Love Is A Rebellious Bird. ||...

By AntoGrz

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Louis è il primo violino della London Symphony Orchestra, Harry è il nuovo ed emozionante direttore ad inter... More

Trama e Info.
I
II
III
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
Epilogo.

IV

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By AntoGrz

"Baaa-ba-da-da-da-da-da-dut-da-da-dahhh..." Harry si irrigidì mentre era in fila per il pranzo.
Servivano gli spaghetti, quel giorno, delle tagliatelle incredibilmente scotte con il sugo, accanto a dell'insalata vecchia ed un pezzo di pane all'aglio, l'unico alimento decente di quel giorno.
Annuì mormorando un piccolo 'grazie' alla donna che serviva il pranzo mentre gli consegnava il piatto, poi si voltò per allontanarsi definitivamente dal modo sgradevole in cui quei ragazzi stavano canticchiando Boléro. Andava avanti in quel modo da quasi una settimana ed Harry era stanco. Louis Tomlinson aveva moltissimi amici, senza dubbio.
Sembravano essere ovunque Harry andasse ed ogni volta mormoravano Boléro sottovoce per poi scoppiare a ridere. Qualche ragazzino aveva addirittura iniziato a suonare le prime note del pezzo, alle prove di violoncello, l'altro giorno, iniziando a ridere proprio quando aveva notato delle lacrime spuntare agli angoli degli occhi di Harry.
Almeno Louis mi sta prestando attenzione, pensò, debole.
Odiava la parte di se stesso a cui piaceva il suono della voce di Louis, anche quando lo prendeva in giro.
Non poteva farne a meno. Era terribile. Nessuno si sedette accanto a lui. Solitamente, Harry mangiava con Marco e gli altri insegnanti, ma quel giorno avrebbero saltato il pranzo per recarsi in città per qualche questione da adulti.
Sentiva le orecchie in fiamme, chiedendosi se l'intera mensa lo stava fissando e stava ridendo di lui - oppure, ancora peggio, se non lo notavano affatto - e cercò di mangiare quanto più in fretta possibile, così da poter trovare un angolo tranquillo dove suonare il suo violoncello.
Le prove con la sua insegnate si sarebbero tenute quel pomeriggio e dal momento che lei era una tipa tosta, Harry voleva riuscirvi al meglio. Poi, forse, avrebbe giocato con qualcuno dei ragazzini più piccoli.
Harry si sentiva un bambino a frequentarli, ma almeno i ragazzini di nove e dieci anni non erano intimidatori. Anzi, lo trattavano bene. Finalmente, il suo piatto era quasi vuoto.
Mentre Harry stava gettando gli avanzi della lattuga avariata nella spazzatura, sentì una mano calda sul collo e sobbalzò.
"Ehi, tranquillo, Styles. Non eccitarti". Harry si immobilizzò, riconoscendo quella voce.
Prese un respiro profondo, gettò il piatto nel contenitore della plastica e si voltò.
Louis Tomlinson.
Era leggermente più alto di Harry, i suoi capelli castani gli ricadevano morbidamente sugli occhi. Aveva un sorriso luminoso ed Harry sentì il suo cuore balbettare nel petto.
"Hai un po' di salsa sulle labbra".
"Oh" Harry arrossì e tirò fuori un fazzolettino dalla tasca, per ripulirsi. "Uhm, grazie, Louis".
Il più grande avvolse un braccio attorno alle spalle di Harry e lo guidò attraverso la grande porta della mensa, conducendolo sul vialetto di ghiaia che portava in riva al lago. "Vieni con me" sussurrò al suo orecchio.
"Ho un segreto da confessarti".
Harry quasi svenne. Era distratto dal peso del braccio di Louis attorno al collo, dalla mano che gli stringeva la spalla, dal calore del suo corpo, dal modo in cui i loro fianchi si urtavano ad ogni passo. "Oh" squittì.
"Perché a me?"
"Perché sei l'unico che mi può aiutare". La mente di Harry iniziò a viaggiare. Sapeva esattamente dove erano diretti. Tutti al capo conoscevano la piccola canoa abbandonata sulla riva del Duck Lake. Era il posto dove le coppie si appartavano per baciarsi e fare altro.
Freneticamente, iniziò a richiamare alla mente tutto ciò che ricordava di quando Gemma gli aveva raccontato del suo primo bacio. Le labbra rilassate erano importanti, così come l'alito fresco. Merda, il pane all'aglio. Harry cominciò a sudare quando scorse il punto esatto.
Forse anche Louis aveva mangiato quel pane, forse il suo sapore si sarebbe annullato, giusto?
Non aveva detto a nessuno di essere gay. Aveva iniziato a pensare di esserlo soltanto un mese prima, in ogni caso, quindi era ancora molto incerto. Fino ad allora era stato tutto un forse. Fino ad allora era stato solo Louis, Louis, Louis nella sua mente, in ogni momento della giornata, così come quel maledetto tema ripetitivo di Boléro. Fino a quel momento, Harry aveva avuto anche paura di masturbarsi pensando ad un ragazzo. Il che significava che non era ufficiale, che non era ufficialmente gay. Non voleva esserlo. Non ancora.
"Louis..." la sua voce era un sussurro. Deglutì a fatica quando il ragazzo si fermò davanti alla cabina poco distante dalla canoa.
Il fatto era che Harry ne era abbastanza sicuro. Era abbastanza sicuro che Louis fosse gay, il modo in cui camminava, il modo in cui muoveva il polso quando si sistemava i capelli. Era quasi sicuro che anche lui pensava alle labbra di ragazzi, labbra di ragazzi sul suo corpo...
Poi, Louis gli prese una mano e gli fece cenno di entrare nella cabina. "Andiamo, amore. Abbiamo bisogno di un po' di privacy per questo".
Il cuore di Harry perse un battito e le ginocchia minacciarono di cedere quando Louis sollevò il chiavistello ed aprì la porta cigolante.
Premette una mano delicata sulla vita di Harry, guidandolo nel buio all'interno.
"Allora, uhm-" sussurrò Harry, una volta che la porta si chiuse alle sue spalle. "Qual è questo segreto?" Riusciva a vedere il sorriso di Louis anche nella penombra, prima ancora che lui si avvicinasse appena per sussurrargli all'orecchio "BAAA-BA-DA-DA-DA-DA-DA-DUT-DA-DAH-DAHHH!" Harry corse via. Scappò fuori da quella cabina, mentre delle lacrime calde scendevano sul suo viso ed i suoi timpani vibravano nelle orecchie, cercando di allontanare la risata di Louis alle sue spalle.
Barcollò lungo il sentiero sterrato intorno al lago, inciampando nei suoi stessi piedi per la fretta di scappare via.
La parta peggiore, la parte peggiore era che riusciva ancora a sentire il tocco di Louis sulla sua pelle. E sapere che era ciò che voleva.
Quando si presentò alle prove con la sua insegnate, il volto a chiazze e le dita tremanti, lei non disse nulla. L'Interlochen non era un posto dove gli insegnanti potevano interessarsi ai sentimenti degli alunni. Erano lì per insegnare a suonare uno strumento. Non che Harry avrebbe spiegato cos'era successo, se gliel'avessero chiesto.
Riuscì a superare la sua lezione, in qualche modo, poi posò il suo violoncello e scomparve nel bosco. Le foglie sussurravano accompagnate dal vento, le rocce erano splendide e silenziose. Fece una lunga camminata, si sedette in riva al lago fino a che non uscirono le prime zanzare e il sole tramontò, rendendosi conto di aver perso la cena. Si chiese se qualcuno l'avesse notato, avesse notato la sua assenza.
Marcus lo stava aspettando sotto il portico buio quando finalmente Harry si decise a rientrare, visibile nella penombra solo grazie alla punta incandescente di una sigaretta.
"Ehi amico" disse, con noncuranza, quando Harry si avvicinò ai gradini su cui era seduto. "Ehi" lo salutò Harry. "Non avevi fame?" chiese, soffiando il fumo da entrambe le narici.
"No. Sono andato a fare una passeggiata, d-devo aver perso la cognizione del tempo" rispose, mentre la mano indugiava sulla maniglia della porta, pregando che Marcus non lo interrogasse ulteriormente. Spostò il suo peso da un piede all'altro, a disagio, grattandosi distrattamente un morso di zanzara mentre il ragazzo lo guardava. "Okay" disse, infine.
"Questa volta non farò altre domande. Ma se non rispetti il coprifuoco un'altra volta..."
"Non lo farò!" si affrettò ad assicurare il riccio.
"Bene. Ehi, amico, fammi un favore, non dire a nessuno della-" Marcus annuì, indicando il mozzicone di sigaretta che aveva appena gettato oltre la ringhiera. "Non è un bene per chi suona uno strumento a fiato. Dovrei davvero smettere".
"Nessun problema" disse Harry. "Buonanotte" scivolò all'interno della sua bungalow, liberandosi dei pantaloncini per poi stendersi nel letto indossando soltanto i suoi boxer.
La stanza era piena di ragazzi addormentati. Respiri profondi, qualcuno che russava qua e là. Harry era steso di schiena a fissare il soffitto dal suo letto a castello ed ascoltava il canto dei grilli che proveniva da una finestra spalancata. Soltanto l'alzarsi e l'abbassarsi del suo petto, la brezza leggera sulla sua pelle calda...
Qualche tempo dopo, era di nuovo in quella cabina. Louis lo stava toccando ancora una volta, la mani sulle sue spalle, mentre canticchiava "Baaa-ba-da-da-da-da-da-dut-da-da-dahhh..." ondeggiando insieme con lui in quello spazio ristretto.
"Smettila..." si lamentò Harry, cercando di sbarazzarsi delle mani di Louis dalle sue spalle. Il più grande però si aggrappò a lui, avvicinandosi e sussurrandogli ad un orecchio: "Pensavo che ti piacesse questa canzone, Styles". Harry rabbrividì. "Prima, sì".
"Lo so che mi vuoi" disse Louis. Sorrise, illuminando la cabina.
"Sei così palese, Dio" sussurrò, premendo il suo petto contro quello di Harry, spingendolo contro il muro. Harry scosse la testa. No, no, lui non lo voleva. Lui non era davvero... non era ufficialmente... "Ammetti che mi vuoi e ti darò un bacio". Louis si leccò le labbra e tutto ciò che Harry poteva fare era fissare quel movimento, impotente. Riusciva a sentire il calore del corpo di Louis contro il suo, i suoi fianchi che iniziavano a disegnare cerchi lenti. Era già dolorosamente evidente quanto Harry lo volesse. Sapeva che anche Louis riusciva a sentirlo. "Dillo" ordinò Louis. La presa sulle sue mani iniziava quasi a fargli male. "Io - io ti voglio..." Poi, le loro labbra si incontrarono, la lingua di Louis calda ed insistente, forse troppo veloce contro quella di Harry. La sua testa era confusa, il suo cuore martellava nel petto, mentre cercava in tutti i modi di concentrarsi e di riuscire a restare in piedi. Louis lo aiutò a mantenersi, circondando la sua vita con le braccia forti, mentre continuava a baciarlo. Harry cercava di dare qualcosa in cambio, ma non sapeva bene cosa fare. Era già così eccitato. Soltanto per qualche minuto in cui si erano baciati, soltanto perché lo stava toccando, soltanto perché Louis era accanto a lui. Harry lo aiutò a sbarazzarsi della sua camicia, interrompendo il bacio soltanto per un momento, le sue mani disperate nel sentire la pelle bruciare sotto lo sue dita. I bicipiti di Louis, le sue mani che raggiungevano i suoi capelli ricci, tirandoli leggermente. Le loro eccitazioni ancora strette nei pantaloncini, mentre gemevano entrambi.
Poi, tutto divenne bagnato. Bagnato e scuro.
Harry si svegliò.
Era sdraiato di fianco sul suo letto a castello, una macchia umida sul lenzuolo sotto di lui. Era mattina. Probabilmente qualche minuto prima della sveglia.
Oh, cazzo, no... Portò una mano sui suoi boxer, prendendo dei respiri tremanti e cercando di non fare alcun rumore. Con una rapida occhiata nella stanza si accorse che nessuno si era ancora mosso, per fortuna. I suoi occhi indugiarono su Louis, dall'altra parte della stanza, la bocca leggermente schiusa per il sonno. Anche solo guardarlo gli procurò una fitta di eccitazione, seguita poi da una scarica di vergogna.
Velocemente, si girò, asciugandosi in fretta e furia, fingendo di svegliarsi insieme a tutti gli altri alle 6.45.
Più tardi, quello stesso giorno, saltò uno dei suoi corsi per chiamare sua madre, in lacrime.
Passarono altri nove mesi prima che le dicesse di essere ufficialmente gay.

-

Louis arrivò a St. Luke molto presto, la mattina dopo il servizio fotografico. Soffiò nelle sue mani per riscaldarle, per poi girare la chiave nella toppa. Poco dopo, sentì dei passi alle sue spalle e chiudendo appena gli occhi alla luce del sole, vide Harry Styles avvicinarsi a lui.
Louis lo aspettò, tenendo la porta aperta per lui.
"Ehi" disse.
"Buongiorno" rispose Harry, con un cenno del capo.
Quindi, il recupero delle composizioni che aveva lasciato in quello che era diventato l'ufficio di Harry avrebbe dovuto aspettare. Di nuovo.
Louis cercò di placare un vago senso di delusione quando Harry non gli rivolse un altro sguardo e non fece alcun tentativo di iniziare una conversazione, mentre avanzava nel corridoio con le sue lunghe gambe. Non che fosse inaspettato. Dopo tutto, era stato Louis ad essere scortese e freddo fin dall'inizio. Si morse il labbro, improvvisamente vergognato del modo in cui si era comportato. Interessarsi a ciò che le altre persone pensavano di lui non era stato in cima alla classifica delle priorità di Louis da molto tempo, non da quando aveva iniziato a partecipare ad audizioni ed altre opportunità per la sua carriera. Un comportamento del tipo meglio-non-farmi-arrabbiare e la sua dedizione l'avevano portato ad occupare posti che altrimenti sarebbero stati occupati da altri violinisti. Era uno dei motivi per cui provava risentimento nei confronti di Harry - la sua ascesa era sembrata così semplice, grazie al suo fascino ed il rispetto che si era guadagnato in un batter d'occhio. Agli occhi di Louis, questo lo faceva risplendere in una luce sfavorevole. Tuttavia, si trattava solo di vanità, in fin dei conti. E forse un pizzico di paura.
Louis abbassò le spalle. "Styles" lo chiamò, proprio mentre Harry stava per sparire nel suo ufficio. "Aspetta un attimo".
Aveva detto a Grimshaw che l'amicizia tra il primo violino e il direttore d'orchestra non aveva alcuna importanza, ma la fiducia sì. Louis non si era fidato del fatto che fosse Harry a condurre la loro orchestra, ma, dal canto suo, non aveva neanche dato ad Harry un motivo per lasciare che si fidasse di lui. Finisce qui, si disse con fermezza, mentre Harry si voltava verso di lui. Per il bene della LSO. "Posso chiederti una cosa?" Ci stava pensando da una settimana e, naturalmente, non aveva neanche lontanamente pensato di parlarne con Harry. Ma, fiducia. Sarebbe stato un buon esercizio di fiducia.
"Certo" rispose Harry, scrollando le spalle, il suo volto stranamente indifferente. "Vieni dentro".
Louis entrò, stringendo Thunder al petto e sedendosi sulla sedia di Harry, che rimase in piedi, con le mani dietro la schiena.
"Si tratta del Don Giovanni" specificò Louis. Non gli importava che stesse ancora stringendo la custodia del suo violino come se fosse un orsetto di pezza: lo faceva sentire al sicuro. Se era lui che doveva compiere per primo quel passo, allora l'avrebbe fatto a modo suo.
"Bene" rispose Harry. "Qual è la domanda?"
"Vorrei sapere perché stai ancora facendo le prove del pezzo lentamente. Se pensi che la mia sezione non sia pronta, posso assicurarti che lo è. Sono migliorati moltissimo nelle scorse due settimane. Siamo pronti a provarlo al tempo giusto, da esibizione".
Harry aggrottò la fronte. "Lo sto provando al tempo di esibizione". Louis spalancò la bocca, poi la richiuse in fretta, socchiudendo gli occhi.
"Che cosa?"
"La velocità a cui lo facciamo durante le prove? E' quella che faremo anche durante i concerti" Harry parlò in modo ancora più lento di quanto facesse solitamente, con un pizzico di sarcasmo.
"Voglio che le persone capiscano la contemplazione e le riflessioni che Don Giovanni sta vivendo. E' un'interpretazione del tutto nuova".
"Ma... non avevo capito... ho fatto le prove con la mia sezione suonandolo molto più veloce". Harry gemette, sedendosi sulla sedia di fronte alla scrivania e accavallando le gambe. "Sai, Louis, questo genere di cose non accadrebbe se solo ti presentassi alle nostre riunioni settimanali". Merda. Louis poggiò il suo violino sul pavimento. Si sporse in avanti, grattandosi la nuca in imbarazzo, con lo sguardo verso il basso. "Sì, lo so". Non voleva alzare lo sguardo ed incontrare gli occhi di Harry.
"Mi dispiace. Ero spa - sono stato uno stronzo e mi sarei dovuto comportare diversamente riguardo certe cose".
"Certe cose..." Harry aveva colto la vaghezza delle scuse di Louis. Il modo in cui aveva esitato, il modo in cui si era grattato il collo, il modo in cui aveva abbassato lo sguardo. Per un momento, era come se Louis avesse sentito il profumo del legno fresco al Dogwood Cabin.
"Già. Certe cose".
Ci fu un lungo silenzio, come se Harry stesse aspettando qualche altra cosa. Ma Louis si schiarì la gola, appoggiandosi allo schienale e dicendo: "Questa sono le seconde scuse che ti ho fatto in, quanti, due giorni?" Harry annuì, finalmente mostrando un piccolo sorriso. "Beh, non ti ci abituare, Styles. E non ho finito con la questione del tempo del Don Giovanni".
"Oh?" Harry inarcò le sopracciglia e guardò l'orologio. "Uh, ho un incontro con Grimmy tra pochi minuti, puoi aspettare?"
"Mi hai ora" dichiarò Louis, alzandosi le maniche della felpa ed aprendo la custodia di Thunder. "Prendere o lasciare".
Ed Harry decise di prendere, ovviamente. Louis prese il suo archetto e lo passò rapidamente sulle corde.
"Ora, voglio che tu ascolti quanto funziona bene quando è più veloce - così come è scritto che deve essere suonato".
Louis sistemò il suo strumento sotto il collo e lo guardò, in attesa.
Harry annuì e Louis prese a suonare. Suonava a memoria, le sue dita si muovevano in modo fluido mentre i capelli gli ricadevano sugli occhi.
Dovrei tagliarmeli, pensò, mentre si addentrava nel pezzo.
Mantenne lo sguardo di Harry, proprio allo stesso modo in cui la fotografa gli aveva detto, il giorno prima. Grandi, splendidi occhi verdi. Louis terminò il pezzo, mentre il sangue gli pompava freneticamente nelle vene e, quasi con il fiatone, abbassò il suo violino.
"Non lo senti? Il senso di colpa è molto più evidente, così. Frenetico".
Harry annuì, pensieroso, pizzicandosi il labbro inferiore con il pollice e l'indice.
"Ma io preferirei che la sua agonia sia più estenuante e dolorosa" disse. "Quando pensavi che lo facessi lento perché non credevo nelle vostre capacità, riuscivo a sentire la frustrazione in ciò che stavi suonando. E' esattamente ciò che voglio". Louis fece una smorfia. Ovviamente Harry gli avrebbe dato una risposta convincente.
"Ora" Harry gli diede una pacca sulla spalla e controllò di nuovo l'orologio, prima di infilarsi nuovamente il cappotto. "Riesco a raggiungere Grimshaw al Barbican, credo. Grazie per questo piccolo spettacolo privato, ma facciamo a modo mio".
Spinse Louis fuori dall'ufficio per poi chiudere la porta a chiave alle sue spalle. Proprio quando Louis si voltò verso di lui, Harry gli diede una gomitata in un fianco.
"Dovresti alzare le maniche più spesso. Per mettere in mostra le tue braccia".
La bocca di Louis si spalancò. "Non so cercando di...sedurti, o cose del genere, lo sai?".
Harry fece schioccare le sue dita, fingendosi rammaricato.
"Peccato, saremmo una coppia così sexy".
"Continua a sognare, Styles".
"Ci vediamo dopo, Tomlinson".

-

Per il resto della settimana, chiunque entrasse nel piccolo ufficio di Harry al St. Luke, avrebbe trovato anche Louis, a contestare ad alta voce il programma che Harry aveva scelto. "Non so se mi piace il fatto che Divertimento venga prima di Pini di Roma. E' troppo sdolcinato".
"Mozart è sdolcinato?"
"Forse se li invertissi sarebbe meglio". Harry alzò gli occhi al cielo.
"Louis, i programmi sono già stati stampati. Ti stai opponendo solo per il gusto di opporti". Louis aprì e chiuse la bocca senza dire una parola, una mano al centro del petto. Apparentemente, c'era qualcosa di divertente nella sua espressione, perché Harry iniziò a ridere. A ridere. "Non è vero. Queste sono legittime preoccupazioni artistiche".
"Sembri offeso".
"Beh, sono offeso. Per lo più dai tuoi jeans, però. Ne hai qualcuno che non sia strappato sulle ginocchia? E' qualche sorta di moda californiana di cattivo gusto?"
La risatina di Harry si trasformò in una risata vera e propria. "Forse, cosa c'è di male?"
"Oh, nulla. Dovrei cercare di stare più al passo con i tempi, forse farmi qualche buco nelle camicie. Attorno ai capezzoli, per esempio".
"Eeeehi, pensavo fossimo d'accordo sul fatto che non dovevamo sedurci a vicenda".
Era così tutti i giorni. Louis faceva irruzione nel suo ufficio nei momenti più strani della giornata, seguendolo come un cane che abbaia alle calcagna del padrone.
"Il modo in cui hai deciso di fare la transizione dalla prima amante, il passaggio dalla mia parte solista al tema principale è follia, Styles! Follia!" Oppure: "Si chiama Divertimento, insomma, è una piccola pausa dalla roba pesante! Non puoi metterlo come primo pezzo nel programma!"
E infine, quando Harry rifiutava di cedere alle sue richieste: "L'interno della tua mente deve essere così strano".
Ma sempre - durante l'ora di pranzo o la pausa caffè, la discussione tornava sul tempo del Don Giovanni.
"E' un climax, un lento riconoscimento dei peccati, Louis. Non una folle corsa alla dannazione eterna".
"Ascolta, Harry, si possono iniettare emozioni senza compromettere l'intero concetto, l'integrità del pezzo. Il Don Giovanni è chiaramente fuori di testa. Fuori controllo! E perché ti stai rubando il mio pranzo?"
"Perché lo stai condividendo con me". "No, sto-"
"Condividere significa dimostrare affetto, Louis".
"Per favore, H, usa almeno una forchetta".
Stavano accidentalmente mangiando di nuovo insieme.
Harry aveva ascoltato educatamente le lamentele di Louis riguardo la gestione del tema dell'usignolo in Pini di Roma e stava ora canticchiando sulle note di qualche canzone che proveniva dal suo portatile, prendendo qualcosa dal piatto di Louis, con grande fastidio di quest'ultimo. "Have mercy" cantò, mentre utilizzava le sue dita per raccogliere qualche tagliatella dal piatto di Louis. Per qualche motivo, era interessato a mangiare soltanto quelle verdi, scartando quelle rosse. Solo Harry Styles, Louis ringhiò nella sua mente. Davvero, solo Harry Styles poteva essere così ridicolo. E così testardo sul tema dell'usignolo. "Have mercy, baby". La voce di Harry era così profonda, come se si fosse appena svegliato, quel genere di voce che Louis riusciva ad immaginare nelle cucine il sabato mattina, mentre giocherellava con la macchinetta del caffè, le uova ed il pane tostato. "Have mercy on me".
Louis alzò gli occhi al cielo.
"Valery non era mai così esasperante". "Esasperante?" Harry sbatté le palpebre, una tagliatella ancora avvolta attorno al suo dito. Lo infilò in bocca in modo osceno, deglutendo, continuando poi a leccare il condimento rimasto sulla pelle.
"Io? Sono esasperante?"
"Beh. Sei molto frustrante" si corresse Louis.
Perché era ancora lì, comunque? Non stavano più parlando di alcun pezzo. Se ne sarebbe potuto andare un quarto d'ora fa e mangiare il suo pranzo nella sala prove o nel cortile, con Zayn. "E tu sei molto autoritario. Ti piace darmi ordini". Louis alzò un sopracciglio sottile. "Ho scoperto che molte persone sbagliano ad utilizzare quel termine, nei miei confronti. Dicono 'autoritario' ma in realtà voglio dire 'ha ragione su tutto'." Sistemò un tovagliolo sulle ginocchia e schiaffeggiò via le mani di Harry dal resto del suo pranzo.
Harry ridacchiò, appoggiandosi allo schienale e sollevando appena i fianchi. "Quindi, avevi ragione, ehm, anche su Valery?"
"No" Louis lasciò schioccare le sue labbra, infilando in bocca un'oliva nera con la forchetta, come una persona civile.
Tutti questi modi raffinati andarono immediatamente in rovina quando iniziò a parlare e masticare allo stesso tempo, puntando il volto di Harry con la forchetta. "Mi piaceva Valery. Valery ascoltava le mie opinioni".
"Io ascolto le tue opinioni. E ti piaccio".
"No, e ancora no, Styles".
Harry lasciò che la sua bocca si spalancasse, aprendo le braccia.
"Che cosa sto facendo in questo momento? Perché hai praticamente sfondato la porta del mio ufficio per entrare durante una delle mie pause in cui contemplo i classici dimenticati dell'R&B americano?"
"Non hai seguito nessuno dei miei suggerimenti da quando ho smesso di fare lo stronzo".
"Ah" Harry alzò un dito, "ma li ho ascoltati tutti".
"Questo è... tecnicamente corretto" Louis strinse gli occhi pulendosi la bocca con il tovagliolo. "Il miglior modo per essere corretti" rispose Harry con un sorriso abbagliante, pensando di aver fatto un commento divertente. Louis alzò gli occhi al cielo per l'ennesima volta quando Clarence Carter iniziò a cantare nella playlist R&B di Harry. Can you slip away, slip away, oh, I need you.
Dove li trovava tutti quei pezzi così vecchi, comunque?
Louis aveva smesso di ascoltare la musica pop da quando aveva scoperto che tutti gli artisti utilizzavano l'autotune. Soltanto opera e musica classica, per favore. Non che quella musica fosse poi così terribile, ma Louis non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce. (Non si era neanche accorto che stava seguendo il ritmo battendo un piede sul pavimento).
"Guardati" disse ad Harry, "sempre così soddisfatto di te stesso".
"Ti piaccio".
"Sto soltanto cercando di salvarti dai tuoi impulsi bizzarri. E dovresti davvero ringraziarmi per aver interrotto il tuo oziare al suono di B&B".
"La mia pausa al suono di classici dimenticati dell'R&B americano, volevi dire".
"Comunque sia" Louis agitò una mano nell'aria, indifferente. "Dovresti essere contento".
"Perché?"
"Perché!" Louis si lasciò sfuggire una risata senza fiato, come se fosse ovvio. "L'unico motivo per cui trascorro tutto il mio tempo libero qui con te piuttosto che stare da qualche altra parte a divertirmi è che sono dannatamente dedito al mio lavoro! Fidati di me, Styles, gli altri direttori d'orchestra darebbero entrambe le loro braccia per avere un primo violino così attento come sono io". Harry si grattò la nuca ed abbassò lo sguardo sul pavimento.
"Questo è, uhm, l'unico motivo?" Louis non notò l'esitazione, la leggera incertezza nella voce di Harry.
Annuì con decisione, appoggiandosi allo schienale della sedia e facendo canestro con il tovagliolo accartocciato nel cestino.
"Ti sto salvando il culo. Sto salvando il Don Giovanni. Sono l'eroe della LSO". "Chi è ora quello ad essere soddisfatto di sé?"
"Sta' zitto" Louis aprì un pacchetto di patatine, infilandosene una in bocca prima di offrirle ad Harry.
"Ecco a te" borbottò, "il dolce". Harry infilò una mano nella bustina di patatine, cercandone una perfettamente integra.
"Penso che ti piaccio" disse, trovandone una accettabile. Oh Dio, pensò Louis, ora si lecca di nuovo. "Penso che il grande Valery Gergiev stava iniziando ad essere noioso e ad odorare sempre più di pesce ogni stagione che passava e penso che ti piaccia discutere. Scommetto che ti sentiresti deluso se io cedessi, non è così? Dimmi se mi sbaglio".
Le loro ginocchia si scontrarono e improvvisamente Louis si rese conto che stava fissando il cavallo dei pantaloni di Harry. Il riccio indossava un paio di jeans terribilmente aderenti - aveva infatti deciso che tutti i musicisti erano a suo agio con lui, così che aveva preso ad indossare i suoi vestiti preferiti piuttosto che quelli eleganti. Louis riusciva quasi a vedere il suo membro attraverso il denim nero.
Si leccò le labbra senza neanche pensarci. Era sempre lì, leggermente spostato verso sinistra. Anche quando Harry era in piedi sul podio a dirigere l'orchestra, riusciva perfettamente a vederlo, quando distoglieva lo sguardo dalle note che conosceva a memoria. Non riusciva a fermarsi, non importava quanto spesso cercava di costringersi a non farlo, di ricordarsi che doveva concentrarsi sul suo lavoro.
Si chiese che profumo avrebbe inalato se si fosse inginocchiato lì in quel momento, strofinando il suo volto contro- Louis gemette internamente. Smettila. Cazzo, non doveva succedere.
Poi, tossì e rialzò lo sguardo per incontrare gli occhi di Harry, che aveva chiaramente notato che lo stava fissando. Aveva la testa inclinata e lo stava guardando con fare interrogativo. Come se... merda, come se sapesse su che cosa Louis stesse fantasticando e fosse tranquillamente a suo agio con quel pensiero.
Okay, questo sì che è pericoloso. Cazzo, hai soltanto bisogno di andare a letto con qualcuno. Sono passati mesi e sai che te ne pentirai immediatamente se lo fai con lui, sei solo dannatamente eccitato, non devi...non devi neanche pensarci. "Scusami" rise Louis, scuotendo la testa e sfiorandosi la fronte con le dita. "Mi sono assentato per qualche secondo, stavo pensando di nuovo all'assolo dell'usignolo. Giuro che non stavo..." La verità era che lui stava. Ma era sempre stato un ottimo bugiardo. "Oh" disse Harry, un po' troppo in fretta. "Certo, già, no. Non l'avevo neanche pensato".
"Giusto. Bene". Louis si alzò, asciugandosi le mani sudate contro i pantaloni prima di afferrare il suo violino e avvicinarsi alla porta.
Era quasi fuori dall'ufficio quando sentì Harry dire "Aspetta..."
"Sì?" Louis scostò alcuni capelli dagli occhi e si voltò, mordendosi un labbro. Voleva soltanto andarsene. Andarsene, andarsene, andarsene, rinchiudersi nella sala prove e dimenticare di aver mai incontrato Harry Styles.
"Ti piacerebbe, magari..."
"Tomlinson!" Louis sobbalzò quando la porta si aprì, colpendogli una spalla e lasciando entrare Grimshaw.
"E Styles! Le due stelle della nostra nuova campagna pubblicitaria! Guardate questi scatti!"
Louis deglutì a secco, sentendo il sangue pulsare mentre Grimshaw tirava fuori delle foto appena stampate dalla sua borsa a tracolla e le appoggiava sulla scrivania di Harry. Si avvicinò, restando in punta di piedi per sbirciare oltre la spalla di Grimmy.
"All'inizio non ero molto convinto della composizione degli scatti, ma sono davvero brillanti. Così tanta tensione! Vedete, questa sarà su tutti i biglietti e i cartelloni pubblicitari..."
Il cuore di Louis precipitò nel vuoto. Erano tutte foto di lui ed Harry, le ultime di quel giorno. Un'occhiata al suo volto e tutti avrebbero visto quanto Louis lo volesse. Le sue labbra dischiuse, la ciglia abbassate in un'espressione seducente.
Merda, merda, merda, non aveva avuto alcuna intenzione di guardarlo in quel modo, non aveva capito... Louis poteva mentire a se stesso quanto voleva, ma lì sulla scrivania vi era una prova concreta, letteralmente disposta in bianco e nero di quanto volesse Harry Styles.
Ed il suo capo la stava guardando. Sarebbe stata esposta nei cartelloni pubblicitari, per l'amor del cielo, e tutta Londra l'avrebbe vista!
Ma in qualche modo, la cosa peggiore, la cosa più imbarazzante era il sorrisetto soddisfatto di Harry mentre guardava quelle foto. Come se sapesse, ora, quanto potere aveva su di Louis. Era dannatamente terrificante. Louis sentì il suo corpo ripiegarsi su se stesso.
"Sono bellissime, non è vero, Lou?" Harry si voltò con un enorme sorriso, proprio nel momento sbagliato.
"Già. Eccellente uso della sua celebrità, eh, Grimshaw?" disse, con tono acido.
"Creativamente, la stagione potrebbe essere uno schifo, ma tutti pagherebbero milioni per quella faccia".
Sputò l'ultima parola nel silenzio imbarazzante che avvolse la stanza e poi fu come se Louis stesse osservando ogni sogno ed ogni speranza di Harry infrangersi in un solo istante. Il volto del riccio passò da scioccato a ferito in pochi secondi e il suo corpo tremò appena.
Louis vide delle lacrime accumularsi agli angoli dei suoi occhi verdi e sentì una sensazione familiare, un fastidioso dejà-vù. Dannazione. Ancora, Louis? Dovevi davvero...
Il rimorso lavò via la rabbia che aveva sentito poco prima, attorcigliandogli lo stomaco. Orrendo, fastidioso rimorso.
"Beh..." Grimshaw ridacchiò nervosamente, guardando prima Louis, poi Harry, come se non riuscisse a capire dove fosse la battuta divertente.
Harry si lasciò sfuggire una risata amara. "Giusto" disse. "Giusto, Louis". Louis aveva finalmente lasciato che l'imbarazzo lo trasformasse in una persona che mai avrebbe voluto tornare ad essere. Il piccolo Napoleone dei violini. Il bullo. Ed Harry lo stava accettando. Ancora una volta.
Girò i tacchi e corse fuori dall'ufficio, prendendo il treno per tornare a casa, cercando di non guardare il suo riflesso nello specchio.

-

Harry riusciva a vedere sua sorella dall'altra parte della galleria. L'illuminazione utilizzata per far luce al meglio sulle opere d'arte era di un bianco candido, così luminoso che riusciva a vedere la tensione sulla fronte della ragazza da trenta metri di distanza. Era in piedi, da sola, appoggiata al bancone del bar con un bicchiere di vodka in mano, guardando di tanto in tanto il pavimento e poi sforzandosi goffamente di osservarsi intorno, fingendo di essere realmente interessata alle foto esposte.
Harry avrebbe riso per prenderla in giro se non si fosse sentito davvero una merda.
Col senno di poi, non era stata una delle sue più brillanti idee, probabilmente, quella di portare Gemma come il suo più uno alla prima cena di raccolta fondi della LSO. Un errore di calcolo lo aveva portato a desiderare compagnia per quella serata, dimenticandosi che avrebbe trascorso la maggior parte del suo tempo lì ad essere introdotto e presentato alle persone più importanti che sostenevano periodicamente l'orchestra con le loro generose offerte.
Nell'esatto istante in cui avevano fatto il loro ingresso nella sala, Grimshaw si era precipitato verso di loro ed aveva preso Harry sotto il braccio, guidandolo verso un gruppo di donne eleganti dai vestiti costosissimi. Gemma era rimasta da sola vicino al guardaroba, con in mano entrambi i loro cappotti. O meglio, Harry l'aveva abbandonata lì. Dipendeva dai punti di vista.
Guardò il suo orologio e cercò di non farsi assalire dal panico. Ancora ben trenta minuti di cocktail prima che si sarebbero seduti per la cena, e non vedeva alcuna possibilità di sottrarsi alla conversazione che stava avendo con Amelia e Charles Frasier-Lind. Non che non fossero persone interessanti, persone che effettuavano enormi donazioni annuali all'orchestra, se Harry aveva capito bene ciò che Nick gli aveva sussurrato all'orecchio prima di presentarlo.
Era solo che riusciva a vedere Gemma con la coda dell'occhio, le sue braccia strette al petto ed i suoi sospiri silenziosi, mentre controllava pazientemente il suo elegante orologio.
Netflix, aveva detto che voleva guardare qualcosa su Netflix. "Abbiamo trascorso l'intera estate nel New Hampshire, l'anno scorso" stava dicendo Amelia.
Stavano chiacchierando di quando Harry aveva lavorato in America, fingendo educatamente che non fosse un continente enorme. "Le White Mountains, è stato splendido". Harry annuì, sorridendo. "Così ho sentito anch'io".
Dov'è quel cretino di Niall Horan quando serve? Harry avrebbe voluto ucciderlo per il modo in cui trovava divertente partecipare a quegli eventi. Se solo però si fosse presentato in orario, avrebbe semplicemente potuto riaccompagnare Gemma a casa. Oppure avrebbero potuto prendere in giro il personale e rubare qualche bottiglia di vino e nascondersi da qualche parte, le sarebbe piaciuto molto.
"Devo davvero venire, H?" aveva chiesto Gemma una volta che erano saliti nel taxi, mentre toccava gli orecchini pesanti per assicurarsi che fossero ancora lì.
"Finirò per stare da sola in un angolo, mangiando troppi stuzzichini e bevendo troppa vodka". Harry aveva scosso la testa.
Sua sorella aveva deciso di trascorrere una settimana con lui ed Harry aveva intenzione di passare quanto più tempo possibile con lei. Trovava la sua presenza molto confortevole. "Non preoccuparti" aveva detto, "servono anche quelle castagne avvolte nella pancetta, ma vedi di non mangiarne troppe..." La ragazza aveva alzato gli occhi al cielo, sorridendo.
Egoista. Harry era stato un egoista. "Oh, signor Styles! Ha già incontrato Agatha Diversey?" chiese Amelia, quando una donna incredibilmente bella con i capelli grigi si unì a loro. "Agatha fa parte del consiglio di St. Luke".
"Mi chiami Harry, per favore" disse, sorridendo e porgendole una mano. "Mi chiami Taggie, allora, Harry" rispose Agatha, con occhi sorridenti. Indicò la donna al suo fianco, facendo scivolare un braccio attorno alla sua vita. "Lei è la mia collega, Louise". Louise mormorò qualcosa tra i denti ed alzò un sopracciglio guardando Agatha, in attesa. Taggie alzò gli occhi al cielo e sospirò. "Tutti la chiamano Petey".
"Petey?" chiese Harry, voltandosi verso Louise e stringendole la mano a sua volta. "Louise Petersheim" rispose lei, spiegando. La sua stretta era piacevolmente decisa, la sua pelle morbida. Scosse la testa, alzando gli occhi al cielo e sporgendosi leggermente in avanti. "Si comporta come se mi stesse prendendo in giro, ma in realtà tutti mi chiamano Petey da quando avevo otto anni".
"Diciotto, direi" disse Taggie, con uno sbuffo affettuoso. "Ha deciso di costruirsi una nuova personalità da quando ha iniziato a frequentare l'università. 'Tutti quanti mi chiamano Petey', come no!" Petey scoppiò a ridere, scuotendo la testa e colpendo dolcemente l'amica con un gomito. "E' un piacere incontrarla, finalmente, signor Harry Styles". Taggie sorrise. "L'abbiamo vista suonare a Chicago anni fa, tesoro. Non aveva neanche vent'anni, credo".
"E' vero! Si ricorda?" chiese Petey. "Il concerto al Saint-Saëns. Noi certamente non potremmo dimenticarlo". Harry sorrise, affascinato e leggermente lusingato. "S-sì, ricordo" disse, cercando di non sorridere troppo. "Certo che mi ricordo". Petey alzò una mano, quella che non era stretta attorno ad un bicchiere di vino bianco. "Non che non apprezziamo il fatto che abbia iniziato a condurre-"
"Ovviamente sì" concordò Taggie, guardando Harry dritto negli occhi, la sua espressione severa. "Era meraviglioso al violoncello, però" continuò Petey, stringendo un braccio di Harry. "Incredibilmente meraviglioso. E' stato-"
"Sensuale" completò Taggie per lei, annuendo.
Si voltarono l'una verso l'altra e scoppiarono a ridere, mentre Harry arrossì appena, mordendosi il labbro ed abbassando il capo.
"Siamo molto eccitate per la nuova stagione, Harry".
"Sono contento" disse, lasciando che un sorriso gli si dipingesse sulle labbra.
Le due signore iniziarono una discussione animata sui disturbi gastrointestinali e cose del genere. Era stato molto più divertente di quando Harry si aspettasse, soprattutto dopo aver conosciuto Fraiser-Linds ed Harry non aveva pensato a Gemma per ben dieci minuti.
Nel momento esatto in cui lo fece, però, voltò la testa per cercarla, scoprendo che era scomparsa.
"Se volete scusarmi..." disse, gentile, mentre si allontanava per cercarla. Fu assalito da un lieve panico. E se si era talmente annoiata da prendere un taxi per tornare a casa senza neanche dirglielo?
Stava già preparando il discorso di scuse che le avrebbe fatto, proponendosi di portarla nel suo ristorante preferito per farsi perdonare. Riusciva esattamente ad immaginare la scena: lei, avvolta in una coperta sul divano dell'appartamento di Harry, mentre lo guardava in modo truce una volta tornato. O peggio ancora, avrebbe fatto finta di non essere arrabbiata.
Le prometterò di preparare dei biscotti, mormorò tra sé e sé, distratto.
Si alzò sulle punte dei piedi per avere una migliore visuale della sala, osservando la folla nel tentativo di scorgerla.
Con lei, tutti e due insieme. Li prepareremo insieme, come una famiglia felice. Fratelli che preparano i biscotti...
Harry non trovò alcuna traccia di lei mentre attraversava tutta la galleria. Se anche fosse andata al bagno, sarebbe dovuta già essere di ritorno. Si addentrò ancora di più, avvicinandosi ai tavoli disposti per la cena imminente.
Finalmente, la trovò, accanto ad uno dei tavoli, raggiante, la testa gettata all'indietro in una risata divertita. Harry si fermò, osservandola da lontano. Sbatté le palpebre, sentendo la pelle d'oca sulle braccia.
Louis Tomlinson era al fianco di Gemma. Aveva poggiato una mano leggera sulla sua spalla, con il capo dolcemente piegato verso di lei. Harry riusciva solo a vederlo di profilo, ma vedeva un piccolo sorriso sul suo volto ed una piega all'angolo dell'occhio. Louis indicò i segnaposti sistemati sui tavoli con la sua bottiglia di Heineken che stringeva in una mano e poi si sporse per sussurrarle qualcosa all'orecchio. Si separarono, ridendo entrambi a qualsiasi cosa avesse detto Louis, che si strinse leggermente nelle spalle.
Era bellissimo. Harry aprì la bocca per parlare, ma non lo fece. Continuò a fissarli, del tutto insicuro su cosa dire, o se avesse dovuto dire qualcosa in generale. Era sollevato del fatto che Gemma si trovasse a suo agio e che si stesse divertendo, davvero. Avrebbe dovuto essere contento di come si erano evolute le cose, ma sapeva di non esserlo. Harry sentì un leggero imbarazzo dopo aver realizzato che il suo cuore era affondato quando li aveva visti per la prima volta, insieme. Che la sua immediata reazione era stata quella di essere deluso e (oh, Dio) geloso di sua sorella. Patetico, pensò Harry, mentre Louis e Gemma continuavano a ridere. Era dolorosa e dolorosamente familiare la confusione di emozioni che Louis era solito fargli provare.
Gli piace tua sorella. Gli piacciono tutti. Non gli piaci tu, però, non è vero?
Chiuse gli occhi al ricordo del tono tagliente con cui Louis si era rivolto a Grimmy, quando lui aveva mostrato loro gli scatti. Le sue interazioni con Louis erano state meno scortesi, più sobrie e trattenute, in qualche modo, ed Harry si era chiesto se non fosse quello il modo di Louis di mostrare il rimorso. Speranze fugaci, forse. Non sarebbe mai stato in grado di controllarle. Non riusciva a smettere di sentire una sorta di rifiuto ogni qualvolta si trovava vicino a Louis. Forse è il momento che tu ammetta quanto lo vuoi.
Harry fu scosso dal suo sogno ad occhi aperti da quel pensiero, deciso ad intervenire semplicemente per smetterla di pensare. Sentì un imminente bisogno di avanzare nella sala, come se stesse prendendo le distanze anche dai suoi stessi pensieri.
"Temevo che fossi andata a casa" disse, schiarendosi la gola una volta che li raggiunse e sperando di suonare molto più controllato di quanto si sentisse. Gemma sorrise quando lo vide, inarcando un sopracciglio. "Oh?" disse, "E mi avresti davvero potuto biasimare?" Harry scosse la testa, ridendo appena. "No" rispose. "Mi dispiace".
"Va tutto bene, lo capisco".
Poi annuì verso Louis, che li stava guardando con interesse.
"Dovresti davvero ringraziare il signor Tomlinson qui, che mi ha salvata. Mi stava giusto raccontando come un semplice cambio di segnaposti potrebbe ravvivare la serata". Louis sorrise ad Harry, un luccichio malizioso nei suoi occhi. "E' semplice, in realtà, basta mettere i Cartwright vicino ai Frasier-Linds" disse, indicando due tavoli separati. "Fuochi d'artificio immediati". Harry rise.
Da quello che aveva sentito, Miriam Cartwright richiedeva grandi quantità di champagne ad ogni evento sia che si trattasse di un cocktail party, o di un pranzo, di una colazione, di un concerto per bambini. Riusciva ad immaginare il modo in cui la signora Fraiser-Lind avrebbe trovato il tutto un po' rozzo.
"E' tua sorella, quindi?" chiese Louis ed il suo grande sorriso fece leggermente male al cuore di Harry.
Il riccio annuì, mordendosi il labbro. Gemma sospirò in modo teatrale, come se fosse stata un'impresa crescere con lui.
"L'avevo pensato ancora prima che si presentasse" disse Louis, una punta di orgoglio nella voce, prima di guardare nuovamente Harry.
"Stessi occhi".
Harry alzò la testa di scatto ed arrossì immediatamente, mentre un formicolio si diffondeva lungo le braccia.
Distolse lo sguardo, abbassando il capo e cercando di mascherare la sua reazione. Non doveva lasciarsi coinvolgere.
Louis stava già guardando oltre le sue spalle, dove Gerald Courtenay stava armeggiando con la sua viola sul palco improvvisato nella parte anteriore della sala.
"Merda" imprecò Louis, consultando il suo telefono per controllare l'orario. "Devo preparami per suonare", si voltò verso Gemma, stringendole un braccio. "E' stato un piacere conoscerti".
Poi, annuì verso Harry. "Styles..." Harry annuì a sua volta, continuando a guardare verso il basso.
Louis si allontanò attraverso i tavoli per recuperare il suo violino, Harry poteva sentirlo dal suono della sua voce che si allontanava.
"Calmati, Gerry! Ci metto un secondo... no, non ho visto Eleanor. Sono il suo partner, non il suo custode".
Gemma si schiarì la gola. Harry alzò il capo per incontrare i suoi occhi, arrossendo ancora una volta e lasciandosi sfuggire un gemito. "Per favore, non cominciare".
"Non ho detto niente!" protestò lei, spalancando gli occhi fingendosi innocente. Riusciva a malapena a trattenere un sorriso.
Abbassò lo sguardo sul pavimento ancora una volta, mentre il sangue pulsava sulle sue guance. L'emozione imbarazzante che aveva provato nel sentire le parole di Louis l'avevano destabilizzato.
Louis. Dio, Louis lo faceva sentire sempre in bilico.
Gemma lo guardò per un attimo, poi rise, gentile. "Oh, andiamo" disse, stringendogli un braccio dietro la schiena. "Troviamo i nostri posti".

Come parte integrante dell'evento di quella sera, la LSO aveva promesso una breve ed intima anteprima di quello che ci si poteva aspettare dalla prossima stagione.
Dopo che gli ospiti avevano preso posto ai loro tavoli, ma prima che iniziassero a servire le portate, otto dei più talentuosi musicisti dell'orchestra dovevano eseguire i primi tre movimenti del Divertimento No. 5 di Mozart. (Niall si era comportato bene, dal momento che era arrivato dieci minuti prima dell'inizio ed aveva risparmiato a Grimshaw il solito infarto).
Nick aveva presentato Harry prima dell'esibizione, facendogli fare un breve discorso, poche parole su quanto era contento di aver ottenuto l'opportunità di lavorare lì e di quanto fosse eccitato riguardo al programma, poi alzò il suo bicchiere e mostrò le sue fossette e prese a presentare i musicisti. Non vedeva l'ora di essere parte del pubblico, per una volta, dal momento che Louis Tomlinson avrebbe condotto l'esibizione in qualità di primo violino. Dalla prima nota dell'Allegro, Harry non rimase per niente deluso. Quella piccola orchestra era tecnicamente ineccepibile, ovviamente, ma c'era anche una gioia meravigliosamente palpabile nel modo in cui suonavano insieme, una splendida energia che si irradiava nella stanza. Harry chiuse gli occhi per un po', intento ad ascoltare la musica piuttosto che guardare e, nonostante ciò, tutto quello che riusciva a vedere era Louis. Sotto i riflettori nella mente di Harry, Louis irradiava più di quella splendida energia di chiunque altro. Sembrava brillare, impreziosito dalla sua bravura, dal completo controllo del suo strumento. Harry riusciva ad immaginarlo perfettamente. Il movimento morbido del polso, i capelli che gli ricadevano sugli occhi, le spalle definite dal vestito su misura. Harry aprì di nuovo gli occhi.
La bravura di Louis Tomlinson era stato un importante fattore nella decisione di Harry di accettare la proposta della LSO, forse il fattore decisivo, ad essere sinceri. Ed ancora, anche dopo averlo visto suonare durante le prove per settimane, Harry non aveva ancora colto appieno la portata del talento di Louis. Gli toglieva il fiato la realizzazione di quanto, nonostante aveva altamente valutato l'abilità del violinista in anticipo, l'avesse sottovalutato, in realtà. Era allo stesso tempo inebriante e sconcertante, il modo in cui, ancora una volta, riconosceva di non aver capito Louis del tutto.
"E' stato incredibile" sussurrò Gemma, avvicinandosi a lui durante la standing ovation dopo la performance.
"Louis è incredibile".
Harry deglutì ed annuì, applaudendo quasi senza accorgersene.
Fu assente quasi per il resto della cena, partecipando alla conversazione e sorridendo come suo solito, affascinante come sempre. Riuscì a spostare il suo sguardo su Louis soltanto una volta, guardandolo sorseggiare un caffè dopo il dessert, fissando stranamente i suoi polsi sottili ed eleganti. Ma non importava il fatto che si fosse concesso di guardarlo soltanto una volta: era stato iper-consapevole della sua presenza per tutto il tempo, in ogni caso. L'intero evento si era rivelato un umiliante esercizio di quante volte Harry avrebbe pensato a Louis nel corso della serata.
"Sì, grazie" rispose distrattamente, poggiando la sua tazzina in modo tale che il cameriere potesse versare un altro po' di caffè. Gemma sorrise, colpendolo con un gomito. "Lo prende normale" disse, alzando gli occhi al cielo. "Cosa?" Harry chiese, confuso, ripiombando nella realtà. "Oh, sì... mi scusi... normale, grazie".
Eccoti qui, ancora una volta, pensò Harry, sorseggiando il suo caffè.
Fu estremamente sollevato quando Niall avanzò verso di loro, osservando Gemma. "Gemma Styles, in carne ed ossa" esclamò, poggiando il suo bicchiere mezzo vuoto sul loro tavolo ed allargando le braccia, assolutamente raggiante. "Carino da parte tua farti vedere" brontolò Gemma, ma suoi occhi brillavano mentre si alzava per cedere al suo abbraccio. "Ascolta, ragazza" disse Niall, spingendo con il ginocchio la sedia di Harry, "sarei arrivato prima di chiunque altro, aspettando pazientemente il tuo arrivo se il tuo fratellino del cazzo si fosse preoccupato di avvisarmi che saresti venuta". Harry si lasciò sfuggire uno sbuffo indignato di protesta, che spinse entrambi a scoppiare a ridere. Il riccio alzò gli occhi al cielo. "Voi due venite dopo, vero? chiese Niall, allegramente.
Allentò la cravatta e si liberò della giacca, risvoltando la camicia fino ai gomiti. Sembrava rilassato e felice ed Harry era geloso. "Oh, non lo so, Nialler" sospirò Harry, appoggiandosi allo schienale della sedia. Era leggermente sfinito, dai suoi stessi pensieri e dall'eccessiva esposizione ad altre persone, durante quella serata. "Oh, andiamo!" esclamò Niall, aggrottando le sopracciglia con disapprovazione, rivolgendo tutto il suo fascino a Gemma. "C'è un pub dietro l'angolo con il miglior jukebox di tutta Londra. Ci divertiamo!" alzò le sopracciglia due volte velocemente, iniziando a cantare, contorcendo il suo corpo in qualche strana mossa di ballo. Workin' on our night moves... tryna lose those awkward teenage blues! Workin' on our night moves" Harry fece una smorfia, arricciando il naso.
Niall ricambiò. "Okay, d'accordo, perdente" disse, scuotendo la testa. "Se neanche questa canzone riesce a farti cambiare idea, non ho idea di cosa possa farlo" gettò un braccio attorno alle spalle di Gemma. "Andiamo, Gemma, permettimi di accompagnarti in questo luogo ameno. Ti presenterò la mia collega preferita, è l'amore della mia vita e sarà così anche per te!"
Lasciarono Harry da solo al tavolo a giocherellare con il tovagliolo di stoffa ancora in grembo, perso nei suoi pensieri. Stava quasi per decidersi ad alzarsi, qualche minuto dopo, quando sentì un tocco leggero sulla sua spalla. Harry prese un respiro profondo, recuperando il controllo, e si voltò, aspettandosi di vedere Grimshaw con un ampio sorriso sulle labbra, pronto a presentarlo ad un'altra ondata di importanti mecenati dell'orchestra. Era Louis Tomlison, invece. Ovviamente.
Louis era in piedi accanto ad una donna di mezza età, che era stata seduta accanto a lui durante la cena. Harry sbatté più volte le palpebre, rimanendo in silenzio, sentendosi un po' come se Louis si fosse materializzato direttamente dai suoi pensieri.
"Styles" disse, un sorriso esitante sul volto. Spostò il suo peso da un piede all'altro, grattandosi la nuca. "Uhm," si schiarì la gola. "Styles, questa è--questa è mia madre, Jay Tomlinson" la indicò. "Voleva incontrarti".
Ci volle qualche secondo perché Harry capisse quelle parole, sorpreso da quelle nuove informazioni.
"Oh. Uh, Harry Styles. E' un piacere incontrarla, signora Tomlinson". Guardò più volte i loro volti, cercando di registrare le somiglianze nella sua mente. Lo stesso colore di capelli, lo stesso sorriso, gli stessi occhi blu.
"Jay va benissimo, caro" rispose, sorridendo e guardandolo su e giù.
"E' un piacere mio incontrarti. Ero felicissima quando ho saputo che saresti stato tu a dirigere la LSO".
"Oh, grazie" disse Harry lentamente, lanciando un'occhiata furtiva a Louis, che sapeva aveva avuto una reazione esattamente opposta al cambio di direttore. Louis restò impassibile, mordendosi un labbro. "Sono la manager artista dell'Hallé" disse Jay. "Ci piacerebbe da morire avere qualcuno del tuo calibro come ospite, ho seguito la tua carriera per anni!" annuì verso Louis. "Da quando tu e Louis eravate a quel campo insieme. Dovevi avere, quanti, quindici anni?" Harry annuì, arrossendo al riferimento, i suoi occhi subito su Louis ancora una volta, chiedendosi se si stesse immaginando il rossore sulle sue guance. "Sei stato così impressionante in quel concerto di mezza estate" proseguì Jay. "Molto più avanti di qualsiasi interpretazione di Louis. Ed eri così giovane!"
"Oh" mormorò Harry, leggermente imbarazzato.
"Io - io non saprei" mormorò, senza rischiare un'altra occhiata a Louis. "Va tutto bene, tesoro, è la verità" disse, con una leggera risata. "Ha sempre avuto qualche difficoltà a trasmettere le sue emozioni". Louis si lasciò sfuggire una risata, spostandosi a disagio accanto a lei, con lo sguardo fisso sul pavimento.
Harry si schiarì la gola, imbarazzato. "Beh, è stata certamente una performance fantastica quella di stasera" sottolineò, con cautela. Jay rise, alzando un sopracciglio.
"Sì, beh... Ad Eleanor piace sempre mettere su un po' di spettacolo". "Mamma" la riprese Louis, sottovoce. "D'accordo, tesoro, la smetto di metterti in imbarazzo. Dovremmo andare via, comunque" concluse, sporgendosi per accarezzargli una spalla. "Sono molto, molto eccitata per la stagione, signor Styles. Non vedo l'ora di vedere che cosa hai tirato fuori da questi musicisti".
"Grazie" mormorò ancora Harry, alzando lo sguardo per incontrare quello della donna. Forse i suoi occhi non erano così blu come quelli di Louis, dopo tutto. "E' stato un piacere conoscerla" aggiunse, debolmente, mentre i due si allontanavano.
"Notte, Styles" disse Louis, guardandolo con un mezzo sorriso. Sembrava quasi triste ed il cuore di Harry si strinse alla malinconia che gli parve di scorgere nella sua espressione, prima che fosse rimpiazzata dalla solita distaccata rassegnazione.
"Buona notte" sussurrò a sua volta, la voce tesa per l'emozione inaspettata. Strinse la mano a pugno per contrastare il desiderio di trattenere Louis, mentre si allontanava.
Harry pensò al calore che sua madre gli dimostrava ogni volta e si sentì in colpa per quello, ma non voleva giudicare. Sentiva terribilmente la sua mancanza, gli mancavano i suoi abbracci, le sue braccia forti che lo stringevano quando si sentiva fragile. Era così lontana, però, ad Holmes Chapel, quindi Niall e Gemma gli sarebbero dovuti bastare, per il momento.
Mentre si allontanava per cercarli, gli occhi di Louis continuarono a tormentarlo.

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Aaaalloraaaaa come vaaaa????

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