Let Me Get Lost In You [TaeKo...

By Hananami77

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''«Taehyung non può sposare il figlio di Jeon. Ho sentito troppe cose poco rassicuranti sul suo conto, non po... More

Personaggi+Introduzione
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#Special: [Biscotti in incognito]
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[Special 3#] Buon compleanno, hyung!
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~Epilogo~
LMGLIY - FAQ

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By Hananami77

Riaperti gli occhi per la flebile luce che penetrava dalla piccola finestrella nello sportello della carrozza, la prima cosa che fece Taehyung fu sorridere. Un sorriso accennato, leggero ma incredibilmente spontaneo e sincero gli stava incurvando dolcemente le labbra mentre la vista, ancora poco nitida, gli forniva tratti grossolani di ciò che li circondava. 

Con dita leggere e delicate spostò la piccola tendina arricciata e, proprio come un abbraccio agognato da tempo, si sentì stretto ed accolto dall'ambiente a lui noto e caro. La prima cosa che mise a fuoco fu un panorama verde, brillante e radioso-il panorama di casa sua. Il leggero oscillare della carrozza sulla ghiaia dello stesso colore della neve era contornato dallo scalpitio degli zoccoli dei cavalli, dal lieve cigolio delle ruote in legno e da un canticchiare acuto di piccoli uccellini svolazzanti. 

Il suo maestoso palazzo dai colori chiari e sfumature crema ed ocra, insieme ai giardini e alle fontane, si stagliarono davanti i suoi occhi in tutta la loro eleganza, portandolo a strofinarsi un occhio per sincerarsi di star vedendo bene. Osservò con occhi sfavillanti il turbine di margherite, papaveri, gerani e manciate di neve tonde e piene ondeggiare come una marea di petali, tutti sospinti lievemente dalla brezzolina che le sfiorava con un ritmo musicale invisibile. 

Anche se avevano subìto dei rallentamenti, anche se il viaggio era durato più di quanto avrebbe dovuto a causa di una burrascosa pioggia notturna, arrivare in ritardo gli aveva fornito, però, l'opportunità di bearsi di tutti quei dettagli che, come una tela ravvivata dopo essere stata spolverata, mostravano nuovamente i loro colori in tutta la familiarità che solo casa poteva dargli. 

Taehyung era stato il primo a svegliarsi come smosso da una voglia inconsapevole di godersi la vista di quei luoghi che avevano riempito tutti i suoi ricordi, dall'infanzia fino ai momenti emozionalmente intensi. Issatosi dalla spalla di JK -su cui aveva dormito per tutta la notte- aveva poi spostato il braccio di JK posato sulle sue spalle per potersi stiracchiare e sgranchire la schiena.

Nonostante le vertebre scricchiolassero per la posa sbagliata assunta per un lasso di tempo piuttosto lungo, quel sorriso allegro e raggiante non se ne stava andando e non sembrava volesse farlo tanto presto; la gioia di stare lontano dal tetro palazzo Jeon insieme a Jungkook per almeno una settimana e poter rivedere i suoi fratelli -nonostante la nuvola scura che avvolgeva il suo rapporto con Jimin- era fin troppo allettante per non lasciarla fluire. 

Si sentiva sinceramente felice di poter condividere con Jungkook -e anche gli altri- quegli spazi conosciuti, raccontargli aneddoti su ogni angolo del palazzo piuttosto che mostrargli e spiegargli perché le manciate di neve fossero i suoi fiori preferiti e perché i giardini ne fossero pieni. L'unica volta che avevano avuto occasione di stare insieme, lì al suo palazzo, era stato in un momento lontano, con un tempo a disposizione limitato e ricco di impegni burocratici per firmare i contratti prematrimoniali. 

Anche in quel caso, il tempo era limitato e non giocava molto a loro favore e nonostante quel neo in quel foglio bianco che sperava fosse la loro permanenza nel regno Kim, cercò di scrollarsi di dosso il breve quanto intenso moto di tristezza che lo colpì. Il pensiero della loro lontananza non gli dava pace e spesso lo portava a rimanersene sulle sue più tempo del necessario, ma evitava sempre che la paura del domani non gli facesse godere le gioie della giornata. 

Certo, il motivo per cui si erano recati nel suo regno era alquanto singolare, ma poteva dire che ci fosse qualcosa di ordinario nella sua vita?

La festa di fidanzamento e relativo matrimonio di suo fratello Jin -compresa la retrocessione di suo padre al trono- era un qualcosa che continuava ad istillargli il dubbio che qualcosa fosse accaduto senza che ne sapesse nulla; non poteva esserne certo visto che la corrispondenza si era troncata senza un motivo a lui conosciuto, ma aveva buoni motivi per credere che non esistesse momento migliore per avere un po' di chiacchiere tra fratelli.

Un sospiro mugugnato lo fece voltare e vide il principe mettersi più comodo sul suo posto; aveva posato il capo sul suo avambraccio piegato a mo' di cuscino mentre cercava di sistemarsi e corrucciava leggermente le sopracciglia per la -probabile- scomodità della posizione. 

Ritornò seduto al suo fianco e si sporse per passargli una mano tra i capelli; le dita affusolate scivolarono tra le ciocche corvine un po' scompigliate e gli scoprirono la fronte, sorridendo apertamente come l'altro aveva rilassato l'espressione a quella coccola leggera.

Aveva scoperto che le coccole erano molto apprezzate dal principe. 

Anzi, a dire il vero, da tutti e tre.

«JK, siamo arrivati».

Il sussurro roco, profondo e con una nota grave dovuta al mattino risuonò come un baritono soffio nelle orecchie del principe, che venne riscosso appena da un leggero scuotere della sua spalla. Aggrottò le sopracciglia e mugugnò qualcosa, sospirando pesantemente mentre strizzava gli occhi perché non voleva seriamente svegliarsi, aveva ancora sonno. 

Visto l'atteggiamento, Taehyung ridacchiò tra sé, «Lo so, ma siamo quasi arrivati» gli rispose con fare divertito ma con una nota calda nella voce baritona. Gli passò l'indice sotto il mento per potergli fare una carezza capace di ridestarlo senza esperienze traumatiche come solo il risveglio poteva essere e sfiorò il broncio con il dito, ridacchiando. Il principe allungò le braccia verso di lui neanche lo vedesse e Taehyung si ritrovò strizzato in un abbraccio da orso, con il capo dell'altro posato sulla sua spalla e il naso a sfiorargli il collo. 

D'istinto ricambiò l'abbraccio e gli lasciò un bacio sui capelli, facendo scorrere le dita sulla sua schiena vagamente ricurva per la posizione. Un mugugno simile ad un: «Ancora cinque minuti» lo fece sorridere ampiamente e affondò il naso nei suoi capelli. 

«Non credo di poterteli concedere, sai?» rispose con divertimento, inspirando il suo profumo -un misto tra quello di Jungkook e di JK. Quest'ultimo, infatti, aveva la tendenza ad utilizzare un profumo muschiato e speziato, di quelli dall'aroma dolciastro ma maschile; era, per ovvi motivi, l'odore più forte tra tutti vista la propensione di JK ad esagerare con la fragranza, ma quell'odore fruttato dei saponi di Jungkook era rimasto, e gli scaldava il cuore ogni volta che riusciva a percepirlo. 

Una mano riuscì a districarsi appena dalla stretta ferrea delle braccia del principe e le dita si insinuarono tra i capelli corvini, iniziando a fargli quale grattino, «Mi sa che Yoongi non sarà così contento di trascinarci fuori dalla carrozza...Il mio palazzo ci attende, siamo stati fin troppo qui dentro». 

Il principe sospirò pesantemente palesando il suo disappunto per l'essere costretto a lasciare quel giaciglio invitante e si arrese alla cruda realtà di doversi svegliare del tutto. 

«Tuo palazzo?» mugugnò subito dopo, sporgendo le labbra e tenendo gli occhi socchiusi. Taehyung lo guardò grattarsi la nuca e stiracchiarsi; quello sbatté le palpebre e bastò attendere che la carrozza iniziasse a rallentare perché gli occhi gli si colorassero di sorpresa.

Schiuse la bocca come se avesse appena avuto un'illuminazione e le sopracciglia schizzarono verso l'alto, sparendo oltre la frangia, «S-siamo al tuo palazzo?! E' già arrivato il momento?!» esclamò Jungkook, sporgendosi oltre Taehyung per guardare fuori dalla piccola finestra.

Con fare ammirato e contento osservò lo stuolo di servitori attendere il loro arrivo, mentre la scalinata ed i ciottoli immacolati erano ricoperti da un tappeto dal profondo color borgogna.

«Esatto, siamo arrivati a palazzo Kim. E' ufficialmente iniziata la nostra settimana di pausa dal mondo» gli sussurrò Taehyung all'orecchio, abbracciandogli la vita e passando il naso sul retro del collo, su cui lasciò un bacio. 

Jungkook si voltò e si aprì in un grande sorriso; il naso si arricciò, le labbra scoprirono i denti e gli zigomi si sollevarono fino a costringere gli occhi a socchiudersi. Annuì con convinzione, perfettamente d'accordo e con una trepidante emozione nel petto perché sì, era ciò che sperava da quando aveva saputo del loro viaggio.

«Questo significa che possiamo s-stare più tempo insieme...sul serio?» chiese con lo stesso tono di chi non crede alle proprie orecchie, quasi stupito che potessero stare una settimana contatto. Una settimana, per loro che riuscivano a vedersi solo la sera o al mattino, significava il mondo. Significava poter godere di ogni singolo attimo della giornata della presenza di Taehyung, poter costruire quello che aveva sempre pensato valessero davvero.

Ricordi

Stava cercando di fare tesoro di ogni momento che riusciva a vivere, perchè i momenti condivisi con Taehyung erano i migliori della sua vita; Taehyung era la persona, quella per cui avrebbe passato notti insonni solo per osservarlo dormire, quella con cui poteva essere solo Jungkook, quella che riempiva i suoi pensieri ogni volta che non lo aveva vicino. 

Per cui, quella settimana -anche se magari non sarebbe stata vissuta solamente da lui- era comunque più di quanto avesse mai avuto per poter stare con Taehyung e basta. 

«Sì...e non vedo l'ora» gli sorrise Taehyung lasciandogli un bacio sulla punta del naso giusto nel momento in cui la carrozza si arrestò. Jungkook si sistemò i capelli sulla fronte e Taehyung si sporse leggermente per guardare l'ingresso del palazzo, notando immediatamente qualcosa che non era consueto.

Né suo padre -né tantomeno Jin- sembravano essere presenti come imponeva l'etichetta reale; in compenso, però, ad attenderli in cima alla piccola rampa di scale in fine marmo adornato dal tappeto e da festosi vasi ricolmi di rose bianche e gialle, una sagoma snella e conosciuta si stagliava e spiccava per il colore scuro dei suoi abiti. Il corpo sinuoso era fasciato da un completo blu notte e l'arricciatura del colletto che ricadeva in morbidi e fitti volant si chiudeva sul collo lungo; a risaltare, il ciuffo cinereo elegantemente posato sulla fronte chiara e alta. 

Fermo con le braccia che gli ricadevano lungo i fianchi, gli occhi chiari -quasi trasparenti- erano puntati sulla carrozza e sul punto stesso in cui Taehyung e Jungkook sarebbero dovuti spuntare nel giro di un minuto o due.

Se l'espressione di Taehyung era interdetta e circospetta, quella di Jungkook era molto più intimorita del necessario. Sapeva che, forse, stava reagendo in modo vagamente spropositato, ma l'ostilità era un qualcosa difficile da dimenticare e da gestire -almeno per lui.

Qualcun altro avrebbe continuato a guardarsi in giro senza prestarvi troppa attenzione, o avrebbe completamente dimenticato cosa significasse essere odiato...ma non Jungkook. Non lui, che si sentiva come una goccia di pioggia che crollava in un oceano salato a cui non sembrava appartenere. 

Per lui, ostilità significava astio, astio significava scontri, e scontri significavano lotte.

Lotte che non voleva intraprendere con nessuno né tantomeno fare intraprendere da nessuno. 

Ti stai forse preoccupando per me, ragazzino? 

Jungkook storse il muso alla risata calda che aveva accompagnato quelle parole ed arricciò il naso, Certo. C-cosa credi, che solo tu t-tenga a noi? Siamo una famiglia o-oppure no? Non voglio che ci attacchino nuovamente per u-una cosa che a-abbiamo già chiarito con Tae.  

Sinceramente, non se la sentiva di essere fonte di problemi a meno di tre secondi dal suo arrivo a palazzo Kim, ma era inevitabile che ad attenderlo non potevano esserci sorrisi smaglianti o risate contente. Seppur non lo conoscesse abbastanza, aveva sperato che ad accoglierli ci fosse stato anche l'altro fratello di Taehyung, in modo che potesse stemperare e diluire la tensione che sentiva fosse nell'aria - o meglio, che lui stava percependo nonostante non avessero neanche messo piede fuori dalla carrozza. 

«Tae, credi che sia ancora arrabbiato c-con noi?» chiese Jungkook con fare indeciso, indicando Jimin con un cenno del capo, «Non vorrei si creassero situazioni s-spiacevoli appena arrivati». 

Taehyung scosse la testa e si sistemò la giacca con fare metodico e tranquillo, «Non credo. Per quanto sia stato stupido ed avventato dirti quelle parole, Jimin non è rancoroso né cattivo. Non posso essere sicuro che sia tutto passato, ma se dovesse anche solamente ripetersi un accenno di ciò che è avvenuto tempo fa, stavolta me ne occuperò io, visto che posso farlo. È mio fratello dopotutto, è mio compito occuparmene». Le parole vennero accompagnate da un sorriso di rassicurazione e da una mano tesa a cui la mano di Jungkook si intrecciò. 

Fu Yoongi ad aprire lo sportello con un sorriso accennato sul volto; cercava di mantenere lo sguardo fisso sui due principi anziché voltarsi a guardare Jimin che, con passo lento, stava scendendo i gradini per andare verso di loro. Ad ogni passo, il grattare della ghiaia annunciava la sua imminente vicinanza e nonostante sentisse il cuore battere veloce per quell'incontro che aveva atteso dal momento stesso in cui aveva visto suo fratello andare via, mantenne la sua compostezza.

Anche se non era sicuro che il suo cuore battesse veloce come le ali di un colibrì solo per l'incontro con suo fratello. 

«Bentornato, Tae» esordì con voce leggera, arrestandosi a poca distanza da loro. 

Taehyung alzò gli occhi verso di lui e fece un piccolo sorriso, di quelli accennati ma sinceri; il volto allungato di suo fratello era rimasto invariato dall'ultima volta che si erano visti, così come i capelli erano acconciati esattamente nello stesso, identico modo che lui gli aveva consigliato anni prima. 

Strinse la presa sulla mano di Jungkook perchè, anche se non poteva vederlo, sapeva quanto disagio stesse provando dal modo in cui -nonostante le fasciature- le sue dita avessero aumentato la presa su di lui come a volerlo tirare via. 

Dietro di lui, Jungkook guardava un po' ovunque e cercava di impegnare lo sguardo nell'osservare qualsiasi cosa lontana dalla figura di Jimin, concedendo a quest'ultimo solo brevi e fugaci occhiate che, ogni volta, gli facevano sentire il disagio strisciante scivolare lungo la schiena e lo stomaco ribaltarsi. 

Non temeva Jimin in senso stretto, non temeva nemmeno un confronto a dire il vero; ciò che Jungkook temeva, invece, era incontrare gli occhi azzurri tanto chiari quanto cristallini e ritrovarvi costernazione e disgusto -proprio come era successo in passato. Nella sua vita aveva ricevuto poche occhiate amichevoli e molte ostili, per cui detestava vedere che a distanza di anni, gli altri continuassero a guardarlo in quel modo e a giudicarlo per un qualcosa su cui non aveva il controllo né poteva averne. 

Troppi occhi lo avevano scrutato, troppi individui senza volto lo avevano etichettato come mostro, come diverso, arrivando ad accusarlo di essere posseduto e di essere una creatura malvagia capitata nel posto sbagliato e pronta ad uccidere tutti senza alcuna remora. Erano tutti convinti che fosse un assassino, che il suo dissociarsi era sinonimo di pericolo, che gli altri fossero in pericolo ogni qualvolta JK faceva la sua comparsa, che era pronto a mietere vittime solo perchè diverso.

Per cui, reduce di tutti quegli attacchi gratuiti che aveva ricevuto senza che facesse del male a nessuno se non a sé stesso, la possibilità di ritrovare in Jimin lo stesso sguardo giudicatore lo metteva a disagio.

Era stato così gentile con lui, la prima volta che si erano visti.

Ricordava che avesse provato immediata simpatia nei suoi confronti e che si era sentito confortato dal suo fare affabile e comprensivo; aveva apprezzato i suoi sforzi per metterlo a proprio agio ed era stato uno dei pochissimi ad aver avallato, fin dal principio, il suo matrimonio con Taehyung nonostante avesse una vaga idea di ciò che si diceva tra le corti della sua persona.

Aveva quindi creduto che almeno uno dei due fratelli di Taehyung avrebbe potuto essere un buon amico, un buon confidente ed una persona da accogliere spesso a palazzo e con cui trascorrere del tempo piacevole. Ed invece, a distanza di soli tre mesi dal loro primo incontro, si erano bruciati anche quell'unica e ultima possibilità e, le probabilità che potesse recuperare il loro rapporto, erano pari a zero.

Non dava la colpa a JK, troppe volte gli era stata data una colpa che non meritava, troppe volte si era sentito accusare di qualcosa, troppe volte era stato il capro espiatorio di situazioni che non sarebbero nemmeno dovute esistere, e dopo gli ultimi crolli che lo avevano portato a preoccuparsi profondamente per il suo alter protettore, dargli la colpa anche di quello era fuori discussione.

Per ogni torto o colpo che infierivano agli altri, erano sempre loro i primi a risentirne; le sue mani ancora fasciate, le stampe dei denti sugli avambracci, i tagli invisibili che gli puntellavano la pelle insieme alle sue crisi dissociative e gli attacchi di panico, erano tutti segni e lasciti che mostravano di aver pagato ogni singola azione commessa da chiunque di loro. Inevitabile era stato dargli la colpa di ciò che era successo con Taehyung, ma non gli avrebbe addossato la colpa di aver rovinato il suo rapporto appena nato con Jimin.

«Grazie, Jimin. Dov'è Jin? Nostro padre?» chiese Taehyung, guardandosi intorno come se si aspettasse di vederli comparire da un momento all'altro. Facendo questo, si perse lo sguardo vagante di Jimin, che si erano abbassato sulle loro mani intrecciate ed era poi risalito sul braccio di Jungkook, che aveva appena portato gli occhi color caffè nei suoi. 

Jungkook trattenne il fiato perché non si aspettava quello sguardo diretto nei suoi confronti; gli occhi azzurri e dalla graziosa forma a mandola bucavano i suoi e lo fissavano intensamente senza tuttavia scrutarlo, solo...osservandolo.

Erano risoluti, interdetti, vagamente guardinghi ma ermetici, così tanto che Jungkook mancò di interpretare cosa gli si agitasse dentro per davvero. Sembrava la versione più fredda ed anche meno ragionevole di quella che aveva conosciuto, e c'era del Taehyung nel suo portamento -anche se questo non fosse suo fratello di sangue.

Jungkook rimase a bocca chiusa e non distolse lo sguardo, attese solamente che Jimin si decidesse a smettere di fissarlo e cambiasse atteggiamento o che, magari, tornasse a prestare attenzione solamente a Taehyung. Invece, si sorprese quando gli rivolse un cenno con la mano e fece un sorriso a labbra chiuse di semplice cortesia.

«Bentornato anche a voi, principe».

Il tono era stato monocorde, dipinto da una nota di cortese gentilezza che fece quasi atterrire Jungkook ma che fece aggrottare le sopracciglia a Taehyung, poco abituato a quell'atteggiamento formale di suo fratello. Che il tempo non avesse cambiato nulla? Che tutti quei mesi di lontananza avessero alimentato in Jimin dei sentimenti sbagliati?

Rifiutava di crederci e lasciò che il beneficio del dubbio su cosa passasse nella testa cinerina gli lasciasse la speranza che non fosse davvero rimasto tutto come l'ultima volta. 

Piegò leggermente il capo e lo fissò intensamente, studiandolo per qualche attimo per decidere se fosse il caso di troncare suo fratello sul nascere o meno. Conosceva abbastanza Jimin da capirne gli atteggiamenti, ma la piega che stava prendendo il suo comportamento nei confronti di Jungkook lo stavano facendo ricredere sulla presunta pace che si era immaginato trovasse al suo ritorno. 

«Ti ringrazio» rispose Jungkook, che rizzò le spalle e guardò fieramente davanti a lui, acquisendo sicurezza nel momento stesso in cui si accorse di non essere da solo. Essere in coscienza condivisa con JK aveva innumerevoli vantaggi, tra cui quello di spronarlo a fare di meglio e farlo sentire pronto ad affrontare qualsiasi cosa -o quasi. 

«Non credevo di trovare solo te. Dove sono Jin e nostro padre?» ripetè allora Taehyung, attirando nuovamente l'attenzione di suo fratello che, richiamato, portò lo sguardo nel suo e fece un piccolo sorrisetto -stavolta più naturale.  

«Jin mi ha chiesto di anticiparti le sue scuse per non essere venuto a salutarti ma ha l'ultima prova con il sarto reale per l'abito della festa di stasera» gli rispose Jimin, scuotendo leggermente la testa al ricordo di quanto Jin detestasse starsene in piedi, fermo per ore con un mucchio di sarti, camerieri e domestiche a fissarlo e sfilargli intorno. 

«Capisco. Nostro padre?».

Il volto di Jimin si tese in una smorfia che cancellò prima che si potesse notare, assumendo la sua posa pragmatica e neutrale, «Nostro padre non sarà presente alla cerimonia. Diciamo che sta intrattenendo dei rapporti amichevoli con la dama del regno di fianco». 

La laconica e dispersiva risposta che ricevette gli fece spalancare gli occhi e la bocca gli si schiuse dalla sorpresa. Stava leggendo bene tra le righe di ciò che gli stava dicendo Jimin? Suo padre si sarebbe perso la festa di fidanzamento di Jin per...stare con una donna?

«Da una dama? Nostro padre ha una relazione? Da quando?!» chiese con fare allibito e Jimin si schiarì la gola per qualche istante mimando un assenso, «Sì ma...credo che questo discorso possa attendere, no? Sarete stanchi del viaggio e vorrete sicuramente riposarvi prima della festa di stasera» la chiuse Jimin, chiedendogli con gli occhi di non approfondire la questione. 

Taehyung strinse le labbra ed alzò un sopracciglio, risentito dal fatto che non solamente stesse venendo a conoscenza solo in quel momento che suo padre avesse intrapreso una relazione di chissà quale tipo -e chissà con chi- ma che suo fratello avesse appena chiuso il discorso come se nulla fosse successo. 

Alzò gli occhi al cielo per il fastidio ma lasciò correre -almeno per quella volta- annuendo pur scoccandogli un'occhiata poco cordiale.

«Abbiamo fatto preparare la tua stanza, è rimasta più o meno la stessa e sono stati sostituiti solo il letto e gli armadi in modo che fosse adeguata a ospitare due persone. Jin ha pensato che potesse farti piacere tornarci...ed anche io», l'ultima frase era stata sussurrata, detta con un velo di malinconia che -pur cercando di non mostrarsi- venne notata dai due principi e dal consigliere, la cui mano strinse l'altra dietro la schiena per evitare che si posasse sotto il mento dell'altro e gli rialzasse il viso.

Taehyung, comunque, gli fece un sorriso più spontaneo e annuì, contento, «Credo sia stata un'ottima idea» rispose, voltandosi poi verso Jungkook con un sorriso ampio, «Adesso potrai vedere dove si trova la mia camera e com'è» e, dicendoglielo, gli fece l'occhiolino.

Jungkook ci impiegò giusto un attimo per capire che Taehyung si stesse riferendo alla loro prima chiacchierata e non ci volle poi molto perché ricambiasse il sorriso con occhi sfavillanti e rinnovata contentezza. 

«Spero sia abbastanza lontana dal resto perché altrimenti, principe Park, dovrete dormire con la testa tra i cuscini» tossicchiò Yoongi per sopprimere il suo ridacchiare mentre Jimin si portava il pugno chiuso alle labbra al fine di nascondere la risata all'insinuazione velata del consigliere.

«Yoongi! M-ma...!» esclamò Jungkook, nascondendo il viso dietro il palmo della mano, rosso e bruciante dall'imbarazzo. 

Come se loro fossero più silenziosi commentò JK alzando gli occhi al cielo. 

N-non ti ci mettere anche tu! rimbrottò Jungkook, mugugnando a mezza voce una protesta come JK rise, Ah, non fare tanto il pudico, ragazzino. L'ho sentito l'entusiasmo come hai saputo che avresti visto la camera di Taehyung—

Jungkook sbuffò sonoramente e si morse il labbro, G-guarda che anche io s-so cosa hai pensato ultimamente ogni v-volta che eri con Tae! S-siamo pari!

«Koo, andiamo?». 

Taehyung lo tirò leggermente per la mano che gli stava stringendo e Jungkook annuì, salutando con un cenno Jimin e lasciando che fosse suo marito a guidarlo.

Jimin sospirò profondamente, grugnendo e maledicendo la sua persona per aver agito in quel modo così freddo e distaccato -oltre che impacciato, cosa che lui di solito non era. Il momento di ilarità che era arrivato con quella piccola battuta di Yoongi era svanito come una bolla di sapone, lasciando che la frustrazione dovuta al non sapere come comportarsi gli facesse arcuare le sopracciglia sottili e curate.

«Merda» imprecò, sistemandosi i capelli dietro un orecchio con fare nervoso e scocciato. 

Che diamine, avrebbe voluto abbracciare stretto suo fratello, pizzicargli le guance e scompigliargli i capelli come faceva da una vita intera, avrebbe voluto accompagnarlo dentro e parlargli a raffica di ciò che si era perso in quei mesi, mostrargli i nuovi affreschi della sua stanza, svelargli ogni dettaglio di quel fidanzamento e matrimonio veloci e inaspettati per tutti -anche per loro. 

Non voleva rimanere chiuso in quel limbo, continuare ad arrovellarsi nel pensiero di come stesse o cosa facesse Taehyung, essere costretto a girare il cuscino perché zuppo delle sue lacrime al pensiero della loro ultima conversazione e di quanto quel vuoto facesse male ogni giorno un po' di più.

Una mano conosciuta gli sfiorò discretamente la parte bassa della schiena in una carezza accennata e riguardosa come solo quella di una persona poteva esserlo. Piegò appena il viso ed abbozzò l'ombra di un sorriso incontrando degli occhi affusolati e felini di un consigliere che gli era mancato come gli stava mancando il fiato nel vederlo così vicino e così finalmente reale.

I suoi ricordi non gli facevano giustizia, era ancora più bello di quanto ricordasse. Come quello ripetè il gesto, una calda sfumatura rosata gli colorò le guance ed il cuore mancò un battito; il brillio luminoso di quegli occhi castani contornati da un sorriso a mezze labbra era capace di scaturirgli dentro quelli che sembravano assomigliare a dei fuochi d'artificio.

Ebbe l'impulso di abbracciarlo e premere le loro labbra insieme ma frenò l'istinto solo perché non erano da soli. Quello che gli concesse, però, fu un sorriso sinceramente più felice, «Consigliere Min, non siate indiscreto» salutò con un tono fin troppo allegro per risultare formale, grato che gli occhi di Yoongi si accendessero di ilarità.

«Principe Park, non mi permetterei mai...probabilmente» asserì quello, ritirando la mano per fare un breve inchino. 

Jimin si guardò intorno ed attese che almeno una buona parte della servitù si diradasse per fare un ghigno sghembo, «Queste formalità...non sono troppo da voi, consigliere Min. Avevamo abbandonato gli onorifici molto prima di adesso», gli disse con tono fintamente casuale, piegando il capo di lato, «Oppure ciò che ricordo è solo frutto della mia fervida immaginazione?». 

Quel flirtare leggero fece scattare il sopracciglio di Yoongi verso l'alto, che si guardò un attimo intorno e si umettò le labbra, «Allora anche la mia immaginazione è fervida, principe. Ma non ho potuto evitare di sentirmi indirettamente coinvolto nel vostro cruccio». 

Jimin scosse la testa, divertito e malinconico nello stesso momento, «Il cruccio che vi rammarica è fin troppo presente per essere nascosto. Ed è un peccato vedere il vostro viso deturpato dalla malinconia» concluse Yoongi, spalancando gli occhi alla presa ferrea di Jimin sul suo polso. 

Arrivati in una zona più riparata rispetto all'atrio principale e nascosti dietro dei tendaggi dai morbidi drappeggi dorati, le mani di Jimin si posarono sul suo viso ed in un battito d'ali le labbra morbide, calde e conosciute della persona per cui nutriva un sentimento fin troppo profondo per essere semplice affetto si posarono sulle sue. 

Come una boccata d'aria, Yoongi allargò solo per un secondo gli occhi prima di chiuderli e sorridere contro le labbra dell'altro, abbracciandolo per la vita e stringendolo a sé con l'emozione annidata direttamente nel suo petto. 

I pollici di Jimin passarono sui suoi zigomi tondi e pallidi, il respiro si fece tremulo e sentì finalmente di ritornare ad esistere. Sentì di essersi ricongiunto a quello che era diventato il suo sole, il suo più grande, meraviglioso segreto che non vedeva l'ora di rivelare al silenzio del nulla per ricordarsi che fosse reale. 

Le loro labbra si mossero lentamente, fondendosi in mormorii appena accennati abbracciati da sospiri silenziosi e conosciuti, facendo rifiorire la loro appartenenza dopo mesi e mesi di distanza. 

«Ehi, Diminie» sussurrò Yoongi contro le sue labbra, riaprendo gli occhi e guardando con un misto di apprensione e dolcezza quelle perle trasparenti adornargli le ciglia e punteggiargli le guance. Spazzò via quei residui salati dallo zigomo con il polpastrello e lo guardò con preoccupazione, gioia e confusione. 

«Dio quanto ti ho aspettato, quanto mi sei mancato, Yoon. Lo so che sei ancora arrabbiato con me per ciò che ho detto a Jungkook quel giorno ma—», la voce di Jimin si spezzò ed un'altra lacrima rotolò via sulla sua guancia. A sopracciglia arcuate, teneva gli occhi chiusi mentre gli mormorava sulle labbra quelle parole sentite che, come un vulcano, gli stavano risalendo dentro e premevano per uscire. 

«Ne ho una vaga idea» gli rispose Yoongi in un sussurro, facendo un piccolo sorriso prima di posargli un bacio sulla punta del naso, «Mi permetti di ammirare i tuoi occhi?».

Jimin sapeva quanto Yoongi amasse guardare i suoi occhi; fin dal primo momento in cui si erano guardati non aveva fatto altro che adularli, ed era stata proprio a loro che era stata dedicata la prima frase che gli aveva rivolto che, oltre ad averlo lasciato stupito per il complimento, lo aveva colpito per l'eleganza e la discrezione con cui era stato detto.

«I vostri occhi non possono essere dimenticati».

Per questo li riaprì e, attraverso la visione acquosa e poco chiara dovuta a quell'accenno di lacrime, guardò Yoongi come se ne valesse della sua vita. La mancanza, la sensazione di vuoto e quella sorta di stretta al petto con cui conviveva giornalmente erano sparite, dissolte nel momento stesso in cui l'aveva visto scendere elegantemente dalla carrozza con un leggero balzo.

E, in quegli occhi azzurri, Yoongi guardava il riflesso della sua felicità. Brillanti, grandi, luminosi ed eterei come il suo possessore, il loro colore ed il loro trasporto erano infiniti proprio come se fossero un oceano; un oceano dove nuotare, dove immergersi e crogiolarsi.

Un oceano infinito dove perdersi.

«Si risolverà. Io ti ho già perdonato».

Ed era vero; seppur incredibilmente legato a Jungkook e seppur continuasse ad essere pronto a mettere a rischio la sua vita pur di salvaguardare quella del principe, nel loro lungo e fitto scambio epistolare aveva cercato di capire le motivazioni dietro le parole tanto crudeli quanto spietate che erano state dette dal suo Diminie. Aveva rifiutato l'idea di credere che fosse stato realmente detto con coscienza e si era cullato nella speranza che Jimin non intendesse davvero quelle parole -e che non rivelasse a nessuno del disturbo del principe.

Era stato difficile discuterne a distanza di settimane -o mesi- ma era stato fruttuoso e soddisfacente leggere le infinite parole di Jimin a proposito di ciò che era accaduto; non poteva biasimarlo per essersi scagliato contro la fonte di dolore di suo fratello, ma la cattiveria non era mai la risposta giusta agli eventi come quello, né lo era la presunzione di avere ragione. 

Il suo caparbio quanto fragile petalo non era una pianta carnivora che si cibava delle fragilità degli altri, Yoongi sapeva che sotto quegli strati di stravaganza e vivacità ci fosse un principe semplicemente preoccupato e protettivo. 

Jimin fece un piccolo sorriso e si sporse nuovamente per sentire sulle proprie quelle labbra sottili che aveva imparato a riconoscere e a valutare come quelle che avrebbe voluto sentire fino alla fine dei suoi giorni. 

«Grazie per avermi aspettato» gli mormorò contro le labbra, su cui Jimin premette maggiormente le sue dicendogli tacitamente ciò che aveva scritto in calce ad ogni lettera speditagli. 

Ti aspetterò per sempre.


..................


«Vorrei andare a cercare Jin per informarlo del nostro arrivo» bisbigliò Taehyung contro la spalla di Jungkook mentre lo abbracciava da dietro e gli baciava la stessa.

Jungkook, intento a tamponarsi il viso con l'asciugamano, lo abbassò e scoprì il sorriso che nascondeva dietro questo, guardando di rimando Taehyung, le cui labbra erano curvate in una linea sorridente e felice. 

I capelli di Taehyung non erano ancora del tutto asciutti, alcune goccioline scivolavano ancora dalle punte sottili appiattite sulle tempie e il profumo dolciastro dalle note di lavanda e vaniglia creava un armonioso connubio di sentimenti soffusi e accoglienti. A dire il vero, tutta la stanza di Taehyung era accogliente; non si aspettava nulla di diverso da una persona come suo marito, ma il quantitativo di colori, di luci, di dipinti e di ornamenti della sua stanza lo avevano lasciato sinceramente senza parole. 

In quella camera -ma anche in parte del castello, ad essere sincero- c'era del Taehyung ovunque; la sua attenzione al dettaglio, il suo senso estetico, i suoi colori preferiti erano tutti stati riversati in quegli spazi in modo armonioso ed equilibrato, così tanto che sembrava di vivere all'interno di un dipinto un po' visionario ma incredibilmente ordinato. 

Ed anche in quel bagno dai fini dettagli in oro -non solo per colore ma anche per materiale- e dalla fine e marmorea decorazione, aiutavano a rendere l'atmosfera luminosa e quasi rilassante per il suo animo. Si guardava intorno e trovava un equilibrio perfetto in cui vivere; nessun angolo era contaminato da ricordi con cui faceva a pugni ogni giorno, nessun viso era conosciuto abbastanza da ricordargli la loro indifferenza, nessuno era pronto a valutare le loro azioni e trarne conclusioni che non gli appartenevano. 

Era stato quasi rigenerante potersi ritrovare in quella scenetta informale di cui Jungkook aveva sentito la mancanza per ogni momento speso a sperare di rivedere presto Taehyung e di poterlo toccare e sentire sotto le dita come desiderava. Supponeva che la sua sensazione fosse la stessa provata da suo marito nel tornare a casa; poter passare le mani sulle sue spalle e sfiorare con i polpastrelli la profonda e scura cicatrice al centro tra le scapole aveva alimentato il suo ricordo -già vivido- di quanto fosse meraviglioso sentirlo vicino.

Le dita erano state instabili mentre lo sfiorava sforzandosi di essere delicato mentre si abbeverava di quella pelle caramellata e dorata come il sole che rappresentava Taehyung. 

E mentre lo abbracciava da dietro e ricambiava il suo sorriso attraverso lo specchio, le emozioni di Jungkook scoppiarono come stormi di rondini a primavera, sfarfallando nel suo stomaco ed annidandosi proprio sul nido creato nel cuore; le iridi cerulee e rischiarate da calde sfumature dorate erano gioiose e brillavano almeno quanto due acquamarine -ed erano le più preziose che avesse mai visto. 

«Sarò di ritorno presto» continuò Taehyung, abbassando il capo per passare la punta del naso sul suo trapezio e risalire sulla sinuosa curva del collo, lasciandogli un bacio sotto l'orecchio. Il tono carezzevole non bastò per far sì che Jungkook accettasse che Taehyung si allontanasse, non dopo averlo ritrovato. 

Passò una mano nuovamente fasciata sul dorso di quella dell'altro e abbassò lo sguardo per pochi attimi prima di rialzarlo su di lui e fornirgli un'occhiata genuina, «Devi andare per f-forza? Non p-puoi rimanere un po' come m-me? Mi sei mancato moltissimo» mormorò Jungkook, non senza arrossire appena; le guance tonde erano state tinteggiate da un velo rosato che aveva mostrato le deliziose efelidi sotto gli occhi. 

Con fare istintivo si morse il labbro e Taehyung lo guardò attentamente, potendo quasi sentire sulla punta della lingua la dolcezza di cui quelle parole erano intrise; pregne di sentimenti ben più profondi della semplice mancanza, era adorabile vedere Jungkook cercare di rimanere impassibile pur arrossendo, alternando sguardi speranzosi a mute richieste di restare.

E chi era lui per negargli la sua presenza?

«Dici che mio fratello può aspettare? Perché sto iniziando proprio a pensare di sì». 

Taehyung sorrise sulla sua pelle e Jungkook rialzò gli occhi su di lui aprendosi in un sorriso largo abbastanza da scoprirgli i denti e fargli arricciare il naso, annuendo velocemente subito dopo. 

Forse era un po' egoista, ma desiderava davvero trascorrere un po' di tempo con Taehyung, e visto l'impegno serale che li attendeva non era poi chissà quale cosa chiedergli di rimanere, vero?

Posò l'asciugamano e si voltò nell'abbraccio per stringere Taehyung a sua volta; le braccia si avvolsero attorno alla sua vita e le mani di Taehyung, delicate, si posarono sui suoi avambracci. Aveva un debole per quei bicipiti gonfi e sodi, dello stesso colore del marmo con cui il David era stato scolpito e con la perfetta pennellata di Caravaggio per definirne il chiaroscuro magistrale dei fasci muscolari.

Jungkook passò la punta del naso sulla sua nella loro familiare carezza, mugugnando di approvazione al passaggio delle dita sulle sue spalle. Ad occhi socchiusi, guardò suo marito fornirgli quello sguardo amorevole che gli rivolgeva ogni qualvolta erano insieme che ebbe la capacità di fargli mancare un battito. Taehyung avvicinò i loro visi e si umettò le labbra, leccandogli subito dopo il labbro inferiore con lentezza, in una languida quanto sensuale carezza umida che tracciò una scia bollente e coinvolgente. 

Datogli l'input, Jungkook non trovò -né volle trovare- alcun motivo per cui non assecondare la sua volta di collegare le loro labbra e approfondire quel contatto così piacevole ed agognato che lo portò a sospirare di contentezza nel riviverlo. 

E provarlo era ancora meglio che ricordarlo. 

Jungkook non aveva un metro di paragone per considerare quanto una persona potesse mancare, non lo aveva mai sperimentato perché l'unica persona di cui aveva sentito la mancanza era stata sua madre, ma quest'ultima era stata sostituita dalla dama elegante che lo lasciava al palazzo ed era andata via per godersi la vita. Aveva accantonato quei sentimenti e si era trovato da solo, ma poi si era ritrovato ad amare Taehyung almeno tanto quanto un musicista ama la sua musica o uno scrittore ama il fluire delle parole. 

Temeva che la vita potesse provare a portarglielo via come aveva già fatto una volta, che lo avrebbe visto scivolargli tra le dita come il tempo senza poterlo trattenere, temeva quella distanza che li attendeva al varco di quella settimana di -sperava- tranquillità perchè sì, aveva sentito.

O meglio, aveva sentito qualcosa a proposito del provvedimento di suo padre che prevedeva l'allontanamento di Taehyung da palazzo, anche se non aveva capito quanto tempo sarebbe dovuto trascorrere e di quanti giorni, ore, minuti e secondi avrebbe dovuto tenere conto per rivederlo. Aveva sentito JK reagire a quelle parole, aveva sentito quanto lo avessero colpito, quante paure avesse comportato e quanta inquietudine gli avesse donato, per cui stava cercando di essere lui a dargli supporto -almeno per una volta.

Desiderava essere per JK ciò che quest'ultimo era per lui, per cui avrebbe domato le sue spiacevoli sensazioni ed avrebbe lasciato i dettagli di quel provvedimento ai posteri; aveva bisogno dimostrare agli altri -e a sé stesso- che non era solamente capace di crollare ma che poteva essere da supporto e di aiuto agli altri tanto quanto gli altri lo erano per lui. 

La concezione che lui aveva delle sue personalità era diversa da quelle delle personalità stesse, se ne rendevano conto e credeva fosse abbastanza normale, ma anche se erano piccoli frammenti di sé, un grazie non era mai di troppo. Un ci sono non faceva mai male ed un sono con te poteva essere il motivo per cui tutti avrebbero trovato supporto su tutti in modo diverso, ognuno secondo le proprie possibilità. 

E quindi, proprio in virtù di tutto ciò che lo attendeva, baciare Taehyung con trasporto, muovere le labbra su quelle dell'altro ad un ritmo lento e sensuale, mugugnare sospirando languidamente per come le dita affusolate si erano intrecciate perfettamente tra i suoi capelli era un qualcosa che aveva intenzione di assaporarsi come si assaporava il proprio dessert preferito. 

Sospinse dolcemente la lingua contro le labbra schiuse di Taehyung per invitarlo ad allargarle appena e Taehyung piegò il capo garantendogli l'accesso che aveva chiesto, lasciando che le loro lingue si incontrassero, intrecciandosi lentamente con umidi e soffusi mormorii. Il sospiro di appagamento di Taehyung carezzò il viso di Jungkook con un caldo sbuffo, facendogli rilasciare un gemito roco alla stretta salda tra i suoi capelli. Le braccia tornite di Jungkook lo avvolsero stretto, schiacciandolo contro il suo corpo e portando la sua schiena ad incurvarsi appena per protendersi in avanti ed avvolgere le braccia attorno al collo del principe, lasciando che la sua lingua scivolasse sul solco della gemella con sensualità.

Le mani di Jungkook si allargarono sulla parte bassa della sua schiena e, se dapprima vagarono su tutta la pelle scoperta per lasciargli lunghe e lente carezze, successivamente iniziarono una precipitosa discesa fino a posarsi a coppa sul suo sedere. Strizzò le natiche tra le dita, l'impulso irrefrenabile di farlo era stato troppo allettante per essere ignorato del tutto; sentì le guance prendere fuoco e la pelle del collo e del petto pizzicare per la comparsa -certa- delle macchie dovute all'imbarazzo. 

Come lo sospinse verso di sé con ancora le mani sul suo fondoschiena, poté quasi sentire lo scampanellio delle sue emozioni tintinnare come campanellini a festa per il piccolo e sensuale gemito roco che era risalito dalla gola di Taehyung, scontratosi contro la sua bocca allargata ed occupata ad accogliere la danza delle loro lingue. 

Taehyung si aggrappò alle sue spalle il necessario per darsi lo slancio e balzargli addosso, avvolgendo le cosce attorno ai suoi fianchi stretti. Un gemito acuto di sorpresa si levò da Jungkook e Taehyung si ritrasse appena da bacio e gli baciò l'angolo della bocca con un piccolo sorriso furbo.

«Non sei l'unico ad aver sentito la mia mancanza. Anche io ho sentito la tua, mi sei mancato più di quanto possa immaginare, Koo» gli mormorò sulle labbra, lasciandogli poi un altro bacio, stavolta sull'altro angolo della bocca.  

Sentendo le mani di Jungkook ancora ferme a coppa sui suoi glutei, Taehyung piegò leggermente il capo di lato, aprendosi in un ghigno, «La mancanza è stata in qualsiasi senso, a quanto pare» aggiunse, facendogli l'occhiolino ma regalandogli un sorriso tutto zucchero. Gli soffiò via qualche ciocca ancora umida dalla fronte e il rossore sbocciò sulle guance di Jungkook in modo più insistente, arrivando alla punta delle orecchie. 

«Tieniti a me» sussurrò Jungkook avvicinando il viso al suo orecchio prima di iniziare a camminare senza esitazione alcuna verso la stanza, lasciandosi ricadere seduto sul bordo del letto con le ginocchia di Taehyung posate ai lati del suo bacino. 

Taehyung si mise comodo sulle sue cosce, socchiudendo gli occhi e quasi iniziando a fare le fusa per quanto delicatamente le mani di Jungkook gli stessero scorrendo sui fianchi e passassero sulla schiena, in lenti tocchi resi vagamente più grattanti dalla stoffa ruvida delle bende.

«Cosa c'è, piccolo Koo?» gli chiese con un sorriso, passandogli una mano tra i capelli. 

Le labbra di Jungkook si incurvarono verso l'alto per il nomignolo. 

«Sono stato via tanto, v-vero?» chiese poco dopo, dando voce ad uno dei suoi dubbi più grandi. Vide Taehyung assumere un'espressione pensierosa e arricciare appena le labbra, come se stesse riflettendo attentamente su qualcosa. 

«Un po'», concesse dopo un breve attimo di silenzio, «Sono sicuro che però JK ti abbia raccontato un po' di cose, vero?» domandò poco dopo, e Jungkook annuì appena anche se nei suoi occhi era passata una nota dubbiosa che Taehyung non fu sicuro di voler approfondire. 

«In ogni caso, adesso sei qui ed io non potrei essere più felice di rivederti. Ho in mente di introdurti ai miei fratelli per bene, senza matrimoni combinati di mezzo o altro, solo noi quattro più due per poter...uhm, parlare?».

Al tono titubante ed indeciso di Taehyung, Jungkook alzò confusamente le sopracciglia e studiò il suo viso per qualche attimo, non capendo a cosa si stesse riferendo. 

«Cosa intendi con 'parlare'?».

Taehyung si accomodò meglio e le braccia di Jungkook si strinsero attorno ai suoi fianchi per tenerlo in modo che non si stancasse troppo nel rimanere rigido, «Ho la sensazione che mio fratello Jin abbia conosciuto JK nel suo periodo no, quello in cui era più incurante e meno interessato alla vita tranquilla. Ricordo che quando ho annunciato ad entrambi il nostro matrimonio si è preoccupato immediatamente e poi—la sera della cerimonia di nozze ha avuto una discussione molto accesa con JK e non è proprio finita nel migliore dei modi» spiegò con tono basso e pensieroso. 

Jungkook allargò gli occhi dalla sorpresa rendendosi conto che, effettivamente, non aveva mai saputo cosa fosse successo il giorno del suo matrimonio. Non lo ricordava, ricordava solamente che qualche giorno prima aveva iniziato ad avere degli attacchi di panico e che avesse iniziato a soffrire di alcune delle sue perenni crisi, di aver sentito l'ansia di doversi sposare e che il timore di non piacere a Taehyung avesse avuto la meglio su di lui e sulle sue emozioni. 

«Ma adesso che tutto è tornato come avrebbe dovuto essere in principio, adesso che siamo felici...Vorrei davvero che avessero l'opportunità di conoscervi, di vedere per davvero quanto siate perfetti, quanto siate la cosa più bella che esista e vorrei che le vostre qualità rimpiazzassero i ricordi della vostra versione più ferita e sola» concluse quello, non essendosi nemmeno accorto di aver iniziato a carezzargli le braccia con gesti lenti e continui, quasi ammirati. 

Jungkook aggrottò leggermente le sopracciglia e lo guardò con un po' di timore, «Credi sia una buona i-idea? Non mi è sembrato che Jimin f-fosse particolarmente felice di vedermi e se mi dici che JK ha litigato anche con Jin...d-dubito che vogliano a-ascoltarci».

Taehyung scosse la testa, «Attualmente, ciò che mi preme di più è che sia una scelta condivisa da tutti. Ho sbagliato la prima volta, quando ne ho parlato a Jimin e, cielo, se me ne pento ancora di aver raccontato di voi senza prima chiedervi il permesso di farlo!  Era tutto dannatamente confuso e difficile in quel periodo, non sapevo ancora come muovermi con JK e non sapevo neanche con chi parlare, per cui ho agito senza pensare e non credo che ci possano essere scuse sufficienti; però...», gli occhi di Taehyung si abbassarono sul suo petto e Jungkook lo sentì sospirare silenziosamente dalle narici, «Forse, se riuscissero a vedere anche solo la metà di ciò che vedo in voi— io ne sarei felicissimo e so che basterebbe a fargli cambiare concezione ed atteggiamento».

Jungkook portò le dita sotto il suo mento per fargli rialzare il viso e gli fece un piccolo e tenero sorriso, «Non voglio c-che pensi che abbia sbagliato. Sinceramente, quel periodo l-lo ricordo come il più c-confuso della mia v-vita. JK non t-te ne fa più una colpa s-se hai raccontato di noi a Jimin, te lo a-assicuro», gli disse con tono fiducioso, «E neanche io» concluse in soffio, sfiorandogli lo zigomo con il pollice.

Taehyung sentì come se un peso si fosse sollevato dal suo petto e Jungkook giurò di vedere quegli occhi illuminarsi di una nuova luce, ancora più bella della precedente. 

Taehyung gli prese il viso tra le mani per dargli un sonoro bacio sulle labbra, «Siete un qualcosa di straordinariamente bello, tu sei la cosa più adorabile che mi sia mai capitata» gli disse tra un bacio e l'altro, tempestandogli le labbra e le guance di tutti quei gesti di affetto che fecero ridacchiare Jungkook di cuore. 

«Se pensi che p-possa essere una buona idea—» la frase di Jungkook si interruppe improvvisamente; il silenzio durò appena tre secondi prima che rialzasse il viso su Taehyung e ridesse di un qualcosa che l'altro non stava capendo. 

«JK dice c-che se Jin ci parlerà con tono a-arrogante, lo—non posso dirlo, è s-scortese!» esclamò Jungkook di botto, facendo ridere sommessamente Taehyung. 

Questo gli fece una carezza tra i capelli e annuì, «Dì a JK che posso immaginare cosa volesse dire e che può stare tranquillo. Jin è molto protettivo nei miei confronti, ha agito in quel modo quella volta perchè si è sentito responsabile di non essere riuscito a... difendermi, forse? Non c'è bisogno che si allarmi».

Qualche secondo dopo, Jungkook si passò una mano sul viso con fare esasperato, «Vuole s-sapere cosa hai intenzione d-di dirgli». 

«Non dobbiamo dirgli nulla di troppo specifico, sarete voi stessi a parlargli e a dire ciò che vi sentite, io farò solo in modo che capiscano e che vi venga dato il valore che meritate, Koo» sussurrò coppandogli il viso e carezzandogli gli zigomi con i pollici.

Jungkook arrossì sotto le sue dita e nascose il viso contro il suo collo, grato che JK non fosse più in ascolto, «E se mi odiassero più di quanto non f-facciano già? Non p-peggioreremmo la situazione?» borbottò contro la sua pelle. Taehyung gli posò il mento sulla testa e strinse le labbra, dissentendo poi con un rapido movimento del capo.

«Dubito. Loro non ti odiano nel senso vile del termine, neanche Jimin. Non potrebbero mai farlo, non quando sei la fonte della mia felicità. E se è vero che è questo ciò che a loro importa, non potranno che accettare il fatto che tutta la mia felicità abbia come unico filo conduttore il mio matrimonio con te. E comunque, qualora non dovesse piacermi il loro atteggiamento, ce ne andremo anche solo prima di iniziare a parlare» asserì con tono serio e determinato Taehyung, dandogli un bacio sulla testa.

«Posso assicurarti che, con il senno di poi, questo matrimonio sia stata l'unica cosa bella che mio padre abbia mai fatto per me».

Jungkook sgranò gli occhi a quelle parole perché sentirsele dire era diverso da sapere che Taehyung le pensasse. A volte, era proprio il dare per scontato determinate cose che portava fraintendimenti, dolori e sofferenza per cui, sentirsi confermare da Taehyung quanto fosse felice del suo matrimonio, lo faceva sentire davvero speciale nella sua unicità.

«Non posso assicurarti che capiranno, ma posso assicurarti che ci proveranno. Pensateci, parlatene e poi mi farete sapere se ve la sentite o meno. Se riceverò un sì, allora organizzeremo un incontro, in caso contrario...», lo sguardo di Taehyung divenne improvvisamente malizioso e le labbra si arcuarono in un ghigno che fece esplodere le farfalle nello stomaco di Jungkook.

I polpastrelli di Taehyung scivolarono lungo la linea sinuosa della sua schiena e il gesto gli spedì un brivido, mentre un piccolo singulto di sorpresa lasciava le sue labbra e sentiva le guance tornare ad essere bollenti. 

«Potremo sempre consolarci a vicenda circa la spiacevole situazione» gli sussurrò Taehyung contro le labbra, mordendogli il labbro inferiore trattenendolo tra i denti per un istante, passato a guardare Jungkook negli occhi con quel fare giocoso ed attento che gli riservava ogni volta. Le mani di Jungkook vagarono sulla sua schiena e mentre lui gli leccava il labbro, sentì le dita del principe stringergli le cosce e poi risalire ancora una volta. 

Le dolci e snelle curve di Taehyung erano un attentato alla sua precaria sanità mentale, ed il fatto che quello lo stesse via via provocando con quel fare leggero lo stavano trasportando con i pensieri ad altri momenti di cui sentiva la mancanza e che avrebbe tanto voluto riprovare. 

Rabbrividì come la punta del naso di Taehyung passò sul suo zigomo per tracciare una linea invisibile fino al suo orecchio -contro cui sentì il respiro leggero ed il soffio roco così intenso da arrivargli dritto dritto ai neuroni. 

E anche da un'altra parte, molto più in basso.

«Quindi, Koo...attendiamo la risposta o ci consoliamo in maniera preventiva?».

La risposta di Jungkook arrivò tramite i suoi gesti perché fece leva sulla presa che aveva sui suoi glutei e lo sospinse contro di sé, invitandolo non solamente a sistemarsi più comodamente sul cavallo dei suoi pantaloni ma iniziando a suggere la pelle del suo collo -fin troppo immacolata.

Quegli slanci di intraprendenza di Jungkook lo facevano sentire speciale a sua volta, come se capace di vedere la perla contenuta in un'ostrica ermeticamente chiusa di cui rimaneva sempre affascinato. Jungkook era l'unico che riuscisse a risultare malizioso e timido allo stesso tempo senza neanche accorgersene.

Poggiò le mani sul suo petto e lo fece ricadere all'indietro ed alzò un sopracciglio al divertimento genuino natogli dentro a come Jungkook aveva allargato gli occhi e lo stava guardando con un'aspettativa più ampia di quanto si aspettasse.

Prese le mani di Jungkook e le posò gentilmente sulle sue cosce, mentre si chinava su di lui per poterlo baciare sul collo e passare la punta della lingua sulla curva della sua mascella.

«La prendo come una risposta affermativa?» domandò rocamente contro il suo collo, mordendolo senza tuttavia nascondere il sorriso all'annuire veloce di Jungkook, «D-direi che è un'ottima i-idea» asserì quindi con il fiato corto ed il cuore in gola.

E a giudicare da come il corpo di Taehyung si era incastrato con deliziosa perfezione al suo... sì, era stata proprio un'ottima idea.


..................


«Vostra grazia, lo spillone va sistemato meglio—».

«E' perfetto così, potete andare» lo interruppe Jin, guardando per l'ultima volta il suo riflesso nel lungo specchio a parete. Il sarto reale fece un profondo inchino e bastò un gesto della mano per poterlo finalmente lasciare solo. La sua espressione austera e rigida non mutò, rimase impassibile ad osservarsi con fare critico allo specchio. 

Vivido era dentro di lui il ricordo di quando suo padre, re Kim, lo aveva convocato nel suo studio con la massima urgenza durante quell'anonimo giovedì mattina che -come da consuetudine quasi monotona- era dedicato alle tassazioni e agli incontri con gli illustri esponenti di corte. Mentre stava apponendo il sigillo reale della casata Kim imprimendolo nella ceralacca rossa, aveva gustato la soddisfazione di aver abbassato a due corone d'argento -anziché cinque- il prezzo per oncia di riso solo per un fugace attimo perché poi, uno dei consiglieri di suo padre, era accorso per comunicargli l'immediata udienza richiesta dal re.

Una notizia insolita che lo aveva allarmato e lo aveva spinto ad abbandonare i suoi oneri reali in favore della cosa di più importante che nel regno vigesse: la volontà del sovrano.

Se gli avessero chiesto cosa fosse suo padre per lui, Jin era certo che non avrebbe parlato di re Kim come una figura genitoriale. Non ricordava di essere mai stato abbracciato o di avergli mai parlato di altro se non pratiche burocratiche, idee politiche e strategie militari; non conosceva quale fosse il piatto preferito di suo padre, non conosceva nemmeno l'affetto di cui aveva letto sui grandi classici della letteratura, ma non si poteva sentire la mancanza di un qualcosa che non si era mai provato, no?

Per cui a Jin era sempre stato bene considerare il re come nient'altro che il sovrano a cui doveva la vita e di cui doveva avere rispetto e nulla di più. I suoi confidenti erano solamente i suoi fratelli ma, per certe cose, neanche loro lo erano stati. Solitamente, la sua confidente più grande era la notte, insieme alla solitudine. 

Gli piaceva stare da solo e affidare al vuoto i suoi pensieri e le sue emozioni, sicuro che sarebbero rimasti lì ad aleggiare attorno a lui senza però intaccare la sua persona o la sua immagine agli occhi della corte. Un futuro sovrano non doveva debolezze, e lui ne aveva avuta una solamente, finita nel modo più perfettamente sbagliato che avesse mai avuto il piacere di sperimentare. 

Apprendere che il motivo dell'urgenza fosse perché il sovrano avesse deciso che fosse arrivato il momento di sposarsi e di prendere il suo posto come regnante lo aveva sconvolto nel profondo e tutta la preparazione, tutto lo studio, tutte le notti spese a pensare a come diventare un buon sovrano erano decadute come se non fossero mai esistite.

Si era sentito improvvisamente impreparato, inesperto e non capace abbastanza da prendere il posto di suo padre. 

Il posto del re. 

Aveva speso e consumato gli anni migliori della sua vita su tomi giganti, attorniato da stuoli di professori, politici e tutori capaci di indottrinarlo per pensare nel modo corretto e per portarlo ad essere un regnante degno di tale titolo e nome, eppure...nel momento stesso in cui aveva avuto quella notizia senza ricevere ulteriori motivazioni, si sentì spaventato.

L'idea di diventare re, il dover essere capace abbastanza da riuscire a colmare le aspettative di quelle che erano centinaia di migliaia di persone— nessuno gli aveva spiegato come comportarsi di fronte ad una novità del genere, nessuno lo aveva avvertito che avrebbe provato quel senso di vuoto allo stomaco, quell'assoluto stordimento, quell'attonita incredulità e quella paura devastante tale da farlo sentire prossimo ad un profondo svenimento. 

Ma, anche se aveva sentito le ginocchia farsi molli ed un peso grande quanto il mondo cadere sulle sue spalle come un inaspettato e pesante macigno, non aveva importanza. Non doveva averne, non poteva averne. 

Non c'era scelta, non c'era spazio per questionare o per contrattare. 

Perchè quella era la decisione presa, insieme all'ultima, grande novità: una moglie.

Troppe cose tutte insieme erano arrivate come una valanga pronto a seppellirlo, ed anche se si aspettava che un giorno si sarebbe trovato a fianco non la persona per cui il suo cuore batteva ma un qualcuno scelto dal re, aveva creduto che la ricompensa per la sua condotta impeccabile fosse almeno una consultazione su chi dovesse diventare sua moglie. 

Se la notizia era stata inattesa e sconcertante, tutto si era amplificato non appena era venuto a conoscenza che la principessa con cui sarebbe dovuto convolare a nozze avesse appena compiuto diciotto anni. 

Diciotto.

Che diamine, lui ne aveva ventisette!

Ma, anche in quel caso, cosa poteva farci? Era stato deciso così, era stata scelta lei e lei sarebbe stata, volente o no. 

Era rimasto con le spalle rigide e la posa immobile, riuscendo solamente ad annuire, inchinarsi profondamente e metabolizzare quella serie di notizie tra un impegno reale e l'altro, soffocando il suo senso di nausea fino a che non aveva potuto starsene da solo.

Ma, anche in quel caso, era stato così tanto educato a sopprimere le sue emozioni che niente era cambiato davvero; aveva solo lasciato che la sua mente e il suo animo cercassero conforto nello spicchio di luna che si ritrovava a guardare fino a notte fonda, fino a che gli occhi non bruciavano e le palpebre diventavano pesanti, fino a che la stanchezza prendeva finalmente il posto dei pensieri. 

Prese un respiro profondo a narici allargate e si sistemò il colletto della camicia, aggiustando lo spillone in oro zecchino adornato da un rubino che si abbinava alle pietre sulla sua corona da principe. Guardando il completo che gli era stato -letteralmente- cucito addosso, gli venne in mente suo fratello Taehyung che, sicuramente, avrebbe apprezzato i dettagli dorati del suo abito. 

Non era riuscito neanche ad andare a salutarlo nonostante la voglia di correre da lui per controllare che stesse bene era stata quasi incontenibile; aveva saputo di un po' di trambusti avvenuti a palazzo Jeon e più di una volta era stato tentato di partire alla volta dello stesso per poterlo fare tornare indietro. Ma tutte le volte che aveva mostrato la sua volontà e preoccupazione, o Jimin o il suo buonsenso gli avevano suggerito che non fosse una scelta saggia.

Il tempo a sua disposizione era diminuito drasticamente, per cui era stato impossibile rispondere alle lettere di Taehyung -che venivano scartate dai consiglieri stessi per lasciare posto alle faccende reali incombenti. Sapeva che con perfetta cadenza mensile Taehyung gli scriveva lunghe e ricche lettere, aveva avuto il tempo di salvarne giusto un paio dagli occhi indiscreti dei suoi consiglieri, ed era stato felice di leggere quelle righe che gli raccontavano quanto fosse divertente avere a fianco il consigliere Min, quanto le sue giornate fossero impegnate e quanto era felice insieme a Jungkook.

Quest'ultima parte tendeva sempre a metterla in dubbio e si concedeva brevi riflessioni circa la veridicità di quei fatti perché, per sua conoscenza diretta, Taeyung era sempre stato abbastanza abile nel nascondere ciò che sentiva. 

E Jin, per credere davvero alle sue parole, aveva bisogno di vedere la felicità con i suoi stessi occhi. Perché lui, il principe Jungkook, lo aveva conosciuto molto prima che Taehyung lo sposasse; lo aveva notato quel modo rude e scortese di rivolgersi agli altri, quegli sguardi sprezzanti mettere a disagio, quel fare maleducato e scostante da irritarlo oltremodo -per non menzionare il suo essere sguaiatamente teatrale mentre adocchiava qualcuno con cui sparire ed imbucarsi in qualche angolo.

Il suo scetticismo circa la sua fiabesca storia d'amore era giustificato, no?

Prese un respiro profondo e lanciò un'occhiata all'orologio, notando che mancava solo mezz'ora all'inizio della cerimonia -e quindi alla sua entrata trionfale. Si affacciò da dietro la pesante tenda della finestra della stanza e scandagliò lo spiazzale, notando il quantitativo esorbitante di carrozze ed ospiti fermarsi davanti lo scalone d'onore per partecipare alla sua festa di fidanzamento. 

Voltò di scatto la testa, sottratto dalla sua catalessi da un basso e lento bussare alla sua porta, per cui rizzò le spalle e riacquistò la sua imperturbabile espressione momentaneamente collassata, schiarendosi silenziosamente la gola per tuonare un «Avanti» con fare sicuro e fiero.

Questi ultimi due aggettivi vacillarono nel momento stesso in cui ebbe modo di riconoscere la figura che stava facendo capolino nella sua stanza. I capelli castani color miele e dai riflessi dorati persino nella penombra erano accuratamente portati all'indietro e gli occhi -di quel dolce e caldo bagliore caramellato, gentili e profondi abbastanza da accogliere l'ancora della sua salvezza- portavano con sé un solo nome. 

«Posso?».

Il tono carezzevole, profondo, soffuso e pacato di colui che punteggiava costantemente i suoi pensieri lo riportò alla stessa emozione che aveva provato la prima volta che lo aveva visto. Non sapendo ancora quanto la sua voce fosse stabile, annuì con fare meccanico e rilassò appena le spalle- conscio che la sua compostezza poteva essere messa da parte ancora per un po'.

«Namjoon, come hai fatto ad arrivare alla mia stanza?», chiese infine, spezzando il silenzio creatosi come la porta si era richiusa alle spalle dell'altro. 

Le labbra piene e rosee cercarono di sorridere, anche se fu solo una smorfia accennata.

Namjoon rimase fermo sulla soglia e lo guardò da capo a piedi, gli occhi illuminati da sincera ammirazione con una punta di contemplazione di cui era consapevole ma che non aveva motivo di non mostrare all'unica persona capace di suscitarla. 

«Ho le mie conoscenze. Scelta impeccabile, Seokjin. Il dorato ti dona incredibilmente tanto» si complimentò con voce soffusa e con un sincero calore ad abbracciare ogni parola. Jin contrasse la sua espressione e si sedette sul letto, sbuffando e arcuando un sopracciglio per il vuoto che stava cercando di colmare con l'irritazione, «Perché non mi stupisco che me lo dica? E' sempre stato il tuo colore preferito, no?».

Namjoon fece un sorriso più ampio, disteso abbastanza da far comparire sulla sua guancia destra quella fossetta per cui le dita di Jin si contrassero dalla voglia di toccare come aveva fatto tante -tante- volte e gli si sedette accanto. Guardò qualche secondo fuori dalla finestra da cui Jin osservava il mondo e poi tornò con gli occhi su di lui, «Vero, ma credo che sia il colore che si sposi perfettamente con la tua persona e con i tuoi colori. Ed anche se potrei passare ore a adularti ed elencare tutto ciò che più ti dona, sono arrivato fin qui per un motivo ben più incombente».

Jin si aprì in un riso amaro e poco divertito, poggiandosi sui palmi delle mani ed infossando un po' il collo tra le spalle. 

La testa ricadde all'indietro e le sue risatine graffianti si spensero come una candela consumata dal tempo, «Ah, quindi sei qui per farmi il discorso di incoraggiamento? Che cosa simpatica».

Nonostante provasse a tenere il tono leggero e la voce controllata, Namjoon era colui che infrangeva le barriere che metteva tra lui e il mondo intero e faceva uscire ciò che veramente provava dentro sé. 

Il tono leggero era stato palesemente forzato perché -dio!- sentiva un groppo fermo alla gola ed un vuoto allo stomaco. Il groppo di fece più stretto e difficile da mandare giù come Namjoon alzò un sopracciglio verso di lui e scosse leggermente la testa, abbassando gli occhi sul copriletto sotto di loro per un istante di troppo, «Non esattamente, non lo definirei un discorso di incoraggiamento perché forse è passato un po' troppo dall'ultima volta che abbiamo parlato e, forse, ti sei dimenticato quanto ti conosca» commentò con una nota rammaricata che colpì Jin direttamente nel petto, «Ma quando è successo a me... avrei voluto che qualcuno facesse ciò che sto cercando di fare adesso, perchè so che ce n'è bisogno».

Jin schioccò la lingua sul palato con fare irritato e scorbutico, «Non ho bisogno di altre parole, quelle che ci siamo detti l'ultima volta che ci siamo salutati, tanti e tanti anni fa, sono state più che sufficienti, Namjoon. Non credo che ci sia altro da aggiungere, io non ho altro da aggiungere».

Sapeva di starsi barcamenando in un terreno pericoloso e che stava smuovendo acque chete che però non andavano alimentate, ma fu certo che quel lampo di dolore che lesse negli occhi di Namjoon fosse lo stesso che aveva albeggiato nei suoi, sottili ed ermeticamente chiusi nella loro sofferenza. 

I loro animi erano arsi e consumati dalla stessa compita agonia che li aveva uniti e legati indissolubilmente anni prima, e che continuava a tenerli uniti seppur distanti. Erano lì, a guardarsi negli occhi, ad assaporare la loro presenza in ogni goccia di fiato che percepivano dell'altro perché non potevano aversi, non potevano materialmente stringersi come avevano fatto in passato e non potevano tornare a vivere il loro rapporto come se nulla fosse successo.

«Jin...te lo chiedo per favore, potresti cercare di non buttarmi completamente fuori dalla tua vita ogni volta che provo ad avvicinarmi? Non ti sto chiedendo di tornare ad essere ciò che eravamo prima, come eravamo prima, ...ti sto solo chiedendo di darmi l'opportunità di starti accanto quando e quanto mi è possibile».

Il compito sussurro di Namjoon portò Jin a stringere i denti e la mandibola si contrasse dal nervosismo, ma i suoi occhi dovettero viaggiare altrove perché incapaci di rimanere ancora stretti a quelli dell'altro; si voltò per studiare i dettagli della sua stanza come se non li conoscesse, ma niente poteva portare via i ricordi che gli affollavano la mente ogni volta che Namjoon gli era vicino. 

«Sai già perché io preferisca rimanere così come siamo adesso. Tra il parlarti facendo finta di niente e il guardarti a distanza e consumarmi nei ricordi...preferisco la seconda. Fa meno male».

Namjoon sospirò profondamente e la sua silenziosa tristezza gli velò i lineamenti fini del volto. Non voleva essere di troppo, non voleva peggiorare l'umore già precario di Jin né essere causa di ulteriore scompiglio del suo animo, per cui allungò lentamente una mano verso quella dell'altro e la posò sul dorso. Il volto quasi etereo e diafano della stessa persona di cui sentiva la mancanza come la più soffocante delle punizioni era rimasto invariato nella sua bellezza e, anche se contratto e teso, era comunque la visione migliore che la vita avesse avuto la gentilezza di offrirgli. 

«Permettimi solo di dirti questo, Jin. Anche se è spaventoso, anche se è come lanciarsi nel vuoto, sarai un grande re e un grande padre, io so che sarà così. Continua ad avere fiducia nelle tue capacità come hai sempre fatto, dimostra a te stesso ciò di cui sei capace, renditi fiero di ciò che sei e ti assicuro che gli altri lo saranno di riflesso. Devi essere tu il primo a credere in te stesso e nelle tue abilità, nessuno lo farà mai al posto tuo né potrà donarti la forza necessaria ad affrontare la tua vita. Posso dirti, però, che il dolore, anche se non passa, si trasforma e diventa una soave sinfonia su cui apporrai i momenti gioiosi che sono sicuro ti attendano».

Jin rimase ad occhi spalancati, allibito; le capacità espressive, dialettiche e caratteriali di Namjoon erano ciò che più lo avevano colpito durante il loro primo incontro, erano ciò che lo avevano portato ad innamorarsi follemente senza neanche accorgersene, che lo avevano spinto a fare il primo passo per poter vivere momenti che mai sarebbero caduti nel dimenticatoio.

Il tempo non li aveva sbiaditi, erano ancora lì, incisi nel suo cuore, marchiati a fuoco sulla sua pelle e sulle sue labbra; i loro bisbigli, le loro risate, il mormorio delle loro labbra, lo schiocco dei baci, il battito furioso dei loro cuori e le carezze silenziose non lo avrebbero mai lasciato. 

Chiuse gli occhi e prese un respiro tremulo, non riuscendo a trattenersi ma non potendo far altro che arrendersi all'evidenza che, a distanza di anni, facesse male come la volta in cui si erano dovuti dire addio. 

Percepì solo il fruscio dell'aria ed il suo cuore perse un battito come le labbra di Namjoon si posarono sulla sua tempia, lasciandogli un dolce e silenzioso bacio, «Ci sarò sempre per te, Jinnie» gli mormorò e poi, successivamente, si alzò. 

Una presa sul suo polso lo fece bloccare in mezzo alla stanza e si voltò confusamente verso Jin, allargando gli occhi all'abbraccio in cui si trovò coinvolto e al posare del volto contro il suo collo. Le spalle larghe a cui spesso si era aggrappato tremarono appena. 

«Come quella volta, lascia che ti stringa fino a che mi è possibile». 

Namjoon posò il mento sul suo capo e le sue dolci braccia gli si avvolsero attorno, chiudendo gli occhi per ricacciare indietro tutti quei sentimenti angosciosi che lo attanagliavano. 

Proprio come la prima volta che si erano dovuti dire addio, Namjoon fu certo che la fiamma del suo cuore sarebbe sempre arsa per Jin, l'unico capace di poterla alimentare e lasciare che vivesse. Non si era mai spenta, non si era mai affievolita, si era soltanto messa da parte come un soffio vitale invisibile ma determinante per la sua sopravvivenza.

 E anche se fossero rimasti lontani, anche se non si sarebbero mai potuti amare alla luce del sole, anche se tutto sembrava essere sempre troppo, ciò che più contava non era quanto fisicamente fossero vicini ma che la sera, alzando gli occhi verso il cielo, avessero guardato la luna come solevano fare da ragazzi. 

Insieme. 




















✁✁✁✁✁✁✁✁✁✁

NDA: Ciao a tutti e ben trovati!♡ 

Chi è l'autrice super mega ritardataria della storia? C'est moi, ovviamente. 
Questo capitolo si è scritto da solo, soprattutto la scena finale dei Namjin per cui potrei aver sentito una stretta al petto e per cui potrei anche essermi insultata per essere sempre così st§°*ç:za con i miei personaggi. 

Andiamo però con ordine:

La Taekook: Koo è tornato! *-* mi era mancato, il mio scriccioletto innamorato. So che avete notato che ci sono molte cose simili a ciò che è successo precedentemente con JK, e vi confermo che le "ripetizioni" sono volute. Ricordatevi sempre che JK è Jungkook, anche se è un alter. Quasi tutte le persone affette da DID hanno un alter sessuale che, in questo caso, corrisponde sempre in JK. 

Un alter può essere più cose all'interno di un sistema, ma per evitare di creare ulteriore confusione ho deciso di non introdurre delle nuove personalità e di concentrare in JK una moltitudine di aspetti. 

Jungkook l'ha già ribadito, non pensa che Taehyung lo stia tradendo quando fa cose con JK perché di base non lo sta facendo, e se il problema non se lo crea lui, perchè dovremmo crearcelo noi? ¯\_(ツ)_/¯

La Yoonmin: aishhhh, il mio cuore si scioglie a loro due. Jimin non è cattivo, gli è toccato un ruolo infame almeno tanto quanto quello capitato ad Hoseok (rip) ma vedrete, a volte basta veramente poco per cambiare punto di vista sulle cose, per cui chissà che non riusciremo a rendere tutto più semplice-per tutti.

La Namjin: Mi sentite piangere per loro, vero? Il loro amore struggente mi distrugge ma mi affascina (?). E poi un momento Namjin ci stava, perchè non li abbiamo mai visti interagire e Namjoon ne aveva parlato solo 33 capitoli fa quindi...il mio cuore si è spezzato ma va bene così, I'm fine (bugia ma faccio finta di crederci). 

Insomma, in questo capitolo dal numero di parole a 5 cifre c'è un po' di tutto. 

Fun fact: A Taehyung ha moltissimi tratti autobiografici: passione per i biscotti allo zucchero a velo, predilezione per té nero all'arancia con vaniglia, ammirazione per le manciate di neve (fiori) :')

Al prossimo capitolo, grazie per aver letto ♡♡  

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