Love Is A Rebellious Bird. ||...

By AntoGrz

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Louis è il primo violino della London Symphony Orchestra, Harry è il nuovo ed emozionante direttore ad inter... More

Trama e Info.
I
II
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
Epilogo.

III

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By AntoGrz

Le prove non durarono molto più a lungo quel pomeriggio.
Suonarono la disperazione del Don Giovanni per altre due volte prima che Styles li lasciasse liberi di andare. Si era inchinato verso l'orchestra dopo la prima volta che avevano provato il pezzo in seguito al suo discorso.
"Molto meglio" aveva detto, serio.
Poi aveva sorriso, con gli occhi scintillanti e aveva alzato le braccia per ricominciare.
"Nessuna pressione, forza" e la risata che seguì alleggerì lo stato d'animo generale della sala.
La seconda volta era andata ancora meglio della prima.
Louis riusciva a sentirla attorno a lui, l'incredibile potenza emotiva che aveva arricchito il pezzo, che risuonava nella singola nota tenuta che trasmetteva la portata devastante della desolazione del Don Giovanni. La sentiva vibrare nella musica, ma allo stesso tempo, percepiva di essere isolato dalla sua stessa distrazione. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era il fatto che Harry aveva frainteso la sua risata, che la delusione sul suo volto aveva lavato via il sorriso che aveva invece rivolto a tutto il resto dell'orchestra ed era stata pian piano sostituita dalla rassegnazione, dalla consapevolezza fastidiosa che non ci si sarebbe potuti aspettare di meglio da Louis. Come se il ridere di lui potesse unificare tutte le sfaccettature della personalità di Louis.
Le sue dita continuavano a muoversi velocemente ed in modo accurato sulla tastiera del suo violino, impeccabile come sempre, ma non stava suonando con il cuore.
Non riusciva a rilassarsi sulle note di quella musica.
Non riusciva a lasciarsi andare del tutto, non con quel ridicolo fraintendimento che gli si ripresentava continuamente nella testa.
Aveva bisogno di spiegarsi. 

Forse pensa che io sia una specie di psicopatico senza cuore, pensò Louis, mentre riponeva Thunder nella custodia al termine delle prove, allentando l'archetto con due movimenti veloci del polso e chiudendo la zip in modo più veemente del necessario.
I suoi occhi erano fissi su Harry, ancora in piedi accanto al podio e circondato da un piccolo pubblico di persone che gli si era avvicinato per fargli alcune domande.
Stupida Eleanor, sibilò Louis, deciso ad aspettare che tutti se ne fossero andati per chiarire quanto era successo con Harry, il più presto possibile.
Andiamo, Harry come aveva potuto fraintendere il fatto che Louis si era riconosciuto nel suo discorso, come aveva potuto pensare che non fosse così?
Finse di risistemare i suoi spartiti, mentre il numero di persone attorno ad Harry iniziava a diminuire.
Una volta che soltanto Gerald Courtenay era rimasto al fianco del direttore, ascoltandolo mentre si scusava se aveva fatto riferimento alla sezione delle viole in modo offensivo, Louis decise di fare la sua mossa, prendendo il suo violino e avvicinandosi di qualche passo nella loro direzione.
Sobbalzò improvvisamente ed emise un suono poco dignitoso quando sentì qualcuno tirarlo bruscamente per la manica.
"Chiedo scusa". L'assistente di Styles (Liam Price? Liam Payne?) era in piedi di fronte a lui, con un'espressione mortificata.
"Non volevo spaventarla".
"Non ti avrebbe ucciso se mi avessi chiamato una volta o due prima di richiamare l'attenzione in questo modo" constatò Louis, irritato dal fatto che il suo piano era stato interrotto.
Il volto di Liam-qualsiasi-sia-il-suo-cognome si strinse in una smorfia di fastidio. "L'avrò chiamata un qualcosa come sei volte, d'accordo, Tomlinson? Devo dirle una cosa".
"Oh" sussurrò Louis, guardando alle sue spalle, notando che Gerald Courtenay stava gesticolando animatamente, sorridendo.
Louis era sorpreso: Harry sembrava più divertito, che spaventato. "Scusami... Di cosa si tratta?" chiese, volgendosi di nuovo verso il ragazzo. "Beh, so quanto sia riluttante nel controllare la sua casella di posta..." Louis annuì, guardando verso Harry ancora una volta, quando Liam non accennava a proseguire.
Imprecò sottovoce. Harry Styles aveva avvolto un braccio attorno alle spalle di Courtenay e lo stava guidando verso l'uscita laterale della sala prove, mentre entrambi ridevano di gusto. "Merda" sussurrò Louis, alzando una dito in direzione di Liam. "Torno - torno subito".
"Ci vorrà soltanto un secondo, Tomlinson! Riguarda domani!" Liam urlò alle sue spalle.
"Controlli la sua casella di posta, per favore..." fu l'ultima cosa che sentì prima di uscire dalla sala prove ed imboccare il corridoio. Che era deserto, ovviamente.
"Merda" ripeté, guardandosi attorno per capire dove si potevano essere diretti, senza riuscire a trovare alcun indizio.

Una mezz'ora dopo, era accasciato su un sedile della metro, stringendo Thunder al suo petto, inquieto ed insoddisfatto. Aveva controllato l'ufficio di Styles a St. Luke e perfino quello al Barbican - ma non c'era alcuna traccia di lui.
Louis appoggiò la fronte contro il finestrino del treno e guardò fuori. Domani.
Ne avrebbe parlato con Styles il giorno dopo.
Doveva soltanto aspettare, si trattava solo di una notte.
Perché ne stai facendo un così grosso problema? si chiese, osservando il proprio riflesso mentre la metro attraversava il buio.
Il nodo aggrovigliato di ansia nel suo stomaco sobbalzò in risposta ed una serie di immagini che aveva cercato di tenere a bada iniziarono a roteare nella sua mente.
Due occhi estremamente delusi.
Louis chiuse i suoi, rapidamente. Sempre meglio non fare domande a se stessi, in modo particolare quando si conosce già la risposta che non si è ancora pronti ad ammettere.
Cazzo.
Strinse Thunder al suo petto, come una specie di orsacchiotto gigante. Non hai niente per cui sentirti in colpa, provò a ripetersi.
Riaprì gli occhi, che gli bruciarono per l'improvvisa luce del vagone.
Sì, ottimo lavoro, Louis, come sempre. Ora ti stenderai nel letto, tutto solo, per tutta la notte. Non hai niente per cui sentirti in colpa, non tu.
Una sensazione spiacevole di disgusto lo assalì, seguendolo fino a casa - mentre desiderava avere un cervello completamente diverso, desiderava essere una persona completamente diversa, con pensieri completamente diversi che aveva preso scelte di vita completamente diverse e di gran lunga migliori.
Merda.
Forse si trattava solo di una notte, ma probabilmente sarebbe durata quanto tre settimane.

Aveva ragione, infatti.
Era l'una di notte e Louis aveva ancora il suo cervello, sfortunatamente, che non gli concedeva di addormentarsi.
Tutti i suoi terribili ricordi si ostinavano a tenerlo sveglio.
Beh, era una combinazione di ricordi, il caldo della sua camera da letto, e l'impossibilità di trovare una posizione confortevole. Ogni volta che posizionava la testa sul cuscino in modo diversi, nelle orecchie continuava a risuonare una serie di Harry Styles, Harry Styles, Harry Styles.
Harry Styles e il suo volto alle prove, terribilmente deluso.
O meglio, ferito, era quella la parola giusta.
Louis lo aveva ferito, quel pomeriggio. Lo sapeva.
E starsene sdraiato nel suo letto con la testa sul cuscino, il battito fastidioso nel suo cuore che gli faceva vibrare i timpani, non lo aiutava di certo a smetterla di pensarci.
Nonostante non era stata sua intenzione, si sentiva comunque una persona orribile.
Ed il fatto che non intendeva farlo, non aveva di certo impedito il fatto che Harry ne risultasse davvero ferito.
Non impediva alla mente di Louis di rievocare le volte in cui, invece, quello era stato il suo obiettivo. Perché ce n'erano state a migliaia. Orribili ricordi di tutti i momenti in cui aveva intenzionalmente ferito Harry Styles.
Aveva riconosciuto quello sguardo perché c'era stato un tempo in cui aveva fatto di tutto per vederlo in quegli occhi.
Harry aveva ancora le sembianze di un bambino, all'epoca, così dolce ed indifeso.
Lo stomaco di Louis si contorse a quel pensiero, un illecito brivido lo attraversò senza il suo permesso.
Lo soffocò con un misero gemito.
Era soltanto il senso di colpa a tenerlo sveglio.
Solo quello.

"Sei stato all'Interlochen per tre estati intere?" aveva chiesto Eleanor, con incredulo orrore nei suoi occhi, mentre scuoteva piano la testa. Gli aveva fatto quella domanda quando si erano appena conosciuti. "Non riesco nemmeno ad immaginarlo. Non posso nemmeno - ho affrontato moltissimi ambienti tossicamente competitivi nella mia vita, ovviamente, ma due settimane lì e non avrei avuto più neanche un capello" aveva detto, con un brivido.
"Ho ancora il terrore per i braccialetti dell'amicizia, quell'esperienza mi ha traumatizzata".
Louis sorrise contro il cuscino ed alzò gli occhi al cielo a quel pensiero. Eleanor.
Riusciva ad essere estremamente drammatica, a volte, ma spesso era divertente.
Era una delle poche cose che avevano in comune.
Aveva esagerato riguardo l'Interlochen, o almeno in parte.
Era eccitante, essere il più bravo tra i migliori musicisti suoi coetanei, essere già bravi e diventarlo sempre più, ogni giorno, imparare nuove tecniche, perfezionarle ed essere in grado di affrontare una vera e propria performance.
Ma la pressione che si percepiva lì dentro, Dio. Non era per tutti.
Era traumatizzante, in effetti.
Era quella la verità.
Louis ricordava tutto dell'Interlochen. Essere in piedi in un angolo dell'Hyde Park all'inizio della primavera, percependo un odore acre persistente nell'aria, essere relegato in una cabina in legno per provare dopo un acquazzone, a baciare Ally McKenna soltanto perché sapeva che avrebbe dovuto ed essere arrabbiato con se stesso perché non era ciò che voleva.
I fuochi d'artificio per il quattro luglio, le rane al tramonto in riva al lago. Le zanzare e i piedi scalzi, le caviglie scoperte. Sedersi in una sedia da quattro soldi per le feste all'aperto, i sediolini di metallo per tutta l'orchestra. Le esibizioni di mezza estate. La voce di sua madre che riecheggiava nella sua mente, 'Chi era quel ragazzino al violoncello? Un suono così maturo, così espressivo'.
E la cosa peggiore, la cosa peggiore di tutte, quella volta in cui aveva sentito le prime note dell'apertura di Boléro per un concerto di beneficenza, quando non si era preoccupato di controllare il programma.
Aveva sentito le mani diventare immediatamente sudate, mentre si muoveva a disagio sulla sedia, tra il pubblico, il petto stretto in una morsa. Boléro

Dopo aver corso fino al bungalow chiamato Dogwood, la maglietta blu di Louis era impregnata di sudore. Non era il tipo che sudava molto, solitamente, ma l'umidità era talmente forte in quegli ultimi giorni che ogni volta che usciva sentiva come se stesse indossando una felpa dal cappuccio umido.
Era insopportabile.
Louis sapeva che non sarebbe dovuto rimanere sorpreso.
La stessa cosa era avvenuta l'estate scorsa: un'opprimente afa aveva travolto il campo per quasi una settimana e mezzo durante la metà di luglio, prima che il caratteristico temporale estivo irrompesse con i suoi fulmini e tuoni. Avrebbe voluto ricordarselo quando avevano fatto le assegnazioni delle cabine letto, quando gli era capitata la cuccetta più in alto. Stava quasi per morire soffocato la sera prima per il caldo, con le lenzuola aggrovigliate alle caviglie.
Che genio, si era detto quando era sceso dal letto.
Non che chiunque altro nella stanza con lui era riuscito a chiudere occhio, nonostante avessero dei letti migliori. No, non quando il caldo afoso faceva russare Robbie in modo ancora più palese delle altre notti, se possibile. Il ragazzo aveva il setto nasale deviato, quindi non era davvero giusto lamentarsi, ma Louis lo faceva ugualmente.
"Sono abbastanza certo che possa essere considerato un omicidio, a questo punto" aveva detto, gemendo, una volta che il ritmo esasperante di Robbie sembrava diventare sempre più forte.
Tutti quanti erano scoppiati a ridere, solidali l'uno con l'altro. Beh, tutti tranne Robbie, che dormiva, ovviamente.
Dogwood.
Louis sarebbe rimasto intrappolato nel bungalow di Dogwood per l'ultima estate.
Il più lontano del campus, il più piccolo, l'unico senza aria condizionata.

"Ah, Louis! Ottimo!" disse Marcus, una volta che Louis si chiuse la porta del bungalow alle spalle.
"Ti stavamo aspettando! E' il Tempo delle Domande, ricordi?" Louis alzò gli occhi al cielo.
Aveva sperato che iniziassero senza di lui. Nella migliore delle ipotesi, aveva sperato che una volta raggiunto il bungalow avessero già finito, dal momento che dopo le prove dall'altra parte del campus aveva dovuto correre fino al bungalow per raggiungerli.
In quel modo, avrebbe potuto semplicemente ritirarsi nel suo letto a castello ed ripetere nella sua mente il suo assolo di Mendelssohn fino all'ora di cena. Il fatto che non riuscisse a dormire la notte rendeva ancora più difficile rilassarsi prima del concerto che si sarebbe tenuto la settimana successiva. Questo, ed il fatto che ci sarebbe stata anche sua madre.
"Avrai comunque la tua mezz'ora libera prima di cena, Tommo, te lo prometto" disse Marcus, sorridendo nel modo irritante in cui soltanto lui sapeva fare.
Marcus Dewitt era l'istruttore del capo a Dogwood.
Era un trombettista che veniva da qualche parte degli Stati uniti e dal momento che Louis conosceva soltanto Chicago ed il Michigan, dove si svolgeva l'Interlochen, non aveva la più pallida idea di quale città si trattasse.
Aveva studiato alla Esatman School of Music, il che era impressionante, ma Louis non lo riteneva un genio della musica. Ripeteva sempre che la musica non era competizione, che si trattava di collaborazione con gli altri e li costringeva a fare attività per creare legami di amicizia con gli altri ragazzi ogni dieci minuti.
Louis alzò gli occhi al cielo ancora una volta, sospirando e prendendo posto nel cerchio del Tempo delle Domande, insieme ad altri ragazzi seduti a terra con le gambe incrociate.
Si sedette nell'unico spazio disponibile, accanto ad Harry Styles, che si spostò goffamente per fargli spazio, arrossendo e sistemandosi i capelli (che erano indomabili e ancora più ricci per l'umidità) mentre abbassava il mento per non incontrare il suo sguardo.
Louis sbuffò, infastidito.
"Okay!" disse Marcus, sedendosi in mezzo a loro.
Batté le mani due volte e poi le sfregò una contro l'altra, come se non vedesse l'ora di iniziare.
Il Tempo delle Domande a Dogwood era l'attività preferita di Marcus.
Ogni sera, nelle due ore libere prima di cena, Marcus riuniva una ventina di loro per sedersi in cerchio ed ascoltare quando ogni persona rispondeva alla domanda del giorno (sperando di dar vita ad una discussione costruttiva che portasse ognuno di loro a confidare qualche proprio punto di vista, in modo tale da diventare subito amici). Louis odiava quell'attività, naturalmente.
Marcus sorrise guardando il cerchio, con le sue lunghe ciglia bionde che si infoltivano agli angoli.
"Domanda di oggi: qual è il pezzo che non avete mai eseguito, ma che vorreste tanto fare?" Louis gemette sottovoce, non avendo una risposta pronta.
Appoggiò una mano sul pavimento, stendendo la schiena, tenendo ferma la sua maglietta con l'altra.
"Inizierò io" continuò Marcus.
"Questo è un po' scorretto, dal momento che ho suonato questo pezzo, ma-"
"Oh, quindi tu puoi barare, eh?" chiese Louis, inarcando un sopracciglio. "Noi?"
Marcus rise. "Assolutamente no. Tutti voi dovete attenervi alla domanda fatta, senza eccezioni e senza fuggire da questo bungalow".
Harry ridacchiò e diede un'occhiata a Louis attraverso i suoi ricci, con gli occhi brillanti, in attesa di sentire la sua risposta. Tutti gli altri lo stavano guardando. Era una sensazione familiare. Se c'era una cosa che gli piaceva dell'Interlochen a Dogwood era il fatto che tutti quanti guardassero lui come se fosse il migliore in tutto: nel suonare il violino, nel giocare a calcio, nell'abbronzarsi, nell'indossare le magliette blu (con o senza sudore). E nell'essere divertente. Louis era decisamente il migliore in quello.
"Fate ciò che dico, ma non ciò che faccio?" chiese, con un sorrisetto.
"E' così?" Per quanto Louis pensava che Marcus fosse stupido, non gli mancava di certo il senso dell'umorismo.
"Esattamente, Tommo" rispose l'istruttore, continuando a sorridere. "Ti dispiace se continuo?" Louis si strinse nelle spalle, dandogli la sua approvazione.
"Ciò che stavo per dire, prima di essere bruscamente interrotto" continuò Marcus, con gli occhi divertiti, "era che ho suonato l'inno nazionale americano così tante volte, durante le partite di basket al liceo e cose simili, ma il mio sogno sarebbe quello di suonarlo prima di una partita dei Packers. Preferibilmente durante i play-off, ma mi va bene tutto". Louis sentì Harry ridacchiare accanto a lui, eccitato.
Harry aveva soltanto quindici anni ed era uno dei ragazzini più piccoli, sempre eccitato riguardo tutto, anche nel seguire Louis nel campus.
"Al Lambeau Field, giusto?" chiese il riccio, incapace di contenere il suo entusiasmo.
"E' lì che giocano?" Marcus sorrise, annuendo.
"Esatto. Non pensavo che te lo ricordavi".
"Certo" disse Harry allegro, sorridendo all'insegnante.
Louis alzò gli occhi al cielo. Alzava sempre gli occhi al cielo durante il Tempo delle Domande.
Alzava sempre gli occhi al cielo quando si trattava di Harry.
Lasciò che la sua mente vagasse mentre il resto del cerchio rispondeva, mentre le dita della sua mano sinistra si muovevano ricordando le note dell'Allegretto di Mendelssohn.
Le prove di quel pomeriggio non erano andate bene, nonostante quelle delle scorse settimane erano state impeccabili e quella regressione lo faceva preoccupare terribilmente. "Louis..."lo chiamò Marcus.
"Uhm?" alzò la testa di scatto, la mano sinistra immobilizzata. "E' il tuo turno".
"Ah" Louis arricciò il naso, pensando. "Uhm, il Capriccio numero 24 di Paganini, credo".
"C'è qualche motivo particolare?" chiese Marcus, dopo una lunga pausa. Louis si strinse nelle spalle.
"Non so. Voglio dire, è il più difficile. Quindi. Voglio essere in grado di riuscirci".
"Qualche altra cosa? Qualche altra motivazione?"
"Deve esserci qualche altra motivazione?" sbottò Louis, irritato. "No" rispose Marcus, indifferente.
"E tu, piccolo H?" Louis voleva estraniarsi un'altra volta, voleva tornare al suo Allegretto, ma c'era qualcosa nel modo in cui Harry Styles si stava spostando accanto a lui, a disagio sotto lo sguardo di tutto, che gli rese impossibile farlo.
"Uhmmm" iniziò Harry, timidamente, giocando con l'orlo dei suoi pantaloncini di jeans, con le guance leggermente rosse.
Harry diventava sempre nervoso prima di dare la sua risposta durante il Tempo delle Domande, come se temesse che gli altri potessero giudicarlo. Cosa che facevano, dopo tutto.
Ma il suo nervosismo irritava Louis, comunque, indipendentemente dal fatto se fosse giustificato o meno. Era un'altra delle tante cose per cui Louis alzava gli occhi al cielo.
La maggior parte delle cose che riguardavano Harry sembrava infastidirlo, in realtà.
Come il fatto che arrossiva prima di rispondere, ogni volta, con quel suo volto da angelo.
Louis lo odiava.
C'era qualcosa in lui che gli faceva contorcere lo stomaco, un qualcosa che Louis doveva disperatamente respingere. Gli faceva venire una voglia matta di eliminare Harry dalla sua vita, davvero.
"Suppongo..." continuò Harry, la sua voce lenta e grave come al solito. Spostò qualche riccio dietro l'orecchio, più e più volte, come un tic nervoso. "Supponi..." disse Louis, in modo arrogante, cercando di convincere Harry a darsi una mossa.
Gli altri ragazzi risero appena, ma non Marcus, che gli riservò un'occhiataccia.
Louis alzò ancora gli occhi al cielo. "Uhm, ho pensato, da un po' di tempo, che mi piacerebbe suonare Boléro" farfugliò finalmente Harry, quasi in modo incomprensibile. "perché, insomma-"
"E quale sarebbe il prossimo pezzo di questo tuo ipotetico concerto, le Dodici variazioni in Do maggiore?" chiese Louis, ridendo, menzionando uno dei pezzi più facili al mondo.
Harry divenne rossissimo sulle guance, abbassando lo sguardo quando tutti scoppiarono a ridere. "Louis" lo riprese Marcus, bruscamente.
"Boléro, sul serio?" sbottò Louis, con gli occhi spalancati, ridendo incredulo. "Hai davvero intenzione di difenderlo?"
"S-so che è un po' - so che è un po' ripetitivo" balbettò Harry, con le dita tremanti sulle ginocchia.
"Oh, soltanto un pochino" disse Louis, annuendo.
Harry rimase in silenzio, mordendosi il labbro.
"Cosa c'è in quel pezzo che ti fa venir voglia di suonarlo, Harry?" chiese Marcus dolcemente, fissando Louis ancora una volta.
Era davvero interessato alla risposta di Harry in un modo in cui Louis sapeva che non era mai stato interessato ad una delle sue risposte. Gli occhi di Harry volarono su Louis per un secondo prima di riprendere a parlare, il rossore sulle guance rinvigorito dal loro contatto visivo.
"E' solo che" riprese, a bassa voce, "ho letto molto riguardo gli schemi, ultimamente. Voglio dire, non soltanto gli schemi della musica, ma" si schiarì la gola, "in generale. Anche nelle storie, per esempio. Come determinati eventi si ripetono ancora e ancora. I miti? Qualcosa del genere, credo. E ho pensato che...per Boléro è lo stesso. Le stesse note e lo stesso ritmo che si ripetono e la musica che cresce. E' un po' come quelle storie. E' come se, uhm. Se ci metti la giusta emozione, e poi altre emozioni, in ogni ripetizione, è come se ognuna di esse fosse totalmente diversa dalle altre, anche se sono in realtà identiche".
"E' un'idea piuttosto interessante, Harry" disse Marcus, dolcemente, dopo una pausa.
Era impressionato, colpito.
Louis riusciva a percepirlo dalla sua espressione.
"Grazie" sussurrò Harry, armeggiando ancora una volta con i suoi pantaloncini, quasi sull'orlo di piangere.
Quell'idea rese Louis irrazionalmente arrabbiato.
Che bambino, pensò, scuotendo la testa, sempre più irritato.
Boléro. Dannato Boléro. Sapeva di non poter lasciar correre.
E non lo fece.
Non nelle due settimane successive. Louis continuò a canticchiare il motivetto di Boléro a bassa voce, facendo in modo che anche gli altri ragazzi al campus facessero lo stesso. "Baa-ba-da-da-da-da-dadut-da-da-daah" quando Harry era in fila per la colazione.
Prima che calciasse la palla.
Dopo che Harry aveva suonato un assolo particolarmente difficile durante le prove.
Louis non riusciva a smettere di farlo, soprattutto per il modo in cui reagiva Harry. Per il modo in cui le sue guance arrossivano immediatamente, per il modo in cui spostava i ricci dalla fronte in modo nervoso, per il modo in cui si tormentava il labbro inferiore. Finché una volta, nella parte più lontana del campus, Louis era rinchiuso nel bagno da qualche ora, pregando che quel mal di pancia gli passasse in modo tale da poter ritornare alle prove.
Improvvisamente sentì la porta del bungalow accanto aprirsi e poi sbattere, il suono di qualcuno che si lasciava cadere sul proprio letto. "Mamma, no... è solo che...m-mi odiano qui".
Era Harry, al telefono con sua madre. Terminò la sua frase in un sussurro, con voce tremante e sommessa, quasi come se volesse che sua madre non lo sentisse, quasi come se non volesse dirlo ad alta voce.
Poi, dopo una piccola pausa, "Sì, invece! Tu non sai com'è! Non sai com'è qui..." Louis ascoltò Harry tirare su con il naso.
Proseguì talmente a lungo che si chiese se il ragazzino fosse ancora al telefono o se semplicemente stava piangendo contro il suo cuscino.
Louis riusciva a malapena a sentire i singhiozzi al di sopra del battere furioso del suo cuore.
"D'accordo, okay" disse Harry, infine. "Ti amo anch'io e lo so che manca soltanto una settimana, quindi resterò, ma volevo soltanto farti sapere che a volte le cose che voi adulti ci costringete a fare non sono poi così divertenti come credete, okay? Insomma, io non credo che sia stato particolarmente divertente, è stata quasi una tortura... e, sì, forse sono diventato più bravo a suonare il violoncello e i falò non sono poi così male".
Harry terminò la frase con una breve risata e Louis sentì l'improvviso bisogno di piangere, appoggiato contro la parete del bagno sudicio, pensando a quel ragazzo nell'altra stanza che riusciva a ridere in quel modo con sua madre, nonostante fosse infuriato.
Nonostante Louis l'avesse umiliato, l'avesse fatto vergognare.
Louis non prese mai più in giro Harry Styles riguardo Boléro.

-

Il suono della sveglia di Louis era lontano.
Non aveva alcun senso.
Era troppo presto, troppo scuro fuori dalla finestra, si era addormentato poco fa perché la sveglia stesse davvero suonando. Il suo corpo gli faceva male. Era troppo stanco. Il suo cervello semplicemente non voleva svegliarsi. Non ancora, per favore.
Il suono della sveglia divenne orribilmente insistente, però, e sembrava diventare più forte ogni secondo che passava.
Louis si girò su un fianco, arrendendosi e armeggiando sul suo telefono per spegnerla. Doveva alzarsi immediatamente se non voleva addormentarsi per altre due o tre ore. Merda, pensò, fissando il soffitto, procrastinando ancora un po'.
Prese un respiro profondo, poi un altro.
L'aria umida della stanza gli invase le narici. Odiava la mattina.
Styles.
Si sforzò ad alzarsi dal letto, barcollando e dirigendosi verso il bagno.
Prima risolveva il tutto, meglio era. 

-

Harry aveva appena girato l'angolo al Jerwood Hall quella mattina quando si scontrò con Louis Tomlinson.
"Oof" farfugliò Harry quando i loro corpi collisero per un momento, prima che Louis facesse un passo indietro, controllando che la custodia del suo violino non avesse ricevuto alcun danno.
"Finalmente" esclamò Louis esasperato, togliendosi il ciuffo dagli occhi con un movimento veloce del collo.
"Che cosa ci facevi qui? Stavi ammirando l'architettura?"
"Stavo ripercorrendo gli ultimi passaggi del Don Giovanni" spiegò Harry, indietreggiando involontariamente di un passo e fissandolo.
"Lo stavo immaginando davanti ai miei occhi".
"Tutto solo?"
"Già" Harry aggrottò le sopracciglia. "Mi stavi aspettando?" Louis spostò il peso del suo corpo da un piede all'altro, sembrando a disagio per un breve momento, prima di annuire velocemente.
"Esatto. C'è una cosa che voglio dirti". Harry si morse il labbro inferiore, lasciando che un piccolo sorriso speranzoso facesse capolino sul suo volto.
Louis sembrava non avere intenzione di guardarlo negli occhi.
"Continua, Tomlinson" lo incoraggiò, appoggiando una mano su un fianco, in attesa.
Louis sospirò come un liceale costretto a scusarsi con la professoressa di matematica per aver disturbato la lezione. Le sue parole uscirono dalle sue labbra come un fiume in piena, affrettate.
"Volevo soltanto che sapessi che stavo ridendo per una cosa che aveva detto Eleanor, ieri, non per la tua storia. D'accordo? Nel caso in cui tu abbia pensato che stavo ridendo di te. Non è andata così".
Il sorriso di Harry crebbe e non poté fare a meno di sentire un calore espandersi nel petto, improvvisamente.
Era stato leggermente infastidito dalla reazione di Louis il giorno prima, così noncurante mentre Harry aveva preso quello che sentiva come un grande rischio e aveva esposto il suo cuore ai suoi colleghi riguardo qualcosa di così personale. Qualcosa che Louis, tra tutti, avrebbe dovuto capire.
D'accordo, forse Harry era stato molto più che leggermente infastidito.
Forse, aveva sentito un leggero pugno nello stomaco.
Forse, si era sentito senza fiato e forse, quell'immagine l'aveva seguito per tutto il resto della giornata, fastidiosa come sale nelle ferite.

Louis arrossì appena, armeggiando con la sua sciarpa. "Quindi, mi dispiace".
"Scuse accettate" sorrise Harry, con una strana spensieratezza.
"Che cosa aveva detto Eleanor di così divertente?"
Louis ridacchiò, sollevando finalmente il capo per incontrare il suo sguardo.
I suoi occhi erano così blu.
"Beh, tu avevi appena detto quella storia incredibilmente privata, collegandola al pezzo. Molto efficace, sarò sincero. Credo che hai dato a tutti noi un nuovo modo di interpretare Don Giovanni" si schiarì la gola abbassando nuovamente lo sguardo, come se non avesse avuto l'intenzione di lasciarsi sfuggire quelle parole.
"Ma tutto ciò che Eleanor aveva ascoltato era il fatto che tu avessi appena dichiarato di essere gay". Harry si lasciò scappare una risata fragorosa, coprendosi poi le labbra con una mano avvolta da un guanto. Scosse la testa, continuando a ridere. "No, davvero?!" Louis sorrise, alzando le spalle.
"Era così delusa".
"Pensava che fossi etero?" Louis iniziò a ridere a sua volta, annuendo energicamente.
"Completamente. Sono abbastanza sicuro che aveva intenzione di sedurti".
Harry era quasi senza fiato, incerto su cosa ci fosse di così divertente, ma incapace di smettere di ridere. Era esterrefatto per quella piccola interazione inaspettata con Louis, nel vederlo sorridere a lui così come aveva fatto con Gladys e Niall al pub - prima che Harry uscisse dal bagno. "Pensa che anche tu sia etero?" Louis rise davvero stavolta, appoggiandosi al muro in cerca di sostegno e scuotendo le spalle.
Harry lo guardò: i loro occhi si incontrarono poco prima che Louis potesse riprendere il controllo.
Così, tossì e si raddrizzò, guardando in basso durante quella pausa imbarazzante.
"Beh..."
"Prendiamo un taxi?" Louis alzò di scatto la testa.
"Cosa?"
"Per il servizio fotografico".
Harry diede un'occhiata all'orologio pesante che portava al polso.
"Siamo già in ritardo" disse, prendendo a camminare in fretta, senza preoccuparsi del fatto che Louis sembrava dover fare il doppio dei suoi passi per restare al suo fianco. "Quale servizio fotografico?"
"Liam non te l'ha detto? E' uno dei primi per pubblicizzare la stagione primaverile di concerti. Saremo sui cartelloni pubblicitari in città e suoi biglietti degli abbonati. E' stato spostato ad oggi in modo che non interferisse con le prove d'insieme, oggi ci sono solo quelle a sezioni".
"Io sono il capo di una di quelle sezioni, lo sai, vero?"
Harry guardò appena alla sua destra, cercando di non iniziare a ridere per il broncio sulle labbra di Louis.
"Ce l'hai uno smoking, vero? Perché è-"
"Harold" lo interruppe Louis, incredulo.
"Sono il primo violino della London Symphony Orchestra. Ho sempre uno smoking a portata di mano. Dammi tre minuti".
"D'accordo, allora".
Si separarono in modo tale che Harry potesse recuperare il suo abito che aveva accuratamente riposto nel suo ufficio, quella mattina. Non indossava spesso abiti eccessivamente eleganti - a malapena riusciva a tollerare i suoi jeans durante le prove, ma fino a quel momento si era sforzato di vestirsi il più consono possibile alle LSO - ma gli piaceva il suo smoking.
Era bello vestirsi da cerimonia ed Harry amava le feste che si tenevano dopo i suoi concerti, così come le cene di Natale, le feste a scuola, le serate d'apertura.
Inoltre, sapeva di essere particolarmente affascinante con i colori scuri. Accarezzò il suo smoking con affetto mentre si dirigeva fuori alla porta, attento a non farlo sporcare per strada.
Louis era già sul marciapiede di fronte alla chiesa, con il suo smoking avvolto in un involucro nero simile a quello di Harry.
Annuì seccamente quando Harry gli si avvicinò e gli tenne aperta la porta del taxi per farlo entrare per primo. Harry si era appena seduto accanto a lui, quando una voce alle sue spalle gridò: "Aspettate!"
Era Liam Payne, che correva fuori dall'edificio con il fiatone, tenendo stretta al petto una serie di fogli.
"Solo un momento, per favore" disse Harry al tassista. Louis non sembrava prestargli attenzione, mentre digitava qualcosa sul suo cellulare. "Scusatemi" farfugliò Liam.
"Sono terribilmente in ritardo, sia in questo momento, sia con la pianificazione di tutti gli eventi - ah! Non è per niente piacevole" esclamò, sedendosi sul sedile di pelle nera, spingendo accidentalmente Harry contro il fianco di Louis.
"Vediamo di non allargarci troppo, Styles" mormorò Louis, alzando lo sguardo e poi spostandolo su Liam. "Oh, Pine" disse.
"Sono felice che tu ti sia aggiunto a noi".
"In realtà, è-"
"Agli Studi Transvision, per favore" disse Harry. "Liam, l'indirizzo?"
"Giusto, sì" cercò freneticamente qualcosa tra le sue carte.
"Geffrye Street 102, Shoreditch. D'accordo?"
L'autista annuì e fece partire l'auto. Restarono in silenzio, stretti sui sedili posteriori, il solo fruscio delicato della pila interminabile di Liam e il suono ovattato delle dita di Louis sullo schermo del suo cellulare a risuonare in quello spazio ristretto.
Harry cercò di non muovere nervosamente la gamba, dal momento che il suo ginocchio sinistro era premuto contro la coscia di Louis. "Dio, no" borbottò Louis, fissando accigliato il suo telefono.
"Non puoi suonare il pezzo lentamente, non è così che funzionano i muscoli. Devono farlo molto più velocemente".
"Stai dirigendo la tua sezione da lontano?"
"Sono una persona responsabile, giusto?" sbottò Louis, gli occhi fissi sullo schermo mentre le dita volavano sulla tastiera. "E sto soltanto dando delle informazioni ad Eleanor, tutto qui. Delle indicazioni, ecco".
Harry annuì e rilassò le spalle contro il sedile in pelle, godendo la sensazione piacevole dell'essere stretto tra due corpi maschili e la leggera vibrazione del taxi sotto le sue gambe.
Chiuse gli occhi, sicuro soltanto al settantacinque per cento di non addormentarsi.
"Quale sarà il tuo compito, Payne?" chiese, per distrarsi.
"Ci dirai quali pose assumere? Oppure sei il truccatore?" Liam tossì, imbarazzato.
"Io faccio da mediatore" disse. "Grimmy - ehm, il signor Grimshaw vuole delle foto precise. Specifiche". "Fammi indovinare" intervenne Louis, finalmente riponendo il cellulare nella tasca del suo cappotto. "Harry in piedi con la sua bacchetta in mano, una serie di fotografie che lo ritraggono con i capi di ogni sezione ed i loro strumenti. Gli smoking e gli abiti neri che contrastano su uno sfondo bianco incontaminato".
Liam aggrottò la fronte. "Beh...sì..."
"Lo sapevo" annuì Louis, saccente. "Esattamente come negli ultimi tre anni".
Sospirò.
"In piedi accanto a Valery, un bel sorriso, trattieni il respiro. Almeno Styles non puzza di pesce". Gli occhi di Harry si spalancarono.
"Hai appena insultato Valery Gergiev?"
"Valery Gergiev è un genio" ribatté Louis, bruscamente. "E puzza di pesce".
"Dicono che l'olio di pesce sia buono per il cervello" li informò Liam, riordinando finalmente i suoi fogli. "Meglio non dargli strane idee, per favore, Liam. Personalmente, odio il pesce. Ricorda, Styles, lavorare insieme non vuol dire smettere di essere oggettivi".
Harry ridacchiò mentre il taxi accostava, fermandosi definitivamente davanti ad alcuni cancelli che sembravano porte di garage industriali.

Una volta usciti dall'auto, si guardarono indietro, notando che si trovavano in un vicolo piuttosto che in una vera e propria strada.
"E' qui?" Louis arricciò il naso.
"Non era agli Studi di Professional Portraits, l'anno scorso? Erano in centro".
"Ed hanno anche alzato i prezzi" disse Liam, "dal momento che qualche membro della famiglia Middleton ha iniziato a lavorare lì lo scorso autunno. E l'orchestra ha già dovuto dimezzare le spese, quindi..." tossì, nervosamente ed Harry abbassò lo sguardo, osservando la punta dei suoi stivali.
Sapeva che il suo stipendio era considerevole.
E sapeva anche che Grimshaw lo considerava più un investimento economico che artistico.
"Addirittura un Middleton?" Louis inarcò un sopracciglio.
"Un raccomandato, suppongo? A cosa si è ridotto questo paese..."
Si allontanò per avanzare verso il piccolo cartello su cui vi era scritto Transvision Studios, la porta accanto all'ascensore, terzo piano, il suo violino stretto in modo protettivo sotto un braccio e il suo smoking sull'altro.
"D'accordo, bene" gesticolò Liam. "Avanti con lo spettacolo, dunque, Maestro?"
Harry annuì e si girò per seguire Louis verso l'edificio dai fatiscenti mattoni rossi.
Riusciva a sentire il verso dei gabbiani sopra la sua testa. "Shoreditch è senza dubbio adorabile in questo periodo dell'anno" disse, a nessuno in particolare.
Louis non li aveva aspettati alla porta. L'interno era un corridoio poco illuminato che conduceva ad un ascensore, che assomigliava più ad un montacarichi, con delle macchie impregnate sulla moquette.
Liam era sempre più nervoso, palesemente.
"Studi Transvision, eh?" gli chiese Harry, sorridendo tranquillamente per fargli capire che lo stava solo prendendo in giro.
"Sono altamente consigliati" disse Liam, stringendo una mano a pungo nervosamente.
"Insomma, a giudicare dal loro sito, fanno molte cose all'avanguardia. Come delle riviste femministe e quel genere di cose, ad esempio. Oppure, servizi fotografici di persone nude". Avevano appena raggiunto Louis, che aspettava paziente all'ingresso dell'ascensore.
"Servizi fotografici nudi?" sorrise.
"Il giovane Harold sarà a suo agio, allora".
Harry sentì il rossore divampare sul suo viso prima ancora che Louis terminasse la sua frase, per poi entrare nell'ascensore con gli altri. C'era un silenzio imbarazzante mentre salivano ed Harry tenne lo sguardo fisso sui suoi stivali.
Quindi, Louis aveva visto l'articolo dell'Esquire su di lui.
Interessante.
Molto interessante.                                                                                   
-                                          

La porta dell'ascensore si aprì di nuovo, dando loro accesso ad uno splendido studio dalle pareti chiare. Diverse finestre semicircolari affacciavano sulla zona circostante, mentre il pavimento era in legno verniciato.
Una donna magra con una giacca elegante, degli occhiali neri e i capelli raccolti stava regolando l'illuminazione in uno degli angoli dello studio, dove un enorme pannello nero era stato sistemato. Liam si affrettò ad avvicinarsi a lei per presentarsi, mentre Louis scomparve in una piccola stanza con l'involucro del suo smoking.
Harry salutò con un cenno del capo gli altri capi delle varie sezioni d'orchestra già presenti nello studio nei loro abiti eleganti.
Maria Santiago O'Brien se ne stava in un angolo, una mano sul collo del suo violoncello, mentre chiacchierava amabilmente con Zayn Malik.
Nathan Sugiyama e Janet Ingersoll erano a pochi passi da loro, Janet con il suo oboe, quasi come se fosse pronta a suonarlo piuttosto che semplicemente posare con esso. Gladys Howard era bellissima come al solito in un elegantissimo abito nero. Si stava appena alzando dalla sedia del trucco quando Harry la salutò.
"E' bello vedere che qualcuno è orgoglioso del proprio strumento" disse, adocchiando il suo corno francese, lucido e scintillante, lontano anni luce da quello ammaccato e graffiato di Niall.
Nonostante l'avesse comprato nuovo soltanto tre settimane fa, quello era l'effetto che Niall Horan aveva sugli strumenti.
"Non insultare il signor Horan davanti a me, Styles" lo ammonì, facendo no con un dito e sistemando un ricciolo grigio dietro l'orecchio.
"Non te lo permetto". Harry ridacchiò. "Ma tu lo insulti sempre!"
"E' diverso" rispose, trattenendo un sorriso.
"Io sono più anziana. E lui ritiene che quelle ammaccature facciano sembrare il suo strumento più vissuto".
"Più vissuto" ripeté Harry, inarcando un sopracciglio con aria scettica. "Come se ognuna di esse lo facesse suonare meglio".
"Sono contento che voi due sedete nella parte posteriore dell'orchestra" sorrise Harry.
Non cercò di nascondere il suo divertimento mentre scortava Gladys sotto un braccio oltre la fotografa e la sua attrezzatura.
Liam andava avanti e indietro, indicando filtri e modificatori di luce che stavano per utilizzare.
"Signor Styles" disse, "perché non è ancora vestito? Lei è in tutti gli scatti". "Il camerino è..." Harry stava per dire occupato, ma proprio nel momento in cui si voltò per indicare la porta chiusa, Louis Tomlinson uscì e la sua voce si affievolì di colpo.
Aveva visto Louis in smoking prima, in tutti i video che aveva visto - e rivisto - soltanto per le sue ricerche professionali.
Ma quello era stato un Louis su uno schermo piccolissimo, con la metà del suo corpo tagliato via dalla telecamera.
Ora invece, Louis era in piedi davanti a lui, con i suoi soliti occhiali da vista, mentre si aggiustava la cravatta bianca ed i capelli nello specchio accanto alla sedia per il trucco.
I suoi occhi erano azzurro ghiaccio, le linee taglienti del suo volto impressionanti.
Era incredibile. (Ed Harry non riusciva a vedere oltre la stoffa, ma sapeva che Louis aveva ancora un sedere indescrivibile dal momento che aveva trascorso lunghe notti a fantasticare proprio su quello quando era un adolescente).
"Vada pure" lo spinse Liam delicatamente in direzione dello spogliatoio.
"Smoking e poi un po' di trucco e siamo pronti".
"Siamo pronti. Già" annuì Harry e cercò di concentrarsi nel mettere un piede avanti all'altro.
Riuscì a riprendersi dal suo stordimento solo quando si ritrovò da solo nel camerino, mentre infilava una gamba alla volta nel pantalone elegante.
Era attratto da Louis Tomlinson.
Molto, molto attratto.
Insomma, disperatamente attratto.
Suppongo che certe cose non cambino mai.
"Allora! Dove mi spoglio?" Louis era davanti alla fotografa quando Harry riemerse dal camerino, parlando ad alta voce.
"Perché ho sentito dire che i musicisti si facciano fotografare nudi in America. Gladys, credi che il mio violino possa coprire tutto? Non posso garantirlo!" Harry sentì di nuovo il rossore divampare sulle sue guance ed un nodo stringersi nella gola mentre tutti gli altri nella stanza iniziarono a ridacchiare ed a lanciargli strane occhiatine divertite. Sì, pensò, mentre una familiare sensazione di umiliazione lo avvolgeva. Certe cose non cambiano mai.
"Signor Styles, iniziamo con lei e la signora Howard".
Harry lasciò che la truccatrice gli spalmasse un po' di fondotinta sul volto e poi si lasciò trascinare davanti al pannello bianco.
Mantenne la sua bacchetta tra le dita, così come gli aveva detto il fotografo, mentre Gladys si sistemava appena dietro la sua spalla sinistra, con il suo corno.
"Facce serie, per favore" disse Liam. "Dritto, Harry".
Harry si schiarì la gola, raddrizzando la schiena, mantenendo le labbra in una linea dritta e le sue guance in un'espressione neutrale.
Pensò a condurre il Don Giovanni nella serata di apertura al Barbican, dominando il fuoco intenso dentro di lui, necessario per condurre un'orchestra durante una lucida performance.
La fotografa li ritrasse da angolazioni diverse, cambiando più volte gli obbiettivi.
La schiena di Harry stava iniziando a fare male proprio quando Liam chiese a Nathan Sugiyama di prendere il posto di Gladys.

Ripeterono le stesse mosse per gli scatti successivi con ogni capo di ciascuna sezione, a turno, mentre Gladys iniziò a suonare dolcemente la Quinta di Tchaikovsky per farli rilassare.
Harry sentì un pizzico di nostalgia quando Maria Santiago O' Brien si avvicinò con il suo violoncello - a volte gli mancava avere il suo strumento costantemente tra le sue mani e gambe, plasmare ricchi suoni con il suo archetto.
Ma ci aveva rinunciato in favore di iniziare a condurre.
Ora, era responsabile del plasmare un intero concerto, pezzi interi per un'orchestra da eseguire - anzi no, da vivere.
Era un lavoro importante e lo amava. A volte sentiva di essere nato per fare quello.
"Signor Malik, per favore".
Harry sorrise mentre Zayn si avvicinava.
Diedero vita ad una finta battaglia, Harry con la sua bacchetta e Zayn con quella dei timpani, prima che Liam li interrompesse con un
"Un po' di serietà, per favore. La LSO non è un'orchestra di dodicenni". Harry non conosceva Zayn Malik poi così bene, ma l'incontro con lui all'inizio della settimana era stato senza dubbio uno dei più piacevoli. Era evidente che Zayn era rilassato e ben disposto a prendere sul serio ogni sua indicazione, lavorando sodo e dedicandosi all'esecuzione del pezzo. Inoltre, avevano legato soprattutto confrontando i loro numerosi tatuaggi.
Ed era incredibilmente bello, Harry non poteva fare a meno di notarlo. "Più vicino, per favore. Avvicinatevi". Zayn fece un passo avanti, aderendo alla schiena di Harry.
Il fotografo iniziò a scattare e, con la coda dell'occhio, Harry notò Louis alzarsi dalla sua sedia.
Stava chiacchierando con Janet Ingersoll (un'altra delle solite chiacchierate allegre e spensierate che sembrava avere con chiunque altro), ma aveva iniziato a studiare Zayn ed Harry attentamente, con un piccolo cipiglio sulla fronte.
Un brivido percorse la schiena di Harry quando notò lo sguardo di Louis sul suo corpo.
Cercò di ignorarlo, restando dritto quanto più possibile, con il volto impassibile mentre la fotografa terminava i suoi scatti.
"D'accordo" esclamò Liam.
Harry prese il suo tempo nell'allontanarsi da Zayn, curioso nel vedere se Louis se ne accorgesse, se la sua espressione cambiasse.
Gli occhi blu di Louis incontrarono quelli di Harry per una frazione di secondo, prima che tornassero ad essere nuovamente illeggibili.
Annuì, dicendo qualcosa a Janet senza perdere il filo del discorso con lei. Harry si sentiva terribilmente in imbarazzo.
"Tomlinson, tocca a te".
E, giusto.
Sarebbe stato Louis il prossimo ad essere premuto contro la sua schiena. Perché era quello il motivo per cui erano lì.
Harry restò fermo rigidamente mentre aspettava che Louis recuperasse il suo violino e si facesse avanti, prendendo un respiro profondo.
Sentì il leggerissimo contatto del tessuto della sua giacca sulla schiena, il respiro caldo di Louis contro il suo collo.
"Non ti sei stancato, vero?"
Harry lottò per mantenere il suo volto impassibile mentre il fotografo iniziava a scattare.
"E' tutto a posto" mormorò, a denti stretti.
"Suppongo che ci sei abituato, grande celebrità di Hollywood".
"Non proprio".
Louis si stava tenendo a qualche millimetro di distanza da lui, in modo tale che non si toccassero davvero. Era in qualche modo ancora più esasperante, questo quasi sentire, ancora peggio di quando erano stati premuti uno contro l'altro nel taxi.
La fotografa si accigliò mentre si muoveva attorno a loro, senza riuscire a realizzare gli scatti che voleva.
C'era qualcosa di spento.
Infine, abbassò la sua macchina fotografica.
"Questa composizione non funziona" affermò.
"No, no" sorrise Liam.
"La composizione va bene, è quello che vogliono. Sono sicuro che ha gli scatti giusti adesso..." Ma la fotografa lo ignorò, mentre Harry fece velocemente un passo per allontanarsi da lui, grato per quella piccola pausa.
"Voglio provare qualcosa di provocatorio" disse, agitando vagamente una mano tra Harry e Louis.
"C'è...qualità, qui. Non sono ben sicura di cosa sia, ma voglio esplorarla". Fece schioccare le dita.
"Nero, per favore".
Due dei suoi assistenti rimossero velocemente il pannello bianco alle loro spalle per sostituirlo con un altro che sembrava fatto di una sorta di velluto nero e prezioso.
Liam alzò un dito in segno di protesta, ma la fotografa lo zittì con un cenno della mano, mentre Gladys terminava l'opera di Tchaikovsky per iniziare la parte del corno francese di Siegrfried di Wagner.
La fotografa si mosse attorno a loro. "Voglio catturare questa tensione che c'è nell'aria".
Harry non aveva realizzato che ci fosse della tensione nell'aria.
Rimase in piedi, spostando nervosamente il peso da un piede all'altro, cercando di non guardare Louis.
Voleva soltanto porre fine a quello strazio.
Voleva ritornare nel suo accogliente ufficio a St. Luke: la performance improvvisata di Gladys gli aveva fatto venire nuove idee per la parte dei corni nel Don Giovanni e doveva appuntare qualche nota prima che se ne dimenticasse.
Poi voleva andare a casa, farsi un bagno e masturbarsi.
"D'accordo" esclamò la fotografa, battendo le mani, catapultando Harry fuori dalle sue fantasticherie.
"Ora, voglio che vi guardiate".
Guidò Harry in modo tale che si trovasse di profilo rispetto alla fotocamera, ad un soffio di distanza da Louis, con gli occhi fissi nei suoi. "Siete uno l'opposto dell'altro" disse lei, mentre iniziava a scattare qualche foto di prova, "ma non siete nemici. Voi due vi sfidate..."
Harry sussultò.
Un leggero solletico gli attraversò il corpo e si chiese se sembrava così a disagio come si sentiva.
Louis lo guardava senza alcun problema, con un piccolo sorrisetto sulle labbra. "...ma invece di abbattervi, vi ispirate a vicenda, raggiungendo il culmine".
"Suona sporco" sorrise Louis.
"Non così sporco come cercare foto nude dei tuoi colleghi".
Harry non era sicuro da dove fosse uscita quella frase, quella voce così profonda non suonava neanche come la sua.
Ma Louis impallidì per un attimo, le sue labbra si schiusero per la sorpresa.
"E' abbastanza perverso, in realtà, Tomlinson" aggiunse, in un sussurro. Quella volta, fu Louis ad arrossire. "Tieni in mano la tua bacchetta" ordinò la fotografa.
"Come hai fatto prima, con mister Bellissimo".
Harry seguì le sue indicazioni.
"E tu, alza un po' il tuo archetto. Questo è un duello".
Harry e Louis continuarono a fissarsi negli occhi, nessuno dei due osava abbassare lo sguardo, con le dita strette rispettivamente attorno alla bacchetta e all'archetto.
Harry sentì il sangue correre nelle vene mentre si guardavano, pensando a come, dall'esatto istante in cui aveva iniziato a lavorare alla LSO, Louis l'aveva fatto sentire piccolo e indesiderato e poco consono.
Per una frazione di secondo, si chiese se quella fosse stata davvero la sua intenzione o se si trattasse solo di una malsana abitudine.
"Bellissimo" mormorò la fotografa, muovendosi attorno a loro a suon di scatti. "Così intimo".
Il cuore di Harry prese a martellare nel petto. Si sentiva troppo accaldato ed esposto, ma non distolse lo sguardo.
Poi, in modo rapido e quasi impercettibile, Louis alzò leggermente il polso e fece scivolare il legno duro del suo archetto contro quello della bacchetta di Harry, come se lo stesse accarezzando ed Harry si ritrovò senza fiato.
Quel tocco era così gentile ed un brivido di eccitazione si trasmesse dal braccio a tutto il corpo.
Si morse il labbro inferiore, guardando prima l'archetto di Louis e poi di nuovo i suoi occhi, dove gli parve di scorgere una luce fugace e brillante.
"Siete una cosa sola!" esclamò la fotografa, prendendo gli ultimi scatti e abbassando poi definitivamente la macchina fotografica, soddisfatta.
Un applauso si alzò in tutta la stanza ed Harry lasciò cadere le mani lungo i fianchi.
Avevano flirtato.
Avevano flirtato?!
Louis si girò di scatto per riporre il suo violino all'interno della custodia, comportandosi come se non fosse accaduto nulla di straordinario.
Ma non era stato un incidente.
Harry sapeva quanto controllo Louis avesse del proprio polso, anche lui suonava uno strumento a corde.
Prese qualche respiro profondo e si avvicinò a Liam.
"Non devi per forza usarle, quelle" disse.
"Ne ha fatte anche qualcuna con la posa che voleva Grimshaw".
Liam aggrottò la fronte, pensandoci su. "No" disse.
"Voglio dire, le farò vedere a Grimmy, ma... sembravano molto belle. Gli potrebbero piacere".
Harry annuì e si voltò, confuso e stranamente eccitato.
Non si preoccupò di cambiarsi nei suoi abiti precedenti, afferrando il suo cappotto, insieme alla sua borsa, e dirigendosi verso l'ascensore.
Me lo sono soltanto immaginato, si disse, iniziando una strategia di negazione mentre scendeva al piano terra. Devo essermelo immaginato.
In caso contrario, nulla al mondo avrebbe più senso.
Louis Tomlinson non flirta con me. Ah, smettila di essere ridicolo, per favore, smettila di essere ridicolo. Concentrati sul tuo programma.
Tre settimane. Tre settimane prima di Don Giovanni.
Harry gemette, ancora nervoso quando uscì all'esterno dell'edificio.
Si chiese quanto distasse la stazione della metro più vicina.
Stava proprio per tirare fuori il cellulare quando un catorcio familiare gli si parò davanti, accostando al marciapiede.
"Haz!"
"Nialler" il voltò di Harry si illuminò con un sorriso.
"Sei venuto a prendermi?" Niall rise, cercando di abbassare il finestrino appiccicoso.
"Come no. Io e Gladys andiamo a cena fuori, come semplici colleghi".
"Dove?" Harry si chinò per appoggiarsi allo sportello.
Era una vecchia auto del 2000, il suo paraurti posteriore legato con una corda ed un faro fuori uso. Briciole di biscotti, vecchi programmi della LSO e confezioni di cibo in scatola erano disseminati sui sedili posteriori. "Scusa, ma ho giurato di preservare la privacy della mia collega. Non pensare nemmeno di unirti a noi".
"Non l'avevo pensato" Harry inarcò un sopracciglio, notando che Niall indossava un maglione elegante.
"Sei molto carino". Niall annuì, sorridendo.
"Guardare è gratis, Styles, ma toccare ti costerà".
Harry scoppiò a ridere mentre Niall si accarezzava una manica.
"Sono serio. E' cashmere".
"Niall," Harry si leccò un labbro e si avvicinò appena, incerto su quello che voleva chiedere.
"Louis ha mai-"
Fu interrotto dal rumore di una porta che si spalancava e da alcune voci alle sue spalle.
Si raddrizzò per voltarsi, quando vide Louis circondato da diverse persone uscire dall'edificio.
Sorrideva a qualcosa che Gladys gli aveva appena detto, i suoi occhi si erano increspati agli angoli e aveva gettato la testa all'indietro al suono di una risata allegra.
Ed era proprio come Harry lo ricordava all'Interlochen - al centro di un gruppo di amici che ridevano, mentre Harry li guardava, in disparte. Niall si sporse dal finestrino e fischiò. "Glad, ti sei fatta i capelli?"
"Lo noti sempre" sorrise Gladys, scivolando sul sedile del passeggero e riponendo il suo strumento sui sedili posteriori.
Le perline sul suo vestito tintinnarono mentre si chiuse la porta dietro di sé. "Oi, Horan, userò i miei privilegi da primo violino per appropriarmi del tuo veicolo, potresti accompagnarmi a casa prima di fare le vostre strane attività?"
Louis si avvicinò all'auto, aprendo la porta posteriore e sedendosi.
"Ti amo" si allungò verso il sedile anteriore e diede un pizzico ad una guancia di Niall.
"Mi ami soltanto per la mia auto, Tommo, smettila di fingere" disse Niall, schiaffeggiando via la mano di Louis e guardando fuori dal finestrino.
"Ciao, H".
"Ciao..." Harry sollevò una mano per accennare un saluto mentre Niall mise in moto, lasciandolo sul marciapiede.
Se n'erano già andati tutti - anche Liam aveva trovato un passaggio.
Così, Harry tirò fuori il suo iPhone e prese una mappa di Londra per orientarsi, inciampando più volte quando riprese a camminare, dirigendosi verso la stazione più vicina.
Il vento di febbraio gli sferzava il volto ed Harry rabbrividì, notando vagamente le risate di un gruppo di adolescenti accompagnati da una scia di fumo in un angolo della strada.
Si rese conto di star indossando ancora il suo smoking.
Solo e fuori luogo, ancora una volta.
Non era quello che aveva immaginato. Non a Londra.

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Sono contenta che la storia vi stia piacendo, anche io l'ho amata la prima volta che l'ho letta :)

Continuate a farmi sapere cosa  ne pensateee

xx

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