, «E' diventato così con il tempo. Per carità, è sempre stato un posto di merda, ma non così tanto. Ma molto probabilmente è perché non si sono accorti di aver raggiunto un limite oltre cui non si deve andare...non biasimo Jungkook per averci dato vita». 

Taehyung si sorprese della piega presa dal discorso e piegò il capo di lato, in attesa. 

«Gliel'ho sempre detto che dovevamo andare via per stare bene, ma secondo te mi ha mai ascoltato? Ovviamente no, neanche gli seccassero i coglioni a darmi retta», JK fece una smorfia, «Per cui spero davvero che vada come dici tu, principessa. Altrimenti poi ti toccherà consolarmi» e dicendo quello, le labbra di JK si erano incurvate in un sorrisetto malizioso e furbo.

«JK» sbuffò, divertito, roteando gli occhi al cielo. 

JK rizzò il busto e gli prese il mento tra le dita, cogliendolo di sorpresa. Il cuore di Taehyung sobbalzò insieme alla sua persona e si umettò le labbra d'istinto come sentì il respiro di JK sulle sue labbra. 

«Un'altra volta, principessa. Alza un'altra volta gli occhi al cielo e ti mostrerò quanto possa risultare rischioso farlo in mia presenza» soffiò JK sulle sue labbra, non congiungendole ma godendosi gli occhi allargati e sorpresi di Taehyung -insieme ad un piccolo rossore delle sue guance. 

«Adorabile» mormorò tra sé, lasciandogli un bacio sull'angolo della bocca. 

Taehyung fece per parlare ma un bussare leggero li interruppe, segno che la servitù era appena arrivata per sistemarli prima della partenza. Si alzò di scatto schiarendosi la voce e si passò una mano sul viso, ignorando il ridacchiare soddisfatto di JK alla vista di un Taehyung così colpito dai suoi gesti da incespicare nei suoi stessi passi. 

Si leccò le labbra e lanciò un'ultima occhiata alla pergamena, assottigliando leggermente lo sguardo alla sua vista. 

Era il momento di andare a salutare paparino


.....................


A grandi falcate ma senza fretta alcuna, si diresse verso lo studio di quello che Jungkook continuava a definire padre quando, per lui, quello non era altro che la causa della loro rovina. O meglio, era stato una parte della loro rovina, ma non poteva importargli meno del suo ruolo e del suo status. Stava giocando con qualcosa che non gli competeva, stava plasmando la loro realtà e li stava portando al collasso solo per il gusto di provare ad avere il controllo su qualcosa che non poteva essere controllato da nessuno se non loro stessi.

Loro si erano rialzati, loro si erano scissi per sopravvivere, loro erano sopravvissuti. Da soli. 

Spalancò con un gesto secco le porte dello studio di re Jeon senza neanche curarsi di bussare, interrompendo quello che sembrava un incontro con una serie di figure la cui importanza era pari a quella di un moscerino sulla parete; fulminò con lo sguardo chiunque osasse posare lo sguardo su di lui per intimargli con gli occhi di ritornare in un altro momento e scandagliò la stanza per pochi attimi

Lasciali perdere, s-sono solo degli idioti. Non diranno n-niente, sono ancora convinti che io s-sia posseduto gli disse Jungkook, notando l'atteggiamento dei consiglieri del re. Era grato a JK  per avergli permesso di rimanere in coscienza condivisa per parte della mattina; era passato così tanto tempo dall'ultima volta che lo erano stati in quel modo, che quasi non sentì le farfalle nello stomaco. 

Sono davvero convinti di valere così tanto da risultare appetibili a qualcosa di diverso da dei vermi? rispose con tono sprezzante JK e Jungkook rise appena.

«Uscite» ordinò con tono perentorio e tagliente. Alcuni dei presenti sobbalzarono, altri fecero un passo indietro, ma tutti presero a lanciare sguardi interrogativi al re, chiedendo silenziosa conferma di poter effettivamente uscire dallo studio.

JK si specchiò con irritazione nelle iridi scure di re Jeon e passarono quelli che sembrarono minuti prima che il re stesso accordasse a tutti il permesso di congedarsi; JK non cambiò espressione né li degnò di alcuno sguardo, e continuò a tenere gli occhi fissi sulla figura del re fino a che quest'ultimo non sospirò dalle narici e si massaggiò il ponte del naso. 

«Figliolo, non puoi fare in questo modo. Io sono comunque il sovrano, devi portarmi un certo rispetto, soprattutto davanti agli esponenti di corte. Un futuro re attenziona questi aspetti, per cui spero che abbia qualcosa di urgente abbastanza da poter giustificare questa interruzione poco reale» lo riprese re Jeon con fare bonario, alzando però un sopracciglio nella sua direzione alla ricerca di spiegazioni.

JK represse a stento una smorfia di sdegno e si avvicinò alla scrivania giusto il necessario per batterci sopra le mani fasciate -ringraziando mentalmente Taehyung per aver fatto così tanti giri di garza da non sentire nemmeno il legno sotto i palmi- e flesse appena le braccia, chinandosi verso il re con occhi duri ed ermetici. 

«Cos'è che stai cercando di fare?» gli chiese a denti stretti, premendo i polpastrelli sul mogano scuro ed aggrappandosi alla razionalità per non cedere all'impulso di prenderlo a schiaffi fino a farlo volare dalla finestra.

Re Jeon posò il mento sul palmo della mano e lo guardò con espressione interrogativa, «Dovrai essere un po' più specifico di così per ottenere una risposta, non trovi?». 

JK contrasse la mascella ed inspirò dal naso in modo silenzioso ma profondo, sentendo il nervoso scivolargli addosso come se si fosse immerso in acque fredde e pericolose. 

«Non fare il finto tonto con me» sibilò con collera JK, digrignando i denti, «Perchè hai intrapreso quel provvedimento nei confronti di Taehyung? Perchè non hai lasciato correre, come hai fatto per quella merda umana di tutore e per quel fallito di suo figlio?».

Re Jeon fece un sospiro teatrale e lo guardò con una delle espressioni che JK odiava di più in assoluto. Era la stessa di quando guardava Jungkook, era lo stesso sguardo che aveva visto quella volta che lo avevano forzato a dissociarsi, era la stessa espressione che sembrava urlargli "lo faccio per un bene che tu non capisci".

Era quella ostentazione noiosa e irritante della propria erudizione, delle proprie cognizioni, spesso superficiali e, talvolta, solo presunte che faceva sparire la poca tolleranza di JK verso l'intera situazione.

«Non mi lamenterei se fossi in te, figliolo. Potevo fare molto di peggio di tenerlo lontano da questo palazzo per un mese. Ha disubbidito ai miei ordini, e non posso che dirmi stupito che proprio tu venga a farmi questo tipo di discorso» commentò quindi, guardandolo dall'alto in basso.

Come lo sguardo gli scivolò addosso, le sopracciglia di JK disegnarono due linee nette e dure sui suoi occhi mentre la schiena gli si rizzò per il fastidio. Sentì Jungkook agitarsi a quelle parole e valutò per un solo attimo di tagliarlo fuori dalla conversazione, salvo poi sentire un piccolo N-non farlo. Ci sono che suonava più come una supplica di lasciargli assistere a quella scena piuttosto che chiuderlo fuori per proteggerlo.

Per adesso va bene, ma se lo riterrò troppo la gestirò io accordò, ritornando con lo sguardo su re Jeon.

«La tua è solo una visione distorta della realtà. Taehyung è il marito di Jungkook, hai scelto tu di darlo in marito a qualcuno. Non credi di aver tolto abbastanza al tuo unico figlio? Per quale motivo devi togliergli anche l'unica fonte di stabilità che ha trovato?».

Cercò di modulare la voce per farla apparire quanto più neutrale possibile, anche se gli veniva fin troppo difficile evitare che quel fiume di sensazioni non andasse in piena e straripasse tramutandosi in parole molto meno misurate e meno educate.

Ma a lui, di essere educato e rispettoso, non fregava proprio nulla. 

«La vita toglie a tutti qualcosa, per cui non credo che sia necessario farla così drammaticamente tragica. Jungkook si è rialzato e ha lasciato il posto a te, il vero Jungkook ed erede al trono».

Quelle parole furono sufficienti perchè decidesse di chiudere a Jungkook la possibilità di sentire altro prima ancora che finisse il discorso, sentendo le dita fremere per la rabbia. Le braccia gli tremarono dal nervoso ed un brivido di rabbia gli scivolò lungo la spina dorsale, portandogli quasi la pelle d'oca. 

Il labbro superiore si arricciò per l'irritazione e gli occhi lampeggiarono dalla furia. 

«Vero Jungkook? Noi siamo tutti veri», ringhiò, carico di risentimento, «Io sono JK, non sono Jungkook e non sono nemmeno tuo figlio. Siamo solo tutti fottutamente veri» eruppe con rabbia, sentendo le emozioni colpirlo ed esplodergli dentro con violenza; per il nervoso, calciò la poltrona lì di fianco e digrignò i denti verso il re, la cui espressione non sembrava più così cordiale come lo era stata qualche secondo prima. 

Re Jeon si appoggiò allo schienale della poltrona con fare superiore e quasi altezzoso, «Io so cosa è vero e cosa non lo è. E so chi sarebbe dovuto essere mio figlio! Tu sei il Jungkook che ho cresciuto, tu sei colui che io ho riconosciuto come mio figlio. Che ti piaccia o meno, tu sei quello che conta, gli altri sono solo alcuni intoppi capitati lungo il percorso». 

JK venne preso in contropiede da ciò che aveva udito, tanto che la sua rabbia si era momentaneamente assopita per lo sconvolgimento che aveva attanagliato le sue viscere nel sentire ancora quel discorso che lo avevano portato, la prima volta, a sopprimere tutti gli altri. 

Fu come una visualizzazione fotografica in sequenza che tutti i discorsi, i momenti, i sorrisi, le lacrime e le sofferenze di ogni singola parte di Jungkook gli tornarono alla mente; sentì i discorsi di Kookie, quasi potè percepire le lacrime di Jungkook bagnargli il viso, riuscì quasi a sentire quelle mani toccarlo per convincerlo ad essere uno solo, ad essere solo JK e nessun altro. 

Ad essere ciò che non era. 

Erano giorni come quelli che JK desiderava solamente avere il potere di liberarli e di liberarsi delle persone tossiche che continuavano ad avvelenare la sua esistenza per poter ricominciare tutto da zero.

«Ma ti stai sentendo?» sibilò, iniziando il discorso con tono basso e con una calma quasi anomala se associata alla sua persona, «Stai sentendo quante stronzate stai dicendo? Io sono ciò che conta?! Io sono Jungkook?!» continuò, la voce che via via cresceva di varie ottave come quelle parole affondavano e annegavano nella rabbia del suo animo. 

«Io non sono tuo figlio! Noi non siamo intoppi, non siamo problemi e non esistono parti meno vere o attendibili di altre! Ficcatelo nel fottuto cervello che hai, siamo tutti parte di una stessa persona che tu hai permesso venisse distrutta!».

Gli occhi di re Jeon si scurirono, strinse la presa sui braccioli imbottiti della poltrona su cui sedeva ed un sorriso simile ad una smorfia si plastificò sul suo volto. Nonostante lo sguardo traboccasse di nervosismo, l'espressione si era inasprita come se avesse appena ricevuto una sfortunata notizia.

«Ah, non lo sei? Quale sangue scorre nelle tue vene? Da chi hai preso quello sguardo serio con cui mi stai scrutando adesso? Chi credi ti abbia cresciuto con i valori che un giusto futuro erede al trono ha? Tu sei mio figlio, che ti piaccia o meno, ed è una realtà che non puoi modificare» rispose con mal celata soddisfazione il re, così tanta che JK fece un verso disgustato e per poco non vomitò sulla scrivania. 

Lo guardò con astio crescente dall'alto della sua posizione e scosse la testa con un sorrisetto di scherno ad incurvargli le labbra piene.

 «Ti dichiari padre, dichiari di essere un genitore. Credi davvero di poterti considerare tale? Hai tramato alle mie spalle per tutto questo tempo solo per guardare i tuoi interessi, continui a gettare merda sul tuo reale figlio e continui pateticamente a cercare di controllare qualcosa che non ti riguarda. Come cazzo fai a guardarti allo specchio senza vomitare? Con quale fottuto coraggio affermi di essere un padre?».

Il re fece una risata secca ed amara, simile alla sua ma molto più roca e graffiante; si passò una mano sulla barba curata e scosse la testa. 

«Continui a negare una realtà evidente. Non lo capisci che lo sto facendo per te? Per evitare di continuare ad imbarazzarti con quel balbettare spiacevole che non fa neanche capire ciò che stai dicendo? Tu sei nato per fare il re, non l'altro. E se è servito Woosung o Taehyung per farti rimanere ciò che sei, allora rifarei esattamente ogni cosa fino all'infinito perché è così che sei nato». 

L'ammettere di non pentirsi, era un qualcosa che lasciava sulla punta della lingua di JK un amaro difficile da ignorare. Ammettere così apertamente di aver utilizzato delle altre persone per i propri scopi, dire apertamente e con quella naturalezza di aver volontariamente rovinato la loro vita solo per assecondare delle aspettative irrealistiche...

Faceva male, ma era più una sorta di costernato rammarico che un dolore vero e proprio. 

«Tu sei un pazzo», JK lasciò che le parole fluissero via dalle sue labbra a briglia sciolta, «E se non ti è chiaro, te lo ripeto: io non sono il tuo fottutissimo figlio. Io sono il frutto dell'ignorare tutte le richieste di aiuto di Jungkook, della tua incapacità di essere un padre, di tutto quello che non hai mai voluto vedere nella tua stupida ed inutile vita perché non saresti nemmeno capace di affrontare una mosca se non avessi quella dannata corona sulla testa. Io sono ciò che ti dimostra di aver fallito come essere umano» sbroccò, gesticolando vistosamente mentre guardava con occhi socchiusi in due sottili fessure re Jeon contrarre la mandibola.

«E sai una cosa, re? Sei stato anche fortunato nella tua miserabile vita, perché se fossi stato veramente io il tuo vero figlio», ruggì con tono baritono, spostando malamente la sedia da davanti il suo percorso per avvicinarsi alla scrivania, «A quest'ora non saresti stato altro che polvere» sibilò, irato.

Non attese risposta, non voleva più continuare quella conversazione perchè era un po' come urlare nel vuoto; nessuno avrebbe sentito, e re Jeon non voleva ascoltare. Non era mai stato bravo nel farlo e non aveva mai prestato attenzione alle parole e, di conseguenza, anche i suoi discorsi risultavano svuotati di qualsiasi significato. 

Posò una mano sulla maniglia e si bloccò sull'uscio della porta, voltandosi appena verso il re. Con la coda dell'occhio vide la sua espressione infrangibile tradire una sorta di velata sofferenza immotivata che, in JK, non smosse proprio nulla.

«Non tirare la corda con me, Jeon. Perché chissà che non te la leghi attorno al collo come hai fatto con Hoseok».


.....................


«Interessante?» chiese Taehyung, spezzando il silenzio che, denso, riempiva il piccolo cubicolo della carrozza.

Aveva letteralmente contato i minuti guardando il suo raffinato orologio da polso scandire il passare del tempo e, dopo aver atteso venti minuti affinchè JK la smettesse di guardare fuori dalla finestra o bisbigliasse qualcosa tra sé con fare assente, aveva deciso di prendere la parola perchè se avesse continuato a stare in silenzio, avrebbe sicuramente sbattuto la testa da qualche parte. 

Non era tipo da dover per forza riempire il silenzio con le parole, ma quando il silenzio lasciava che JK si arrovellasse nelle sue elucubrazioni mentali, preferiva di gran lunga sentirlo parlare e magari distrarlo dalle vicende occorse negli ultimi tempi. 

Che fosse andato dal re lo sapeva, ma cosa fosse successo con quest'ultimo no- ma era ovvio che qualcosa lo avesse infastidito tanto da farlo chiudere nel suo solito mutismo. 

JK mugugnò qualcosa senza dirgli nulla per davvero, pertanto sospirò e posò il capo contro la parete, arreso già in partenza. Si sentiva stanco e sperava ardentemente che il suo ritorno a palazzo potesse essere accolto non con altri problemi ma con un po' di pace e tranquillità. 

L'idea di rivedere Jimin lo rendeva vagamente inquieto; l'ultima volta che si erano parlati non era andata nel migliore dei modi e le parole pesanti volate tra di loro avevano portato una rottura del loro rapporto che aveva fatto male. Era una ferita che continuava a purgare e che sperava di poter richiudere una volta tornato indietro.

Era suo fratello, non poteva ignorare il loro legame e non poteva di certo lasciare che questo morisse solo perchè c'era stata un'incomprensione. Era sicuro che Jimin fosse in grado di capire il suo punto di vista, di comprendere le sue ragioni e di accettare senza indugio Jungkook insieme a JK e Kookie, doveva solo togliersi quelle lenti invisibili dettate dall'ignoranza per poter vedere ciò che vedeva anche lui. 

«Perchè hai quell'espressione? Non eri tu ad essere felice della partenza?» chiese JK, osservando il volto di Taehyung fermo in un'espressione concentrata. 

«Lo sono, sto solo pensando a come sarà rivedere mio fratello dopo tutto questo tempo. Chissà, magari riuscirò a far tornare tutto come prima» commentò Taehyung, scrollando le spalle subito dopo. 

JK schioccò la lingua sul palato, «Non è una cosa che dipende solo da te. Le cose si fanno sempre in due, principessa».

Taehyung riaprì gli occhi ed arcuò un sopracciglio, accentuando la sua perplessità allo sguardo illuminato da una luce maliziosa e ghignante che gli stava rivolgendo JK; aveva piegato il volto di lato, alcune ciocche gli erano ricadute sulla fronte scoperta e gli orecchini avevano tintinnato al gesto, «Vuoi che ti mostri anche cos'altro si fa in due?».

Accompagnato il tutto con un occhiolino, Taehyung si passò una mano sul viso con fare esasperato -nascondendo sotto questa il sogghigno cresciutogli sul viso, «JK, ti faccio andare a piedi».

Questo sbuffò, «Neanche ti avessi proposto di cavalcarmi» rispose, stizzito, arricciando leggermente le labbra in una smorfia provocante, «Anche se l'idea non mi dispiace, lo ammetto».

Taehyung issò il capo per fissarlo per qualche attimo, indeciso se assecondare il suo lato più sfacciato o meno. Ma, se la sua mente stava ancora valutando le alternative, il suo carattere aveva già preso la decisione per lui.

«Cavalcarti in uno spazio così piccolo? Potrei, ma lo spazio è poco e a me piace fare le cose per bene». La frase, detta con la stessa malizia di JK e con un tocco di sfrontatezza atipica per un tipo silenzioso e raffinato come Taehyung, lo sorprese. 

Attonito, crebbe di essersi immaginato lo stare al gioco dell'altro. Non l'aveva ripreso? Non aveva fatto nessuna espressione stizzita? Nessuno sbuffo infastidito? Niente?! Taehyung era stato allo scherzo rispondendogli addirittura a tono? 

Sbatté le palpebre per schiarirsi la vista e cancellare la sorpresa nello stesso momento in cui Taehyung si aprì in un sorriso ampio abbastanza da scoprirgli i denti e fargli socchiudere gli occhi. Fu così spontaneo e naturale che JK non si accorse nemmeno di aver trattenuto il fiato.

Gli stava sorridendo?

A lui?

Cazzo, gli stava sorridendo per davvero.

Gli stava sorridendo come faceva con loro.

Una vampata di quello che si rifiutò di considerare imbarazzo gli fece sentire le guance calde, a cui un infimo pizzicore del suo collo si unì;  la pelle iniziò a chiazzarsi di macchie porporine note ad entrambi e fu il turno di Taehyung di stupirsi.

Si strofinò un occhio per assicurarsi di star vedendo correttamente perché non si aspettava di vedere le guance di JK iniziare a tingersi di un soffuso rossore e gli occhi sviare verso dettagli a lui ignoti.

Ma—stava succedendo davvero?

JK stava... arrossendo?!

«Sei arrossito?!» fece eco ai suoi pensieri senza potersi contenere, sussurrando la domanda con incredulità perchè, adesso che JK aveva voltato il capo borbottando una mezza imprecazione, aveva notato le tipiche macchie rossastre allargarsi oltre il colletto sbottonato della camicia bianca. 

Era pronto a scommettere la vita che anche il petto fosse costellato dagli stessi sprazzi rossi che solitamente decoravano la pelle di Jungkook ogni volta che arrossiva, e trovò la cosa fin troppo tenera per mettere un freno ai suoi gesti.

«Taci» sbottò JK, passandosi una mano sul viso per cancellare quel dannato rossore bastardo. 

Ma che cazzo gli succedeva?!

Imprecò mentalmente contro la sua persona fino a che un pizzicore sulla sua guancia attirò la sua attenzione, portandolo a voltarsi di scatto per incontrare il viso di Taehyung che, abbandonata la sua posizione, gli sorrideva punzecchiandogli la guancia con l'indice.

«Sai che quando arrossisci sei adorabile almeno quanto Kookie?» gli chiese con occhi sorridenti e contenti, non curandosi del borbottio burbero e costernato di JK nell'essere paragonato al biscotto. 

«Io e il biscotto non siamo per niente simili» mugugnò, quasi indispettito dall'essere stato paragonato ad un bambino.  

Taehyung alzò gli occhi al cielo per la resistenza che opponeva JK alla verità e fece per ritrarsi, ritrovandosi però con il polso stretto in una presa delicata ma salda abbastanza da tirarlo e farlo alzare dalla sua postazione. JK gli fece perdere l'equilibrio e per poco non finì per picchiare in naso contro la sua fronte; per cercare di non cadere in avanti puntellò il ginocchio sinistro sul sedile, esattamente tra le gambe di JK e posò la mano libera al lato del suo volto. 

JK abbassò lo sguardo e successivamente gli lanciò un'occhiata languida.

«Occhio, principessa, che se danneggi quello poi dovrò trovare alternative fantasiose per farti roteare gli occhi in quel modo insolente» gli sussurrò rocamente all'orecchio, sfiorandogli la pelle con le labbra. 

Taehyung sentì la pelle d'oca sulle braccia ed un brivido gli si irradiò dentro, piazzandosi nel suo stomaco -dove le farfalle avevano preso nuovamente a svolazzare, libere e vorticanti. Il respiro si bloccò in gola percependo la mano di JK scivolare lungo la sua schiena ed invitarlo a sedersi sulle sue gambe, e rischiò quasi di far rotolare via gli occhi come si ritrovò con le ginocchia ai lati delle cosce di JK e con il sedere posato su queste. 

Si rese conto che lo sguardo di JK possedeva un'intensità tale da fargli impicciare la lingua e bloccare le corde vocali- sensazioni che si amplificavano via via che JK avvicinava il viso al suo per far toccare le punte dei loro nasi ghignando maliziosamente. 

Schiuse le labbra ed un piccolo scossone della carrozza lo fece smuovere, obbligandolo a posare le mani sulle sue spalle per aggrapparvici ed evitare di perdere l'equilibrio. Quella trappola magnetica che erano gli occhi di JK bucavano i suoi e non sembravano intenzionati a mollare la presa; anzi, lo stavano continuando a scrutare in modo illeggibile ma particolare.

«Hai mai preferito qualcuno in particolare tra noi tre?».

Il fiato caldo gli impattò sulle labbra in una leggera carezza, il cuore gli fece le capriole nel petto perché -proprio in quel momento- voleva baciarlo come forse non gli era mai capitato, come non aveva mai sentito prima- e lo avrebbe fatto, se solo JK non gli avesse posto una domanda fin troppo puntuale.

L'emozione che ne era scaturita si era riflessa nelle iridi color caffè in un'attesa che gli diede la lucidità sufficiente a rispondere. 

Taehyung cercò di racimolare un po' di buon senso e si schiarì la gola, «Escludendo i nostri primi mesi di conoscenza, non ho mai avuto delle preferenze» gli disse, passando inconsapevolmente le dita sulle sopracciglia arcuate di JK, «In fondo siete tutti speciali per un motivo diverso. In generale, mi sono affezionato a tutti, tanto da sentire la mancanza degli altri se questi non ritornano per un po'. Ciò non significa che io mi trovi male o che desideri qualcuno in particolare...A me va bene così come siete». 

JK annuì e basta, sentendo le dita di Taehyung scivolare con leggerezza sulla sua fronte e andare a sfiorargli le guance. 

«Perché mi tocchi spesso le guance?». 

Taehyung arricciò le labbra in un piccolo sorriso, «Se te lo dico, mi dici il perché di tutte queste domande?».

JK gli pizzicò un fianco. «Direi che si possa fare, principessa». 

Soddisfatto, Taehyung fece passare nuovamente le dita sui suoi zigomi, sentendo sotto il polpastrello la consistenza vagamente ruvida delle sua pelle, «Passo spesso le mani sulle tue guance perché ci sono le efelidi. Io le adoro, e mi piace molto toccarle», JK lo guardò tutto intento ad osservare le sue guance con espressione assorta e sentì le gote tornargli vagamente calde, «Le ho notate subito, sai? Non so perché mi piacciano tanto, so solamente che sono bellissime». 

Il mormorio assorto si interruppe al mugugno di assenso di JK, palesemente soddisfatto di aver ricevuto una risposta, «E' solo Jungkook ad averle, né io né Kookie le abbiamo». 

Taehyung lo guardò con curiosità, «E' scortese chiederti che aspetto fisico hai? Puoi non rispondermi, se pensi sia irrispettoso». 

La sua risatina roca gli fece scaldare il cuore, salvo poi farlo fermare come JK gli aveva baciato l'angolo della bocca con fare familiare e leggero. 

«Sono altre le cose irrispettose, principessa. Beh, che io sia sexy lo sai già, ma sono più alto di Jungkook e ho gli occhi di una tonalità più chiara dei tuoi. Ho i capelli neri e vagamente mossi che mi arrivano all'incirca qui». Si indicò la zona appena sotto l'occhio e Taehyung ascoltò affascinato la sua descrizione, annuendo di tanto in tanto. 

«Hai mai pensato di disegnarti?». 

JK lo guardò stranito ed alzò un sopracciglio nella sua direzione, «No, che cazzo mi disegno a fare se a nessuno interessa saperlo?». 

Il tono burbero non toccò Taehyung più di tanto e infatti, proprio come se gli avesse appena fatto un complimento, gli sorrise ampliamente.

«A me interessa» gli fece notare, scrollando le spalle, «Mi farebbe piacere vederti». 

Quella semplice costatazione provocò in JK una strana emozione che non seppe riconoscere; poteva affermare con certezza che non l'avesse mai provata, poteva dire di non saperla gestire e di non riuscire a classificarla, ma era certo fosse un qualcosa di strano perchè un tiepido calore si era irradiato nel suo petto e la gola gli si era improvvisamente seccata.

«E sia, principessa. Fai attenzione a non innamorarti troppo in fretta» scherzò JK e Taehyung scosse la testa, ridendo apertamente e facendo per scendere dalle sue gambe. JK strinse la presa sui suoi fianchi e alzò un sopracciglio nella sua direzione -in risposta alla sua muta domanda sul perchè dovesse starsene seduto sulle sue cosce. 

Gli occhi di Taehyung si allargarono nel percepire le mani di JK tornare ad allargarsi sulla parte bassa della schiena e che, tattiche, lo stavano sospingendo verso di lui per farlo scivolare sulle sue gambe. Lo sguardo magnetico e profondo tornò ad albeggiare nelle sue iridi scure e Taehyung sentì il fiato mozzarsi per quanto fosse denso.

«Rimani così come sei, principessa», gli sussurrò, lasciando vagare gli occhi scuri sul suo viso, «Almeno tu, continua ad avere di noi la stessa concezione che hai adesso. Non sono il rimpiazzo di Jungkook, né Jungkook lo è di me, come invece crede il re e chiunque altro a corte. Sono solo una parte di un qualcuno che ha cercato di salvarsi, e queste preferenze...», JK abbassò gli occhi sulle sue labbra, «Hanno distrutto la nostra vita» finì, in un mugugno quasi assente. 

Taehyung ci stava provando seriamente a concentrarsi sulle sue parole, ma una parte del suo cervello era concentrata nel godersi quelle mani che, se un tempo lo avevano spezzato, adesso stavano risanando le sue ferite in modo lento e gentile come forse non credeva sarebbe mai potuto succedere.

«Nessuno sembra comprendere che se Jungkook non avesse ricevuto così tanta merda, a quest'ora sarebbe una persona normale come tutti». 

Le parole soffiate da JK, come se fossero pensieri detti ad alta voce, si affievolirono per socchiudere gli occhi e piegare leggermente il capo. Le dita di Taehyung risalirono, infatti, dalle sue spalle verso la nuca, dove si insinuarono per scorrere tra i suoi capelli e fargli una serie di piccoli grattini che -segretamente- aveva scoperto di amare.

«La normalità non è una qualità né una destinazione. La definirei più come un processo dove l'importante è come affronti il percorso, non è dove stai andando né da dove ti sei partito. Il vostro trascorso ha portato dei cambiamenti che non avete scelto, ed il vostro cammino ha cambiato percorso ma... solo perché non è uguale al mio, non significa che sia meno normale. Adesso potete scegliere di vivere la normalità che vi appartiene come più vi aggrada, adesso la scelta è solo vostra» gli mormorò Taehyung, grato che sul viso di JK fosse spuntato l'ombra di un sorriso. 

«Io ho già scelto».

La mano di JK fu sulla sua nuca ed in un battito d'ali le loro labbra si scontrarono. Morbide e conosciute, si premettero le une sulle altre con familiarità, modellandosi in un contatto soffice ed agognato. I loro respiri si fusero come entrambi sospirarono al ritrovato ravvicinamento; le dita di Taehyung strinsero la presa tra i suoi capelli e il viso si piegò, mettendosi più comodo su di lui per assecondare quel bacio che deliziava la sua incredula gioia nel sapere che era arrivato a quel punto con JK.

Chi si sarebbe mai potuto aspettare che fossero arrivati a quel punto in cui traeva gioia -ed anche piacere- nel sentire le mani di JK su di sé? Che gli sarebbe piaciuto dannatamente tanto baciarlo come stava succedendo in quel momento?

In un movimento naturale, le labbra si schiusero quasi in contemporanea e la lingua di JK passò sul suo labbro inferiore poco prima di morderlo, affondando i denti in quelle soffici carni che gli innescavano dentro una sorta di frenesia del non essere abbastanza, non sentire abbastanza. Spinse con sensualità la lingua dentro la bocca di Taehyung ed incontrò la sua gemella, la quale si mosse languidamente carezzandola piano, scivolando sul dorso e proseguendo sul suo solco fino ad intrecciarle ed iniziare una lenta ed umida danza. 

Un verso accennato e sospirato di Taehyung si scontrò con il grugnito roco che raschiò la gola di JK, che risuonò nello spazio stretto tra loro e portò il principe ad avvolgere le braccia attorno alla figura slanciata di Taehyung. Carezze sensuali accompagnarono il mormorio delle loro labbra, seguite da sospiri languidi e accennati. 

Taehyung ritrasse la lingua per passarla con fare provocante e carezzevole sulle sue labbra, tracciandone il contorno ed insinuandola nuovamente nella sua bocca, scivolando dolcemente su quella dell'altro che la accolse in un umido abbraccio.

JK mugugnò rocamente contro le sue labbra e si ritrasse appena, giusto in tempo perchè Taehyung vi passasse sopra la lingua e le umettasse, guardandolo con occhi socchiusi ed accattivanti.

La presa sui suoi fianchi si strinse. 

«Principessa», chiamò con tono soffuso JK. Taehyung gli sfiorò la punta del naso con la propria e si discostò il tanto che bastava per poterlo guardare meglio, «Mmm?».

«Non rendermi le cose così dannatamente difficili».

La voce di JK era densa e roca, in un connubio così profondo da avere quasi la meglio sull'intensità del suo sguardo. JK non era abituato a dosare i gesti, non era abituato a trattenersi né tantomeno a frenare gli impulsi -di cui, il più preponderante, era quello di stringere le natiche di Taehyung e strizzarle per saggiarne la consistenza-, non era abituato a trattenersi dal toccare o dal privarsi di qualcosa, ma quella era una situazione diversa. 

Non voleva ricadere nello stesso, grave errore che aveva già commesso in passato, non poteva rischiare che tutto venisse distrutto solo perchè guidato dagli ormoni. Con Taehyung doveva essere diverso, anche se non gli sembrava che fosse mai stato uguale a tutto ciò che avesse provato in passato.

Il ghignare malizioso di Taehyung lo riscosse dai suoi pensieri. 

«Chissà che non lo faccia di proposito...» e, dicendogli quello, gli lasciò un bacio sulla punta del naso e si liberò dalla sua stretta, sedendosi però al suo fianco. 

«Sei impertinente, principessa» rispose JK, notando immediatamente il sorriso di risposta di Taehyung alle sue parole; gli strizzò la coscia e si passò una mano sul viso per placare un po' i suoi ormoni a briglia sciolta e già pronti a lasciarsi andare, «Ma vedremo se continuerai ad esserlo quando le tue gambe tremeranno e le tue dita stringeranno le mie spalle».













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NDA: Aaaah ben trovatiiii! Un aggiornamento serale? A quanto pare!

Capitolo ricco mi ci ficco (?), 9mila parole sono il mimino per potervi chiedere scusa e farmi perdonare del mancato aggiornamento della settimana scorsa. 

Però VBB adesso qui per cui: quante cose sono successe? Tante ma poche. 

Abbiate pazienza con questi ultimi due capitoli di passaggio e tranquilli-oserei dire smorti, perchè ci stiamo spostando a palazzo Kim e lasceremo alle spalle per buona parte del tempo le vicende avvenute a palazzo Jeon. 

La punizione non è delle più dure, no? Beh, mi sembrava il minimo che potesse succedere anche perchè succedono e succederanno così tante cose che non era proprio il caso di aggiungere altra benzina sul fuoco -anche perchè la partenza doveva finalmente arrivare, e non potevamo permetterci un Tae malmenato o rinchiuso nelle prigioni reali. Per cui, avremo "solo" un esilio temporaneo. 

Di cui Jungkook sa poco, comunque. 

La me passata avrebbe riscritto questo capitolo da zero, la me Polifemo se l'è fatto andare bene SIGH. 

In ogni caso, grazie per aver letto e per averlo atteso sperando di non aver deluso le vostre aspettative. 

E COMUQNUE me completely shocked alle +81K e +10K stelline perchè W H A T  T H E  H E L L siete tutti matti, io non ero pronta- 'ㅂ' 

Btw, ci vediamo al prossimo capitolo che -spero- di riuscire a pubblicare sabato. Non prometto nulla as always, ma ci proverò (questo lo posso promettere).

A presto ♡

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