Let Me Get Lost In You [TaeKo...

By Hananami77

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''«Taehyung non può sposare il figlio di Jeon. Ho sentito troppe cose poco rassicuranti sul suo conto, non po... More

Personaggi+Introduzione
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#Special: [Biscotti in incognito]
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[Special 3#] Buon compleanno, hyung!
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~Epilogo~
LMGLIY - FAQ

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By Hananami77

Stasi.

Impasse.

Immobilità.

Erano questi gli aggettivi che Taehyung si sentiva di attribuire al momento successivo a quell'avvenimento che aveva sconvolto la vita di JK e, di riflesso, aveva reso dubbiosa la sua. Disteso a pancia all'aria sul letto, osservava con occhi vaganti e poco attenti ciò che lo circondava perchè non riusciva a trovare alcun motivo valido per prestare attenzione a qualcosa che non fosse JK. 

E il suddetto oggetto della sua attenzione si era addormentato da quelle che potevano essere ore come invece minuti, continuando a prendersi quelle leggere carezze che Taehyung continuava a fargli sull'avambraccio scoperto e posato sul suo stomaco. Con il capo posato sul suo cuscino, il viso era sistemato in prossimità del suo collo dove il respiro lento e profondo lo carezzava in sbuffi caldi e cadenzati. 

Non sapeva perchè JK avesse deciso di portarlo nella sua stanza, proprio nella sua -quella dove aveva proclamato non ci potesse stare o dormire nessuno a parte lui o Kookie-, ma non era poi così strano che JK, all'interno della sua camera, si sentisse molto più tranquillo che nella solita camera da letto matrimoniale. 

Taehyung non sapeva classificare come si sentisse in quel momento, cosa stesse provando o cosa gli si agitasse tra le pieghe del suo animo inquieto ed incerto.

Sentiva di essersi perso un pezzo di storia importante, un attimo tanto fugace quanto fondamentale per l'intera comprensione dell'intricata storia che rappresentava JK, perchè anche se avevano parlato... non era riuscito nell'intento di convincerlo delle sue parole. Non se l'era sentita di porgli domande troppo dettagliate, solo uno stupido lo avrebbe fatto -e conosceva abbastanza la loro persona da sapere quanto fosse controproducente provare ad estorcergli qualcosa senza che fossero pronti a rivelarla- e se qualche volta era stato obbligato a pressarli per poter ottenere delle risposte...

Quella volta era diverso, lui si sentiva diverso.

Quella volta era tutto diverso, perchè a crollare -per la seconda volta- era stato JK.

JK, colui che sembrava infrangibile, solido, indistruttibile e intangibile, era crollato ancora e aveva fatto così tanto male vederlo in quel modo che Taehyung desiderò poter cancellare il passato per poter rendere radioso il suo presente. Arrivato a quel punto della loro storia, della loro vita e delle loro emozioni, una sorta di indissolubile legame empatico li legava, tanto che il dolore interno di Jungkook o di JK diventava, inevitabilmente, anche il suo. 

Però, quello non lo portava ad essere meno disposto a sostenere una versione di suo marito rispetto ad un'altra, verso tutti quei frammenti di coscienza che si erano divisi per essere più forti. 

La vita sembrava essersi accanita ingiustamente su di loro, Taehyung non poteva fare a meno di pensare che li stesse percuotendo con violenza spropositata, quasi sprezzante di quanto già non avesse colpito in antecedenza. Era come se un martello invisibile continuasse ad abbattersi su uno specchio per indurlo a distruggersi, per portarlo esplodere in milioni di frammenti indistinguibili e incalcolabili. 

Taehyung sapeva per propria esperienza che quel tipo di lacrime che aveva visto scivolare dagli occhi di JK -quelle amare, quelle dolorose, quelle devastate- non provenivano dalla sua mente, non erano dettate da pensieri razionali, quanto più da emozioni così tempestose e sopraffacenti da portare il suo cuore a piangere. 

Disperato di attenzioni.

Agonizzante di cure. 

E quando succedeva davanti ai suoi occhi, rendendolo impotente, allora non era tanto la tristezza a riempire il suo animo, quanto uno strano, profondo, abissale senso di vuoto che ti lasciava confuso e spaurito, incapace di ragionare perchè non c'era nulla su cui poterlo fare. 

Non c'era nulla che poteva ricomporre i frammenti di Jungkook; nulla poteva farli guarire, non aveva alcuno strumento per far richiudere le loro ferite ma, se si potevano chiudere gli occhi per non vedere ciò che più faceva soffrire, non si poteva chiudere il cuore a dei sentimenti che non si volevano vivere. E questo lo aveva sussurrato a JK per tutto il tempo, supplicandolo di lasciar morire il passato per poter vivere il presente, pregandolo con i gesti di sciogliere le catene che lo continuavano a trattenere legato a qualcosa che lo stava logorando e provare, lentamente, a riemergere. 

Ogni pensiero è una battaglia, ed ogni respiro è una guerra che non sto più riuscendo a vincere.

Erano state queste le parole che JK gli aveva mormorato all'orecchio in un tentativo di nascondere la sua voce instabile, spezzata e arrochita dalle lacrime che continuavano a bagnargli le guance e scivolavano sul collo di Taehyung. 

E come si erano spostati nella sua stanza, Taehyung aveva avuto modo di notare una serie di frasi scarabocchiate, sbarrate, appuntate e scribacchiate su fogli sparsi sul pavimento e sul tavolino vicino la tela incompiuta.

E' come se dovessi scappare da dei mostri invisibili attraversando le sabbie mobili.

Siamo come un vaso rotto che cerca di mantenere in vita dei fiori che non esistono.

Posso arrendermi?

Taehyung le aveva lette in un battito di ciglia, appena in tempo perchè JK lo trascinasse sul letto e gli si stendesse affianco, chiuso in un mutismo così denso da quasi ucciderlo. 

Desiderava vederlo sorridere. 

Sperava di vedere quelle ombre scure mollare la presa sulla sua vita per rischiarare quel sole che Taehyung sapeva loro tre si portassero dentro. JK doveva rimanere senza parole per la felicità, non perchè troppo ferito per parlare.

O troppo consapevole che, ormai, le parole sembravano perfino troppe.

Non sapeva più dare un nome a ciò che stava provando. Era come se tutte le emozioni si fossero moltiplicate e divenute così tante da sparire completamente, svuotandolo. Non era niente, senza emozioni era nullo, però la sua mente vagava, la sua mente continuava a lavorare freneticamente e se dentro questa c'era un caos, dentro di lui non c'era nulla.

Voltò il capo verso l'orologio appeso alla parete e lo guardò con fare assente, quasi sobbalzando al tremito che JK ebbe contro di lui. Abbassò gli occhi sulla figura addormentata al suo fianco e posò una guancia sulla sua testa e, come una sorta di riproduzione fotografica, i ricordi di come fossero arrivati a quel punto lo riportarono indietro a quelle poche ore che sembravano lontane anni.

Chiuso e stretto nell'abbraccio in cui era stato coinvolto da uno scosso e visibilmente provato JK, era rimasto in silenzio a carezzargli i capelli e passare la punta delle dita sulla curva della sua schiena, in accennate carezze che speravano potessero calmare quel singhiozzare agonizzante e sonoro che gli scuoteva le spalle. 

Nonostante la voglia di chiedergli cosa fosse successo per portarlo a ridursi in quello stato di angosciosa disperazione -o a chi appartenesse quel sangue che lo macchiava-, ciò che lo tratteneva dal separarsi per guardarlo e cercare una motivazione era quel piangere sommesso che non voleva arrestarsi nonostante gli sforzi di JK di trattenersi.

Le braccia di quest'ultimo lo strinsero così tanto che la schiena gli si incurvò appena, portando il suo petto ad entrare in contatto con quello di JK, il cui cuore batteva così forte da poterlo quasi percepire. Arcuò le sopracciglia con preoccupazione e bloccò i movimenti delle sue mani, anche se non credeva potesse esserci davvero qualcosa di cui JK si stesse accorgendo in quel momento.

«Non—smettere».

Invece, il mormorio singhiozzato lo colpì, facendogli mancare un battito e sentire gli occhi  punzecchiare per sciogliersi in lacrime che non era sicuro fossero solo di gioia o di tristezza - quella ricerca di contatto così poco da JK gli instillava dentro il dubbio di cosa stesse provando per davvero.

Quel "io non ho mai abbracciato nessuno" era ancora vivido nei suoi ricordi, così come erano vividi tutti i momenti in cui gli aveva detto che quelle "smancerie da quattro soldi" non erano tra i suoi passatempi preferiti- e proprio per tutta la serie di motivi che presero ad affacciarsi nella sua mente si preoccupò ancora di più.

Il cuore tremò per l'ansia. 

«Non smetto, però... per favore, non piangere» gli mormorò contro l'orecchio, riprendendo a fargli quelle piccole carezze con una delicatezza tale da sentire appena il contatto tra la punta delle sue dita e la pelle dell'altro. 

JK affondò il viso nella sua spalla e strizzò gli occhi, mordendosi il labbro inferiore perchè lui non voleva piangere. Odiava farlo, lo aveva fatto troppe volte in passato, non voleva che i suoi occhi lo tradissero in quel modo, che il suo respiro fosse così pesante e irregolare, non voleva mostrare quel lato che non sentiva suo ma che, allo stesso tempo, era stato creato insieme a lui. 

Chi piangeva riceveva solo compassione, sguardi di pena, sguardi addirittura contrariati. Piangere gli riportava alla mente quei momenti in cui diventava tutto difficile da gestire, quando -in momenti come quello che stava vivendo- tutta la rabbia, tutta l'ira, tutta la furia si tramutavano in un pianto sommesso che non voleva gli appartenesse. 

Perchè provava emozioni?

Perchè doveva provare delle emozioni? 

Queste erano sempre troppe, erano sempre esagerate, erano sempre schiaccianti, irrefrenabili, incontenibili. 

Erano distruttive.

Ed infatti, tremiti, singulti, tremori e singhiozzi si riversavano sulla sua persona e lo investivano con potenza, perforandogli il petto, bruciandogli i polmoni, annebbiandogli la mente per mostrare come avesse perso quella battaglia contro la sua persona. 

O come continuasse a perdere contro la vita.  

Era come se, dopo aver creato un quadro perfetto di una situazione apparentemente chiara e limpida, dopo aver iniziato a rimettere insieme sé stesso adattandosi a quella nuova realtà che non era più spaventosa, tutto venisse improvvisamente sovvertito. In quel lungo cammino che aveva intrapreso da quando si era rimesso in piedi a seguito di una violenta caduta nel baratro, improvvisamente, tutto era cambiato.

Era un viandante dalla bussola danneggiata; il nord era diventato sud, l'est era diventato ovest e le strade si erano moltiplicate senza che potesse fare nulla se non...

Se non sentirsi perso. 

Perso, sperduto, completamente alla deriva. 

«La devo s-smettere» si disse, mimando con le labbra quelle parole per imporsi di smettere di piangere. Doveva smetterla, maledizione! Doveva smetterla di trasformare quelle sensazioni in lacrime, quei ricordi dovevano smettere di rotolare dai suoi occhi e bagnare le sue guance, doveva smetterla una volta per tutte. 

Come poteva proteggere Jungkook e Kookie se scoppiava a piangere in quel modo? Come avrebbe potuto proteggere Taehyung se non riusciva a rimanere in piedi dopo i colpi?

Si sarebbe volentieri preso a pugni se avesse potuto, si sarebbe voluto squartare il viso ed enucleare gli occhi pur di non piangere—se solo ne avesse avuto la forza.

«Va bene piangere, JK. Va bene farlo, anche se lo odi, anche se ti sembra sbagliato, anche se sembra che peggiori le cose...non lo fa. Hai pianto tanto, è vero, ma ce l'hai fatta. Ti sei rialzato e hai continuato il tuo percorso, lo hai affrontato a testa alta e lo hai superato uscendone ancora più forte di prima. Come lo hai fatto in passato, puoi farlo ancora una volta» mormorò Taehyung, socchiudendo gli occhi e posando il mento sulla sua testa. 

Notò che il tremore violento di JK iniziò, poco per volta, a scemare, anche se non stava sparendo del tutto -non che sperasse che le sue parole riuscissero comunque a sortire chissà quale effetto- ma conosceva abbastanza JK da sapere quanto detestasse mostrare le sue fragilità a qualcuno. 

JK cercò di prendere un respiro più profondo ad occhi chiusi, perchè quella era l'ultima cosa che poteva tentare prima che anche l'ultimo brandello di forza diventasse cenere come il resto di sé, che divenisse parte del polveroso mondo di incertezze, bugie, tradimenti e dolori che la strada scelta gli aveva riservato. 

Ma, le braccia di Taehyung e la sua voce calda, gli stavano fornendo una via alternativa che sapeva di dover imboccare se avesse voluto continuare a rimanere in piedi. 

Almeno per evitare il crollo.

Visto che la via che aveva percorso non si era rivelata giusta, visto cosa fosse diventato -una copia distorta di sé stesso, un riflesso deforme della sua persona-, prima di perdere l'ultimo brandello di sé stesso per darlo in pasto alle fiamme, prima di tutto quello che poteva esserci di sbagliato e schifoso nella sua vita, doveva tentare di farsi perdonare da Taehyung e trovare un nuovo punto di incontro con il vero sé.

Taehyung era l'ultimo scoglio a cui potersi appigliare prima di lasciarsi andare ad una corrente irrispettosa che non lasciava spazio a niente e nessuno.

Anche se lui, una persona come Taehyung, non se la meritava.

Quei pensieri che gli erano sempre parsi patetici, infantili, idioti e denigrabili, lo stavano invece investendo senza dargli tregua- forse anche loro in attesa che crollasse e ammettesse di aver perso. Lui non si meritava Taehyung, non si meritava la sua considerazione, quelle parole gentili, quell'abbraccio confortante di cui aveva finalmente scoperto il calore, quel momento.

Ma questi gli stava vicino solo grazie a Jungkook . E questo lo feriva.

Era stato lui il primo a ferirlo, sarebbe stato un ipocrita se avesse preteso che il suo atteggiamento sbagliato non venisse preso in considerazione.  

Lui era stato quello a volerlo lontano, il primo a cacciarlo, a chiudersi a qualsiasi tipo di dialogo, e questo faceva male.

Faceva maledettamente male— Almeno quanto gli doleva il petto, almeno quanto facesse male respirare.

Taehyung si accorse immediatamente che l'apparente tranquillizzarsi di JK era stato solo un fugace e breve attimo; iniziò a percepire i suoi respiri brevi, secchi e veloci, il suo tossire, lo spasmodico stringere delle braccia, il suo annaspare a labbra spalancate. 

Capì che JK fosse appena andato in iperventilazione. 

Taehyung posò le mani sulle sue spalle per allontanarlo quel tanto che bastava a separarli e, come riuscì a distanziarsi, le mani di JK si arpionarono ai lembi della sua giacca. Le braccia rimasero in tensione, il petto continuò ad alzarsi ed abbassarsi velocemente.

Il viso di JK era nascosto dalle ciocche scomposte di capelli che gli coprivano parte della fronte e degli occhi, ma Taehyung non era sicuro che quella reazione fosse solamente dovuta al suo malessere; aveva buoni motivi di credere che JK non volesse essere visto, che il suo fosse un modo per nascondersi e non mostrarsi, di sottrarsi alla vista di chiunque -anche alla sua. 

Ma lui era Taehyung, non era un dottore, non era un re con l'empatia pari ad una sedia, non era un conoscente, non era un amico di vecchia data. Lui era Taehyung ed era disposto a chiarirlo correndo il rischio di peccare di presunzione nell'affermare che lui era diverso dagli altri. 

Sicuro, posò entrambe le mani sulle sue guance per prendergli il volto e convincerlo ad issarlo; le guance di JK bruciavano contro i polpastrelli, la pelle chiara era chiazzata di rosso, il naso era di un intenso rosa, le labbra erano violacee con una stampa di denti dall'aria dolorosa, ed anche se quelli erano dettagli dolorosi, niente lo era come gli occhi. 

Gli occhi di JK apparivano come cristalli distrutti, erano pozzi scuri e profondi quanto l'oceano in tempesta, mostravano il suo crollo in un alternarsi straziante di emozioni altrettanto dolorose: iridi dilaniate, tormentate, incrinate, completamente demolite e spoglie di qualsiasi filtro che potesse attutirne la potenza e che, invece, si mostravano nella loro cruda verità. Taehyung sentì mancargli il fiato come li vide, una voragine gli si aprì alla bocca dello stomaco e per qualche attimo gli mancarono le parole. 

Adesso che si accorgeva di quanto del vecchio JK fosse rimasto e di quanto quello nuovo desiderasse mostrarsi finalmente per com'era, il discorso che voleva fargli risultava quasi banale e privo di significato. 

Le parole erano volatili, le parole lo avevano ingannato più di una volta, le parole lo avevano ferito...però, forse, avrebbero potuto anche guarirlo?

Le sopracciglia di JK si arcuarono verso l'alto ed un rantolo scivolò sulla sua lingua librandosi tristemente tra loro. I polmoni si chiusero e rimasero ingabbiati in quella prigione dorata troppo stretta per permettergli di respirare. 

«Fai respiri profondi. Andrà tutto bene. Respira, JK, e ricordati che ci sei già passato. Hai già attraversato tutto questo, hai già sperimentato l'ansia, hai già sperimentato la tristezza, hai già affrontato l'inferno e lo hai superato. Prendi respiri profondi e sappi che supererai anche questo, che anche questa volta ce la puoi fare». 

JK sbatté le palpebre cercando di metterlo a fuoco attraverso la visione acquosa e disordinata; lo strofinare dei pollici di Taehyung sui suoi zigomi congestionati lo portò a stringere la presa sul tessuto e a dilatare le narici che, ancora, non riuscivano ad incamerare aria. 

«Queste emozioni...questi sentimenti, non possono spezzarti. Sono dolorosi, sono infami, sono debilitanti, sono dannatamente intossicanti, ma se ne andranno. Ti lasceranno andare, sfumeranno, andranno via fino a lasciarti libero di respirare di nuovo—di vivere» gli sussurrò con tono confortante.

Gli occhi di JK si abbassarono, non riuscendo a sostenere quello sguardo; non poteva ancora guardare quelle iridi capaci di fargli dimenticare perfino il suo nome, capaci di dargli la speranza che fosse veramente così. 

«Quando andranno via -perchè lo faranno- allora potrai guardarti indietro e sentirti soddisfatto della persona che sei perchè, anzichè vedere cosa è successo, vedrai quanto lontano sei andato e quante cose hai raggiunto pur essendo caduto», Taehyung passò i pollici sulle palpebre chiuse di JK, le cui ciglia erano imperlate di gocce trasparenti che, come rugiada, brillavano di mille sfumature tante quante erano i motivi per cui lo amava. 

«Passerà. Ti prometto che passerà» concluse, sospirando silenziosamente dalla gioia nel vedere JK respirare in modo più regolare, seguendo la sua voce in modo attento e totalmente assorto. Lo vide mordersi il labbro inferiore come l'ennesimo singulto lo colse, ma nessun'altra lacrima scivolò sulla sua guancia. 

«Ce la puoi fare, JK. Io so che puoi farcela» bisbigliò Taehyung, passandogli le mani tra i capelli per portarglieli all'indietro.

JK deglutì sonoramente e fece un impercettibile assenso; era stato minimo ma c'era stato e Taehyung desiderava che quell'assenso diventasse -con il tempo- un "sì" netto e sicuro, proprio come da carattere del suo piccolo e singolare JK. 

«Guardami, JK».

JK non lo fece.

Anzi, voltò il capo di lato e mollò la presa sulla sua giacca, lasciando ricadere le mani lentamente ai lati del busto con fare inerme ma calibrato.

Taehyung non si diede per vinto.

«Guardami. Per favore».

Solo al terzo tentativo, compreso di piccolo incitamento avvenuto con una lieve pressione delle dita sulle sue guance, JK rialzò finalmente gli occhi su di lui.

Quell'espressione tormentata non aveva abbandonato il suo viso, lo strazio continuava ad esserci, il dolore continuava a divorare le sue iridi ed il suo animo, il senso di smarrimento e di sovvertimento di tutto l'equilibrio che si era creato aveva solo lasciato distruzione; gli era possibile vedere tutte le macerie giacere attorno a loro come un macabro cimitero di realtà. 

«Perchè esisto?».

Due parole.

Due innocenti parole che spezzarono il cuore di Taehyung in mille frammenti che si sparsero nel suo animo; due parole che racchiudevano una supplicante richiesta di spiegazioni. 

Non capiva perchè esistesse. Perchè non potesse sparire dopo aver subito tutto quello che c'era da subire, perchè continuasse a vivere. 

Era vivo ma non aveva una vita. 

Era vivo ma continuava a morire.

Era vivo pur essendo morto più volte di quante gli spettassero. 

Taehyung chiuse gli occhi per un istante e prese un profondo respiro prima di riaprirli; li puntò nei suoi, tristi e svuotati di ogni emozione. Aveva ancora il suo viso tra le mani, lo teneva delicatamente tra le dita per paura che JK si allontanasse, che smettesse di guardarlo, di viverlo come avrebbe dovuto. 

Lo guardò intensamente, i loro occhi si abbracciarono in quel silenzio interrotto solamente dai loro respiri, le parole non dette aleggiarono come lucciole e si scambiarono, nuovamente, uno dei più intimi sguardi. Non era un semplice guardarsi, era un riconoscersi e affermarsi, un legarsi e fondersi, un rendersi l'uno parte del mondo dell'altro senza che niente potesse intaccarlo, una rinnovata promessa di farcela, di esserci, di perdonarsi e di amarsi esattamente come sarebbe dovuto essere. 

Fu Taehyung che iniziò ad avvicinare lentamente i loro visi, non interrompendo il contatto visivo pur diminuendo gradatamente la distanza tra loro, in modo che JK percepisse quale fossero le sue intenzioni - chiedendo tacitamente il consenso per poter continuare ciò che, forse, si era negato per troppo tempo. 

Come la loro vicinanza aumentò, il respiro esagitato e raschiante di JK si unì a quello leggero e tranquillo di Taehyung che, con attenzione, gli sfiorò la punta del naso con la propria in un piccolo movimento dal basso verso l'alto per fargli una dolce carezza.

Il respiro a labbra schiuse di Taehyung solleticò dolcemente il labbro di JK, i cui occhi si velarono di fragile confusione.

«Non vuoi davvero farlo» gli disse con voce tirata dal pianto. 

Quelle parole scivolarono sulle labbra di Taehyung piegate in un piccolo sorriso; ad occhi luminosi, JK li osservò come si osservava la luna piena in una notte d'estate, o come lui osservava il cielo notturno con la speranza di potervi diventare parte e vedere da vicino le stelle che lo rendevano così magnifico da essere desiderato da tutti. 

«Invece sì. Tu lo vuoi?» fu il mormorio di risposta.

JK socchiuse gli occhi sentendo un brivido lungo la schiena al passaggio nella punta del naso di Taehyung sul suo zigomo.

«Sì» si ritrovò ad ammettere in un soffio, completamente inconsapevolmente ma senza prestarci troppa attenzione, stregato com'era da tutta quella nuova situazione che non sembrava nemmeno reale.

Per Taehyung bastò quel mormorio soffiato con tono basso perchè la minima distanza tra loro svanisse e le loro labbra si incontrassero, chiudendosi in bacio. 

JK rimase immobile nel momento stesso in cui lo vide chiudere gli occhi e percepì le labbra soffici e delicate posarsi sulle sue- sicuramente non così tanto idilliache visto che le sentiva screpolate e secche. 

La bocca morbida racchiuse la sua e la avvolse in un nuovo moto di morbido calore -in un abbraccio diverso ma ugualmente confortante. I pollici passarono sulle sue gote arrossate e umide di lacrime, carezzarono dolcemente quelle irresistibili efelidi che gli punteggiavano la pelle ed il suo cuore scoppiò in milioni di festose farfalle.

Le braccia di JK scivolarono attorno alla sua vita con una delicatezza che, davvero, non gli apparteneva ma che in quel momento gli risultava quasi naturale. I palmi si aprirono sulla sua schiena e chiuse gli occhi a sua volta, contento che Taehyung non stesse sussultando alla sua stretta e che non si stesse distaccando.

Quel semplice contatto, nonostante non fosse altro che una pressione tra labbra, sembrava racchiudere un qualcosa di così profondo, di così intenso, di così dannatamente bello che a JK sembrò di riuscire a dimenticare, anche per un solo, infinitesimale attimo, chi era.

Cosa fosse successo.

Cosa avesse fatto.

Cosa gli avessero fatto.

Era un nuovo modo di perdersi, quello che stava provando; era un perdersi così bello e travolgente che sperò, per un solo istante, di non ritrovarsi mai. 

Perchè la sua mente era intenta ad elaborare un'altra violenza emozione, stavolta tutta positiva e che si arrovellava nel processare il come fosse arrivato a stringere Taehyung tra le braccia e come fosse arrivato quest'ultimo a volerlo baciare, consolare e stringere.

Poteva, una persona, essere così tanto perfetta per loro? 

Poteva, anche solo per un attimo, sperare che qualcuno gli avesse riservato qualcosa di diverso?

Poteva credere che, quello che stava provando, fosse un barlume di felicità?

Taehyung non poté evitare alle sue labbra di stendersi in un sorriso e al suo cuore di battere un pochino più forte del necessario, perchè quel momento era stato tanto strano quanto surreale anche per lui. A mente fredda, non avrebbe saputo descrivere cosa lo avesse spinto a baciare JK proprio in quel momento, proprio in quella circostanza. 

Però, ciò di cui era certo era che, quel gesto all'apparenza tanto infantile quanto inutile aveva non solamente portato il loro rapporto su un altro livello, ma aveva dato a JK la giusta determinazione per parlargli nel mentre che gli medicava -per l'ennesima volta, ormai- le mani.

Caduto in una sorta di trance in cui i suoi occhi si erano praticamente incollati ad un punto indefinito alle spalle di Taehyung, quest'ultimo era venuto a conoscenza della scomparsa improvvisa di Woosung. 

JK gli aveva raccontato dall'inizio ciò che era successo, partendo proprio dalla medaglietta che egli stesso aveva sfilato ad un soldato in battaglia e che si era nascosto all'intendo dello stivale prima di essere pugnalato -letteralmente- alle spalle da quello che si era rivelato essere Woosung stesso. 

I suoi occhi si erano sgranati all'idea di aver avuto il suo quasi assassino in giro per il palazzo, che una persona così vicina a JK avesse osato tanto, che avesse tradito in quel modo JK, e non biasimò quest'ultimo quando lo vide digrignare i denti e nascondere l'ombra ferita che si era abbattuta sui suoi occhi.

Aveva ascoltato in silenzio JK sfogare la sua rabbia e la sua collera, riferirgli che quella volta che gli aveva pulito le ferite era stato a causa del contatto indesiderato di Woosung, della sua insistenza che non gli era piaciuta, del fatto che non si fosse sentito nuovamente rispettato nelle sue scelte. 

Aveva parlato mischiando discorsi diversi, a volte era rimasto in silenzio per ricollegare le idee e mettere ordine, non sapendo che Taehyung aveva già imparato a leggere tra le righe dei suoi discorsi.

D'altronde, a chi piaceva parlare delle violenze subite? A chi piaceva parlare del tradimento morale di una persona di cui ci si era fidati e su cui si era fatto affidamento? Non biasimava i sentimenti di JK -che aveva specificato di non essere innamorato di Woosung perchè la sua attenzione era momentaneamente dirotta verso qualcun altro- né la sua scelta di parlargliene con così tanta angoscia. 

Aveva ascoltato JK raccontargli di aver lasciato morire Woosung con il veleno destinato a lui, di come gli avesse fatto schifo il pensiero di essere stato vicino ad una persona il cui sangue era lo stesso di quell'infimo essere che gli aveva rovinato la vita; lo aveva visto raccogliere il coraggio di ammettere che si stava trattenendo dall'impulso di grattarsi via la pelle perchè si sentiva sporco

Lo aveva visto, quello stesso sguardo che un tempo era appartenuto anche a lui; lo aveva letto tra le righe delle sue occhiate quel disprezzo per sé stesso, quella sensazione di repulsione ed orrore, quell'irrefrenabile voglia di spogliarsi delle sue vesti immateriali per indossarne altre con cui riprendere a vivere, da cui attingere il come poter continuare a vivere sapendo di essere stato in contatto con qualcuno che aveva fatto quelle cose.

Lo sdegno conseguente all'idea di essersi avvicinato volontariamente a quell'insulso essere che condivideva lo stesso patrimonio genetico con quella feccia che adesso marciva all'inferno, lo avevano colto in ogni attimo successivo a quell'abbraccio con Taehyung che, a detta di JK, sembrava essere durato una vita intera.

Quelle braccia erano state le uniche cose capaci di mantenerlo saldamente al momento, e quello sguardo limpido e comprensivo senza risultare compassionevole era stato la chiave di volta per raccontarsi.

La reazione avuta da Taehyung, dopo aver finito di rimettere JK quasi a nuovo lottando contro la sua impasse apatia, era stata così strana che né lui né l'altro l'avevano immaginata.

Vedere la solita facciata di JK crollare come un castello di sabbia vittima di un tornado, notare i suoi occhi velarsi di un sentimento di profondo disgusto per sé stesso, osservare come le mani avessero iniziato a tremare, percepire il suo corpo irrigidirsi ed udire le parole "ribrezzo" "disgusto" e "raccapricciante" con aventi tutti il medesimo soggetto -ovvero sé stesso- gli avevano fatto scattare qualcosa dentro. 

Qualcosa di irrazionale ma che aveva bloccato sul nascere la crisi violenta che stava inabissando JK.

Infatti, si era proteso verso di lui e gli aveva afferrato il volto per baciarlo fino a togliergli il fiato, fino a fargli mancare il respiro, fino a che non lo fece sentire soddisfatto di aver alleviato lo strillare dei pensieri di suo marito.

Voleva che JK, o Jungkook o chiunque di loro, non riuscisse a respirare per la sorpresa, per la gioia, per i baci, per la felicità e non per attacchi di panico, iperventilazioni, fughe dissociative o qualsiasi altra cosa che avevano affrontato fin troppe volte da soli.

Taehyung si era staccato da lui ed aveva posato la fronte sulla sua, respirando affannosamente ad occhi chiusi per riprendere il controllo dei suoi pensieri -ma non del suo cuore errante. 

No, quello andava a briglia sciolta e non vi era motivo di provare a calmarlo, perchè ogni battito conteneva così tanto da volerlo -finalmente, forse?- lasciare fluire liberamente.

«JK, lascia che ti dica una cosa. Certi errori si pagano per tutta la vita, certi sbagli provocano conseguenze a cui non è possibile porre rimedio, certe cose non possono essere cancellate. E' vero, fa dannatamente male e ci si vorrebbe strappare la pelle a morsi, ci si vorrebbe inabissare in un mondo nuovo e lasciare quello vecchio alle spalle, ma non fare come se lo sapessi e non avessi voluto vedere. Tu non potevi saperlo. Non potevi sapere che Woosung appartenesse alla casata dei Soyun, non ci si può immaginare che nelle persone esista così tanto marcio da arrivare a compromettere la vita di qualcun altro pur di arrivare ai propri scopi. Chiunque avrebbe potuto fare lo stesso, io stesso avrei potuto percorrere il tuo stesso percorso—», fece un mezzo sorriso, «Forse in modo un po' meno irruento, ma non ha importanza. Quello che ne ha, è cosa tu riesca a trarne da quello che ti è successo. Nonostante fosse suo figlio non era lui e non è successo perchè sei sbagliato. Non hai sbagliato se hai provato ad affezionarti a qualcuno, non hai sbagliato se hai provato a fidarti. Non hai sbagliato nel provare a sentirti apprezzato ed amato come una qualsiasi altra persona merita. Per favore, non pensare questo di te perché se fossi davvero l'uomo che pensi di essere, io non ti avrei baciato. Non sarei rimasto, e non ti starei sussurrando queste cose direttamente contro le labbra, mormorandole ad un respiro da te». 

Solo dopo che ebbe finito di dirgli quelle cose, Taehyung aveva riaperto gli occhi per guardarlo e vedere quelli di JK guardarlo come se lo stesse vedendo per la prima volta. 

«E se è tutto sbagliato? Taehyung—ho fatto tante, troppe cazzate», JK prese un profondo respiro ad occhi chiusi-anzi, serrati, «Soprattutto con te e nei tuoi confronti» finì con rammarico, distogliendo gli occhi da lui.

A quel punto, Taehyung aveva assunto l'espressione consapevole e si era allontanato giusto di qualche centimetro per corrucciare le labbra e posargli l'indice tra le sopracciglia per appianare la rughetta tra le sopracciglia. «Sì, ne hai fatte tante», confermò, annuendo.

«Ma è pur vero che, nel momento stesso in cui ne hai preso coscienza, hai fatto e stai facendo di tutto per porvi rimedio».

Le mani di Taehyung si erano posate delicatamente sulle sue e le aveva carezzate con fare istintivo, sospirando perchè quello era il segno che JK si portava dietro della sua presa di coscienza.

Come se non avesse già abbastanza cicatrici e ferite di cui prendersi cura.

«Ma qualsiasi cosa farò, non sarà mai sufficiente. Taehyung, io ti ho rovinato la vita».

Taehyung era rimasto in silenzio a quella frase, si era solamente limitato a tendergli la mano ed andare verso la loro stanza, salvo poi trovare la resistenza di JK e trovarsi nella camera personale dell'altro, posta in quella zona isolata e silenziosa del palazzo.

Non aveva saputo rispondere, perchè non poteva dire che quegli eventi non avessero avuto alcun impatto su di lui. 

Non poteva dire che non avesse sofferto per ciò che aveva subito e non poteva negare che sì, per un lungo e tortuoso periodo di tempo la sua vita aveva preso una piega inaspettatamente drammatica e triste, e sminuire ciò che gli era successo non poteva né voleva farlo, ma era sopravvissuto.

Perchè per quanto fosse stato duro, doloroso, atrocemente sofferente vivere quei momenti, aveva imparato qualcosa di più su sé stesso. Aveva scoperto di essere sopravvissuto. Di essere riuscito ad andare avanti, ed era sicuro che fosse riuscito in quell'intento anche- e soprattutto- grazie a Jungkook. 

E se era riuscito ad attraversare quello, era sicuro di riuscire a superare anche qualsiasi altra cosa sarebbe arrivata dal futuro.

Un po' com'era sicuro di voler rimanere al fianco di JK per ancora molto tempo, per esempio. 

«Ti sei fermato...a cosa pensi?».

La voce di JK lo riscosse dai suoi pensieri ed arcuò un sopracciglio con fare vagamente divertito, abbassando gli occhi su di lui. «Pensavo dormissi».

JK brontolò qualcosa. «Non è quello che ti ho chiesto, principessa». 

Taehyung sorrise nel buio e ridacchiò, divertito. «Ma è il motivo per cui mi sono fermato. Se devo essere sincero non sto pensando a niente, è la mia mente a vagare» sussurrò in risposta, rivolgendo gli occhi al soffitto.

JK rimase per così tanto tempo in silenzio da fargli credere che si fosse riaddormentato se non fosse stato che, ad un certo punto, un sussurro lo fece sorridere ampliamente. 

«Prometti che quando mi riaddormenterò non te ne andrai».

E la sua risposta fu accompagnata dalla ripresa delle carezze sul suo avambraccio ed un istintivo bacio lasciato tra i suoi morbidi capelli corvini. 

«Lo prometto».






















✁✁✁✁✁✁✁

NDA: Buon (quasi) inizio settimana a tutti ♡

Ammetto che, dopo il 66 e il 67, questo capitolo mi è parso quasi scarno. Cioè, mentre lo editavo ero tipo "What, siamo già alla fine? What cazz just happened?" però va beh, si sono baciati quindi ciccia  ಥ◡ಥ

Avevo bisogno di un capitolo in cui le emozioni non mi portassero a guardare fuori dal balcone con l'intento di lanciarmi di sotto, quindi posso ritenermi contenta che sia così tanto easy e tranquillo. 

Ditemi che avete colto il riferimento della frase finale 'ㅂ'

E sappiate che se si vedono spazi anomali o cose strane, la colpa è dell'app. Ecco perché odio aggiornare dal telefono. Lo odio profondamente, non salva mai una CEPPA—$&×&$£× COMUNQUE.

Grazie per aver letto anche questo capitolo e per averlo atteso. Attualmente, sto scrivendo quelli finali nelle bozze quindi sono un attimino divisa tra ciò che deve succedere e ciò che deve succedere ma più in là. Sperò comunque che vi sia piaciuto^^

JK tornerà ad essere il solito, ve lo assicuro. Ve lo assicuro (¬‿¬)

PS: Non so se riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo questa settimana perchè è da settimane che ho un piccolo problema all'occhio che credevo andasse via e che, invece, è sempre qui. Poichè mi sta dando qualche grattacapo, stare applicata al computer mi risulta un po' più difficoltoso del previsto -farò un annuncio, comunque, per avvisarvi nel caso riesca a pubblicare o meno. 

Mi scuso se rispondo in ritardo qui o su ig, ma per i motivi sopra detti non sono stata molto attiva.

Se vedere degli errori nel capitolo di battitura o altro invece, per favore segnalatemeli che l'ho editato (quasi letteralmente) con un occhio solo LOL :'D

Grazie e, se non dovessi riuscire a pubblicare, scusatemi ancora.

A presto ♡


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