Love Is A Rebellious Bird. ||...

By AntoGrz

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Louis è il primo violino della London Symphony Orchestra, Harry è il nuovo ed emozionante direttore ad inter... More

Trama e Info.
I
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
Epilogo.

II

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By AntoGrz

"Don Giovanni. Non riesco a crederci, cazzo!" Zayn si strinse nelle spalle, tenendo tra le mani avvolte nei guanti una tazza di caffè fumante. Louis ed il moro si stavano congelando fuori al giardino di St. Luke, Zayn per fumare una sigaretta e Louis per sfogarsi.
"E' un pezzo difficile. Non per i timpani, in particolare, ma..."
"E' soltanto per piacere al pubblico" lo corresse Louis. "Tutta apparenza, niente sostanza. L'ha scelto soltanto perché può sorprendere gli spettatori, approfittandosi della nostra abilità. E' irritante. Sono infuriato". Zayn alzò le sopracciglia, per poi fare prima un tiro dalla sua sigaretta e dopo un sorso del suo caffè.
"Forse gli piace, semplicemente".
"Forse è Batman. Non è questo il problema".
Il sole stava iniziando già a calare, gettando ombre deboli di rosso ed arancione sopra le loro teste e la fronte corrucciata di Louis.
Zayn scosse il capo e ridacchiò appena.
"Qual è il tuo problema, Tomlinson?" "Solo il fatto che sta semplicemente cercando di raccogliere quanti più soldi è possibile. Un direttore attraente e famoso ottiene la sua grande occasione, sceglie uno dei pezzi più difficili per la sua prima esibizione e, a meno che non facciamo completamente schifo, tutti quegli idioti dei donatori - lo sai, Malik quelle vecchie signore che sbavano su noi giovani, bellissimi musicisti che indossano uno smoking e che pensano che la cosa più impressionante al mondo sia un gruppo di violinisti che muovono le loro dita velocemente - beh, semplicemente, aprono i loro portafogli" sbottò Louis, "come se niente fosse. Ti garantisco che è l'unico motivo per cui ha scelto quel pezzo. Sa che Grimshaw è quasi al verde".
Zayn ci rifletté su per qualche momento, strofinando il pollice contro il bordo della tazza di caffè. "Forse" concesse. "E' abbastanza bravo con la pubblicità e tutto il resto. Molto affascinante".
"A Valery interessava la musica" sbuffò Louis, rubando la sigaretta dalle dita sottili di Zayn e prendendo un tiro prima di lasciar andare il fumo.
"Valery era un artista. Non poteva interessargli di meno della raccolta fondi e di tutte le altre cazzate promozionali".
"Tesoro, le raccolte fondi e le altre cazzate promozionali sono il motivo per cui suoniamo in questa orchestra".
Louis alzò gli occhi al cielo, colpendo poi l'amico con una spalla.
"Ehi. Potrei suonare anche all'angolo di una strada se sentissi di avere più espressione artistica che in un'orchestra". Zayn alzò le sopracciglia scettico, senza aggiungere nulla. "Beh, forse non in un angolo di una strada" ammise Louis. "Me ne andrei sotto una stazione, dove non fa poi così freddo". "C'è un'acustica di merda, però". Louis si strinse nelle spalle. "Potrei usarla a mio vantaggio. Fare qualcosa di particolare, sai? Tipo, la Ballata di Yasye. Sarebbe perfetta in una stazione".
"Bene," sospirò Zayn, spingendosi con una gamba contro il muro a cui erano appoggiati. "Io sono contento che Styles sia qui, personalmente, se significa che ci sono meno probabilità che la signora Smythes mi palpi il culo ad uno degli eventi di beneficenza". Louis sorrise.
Zayn era incredibilmente bello, con il suo aspetto fisico da modello e i suoi occhi neri che sembravano contenere oceani di pensieri filosofici, con una sfumatura di pericolo e fascino consapevole.
Era, proprio come Louis, uno dei perenni preferiti delle ricche vecchiette vedove che assistevano ai loro concerti, che cercavano disperatamente di avvicinarli alle loro figlie.
A differenza di Louis, che godeva nel crogiolarsi in quelle attenzioni, Zayn voleva soltanto essere lasciato in pace. "Comunque sia, non cambia il fatto che il Don Giovanni sia terribilmente fuori luogo".
Dal momento che Zayn non aggiunse nulla, Louis la prese come una piccola vittoria. Riprese il controllo e seguì il moro all'interno dell'edificio.

Le prove erano finite per quel giorno - erano durate poco, dal momento che non avevano dovuto provare effettivamente nulla, poiché tutti dovevano ancora adeguarsi al cambiamento di direttore - ma Louis aveva comunque pianificato di dedicare almeno altre due ore ai suoi soliti esercizi di tecnica prima di raggiungere con Niall il solito pub. E voleva anche iniziare a studiare il Don Giovanni. Era stato il pezzo che aveva scelto per l'audizione alla LSO, un classico pezzo da audizione, a dire la verità, con il suo tempo terribilmente veloce che dimostrava la bravura del violinista. Senza alcun dubbio, il Don Giovanni testava la tecnica di ogni musicista. 

Quando Louis abbassò il capo mentre scendeva le scale per raggiungere il seminterrato della chiesa e la sala prove, ripensò a quel giorno.
Aveva riscaldato la mano con qualche scala ed altri musicisti che aspettavano con lui avevano fatto lo stesso, chi più forte, chi più veloce. Era stato quasi abbastanza da fargli dubitare della sua bravura.
Ma, alla fine, aveva chiuso gli occhi, sicuro nella consapevolezza che aveva dedicato al suo strumento tutte le attenzioni ed il tempo necessario. E la sua audizione era andata benissimo. "Posso andare benissimo anche adesso" mormorò tra sé e sé, ignaro del fatto che stava parlando ad alta voce nel corridoio vuoto. Se Styles lo stava mettendo alla prova, lui avrebbe dato il meglio di sé.
"Signor Tomlinson!" una voce stridula lo chiamò quando stava per entrare nella sala prove. Era quel Liam Pine (o era Payne? Puce?), il tipo che sembrava il cagnolino di Grimshaw, che aveva sulle labbra sempre qualche parola di scusa.
"Ciao".
"Ha un incontro con il Mae - ehm, con Har - " Liam tossì. "Il Signor Styles ha richiesto la sua presenza nel suo ufficio domattina alle otto. Per una riunione" disse, con tono formale, fornendogli un piccolo foglio su cui era segnato l'appuntamento.
"No, grazie" disse, agitando una mano. "Me lo ricorderò" scivolò all'interno della sala prove, chiudendosi la porta alle spalle, senza rivolgere a Liam uno sguardo in più.
"Le ho inviato un'e-mail!" sentì Liam aprire la porta, mostrando soltanto il capo.
Louis rabbrividì e si voltò.
Disegnò un sorriso falso sul volto ed alzò un pollice, che sembrò soddisfare Liam, che lo lasciò definitivamente nella solitudine della sala prove. Forse vuole dirmi come condurre la sezione dei primi violini nel suo pezzo difficile, pensò, sbuffando.
Sarò pronto.
Poi, sistemò lo spartito davanti a sé, le sue dita iniziarono a volare e la sua mente raggiunse quella dimensione in cui non vi erano parole, ma soltanto musica. 

-

Era ormai sera quando Louis riemerse dalla sala prove, chiudendola alle sue spalle. Odiava lasciare il suo violino all'interno - sentiva quasi come se avesse lasciato una parte del suo corpo - ma non l'avrebbe suonato prima della mattina dopo comunque ed era sempre piuttosto nervoso di salire sulla metro con il suo strumento.
"A domani, Thunder" sussurrò, mentre girava la chiave nella toppa ed abbassava più volte la maniglia per controllare che fosse chiusa. L'avrebbe negato, più e più volte, se qualcuno glielo avesse chiesto, ma Louis aveva sempre dato un nome ai suoi strumenti. Erano i suoi bambini, a dire la verità. O i suoi supereroi. Beh, erano i suoi bimbi supereroi e questo ultimo suo violino era stato chiamato così per il suo suono possente.
Thunder costava molto più di quanto Louis potesse mai permettersi, ma nel mondo della musica classica, con gente ricca che si sentiva in dovere di preservare l'arte, gli strumenti migliori sembravano sempre trovare la loro strada verso i musicisti migliori.
Infatti, Thunder gli era stato regalato dal suo vecchio maestro e mentore, Leonard Hall, uno dei più grandi musicisti del secolo scorso.
Era stato Leonard ad incoraggiarlo ad iniziare a comporre.
Non che avesse grandi aspettative, pensò, mentre infilava le braccia nel cappotto e si trascinava fuori dal vecchio edificio, incamminandosi verso il solito pub che lui e Niall raggiungevano dopo il lavoro.
(Niall si faceva sempre pagare da bere, sembrava un povero studente universitario con le sue Ray-Bans rotte e lo zaino rattoppato e Louis si chiedeva se qualcuno dei suoi amici al pub sapesse dove lavorava).

Louis rabbrividì contro una folata di vento e ripensò al modo in cui le dita di Harry avevano danzato quella mattina mentre leggeva ciò che lui aveva composto, nella stanza dove solitamente si rinchiudeva per comporre. Quell'immagine creò della bile nella sua gola. Si chiese per quanto tempo Harry avesse guardato quel semplice minuetto, cosa avesse colto in quelle note.
Era solo un'esercitazione, pensò Louis. Nessuno avrebbe dovuto leggere quel componimento.
Louis sospirò, relegando nella sua mente l'immagine del volto di Harry, del suo corpo appoggiato alla scrivania e di tutto il resto, tutto il resto che riguardava Harry.
Si rifiutava assolutamente di sentirsi in imbarazzo per quel piccolo incidente. 

-

Louis spazzò via quella piccola quantità di neve che si era accumulata sulla sua spalla, prima di alzare lo sguardo sull'insegna del pub. Il Farrington Arms, piccolo e poco illuminato, un'altra di quelle che Niall definiva le sue "perle nascoste", senza alcun dubbio.
C'era un vecchio appoggiato all'auto parcheggiata lì vicino, che ondeggiava da ubriaco mentre canticchiava qualche frase sconnessa.
"I once knew a woman named Red Who invited a butcher to bed But she said at a glance As he took off his pants 'I'll take a salami instead!'"
"E' una delle mie prime composizioni" biascicò l'uomo, sorridendo a Louis ed annuendo. "La canzone più bella che abbia mai sentito" sorrise Louis, per poi voltarsi e spingere la porta pesante.
Il pub era poco illuminato e abbastanza pieno per essere una sera di lunedì, con diverse persone accalcate al bersaglio delle freccette, uno dei passatempi preferiti di Louis nei pub.
Scivolò tra la folla, adocchiando una familiare chioma bionda che parlava animatamente con una donna anziana.
Gladys Howard, suonatrice di corno francese.
Louis sorrise, alzando gli occhi al ragazzo seduto di fronte a lei - Niall era proprio il tipo da invitare chiunque a bere con lui.
"Ehi, ehi, ehi, Tommo!" Niall aveva già scolato la sua prima birra.
"Stavo proprio dicendo a Gladys di quella volta che ci abbassammo i pantaloni alla London Philarmonic". "Signora Howard" sorrise Louis, stringendole una mano per salutarla. "E' un piacere vederla qui. Qualsiasi cosa le stia dicendo Niall, è una bugia".
"Grazie, signor Tomlinson" rispose. Strinse la mano di Louis con la sua, dalle unghie curate dipinte di un rosso acceso, mentre sembrava sorprendentemente a suo agio in quell'ambiente. "Prometto di bere abbastanza da dimenticare ogni cosa di incriminante" disse, facendo l'occhiolino in direzione di Niall, e annuendo verso Louis.
"Com'è il suo sedere, allora?"
"Oh" rispose Niall, serio.
"E' il paradiso".
"E' la verità" Louis si strinse nelle spalle.
Era piuttosto fiero del suo sedere e di come apparisse nei pantaloni stretti. Decisamente sopra la media. "Ammetto che sono stata tentata di toccarlo più volte" ridacchiò Gladys. "Potrei lasciarglielo fare" disse Louis, sorridendo. "Dipende da quanti drink è disposta ad offrirmi".
"D'accordo" rise Gladys, con una luce maliziosa negli occhi, poi aggiunse. "Sapete, il mio povero marito defunto era piatto come una tavola da surf. Proprio come il Signor Horan". Niall scoppiò a ridere. "Sei una bastarda, Gladys". Louis rise a sua volta, liberandosi del cappotto e sedendosi al loro tavolo. C'era un'altra giacca appoggiata alla sedia di fronte ed una birra lasciata a metà e Louis si chiede chi altro fosse stato invitato.
"Siamo abbastanza da giocare a freccette, quindi?"
"Giusto, ho dimenticato di dirti..." Harry Styles scelse proprio quel momento per uscire dal bagno, con le mani ancora bagnate, mentre inciampava ripetutamente prima di raggiungere goffamente il loro tavolo. "Oh" sussurrò Louis, con tono piatto. "Signor Tomlinson".
Harry era più alto di quanto gli era sembrato la prima volta.
Louis non poté fare a meno di notare il modo in cui i suoi pantaloni neri da hipster gli stringevano le cosce oppure il modo in cui la camicia era sbottonata a tal punto da rivelare appena quello che doveva essere un tatuaggio sulle clavicole. Così giovane e affascinante, Louis pensò con un ghigno, ma è tutta apparenza, non è così, Don Giovanni? Louis alzò le sopracciglia.
"Così mi chiamo. Ben fatto".
Harry si lasciò sfuggire una delle sue fastidiose risate affascinanti mentre si sedeva su uno sgabello: era già leggermente brillo, per aver bevuto soltanto mezza birra.
"Abbiamo una riunione domani..."
"Quel tipo, Liam, me ne ha parlato".
"E' già tutto programmato. Ti abbiamo mandato un'e-mail". Louis sospirò. "Così pare".
Entrambi distolsero lo sguardo e Louis si allontanò per qualche minuto per ordinare un Tom Collins al bancone.
Non voleva vedere gli sguardi apprensivi che probabilmente sia Niall che Glayds gli stavano rivolgendo - i musicisti seduti allo stesso leggio erano spesso complici quanto due ladri.
L'immagine degli occhi di Harry mentre leggevano la sua composizione sulle vecchie lavagne gli ritornò in mente, prima che potesse allontanarla del tutto. Ignoralo, ignoralo, non è niente, non è niente.
Sorrise a denti stretti al barista mentre accettò il suo drink e si diresse nuovamente al tavolo.

Harry era nel bel mezzo del racconto di una storia e sembrava che parlasse quanto più lentamente possibile. "...un uomo robusto, abbastanza spaventoso, spuntò dal retro del camion e disse", la sua voce si abbassò di un'ottava, "'Che cosa state combinando, ragazzi?' e noi tutti scuotemmo la testa 'oh, niente, signore, niente'. A parte Josh, che disse 'Ti restituirò la tua ciambella se indovini il mio secondo nome'". Louis si sedette, sospirando rumorosamente.
Il piccolo aneddoto era chiaramente inconcludente. Harry si fermò per un momento, per deglutire. "Uhm, noi volevamo soltanto scappare. Ma Josh continuava a dire 'forza, vai avanti, indovina. E' di tre sillabe ed inizia con la M'".
Questo era il famoso fascino di Harry Styles? Louis continuò a guardare dall'altra parte del tavolo, altamente scettico, e si chiese se stesse soltanto immaginando quel leggero rossore sulle guance di Harry.
"Sapete che cosa ha detto l'uomo?" chiede Harry.
Gladys e Niall scossero la testa e Louis represse l'ennesimo sospiro.
Lo stupido sorriso di Harry gli intrecciò le labbra.
"Mammella!" Niall scoppiò a ridere, chinandosi sul tavolo, il volto rosso tipicamente irlandese. "Mammella" ripeté, ridendo. Glayds si coprì la bocca con una mano, nascondendo la sua risata divertita.
"Quindi?" chiese Louis, le sue parole leggermente affrettate.
"Qual è il suo vero secondo nome?"
"Meriwether, o qualcosa del genere. Ma non è questo il punto- "
"Oh, quindi pensi davvero che questa storia abbia un punto?"
Il sorriso di Harry scomparve immediatamente e Louis fu assalito da un improvviso, inaspettato senso di rimorso, che gli attanagliò lo stomaco.
Lo ignorò, abbassando il capo e prendendo un sorso del suo drink. Perché avrebbe dovuto interessarsi di Harry Styles e di quello che pensava di lui? Non riusciva nemmeno a raccontare una stupida, piccola storia di un camionista, una ciambella rubata e qualche suo amico snob, come avrebbe potuto dirigere un'orchestra sinfonica?
Storie, di quello parla la musica.
La più grande storia che esista al mondo.
"Lou" Niall sussurrò, appena udibile. "Sii carino".
"Cosa?" rispose, ad bassa voce.
Harry si schiarì la gola con un colpo di tosse in un pugno chiuso. "Volete...volete giocare a freccette?" Si alzarono in piedi, trascinando le sedie contro il pavimento di legno.
Louis raggiunse Niall al bancone per pagare una partita di freccette per tutti, prendendo gli ultimi sorsi del suo Tom Collins e guardando con la coda dell'occhio Harry avvicinarsi a Gladys per dirle qualcosa.
Il sorriso era tornato sul suo volto, i suoi enormi occhi verdi erano pieni di luce brillante, incorniciati dai riccioli color cioccolato.
Le sue labbra poi...Beh, Louis si strinse nelle spalle, forse era proprio dai capelli che veniva la sua reputazione di uomo affascinante. Che capelli stupidi, i suoi, davvero.
I capelli ricci erano per le bimbe di cinque anni, non per uomini maturi. E i suoi piedi erano troppo grandi.
Louis si ritrovò a fissarlo, proprio mentre se ne stava in piedi nel locale con le punte dei piedi leggermente rivolte verso l'interno.
Niall lo raggiunse alle sue spalle e gli fece scivolare tre freccette in una mano. "Predi tu quelle rosa".
"Lo dici come se ci fosse qualcosa di sbagliato nel colore rosa" ribatté Louis, serio, lasciando il suo bicchiere vuoto sul bancone e avvicinandosi al bersaglio per il primo turno. "E' solo perché è un colore da ragazze? Terribile. Gladys, voglio stare in squadra con te. Non starò in squadra con un maschilista".
Harry lo stava guardando in modo strano e Louis lo ignorò tirando la prima freccetta della serata.

Ben presto, lui e Gladys li abbatterono nel giro di dieci minuti per via del fatto che Harry non riusciva nemmeno a colpire il bersaglio - piuttosto scoordinato per un musicista abile nelle diteggiature e nei movimenti precisi necessari per suonare uno strumento a corda.
Niall si stava divertendo così tanto, scoppiando a ridere persino quando Harry aveva quasi ucciso il barista con una freccetta.
"Grazie a Dio è finita" mormorò tra sé quando indossò il suo cappotto e uscì nell'aria fredda della sera. 

-

Il cielo era scuro e una leggera coltre di neve ricopriva gli angoli delle strade. Louis si diresse a passo svelto verso la stazione della metro più vicina, cercando di dare un senso a quella serata.
C'era qualcosa che riguardava Harry che lo infastidiva. Il fatto che riuscisse a vivere la sua passione senza dover affrontare qualsiasi tipo di critica professionale, perché tutti sono bravi ad amare un prodigio - soprattutto quelli di bell'aspetto che portano molti soldi.
Il modo in cui riusciva ad infilarsi in jeans strettissimi, troppo figo per vestirsi in modo professionale, troppo pieno di una profondità psicologica inesistente. Il modo in cui non poteva nemmeno odiarlo per il suo comportamento arrogante perché, nonostante le sue aspettative, Harry non si poneva affatto in quel modo. Louis non era sicuro di come Harry si ponesse. In alcuni momenti, sembrava incerto. Beh, forse anche il Don Giovanni aveva qualche dubbio, a volte.
Louis quasi perse le sua fermata. Aveva dovuto fare uno scatto felino per farsi strada dalla folla ed uscire dal treno prima che si chiudessero le porte.
Si trascinò lungo la breve distanza che separava la stazione dal suo appartamento - o piccola casa, a dire la verità -, la sua porta verde scuro schiacciata tra le altre due del pianerottolo, inserì la chiave e vi entrò.
L'appartamento era freddo e buio, l'odore perenne di chiuso perché Louis si dimenticava sempre di cambiare le lenzuola o di spolverare i tappeti, ma tornava lì soltanto per dormire, quindi nessuno poteva davvero biasimarlo.
Nei suoi momenti di più spiccata fantasia, gli piaceva immaginare una famiglia di fantasmi che lo aspettava nel suo salotto inutilizzato.
Si trascinò su per le scale senza accedere la luce dal momento che non ce n'era bisogno, e raggiunse la porta della sua camera da letto, aprendola. Le lenzuola sgualcite erano immerse nel bagliore blu dello schermo del suo portatile che aveva dimenticato di spegnere quella mattina.
Si scrollò di dosso il suo cappotto e si sedette alla scrivania, cliccando pigramente qualche tasto mentre decideva se dare o meno a Liam Payne la soddisfazione di aver controllato la sua e-mail.
Alla fine, non lo fece.
Inoltre, si ricordava di quell'incontro con Styles.
Quella riunione. Non che potesse dimenticarlo.
Louis sospirò rumorosamente, già conscio di cosa stesse per fare - qualcosa che non è che aveva evitato negli ultimi anni, ma piuttosto qualcosa che non si era neanche azzardato a considerare un'attività fattibile.
Sospirò ancora, stavolta in modo quasi melodrammatico nonostante non ci fosse nessuno a sentirlo.
"Qualcuno deve pur intrattenere i fantasmi" mormorò.
Poi digitò Harry Styles sul motore di ricerca ed aspettò qualche secondo.
I primi risultati erano dei link ad una pagina di Wikipedia.
Louis decise che quello era un buon modo per iniziare, cliccando su quelle parole, ma se ne pentì immediatamente quando vide che la pagina era piuttosto lunga, ricca di immagini recenti e piccole didascalie. C'era perfino una sezione dal titolo "Vita privata".
Da non dimenticare che Louis Tomlinson esisteva su Wikipedia soltanto per la scritta musicista.
Louis saltò la parte iniziale. "Harry Edward Styles, nato a blah blah blah fin troppo giovane, è un violoncellista e direttore d'orchestra inglese. I suoi genitori sono Anna Cox e qualcosa Styles, sua sorella maggiore Gemma, un vero prodigio fin da piccolo, ha studiato il violoncello in un piccolo conservatorio in Austria o giù di lì, noioso, noioso..." Louis era stato vagamente consapevole del fatto che Harry si era esibito alla Filarmonica di Berlino e di tutti i suoi album di musica classica che avevano terribili titoli sdolcinati che aveva pubblicato all'età di vent'anni, (Midnight memories? ridacchiò Louis. "Ti prego, dimmi che è stata un'idea della casa discografica. Anche se si addice perfettamente alla sua sensibilità. Per quanto me ne importi, lui e Josh Groban posso anche creare un loro piccolo club per i capelli ricci e lasciarmi in pace, grazie tante"), quindi decise di saltare la parte ricca di informazioni futili e leggere qualcosa di più interessante sulla sua carriera di giovane direttore d'orchestra.
C'erano link che riportavano recensioni entusiaste di quando era stato ospite al Boston Pops, al che Louis alzò gli occhi al cielo. L'orchestra sinfonica di Chicago era stato uno dei suoi progetti più impegnativi, così come la Filarmonica di Los Angeles, dove aveva trascorso un anno intero.
"Non mi stupisce che sia diventato uno stupido hippie californiano".
Una leggera sensazione di fastidio cominciò a formarsi nel suo petto mentre leggeva tutti gli obiettivi che Harry era riuscito a raggiungere, accompagnati dalle foto del suo sorriso completo di fossette e delle sue mani enormi che stringevano la classica bacchetta da direttore.
"Come fanno a non accorgersi di quanto sia incompetente?" ringhiò Louis, nel silenzio della sua camera. "E' soltanto apparenza!" Immaginò che i fantasmi stessero ridendo di lui. "Bene" continuò, in modo colloquiale, come se stesse davvero parlando con qualcuno.
"Suppongo che sia perché gli americani hanno un debole per l'accento inglese".
Finse davvero di avere un dibattito con se stesso su i pro e i contro dell'aprire la pagina dove erano registrate le informazioni sulla vita privata di Harry.
Tuttavia, quando la aprì, notò che era relativamente breve e faceva accenno anche al fatto che Harry era stato portavoce di alcune associazioni che supportavano gli omosessuali per il riconoscimento dei loro diritti. Nessun dettaglio piccante, dunque. "Terribilmente noioso, ovvio".
Louis prese in considerazione lo spegnere il computer ed andare a letto, ma il link successivo proposto da Wikipedia era un articolo dell' Esquire e per nessun motivo al mondo Louis avrebbe perso quell'occasione per poi poter prendere in giro Harry, in futuro.
Anche soltanto la prima frase di quell'articolo lo fece scoppiare a ridere.
E' un caldo pomeriggio d'estate ed Harry Styles ha appena caricato la foto del suo sushi su Instagram.
"Oh, ti prego, vai avanti" intonò Louis, mentre si gettò a capofitto nella lettura di quel ridicolo articolo. Nulla a che fare con il sentimento di invidia riguardo al fatto che non ci fossero articoli scritti su di lui.
Immaginate un'orchestra sinfonica - fatto?
Il solito vecchio, rugoso direttore dai capelli bianchi, con uno smoking troppo stretto ed il papillon storto? Ora, eliminate quell'immagine dalla vostra mente, perché Harry Styles sta tagliando i ponti con il passato, frantumando le antiche concezioni popolari che descrivono la musica classica come noiosa e "per vecchi", conquistando tutta Los Angeles.
David e Victoria Beckham, Charlize Theron, Robbie Williams e Kelis sono tutti in prima fila - non ad una partita dei Lakers, ma al concerto di chiusura della stagione primaverile della Filarmonica di Los Angeles, tenutosi la scorsa domenica al Concert Hall. Louis gemette e sbuffò, continuando a leggere l'articolo, alzando gli occhi al cielo ogni volta che si facesse riferimento all'abbigliamento di Harry, le sue fasce per capelli da 1800 dollari e le sue amicizie con vari stilisti.
"Fottutamente ridicolo. Sta scherzando".
Nel momento esatto in cui lesse l'ultima frase (La verità è questa: Harry Styles ha reso Mozart forte un'altra volta), Louis si accasciò sulla sedia, in modo teatrale, sbattendo la testa ripetutamente sulla scrivania. "Per favore, uccidetemi".
C'era un altro link alla fine dell'articolo: Harry Styles fotografato da Annie Leibovitz, su cui Louis cliccò senza pensarci molto.
Al che comparve una foto di un Harry Styles nudo.
"Oh, mio-" Louis saltò sulla sedia, prendendo un respiro tremante.
"Ma che - i tatuaggi- ".
Qualche articolo che aveva letto aveva accennato ad un paio di tatuaggi, ovviamente, ma Louis aveva semplicemente alzato gli occhi al cielo, mormorando "Come se nessun altro musicista classico abbia dei tatuaggi" tra sé e sé.
Lui stesso ne aveva uno, il ricciolo del violino inciso sulla parte interna del bicipite destro. Per non parlare della vasta collezione di quelli di Zayn. Ma in qualche modo, il pensiero di Harry Styles con dei tatuaggi non era la stessa cosa del vedere Harry Styles con dei tatuaggi.
Certamente, non era lo stesso ragazzino di quindici anni di quell'estate all'Interlochen.
Non più.
Louis non poté farne a meno. Continuò a fissare quella foto.
Harry era in piedi in quella che sembrava una strada quasi deserta, il torso deliberatamente sporco di polvere ed un'espressione seria sul volto. Teneva il suo violoncello davanti a lui, leggermente inclinato per rivelare una peluria appena accennata dall'ombelico in giù.
Gli occhi di Louis guizzarono sopra il suo corpo, i suoi muscoli ben definiti. Tutto ciò che rimaneva dell'Harry Styles che conosceva era un miraggio delle sue maniglie dell'amore ad entrambi i lati dei fianchi - Louis poteva quasi affermare che fossero una sorta di illusione ottica, ma gli apparivano familiari e terribilmente erotiche.
Chiuse gli occhi, cercando di eliminare dalla sua mente l'immagine di un Harry Styles che lo rincorreva sotto il sole d'estate, un Harry Styles che gli sorrideva ampiamente.
Un Harry Styles raggiante, vivace, imbarazzato al punto tale da tuffarsi nel lago, speranzoso nel fatto che nessuno avesse notato la sua erezione, nonostante era quasi ovvio che tutti l'avessero fatto.
Louis riaprì gli occhi.
Cliccò sulla foto successiva.
I tatuaggi di Harry avvolgevano il suo bicipite e la parte superiore del petto, una raccolta casuale di disegni neri. "Cazzo".
Poteva sentire un calore accumularsi nel basso ventre mentre si addentrava tra le altre foto, concedendosi di soffermarsi sulle sue cosce, sul braccio destro che si chinava nudo sul suo violoncello.
Il pensiero generale di un Harry che si piegava non era il pensiero che Louis desiderava si stanziasse nella sua mente. Ora che sentiva chiaramente la sua erezione, trovò seriamente difficile mantenere una sorta di controllo mentale.
Frustrato, Louis chiuse di scatto il suo portatile, liberandosi dei pantaloni e della camicia e sistemandosi sotto le lenzuola calde.
Non si masturbava da tempo, ecco tutto. Era stata solo una naturale reazione animale nel vedere un uomo nudo.
La sua eccitazione pulsava, costretta nei suoi boxer. Resistette alla tentazione di sfiorarsi, di liberarsi. (Quanti movimenti ci avrebbe messo per venire, se avesse pensato a quelle immagini? Due?)
"Maledetto Harry Styles" sussurrò, cercando di ignorare l'improvvisa ondata di calore che lo colpì.
"No" si disse, voltandosi su un fianco e rifiutandosi di cedere.
Le immagini dell'articolo fluttuarono ancora nella sua mente, insieme ad improvvisi ricordi di un Harry Styles quindicenne, chiaramente eccitato nel suo costume da bagno.
Oh, Louis non voleva assolutamente pensarci.
Non avrebbe pensato al quel rigonfiamento nei pantaloncini, avrebbe semplicemente chiuso gli occhi e si sarebbe addormentato. "Dormi" ordinò al suo cervello a denti stretti.
Ci mise un po'. 

-

Louis si svegliò prima dell'alba a causa del rumore fastidioso della sua sveglia. Si strofinò il volto con una mano, sbattendo più volte le palpebre nell'oscurità e cercando di capire per quale motivo fosse ancora buio. Poi gli tornò in mente, attraverso visioni fugaci di sogni confusi, che aveva un appuntamento con Styles. Ovviamente, Louis non poteva permettersi di sprecare del tempo prezioso per le sue prove, quindi ciò significava che sarebbe dovuto arrivare a St. Luke ancora prima del solito. In più, c'erano una serie di spartiti e composizioni che aveva nascosto in quello che prima era il suo segreto nascondiglio per comporre e che, a quanto pareva, era diventato il nuovo ufficio di Harry. Meglio recuperare il tutto prima che Styles si fosse messo a curiosare in giro.

Si vestì in fretta, senza prestare molta attenzione al suo abbigliamento. D'altronde, non tutti potevano permettersi fasce per capelli da 1800 dollari.
Finì con l'indossare dei pantaloni neri leggermente sbiaditi (da quant'era che non comprava dei vestiti nuovi? Dall'ultima volta che sua madre era venuta a fargli visita, probabilmente) ed un maglione piuttosto largo sopra una camicia abbottonata fino al collo, senza dimenticare i suoi immancabili occhiali da vista. Si passò poi una mano tra i capelli, osservando il suo riflesso nello specchio del bagno.
Era ancora giovane e bello, ma stava iniziando a pensare che quei giorni ormai appartenevano al passato. Sarebbe ben presto diventato un violinista di mezza età che ancora sperava di ottenere un contratto per incidere le sue composizioni, un contratto che non sarebbe mai arrivato, finendo per sedere soltanto nelle ultime file dell'orchestra, dissolvendosi pian piano.
"Testa alta, Tomlinson, hai ancora la tua salute. E la tua sensibilità artistica, che fortunatamente deve essere ancora corrotta dalla musica pop, dai calciatori famosi, Instagram o qualsiasi altro stilista di moda, che potrebbe anche essere la moglie di qualche calciatore desiderabile. O dal sushi".
Louis si chiuse la porta alle spalle sentendosi superiore.
Prese il suo solito caffè alla stazione e si incamminò sulla strada deserta.
Il freddo era pungente, così si avvolse nella sua sciarpa rossa e abbassò la testa per ripararsi dal vento.

-

La sua priorità non appena entrato a St. Luke fu quella di controllare Thunder. Era nell'esatto punto in cui Louis l'aveva lasciato, al sicuro nella sua custodia e Louis poté rilasciare un sospiro di sollievo.
Si sentiva sempre un po' teso quando non aveva il suo violino al suo fianco. Prese l'archetto e strofinò la pece nera in modo quasi riverente. Era la stessa pece di quando era un adolescente - Dio, era la stessa pece che aveva portato con sé all'Interlochen - e dopo dieci anni stava ormai per finire. Qualcuno avrebbe potuto pensare che sarebbe stato strano emozionarsi per una pece.
Per Louis, era la voce del suo strumento.
Rivestiva i crini del suo archetto, strofinava le corde di Thunder e gli permetteva di parlare. Era ormai una vecchia amica, per lui. 

Aveva intenzione di eseguire soltanto un paio di scale per riscaldare le dita. Ma un paio di scale divennero molte di più e in poco tempo Louis si lasciò andare nell'unico mondo di cui voleva fare parte, l'unico mondo da cui era dipendente. Provò anche le parti più difficile di Don Giovanni, portandole alla perfezione.
La voce di Thunder era impetuosa, attutita appena dalle pareti della sala prove e Louis si ritrovò a sorridere dolcemente, inconsapevolmente. Quando ritornò in sé, si rese conto che aveva soltanto un quarto d'ora prima della sua riunione con Harry per intrufolarsi di nascosto nell'ufficio e recuperare i suoi spartiti.
"Merda" mormorò, rimettendo in fretta Thunder nella sua custodia, prima di lasciare la sala prove e percorrendo le scale a due a due, sperando con tutto il cuore che Styles non fosse arrivato in anticipo. Ma Louis riusciva a sentire delle voci che provenivano da dietro l'angolo.

La porta dell'ufficio di Harry era leggermente aperta. Non aveva alcuna intenzione di origliare, ma - beh, se quella in corso era una discussione tra Nicholas Grimshaw, direttore manageriale, ed Harry Styles, direttore provvisorio, non poteva assolutamente perdersela.
Per il bene dell'orchestra.
Era quello che qualsiasi altro primo violino avrebbe fatto, davvero.
"Liam ha rivisto il programma degli impegni su mia richiesta" stava dicendo Grimshaw. "Volevamo fare una notevole spinta promozionale, puntare sul fatto che sei il nuovo volto fresco della LSO".
Louis alzò gli occhi al cielo, appoggiandosi accanto allo stipite della porta, in modo tale da non poter essere visto.
Lo sapevo, lo sapevo che era qui solo per i soldi.
"Sarò sincero" rispose Harry. "Servizi fotografici, interviste, comparse in pubblico strategiche... Tutto ciò non mi lascia molto tempo per poter provare effettivamente con loro". "Abbiamo degli assistenti molto competenti per questo genere di evenienze" disse Grimshaw.
Louis sbuffò sommessamente.
Valery non avrebbe mai permesso ad un assistente di dirigere la sua orchestra. Gli assistenti potevano farlo soltanto quando si provava nelle singole sezioni, separatamente.
"Temo che non funzioni così" disse Harry, in un tono gentile che probabilmente anche Louis avrebbe usato in quella situazione.
In qualche modo, quel pensiero lo irritò ancora di più.
"Ed io temo che la sua agenda sia già stata organizzata".
"Organizzatela di nuovo, allora".
Louis alzò le sopracciglia.
Non molte persone avevano il coraggio di ribattere a Grimshaw quando utilizzava il suo tono di ghiaccio e non pensava che Harry ne sarebbe stato capace.
Dopo un momento, sentì quella risata a cui stava cominciando ad abituarsi. "Oh, Nick, andiamo. Non mi hai assunto solo per la mia faccia carina, vero?"
Eccolo lì, il suo fascino, pensò Louis, con le labbra serrate in una smorfia. Sapeva esattamente come aveva ragionato Grimshaw.
"Signor Styles, ovviamente rispetto il suo giudizio, ma-"
"Bene" tagliò corto Harry, leggermente troppo vivace.
"Abbiamo risolto, allora".
"Un'altra cosa..." Grimshaw si schiarì la gola.
"Noi - alcuni membri del consiglio di amministrazione ed io - ci stavamo chiedendo se era davvero convinto della sua scelta riguardo il Don Giovanni. Non che a noi non piaccia Strauss, ma di solito viene utilizzato come un pezzo per audizioni. E' una sorta di strumento utilizzato per valutare l'abilità tecnica. Non come... oh, come potrei dirlo? Non ha quel livello di gravità che i nostri soliti spettatori sono abituati a sentire durante una serata di apertura". "Pensavo che voleva qualcosa di nuovo?"
"Nuovo, sì, ma non così poco ortodosso".
Harry sospirò, posando qualcosa di pesante sulla sua scrivania. La sua voce era dolce e Louis si sporse appena per coglierla.
"Senta, signor Grimshaw. Da quando ho iniziato a dirigere, ho sempre voluto fare Don Giovanni. E' un pezzo bellissimo, ma la sua anima è andata perduta".
Louis si avvicinò ancora, aderendo il collo contro il muro.
Bene, d'accordo, pensò.
Quello era inaspettato.
Harry fece una pausa e Louis si chiese se avesse lo sguardo perso nel vuoto, lo stesso che aveva quando aveva letto le note che Louis aveva scritto su quelle lavagne.
"Interessante, Harry, ma perché non l'ha eseguito a Chicago o a Los Angeles? Il pubblico americano-"
"Oh, non ho potuto. Don Giovanni non era giusto per loro, perché richiede un eccellente, autoritario primo violinista, tecnicamente impeccabile. Qualcuno che può davvero sostenere la sezione dei violini".
"Certo, ma-"
"E' questo il motivo per cui ho accettato l'incarico, Nick. Per conferire nuovamente al Don Giovanni la considerazione che merita".
"D'accordo, ma non sono sicuro che la LSO sia giusta per-"
"Avete Tomlinson".
Louis quasi urlò, premendo la schiena contro il muro freddo mentre cercava di non respirare troppo rumorosamente.
Harry aveva seguito la sua carriera? Era qui per lui? Era possibile sentirsi lusingati e assolutamente infuriati allo stesso tempo?
"Beh..." Grimshaw si schiarì la gola. "Se lei pensa che va bene, signor Styles, d'accordo. E' la sua decisione". Scivolò fuori dall'ufficio e Louis si irrigidì, temendo di essere stato scoperto. Ma Grimshaw girò a sinistra.

Quando Louis sentì i suoi passi dissolversi lungo il corridoio, lasciò andare il respiro che non si era accorto stesse trattenendo.
Controllò il suo orologio - mancavano tre minuti alla sua riunione con Harry. Non che potesse fare qualcosa, in quei tre minuti.
Così, Louis sistemò al meglio il suo maglione ed entrò nell'ufficio con la testa che ancora gli ronzava per quelle informazioni.
Harry era piegato sulla sua scrivania, ricercando qualcosa tra una serie di fogli sparsi.
Louis lasciò che i suoi occhi vagassero prima sulle sue gambe e poi sul suo sedere proprio mentre alcune delle immagini dell'articolo della sera precedente gli ritornarono in mente. "Pensi davvero che il Don Giovanni abbia un'anima?"
Harry tossì, voltando il capo.
"Stavi ascoltando".
"Origliando".
"...ed è meglio?"
Louis si strinse nelle spalle, sedendosi sulla sedia scricchiolante di Harry, strofinando il pollice distrattamente contro una parte appena scucita.
"No" disse, con tono leggero, "ma è più preciso".
Non era sicuro del motivo per cui si stava addentrando in quella conversazione, ma la sua ricerca della sera prima e tutti quei passaggi difficili del Don Giovanni che aveva provato poco prima, l'avevano fatto diventare sconsiderato in un modo piuttosto strano.
C'era qualcosa che tirava nella parte bassa del suo stomaco, un inspiegabile desiderio di affascinare Harry, di farlo tornare ad essere il ragazzino imbarazzante di quindici anni del campo estivo.
Di punirlo per aver invaso il suo spazio.
"Louis Precisione Tomlinson".
Louis sbatté le palpebre.
"Come?"
"Per la tua tecnica e quel quello che hai appena detto, quindi... Precisione è il tuo secondo nome?" Harry sorrise, speranzoso.
"Oh, Dio" sbuffò Harry.
"Per favore, Styles, risparmiami il tuo umorismo per i secondi nomi".
Harry scoppiò a ridere, sorpreso, come se quello che avesse appena detto Louis fosse divertente, e non cattivo.
Poi, si appoggiò al bordo della scrivania, intrecciando le caviglie e appoggiando le mani contro il legno per sostenersi.
Gli sorrise.
"Allora, sei segretamente innamorato di me oppure sei uno stalker?" Louis alzò gli occhi al cielo, mentre la frustrazione divampava nel suo organismo.
Si sporse in avanti, appoggiando i gomiti sulle caviglie ed intrecciando le mani, mentre continuava a guardarlo. "A quanto pare, sei tu quello che mi stalkera, Styles. Oppure non ho sentito bene?" Harry si strinse nelle spalle. "Avevo bisogno di un violinista in grado di sostenere una parte tecnicamente complessa. Qualcuno con una capacità di guida. Tu sei in cima alla lista".
"Mmm" Louis si appoggiò allo schienale della sedia, riprendendo a sfiorare la pelle scucita.
Ora che ripensava a quello che era successo la scorsa notte, si rendeva conto di quanto fosse stato umiliante. Come se l'intera esistenza di Harry lo stesse prendendo in giro, stesse prendendo in giro anche la sua patetica, inesistente vita sessuale. "Che cosa volevi dirmi in questa riunione, allora?"
"Beh, solo per tirarmi su il morale. Sono sicuro che Grimshaw non approva la mia scelta del Don Giovanni e che tutti quanti mi stanno parlando alle spalle".
Louis annuì.
"Esatto".
Non aveva intenzione di negarlo. Harry si portò una mano sotto al mento, strofinando il pollice sul labbro inferiore prima di continuare, concentrando lo sguardo in un punto indeterminato della parete alle spalle di Louis. "Vorrei la possibilità di spiegarmi appieno con l'orchestra" parlò piano, come se non si stesse rivolgendo davvero a qualcuno. "Sento come se avessi avuto questa idea da sempre, un segreto per il resto del mondo, totalmente privato. E' spiegato tutto lì dentro. E' così facile spiegarmi, in quel pezzo". Louis notò come apparisse vulnerabile in quel momento. "Ed ora che ho finalmente l'opportunità di parlarne alle persone, di portarlo al mondo, dimentico quanto sia personale la sua base..." guardò finalmente Louis, aggrottando la fronte.
"E' snervante. Capisci cosa intendo?" Louis lasciò che il suo sguardo vagasse nel mobiletto dove aveva riposto le sue composizioni.
Deglutì, improvvisamente consapevole della sua gola secca.
"No. Tempo che non abbia alcun senso quello che hai appena detto, Styles". Harry annuì, pensieroso.
"Okay. Non credo di doverti spiegazioni su modo in cui devi..." non terminò la frase, fingendo di suonare un violino, con la postura ed il polso totalmente scorretti.
"No, non devi".
Louis si alzò in piedi ed uscì dalla stanza, leggermente più nervoso di quando vi era entrato. 

-

Zayn lo ascoltò, alzando il volto per osservare il cielo.
"Quindi, in pratica, è in qualche modo colpa mia che dobbiamo suonare il Don Giovanni. Giuro, Harry Styles è il mio incubo personale".
"Dovresti esserne lusingato, amico". Louis strinse le labbra. Ciò che lo infastidiva di più era l'imprevedibilità di Harry.
"Mi sento come se mi stesse sfruttando. Come se fossi il suo robot che vuole utilizzare solo per realizzare il suo stupido sogno creativo. Ed ovviamente piombare nella mia vita con la sua concezione stravagante di un pezzo per dirmi che sono bravo abbastanza".
Zayn lo guardò, lo scetticismo dipinto sul suo volto.
"Sei sicuro che tu non stai fraintendendo il tutto? Insomma, non mi sembra proprio così".
"Oh, l'ha praticamente detto a Grimshaw. E quando ne ha parlato con me, ha messo in chiaro che era per la mia tecnica e perché vuole dire a tutti questa sua cazzo di visione personale e altre stronzate del genere. Dammi qui" disse, strappando la sigaretta dalle dita di Zayn e aspirando profondamente, sentendo la nicotina sulla lingua.
"E' uno stronzo".
Zayn si strinse nelle spalle.
"Se lo dici tu". 

-

Niall fece capolino nel suo ufficio al Barbican prima delle prove di venerdì.
Harry aveva trascorso tutta la mattinata chino sullo spartito del Don Giovanni, desiderando di essere a St. Luke.
L'ufficio al Barbican era lussuoso, le superfici dei mobili di legno eccessivamente lucide e chiaramente costose, le vetrate lucide e trasparenti. Era molto più difficile per lui trovarsi a suo agio lì dentro, soprattutto perché quell'ufficio era centrale e tutti quelli che passavano su quel piano potevano dare uno sguardo al suo interno.
Stava appunto borbottando qualcosa tra sé e sé riguardo la mancanza di privacy, mentre scriveva delle note ai lati dello spartito, con le spalle tese, quando Niall si appoggiò allo stipite della porta aperta. Con le braccia incrociate al petto, una caviglia accavallata sull'altra, gli sorrise, aspettando che Harry lo notasse.
Il riccio si lasciò andare contro lo schienale della sedia, ridendo e scuotendo la testa, contento della piacevole interruzione. Contento che fosse Niall.
"Che c'è?" chiese Niall, continuando a sorridere. Harry ridacchiò. "Niente" disse, "soltanto che a volte dimentico quanto tu sia ridicolo, davvero".
Niall lasciò cadere il mento sul petto, ridendo silenziosamente insieme ad Harry, in un tacito accordo.
"Fammi indovinare" disse Harry, strofinandosi il volto con una mano mentre continuava a ridere, "se non ti avessi notato lì, avresti bussato contro la porta ed iniziato a cantare yo-ho, c'è qualcuno in casa?, non è così?" Niall rise a gran voce, allontanandosi dallo stipite della porta ed entrando finalmente nel suo ufficio. I suoi occhi avevano la solita luce di divertimento e spensieratezza. "Puoi tenerti i tuoi yo-ho tutti per te, grazie tante" ribatté Niall, fingendo di essere disgustato. Harry non riusciva a smettere di sorridere. "Oh, davvero?" chiese, alzando le sopracciglia.
Niall fischiò.
"Ed io sarei quello ridicolo?" esclamò. Scosse la testa, incredulo, come se stesse cercando qualcuno che potesse appoggiarlo.
"Ehi, smettila!" esclamò Harry.
"Hai la mentalità di un bambino di cinque anni, lo sai?"
"Come ci si sente ad avere un bambino di cinque anni come capo?" "Benissimo. Lo adoro, assolutamente" rispose Niall, immediatamente. "Vorrei qualcuno dei tuoi biscotti a forma di animale, per favore, capo. Dov'è la tua scorta?" si sporse oltre la scrivania, adocchiando i suoi cassetti. Harry fece una smorfia.
"Finita, mi dispiace. Mattinata stressante. C'è qualcos'altro che posso fare per te?"
Niall si lasciò sprofondare sulla sedia di fronte a lui, ridendo.
Poi, sospirò, soddisfatto.
"Nah. Sono soltanto venuto a vedere se stavi bene, in realtà" disse, facendo tamburellare le dita sui braccioli, stringendosi nelle spalle.
"Sai, come il fantastico migliore amico quale sono. Sono qui per chiederti come stanno andando le cose e quel genere di domande. Per assicurarmi che tutti ti stiano trattando nel modo giusto".
"Sta andando bene" rispose Harry, con un piccolo sorriso.
Si appoggiò allo schienale ancora una volta, sospirando e guardando il soffitto per qualche secondo.
Le cose andavano bene, anche solo per il semplice fatto che stava parlando con Niall.
Harry lo amava davvero tanto.
"Va tutto...bene. Bene, già. Bene". "Grimmy ti sta dando fastidio?" Harry rise. "Niente che non riesca a gestire da solo" rispose, passandosi una mano tra i capelli.
Poi raddrizzò la schiena, guardandolo negli occhi.
"Come pensi che stia andando?" gli chiese. Niall sorrise.
"Beh, hai Gladys dalla tua parte, quindi non sta andando poi così male, vero?" Harry ridacchiò.
Aveva avuto una riunione con Gladys Howard il giorno prima. Avevano trascorso la maggior parte del tempo insieme a parlare di Niall e del fatto che il biondo la portava fuori a cena una volta a settimana, per quasi tutto l'anno. Qualche volta sceglieva anche un ristorante francese di lusso, qualche volta semplicemente un hot dog, altrettanto delizioso.
Harry sapeva che quella riunione era andata bene, soprattutto se paragonata alle altre. Ad un'altra, in particolare.
"Quella donna ti ama" disse Harry. Niall annuì, orgoglioso.
"Ed io la amo a mia volta" rispose, sistemandosi sulla sedia per trovare una posizione più comoda. Non era mai stato molto bravo a restare fermo in un posto.                                                  "Odiano Strauss, Niall?" chiese Harry sottovoce, dopo una breve pausa, trasalendo leggermente quando l'immagine del volto di Louis Tomlinson durante il loro incontro della precedente settimana riaffiorò nella sua mente. I suoi zigomi definiti, l'intensità dei suoi occhi blu. Il modo impertinente in cui aveva detto Don Giovanni, come se lo stesse usando come un'arma, come uno strano, assurdo, attacco personale ad Harry, come se lo stesse prendendo in giro. Harry represse un brivido e si mangiucchiò l'unghia del pollice, sentendo il battito del suo cuore accelerare e correggendo la sua domanda.
"Quanto lo odiano?" Niall agitò appena una mano, con noncuranza. "Oh, non lo so. Si sono soltanto lamentati un po', ma niente di straordinario. Come al solito" si strinse nelle spalle.
"Lo sai come funziona, sei quello nuovo. Quindi".
Harry annuì, prendendo un respiro tremante e lasciandolo andare lentamente.
Lo sapeva, lo sapeva benissimo cosa significava essere quello nuovo.
Era stato quello nuovo così tante volte.
Nuovo e giovane, una combinazione particolarmente potente.
Era stato inizialmente sottovalutato dalle orchestre per la sua carriera di violoncellista e direttore.
A volte, alcuni musicisti si erano comportati addirittura in modo sprezzante nei suoi confronti.
Era ancora vivido nella sua mente il ricordo di quando era stato ospite in Colonia ed una violista estremamente piena di sé lo aveva apertamente informato del fatto che secondo lei non aveva l'esperienza necessaria per essere un buon direttore d'orchestra, non alla sua età, dal momento che era semplicemente impossibile.
Dio, i violisti, Harry pensò cupamente. C'è un motivo per cui scrivono delle barzellette su di loro.
"Ehi" disse Niall, richiamandolo alla realtà e rivolgendogli uno sguardo severo. "E' solo questione di tempo. Lo sai. Otterrai la loro fiducia. E' così Harry, ci riesci sempre".
Era vero, era vero il fatto che Harry era stato sempre bravo a dimostrare di essere un direttore più che capace, più che competente. Era sempre riuscito ad assicurarsi il rispetto dell'orchestra, non importa quanto le cose fossero traballanti all'inizio. Non vi era alcun motivo per cui non sarebbe dovuto essere lo stesso per la LSO.
"Non so che cosa ci sia, stavolta, Niall" disse lentamente, portandosi una mano alla fronte e chiudendo gli occhi.
Non si era reso conto di sentirsi così a disagio prima di averne iniziato a parlarne.
"Sempre diverso, in qualche modo". Restarono in silenzio per qualche minuto, mentre Niall gli lasciava il tempo per pensare, per organizzare frasi di senso compiuto.
"E' come se lo volessi troppo?" disse incerto, aprendo gli occhi per ponderare la reazione del suo amico, ancora insicuro se quella fosse la vera motivazione o meno.
"Oh, Haz" disse Niall, sorridendo.
Lo guardò negli occhi, aggrottando la fronte.
"Andiamo a bere una birra, ti va?" Harry gettò la testa all'indietro e scoppiò a ridere, annuendo e sentendo l'affetto che provava per Niall riscaldargli il petto.
Il biondo sorrise a sua volta, felice di essere d'aiuto, e si cimentò in una dettagliata descrizione dei pub nelle vicinanze, distinguendo quelli che avevano della buona birra e quelli che invece avevano soltanto buona musica.
Niall si considerava un vero esperto in materia. ("Harold, si diventa prodigi, non si nasce tali. Ed io sono un prodigio in materia di pub, quindi ascoltami") Harry aveva davvero prestato attenzione a tutto ciò che diceva, era sempre stato il tipo a cui piaceva sentir parlare le persone delle cose che le interessavano, quando improvvisamente un movimento al di fuori dell'ufficio attirò la sua attenzione.
Louis Tomlinson ed Eleanor Calder stavano percorrendo il cortile d'ingresso, avanzando nell'edificio. Stavano camminando in fretta - o meglio, Tomlinson stava camminando in fretta, le sue gambe definite si spingevano in avanti con fare grazioso.
La Calder riusciva a malapena a tenere il passo.
Si stavano probabilmente dirigendo verso la sala dove si sarebbero tenute le prove in sezione dei violini, a giudicare dall'enorme raccoglitore che Louis stringeva sotto il braccio e dalle custodie dei violini che entrambi portavano con sé.
Proprio nel momento in cui Harry stava per riportare la sua attenzione su Niall, Eleanor Calder voltò il capo per dare un'occhiata in direzione dell'ufficio.
Sembrava che lo stesse fissando, ma Harry non era sicuro che lo potesse vedere a quella distanza, con la porta leggermente chiusa.
Invece, poteva eccome, perché, con suo grande piacere e sorpresa, la ragazza gli sorrise e lo salutò in modo incredibilmente civettuolo, muovendo le dita di una mano e sistemandosi i suoi bei capelli scuri con l'altra.
Harry spostò il suo sguardo su Tomlinson giusto in tempo per vedere che il ragazzo stava alzando gli occhi al cielo, totalmente disinteressato come sempre, e affrettò ancora di più il passo.
La ragazza fu costretta quasi a correre per raggiungerlo, facendo tintinnare i suoi braccialetti mentre avanzava nel corridoio appena illuminato dall'entrata principale del Barbican. "Fottutissimo Tomlinson" disse Niall, ridacchiando.
Si voltò per guardare oltre le sue spalle, seguendo lo sguardo di Harry una volta che si era accorto che non lo stava più ascoltando.
"Sembra sempre avere qualche maledetta missione da compiere". Harry rise, poco divertito.
"Una missione contro di me, ovviamente".
"Penso ancora che andrete d'accordo" disse il biondo, poi fece una smorfia e continuò con cautela.
"Alla fine, magari..."
"Pensa che io sia un presa in giro" disse Harry, mordendosi un labbro, lasciando che quella frase detta ad alta voce venisse assorbita dalla sua mente.
"Pensa che il Don Giovanni sia una presa in giro e che anche io sia una presa in giro".
"Non sei una presa in giro e se Louis pensa una cosa del genere, allora è un idiota". La voce di Niall era bassa ed era visibilmente contrariato. Stava tamburellando le dita sui braccioli in modo nervoso, agitato.
"Non è niente che non abbia mai affrontato prima" disse piano Harry, poco convincente.
Era vero.
O almeno, così credeva.
Ma non ne era poi così sicuro.
Louis sembrava diverso da tutti gli altri.
Le sue frasi erano taglienti, sbrigative ed Harry non era sicuro di essere pronto ad analizzare i perché.
Non ancora, almeno.
"Gli parlerò io" disse Niall con fermezza, agitandosi sulla sedia con frustrazione. "No!" esclamò Harry, più bruscamente di quanto avesse previsto, per poi arrossire furiosamente.
Scosse la testa e prese un respiro profondo prima di continuare, cercando di calmarsi.
"Per favore, non farlo, Nialler. Lo apprezzo molto, ma posso farcela da solo. Davvero".
Si sentì incredibilmente esposto nell'aver lasciato che Niall sapesse quanto Louis lo stava facendo sentire a disagio.
Imbarazzato, forse.
Alzò gli occhi al cielo, cercando di riprendere il controllo.
Di solito, non aveva problemi nel mostrarsi vulnerabile a Niall e non capiva perché quella volta era diverso.
Dio, tutto quello che riguardava Louis Tomlinson lo faceva sentire giù di morale, come se stesse a disagio persino nel suo stesso corpo. Era ridicolo. Si stava comportando in modo ridicolo e doveva smetterla. Non poteva lasciare che Tomlinson avesse un così grande potere su di lui. Harry poteva gestirlo eccome.
"Mi sto comportando in modo drammatico, non ascoltarmi. E' il nuovo lavoro, lo stress e tutto il resto. Va tutto bene. Sto bene. Louis Tomlinson è a posto. E il miglior violinista al mondo, al momento. E' tutto meraviglioso e fantastico. Non preoccuparti per me".
Niall lo guardò scettico dall'altro lato della scrivania, alzando le sopracciglia.
"Se lo dici tu, Styles". Harry annuì. "Davvero".
"Ma andiamo comunque a bere quella birra, okay?" propose Niall, ancora visibilmente preoccupato ed intenzionato a riaprire la questione. "Certo" annuì Harry. "Una birra sarebbe perfetta".
Al momento, ad Harry non interessava affatto se Niall era intenzionato a farlo parlare, quella sera. Non lo preoccupava l'idea di esporre a Niall tutti i suoi patetici pensieri relativi alla sua insicurezza. Voleva soltanto un bel bicchiere di birra freddo tra le mani, l'innegabile sapore amaro sulla lingua e quel piacevole ronzio dell'alcol.
Harry aveva davvero, davvero bisogno di un drink, poco ma sicuro. Era stata una lunga settimana. 

-

Louis aggiustò la sua postura sulla sedia, attento a non far sbattere da nessuna parte il violino appoggiato sul ginocchio sinistro.
Si stiracchiò il collo e raddrizzò la schiena, massaggiandosi la nuca con dei movimenti lenti, cercando di alleviare la tensione dei suoi muscoli mentre aspettava che Styles procedesse con le prove.
Era un giovedì pomeriggio tardi e avevano lavorato sul Don Giovanni nelle ultime tre ore.
Al momento, erano nel bel mezzo di uno dei passaggi più complicati. Era già tecnicamente impeccabile e stava cominciando a suonare emotivamente maturo alle orecchie di Louis, ma Styles non sembrava molto soddisfatto a riguardo.
Aveva interrotto l'orchestra tre minuti prima con un leggero colpo della sua bacchetta ed aveva guardato vero il basso, mordendosi di tanto in tanto il labbro inferiore, apparentemente perso nei suoi pensieri.
Louis alzò gli occhi al cielo, sopprimendo a malapena un sospiro esasperato.
Diede un'occhiata ad Eleanor per controllare se anche lei condivideva la sua irritazione e il desiderio di porre fine a quel pomeriggio interminabile.
Eleanor invece sembrava impaziente - il suo sguardo era fisso su Harry Styles, attendendo quasi senza fiato che dicesse qualcosa.
Louis alzò gli occhi al cielo, di nuovo. Questa volta, non trattenne il suo sospiro, riaggiustando la sua posizione sulla sedia.
Fissò la lancetta dei secondi del suo orologio e gli sembrava che ogni movimento fosse più lento del precedente.

Quando finalmente Styles parlò, non era certamente ciò che Louis si aspettava di sentire.
"Io sono gay".
La sua voce era leggermente roca per essere stata trattenuta per qualche minuto, ma risuonava comunque forte e ferma.
Un sottofondo sommesso di una leggera risata si diffuse nelle ultime file dell'orchestra in tutta risposta, fino a raggiungere le percussioni. L'attenzione di Louis era decisamente rivolta ad Harry ora, la sua testa che si alzò di scatto contro la sua volontà, gli occhi focalizzati sul volto del direttore d'orchestra.
Styles sorrise per la reazione di alcuni musicisti.
Alzò una mano e disse "Lo so, lo so. Probabilmente non è una sorpresa per molti di voi".
Si lasciò sfuggire quella che Louis poteva descrivere come un misto tra una risatina nervosa ed una divertita, scuotendo appena la testa.
"Non cerco di nasconderlo".
Poi, raddrizzò la spalle, intrecciando le mani dietro la schiena.
Il suo sorriso si allentò quando prese un respiro profondo e Louis deglutì, sporgendosi appena.
"Un tempo lo facevo, però" disse Styles, schiarendosi la gola tossendo nella mano stretta a pugno, per poi riportarla dietro la schiena.
"Un tempo cercavo di nasconderlo" annuì, una volta o due.
"Il che è comprensibile, credo, dato il modo in cui le cose erano, il modo in cui lo sono ancora... Ero un adolescente e, sapete, mi sentivo già abbastanza imbarazzante" alzò gli occhi al cielo.
"Insomma, non avevo nessun gusto nel vestirmi e i miei capelli erano una specie di cespuglio di ricci soffici ed avevo una faccia tondissima". Sorrise, gesticolando con le mani davanti al volto.
"In tutte le foto che mia madre tiene conservate di quel periodo sembro una specie di San Bernardo" rise dolcemente insieme all'orchestra, ma Louis vide una strana luce nei suoi occhi, qualcosa che aspettava che venisse a galla, un qualcosa che somigliava tanto alla tenerezza.
"Ma non era il mio essere imbarazzante quello con cui dovevo fare i conti" continuò.
Scosse la testa e prese un respiro profondo.
"Avevo un segreto. Uno che sembrava enorme e così...così scomodo. Un segreto che continuavo a tenere lontano. Ma non se ne andava, non accennava ad andarsene. Anche se a quel tempo stavo facendo del mio meglio per ignorarlo. Come se, se avessi fatto finta che non esisteva, se non ne avessi preso coscienza, se non l'avessi riconosciuto, allora non avrei dovuto affrontarlo. Poteva semplicemente vivere con me per sempre. Voglio dire, nessun altro doveva sapere, se neanche io l'avevo totalmente accettato, giusto?"
La presa di Louis si strinse attorno al collo del suo violino mentre Harry parlava, il palmo sudato contro il legno freddo dello strumento.
Chiuse gli occhi all'improvvisa ondata di ricordi della sua adolescenza.
Le notti insonni trascorse con lo sguardo fisso sul soffitto nell'oscurità della sua camera, i discorsi con qualche entità sconosciuta per la liberazione di quella terribile ingiustizia che si era abbattuta su di lui.
La preoccupazione agghiacciante.
La paura di restare soli.
Rabbrividì ed aprì di nuovo gli occhi solo quando Harry riprese a parlare. "Ero in America quando ho compiuto sedici anni" disse, "in una scuola privata del Massachusetts per giovani musicisti".
Rise appena, "Credo che la maggior parte di voi riesca ad immaginarlo. Era pieno di talentuosi, terribilmente competitivi ed arroganti stronzetti". Una risata attraversò nuovamente l'orchestra ed Harry sorrise, aspettando che svanisse prima di continuare.
"Ed io ero esattamente uno di quelli" confessò, portandosi una mano al petto. "Esattamente uno di quegli stronzetti. "Avevo un'amica, quando ero lì. Rhea D'Angelo" fece una pausa, guardando al soffitto per un momento.
"Il suo nome era Rhea D'Angelo. Suonava il violoncello con me e lei non era una stronzetta. Era una persona adorabile" Harry scosse la testa, deglutendo a fatica, un sorriso triste dipinto sul volto, quasi come se si stesse preparando al peggio.
Louis si sporse in avanti, scivolando sulla sedia.
"Non ne abbiamo mai parlato davvero" disse Harry, "ma Rhea sapeva il mio segreto. Era un tacito accordo tra noi. Lei sapeva e questo mi faceva sentire al sicuro. Lei mi faceva sentire al sicuro". Sospirò. "Rhea era più grande di me di due anni, più o meno, e gli altri ragazzi della mia stessa età erano un po' intimiditi da lei".
Si lasciò sfuggire una risata per niente divertita.
"Perché noi eravamo degli stronzetti viziati, mentre lei era di Boston e si vestiva sempre di nero", alzò gli occhi al cielo, sfiorandosi il mento, "e aveva un bel seno. Quindi, erano terrorizzati. Ed ovviamente questo si rifletteva sul modo in cui le parlavano. Che era orribile, credo che riusciate ad immaginarlo. E perché io ero spaventato, ed un codardo, e volevo che mi accettassero, non l'ho mai difesa. Al di là di negare quando mi chiedevano se eravamo mai andati a letto insieme - utilizzando, vi assicuro, dei termini molto più grafici a riguardo - non l'ho mai difesa. E lo rimpiango. Mi ero già comportato in modo orrendo. Ma poi..." Harry si fermò e prese un respiro profondo. Louis riusciva a vedere la sua mano sinistra tremare appena, mentre l'appoggiava sull'enorme leggio in legno di fronte a lui.
"Ma poi io e Rhea andammo a Boston insieme, in un weekend di primavera. Maria Kliegel suonava alla Filarmonica ed entrambi volevamo andarci, e Rhea aveva già compiuto diciotto anni, così potevamo prenotare una camera d'albergo senza alcun problema. Ed è stato - è stato un weekend incredibile. La musica era fantastica e Rhea mi mostrò tutta Boston e io mi sentii...mi sentii sofisticato, in qualche modo. Come se finalmente fossi diventato un adulto. E poi tornammo a scuola".
Harry prese l'ennesimo respiro tremante prima di continuare, la sua voce strozzata.
"E quei ragazzi erano semplicemente inarrestabili. Mi seguivano in continuazione per sapere cosa avevo fatto con Rhea D'Angelo in quella stanza d'albergo. 'Com'era Boston, Styles?' ripetevano, maliziosi. 'Com'era la D'Angelo?' 'Te la sei scopata, vero?' 'Devi averlo fatto per forza'. Ed io continuavo a ripetere 'No, no, siamo solo amici. Non è successo nulla' ma non se la bevevano. Continuavano e continuavano e continuavano. Così alla fine ho pensato 'Beh, perché no? Cazzo, perché no, Styles?' e 'Che cosa c'è di sbagliato in te?' e quei pensieri mi ferivano, come se mi stessero accerchiando, come se stessero accerchiando me e il mio segreto".
Il respiro di Louis rimase bloccato in gola, una piccola scossa di adrenalina gli attraversò il corpo, una serie di ricordi della sua adolescenza continuarono ad affiorare. Ricordi di quei momenti in cui avrebbe desiderato fuggire da qualcosa da cui non sarebbe riuscito a scappare. "Sapevo dentro di me che me l'avrebbero chiesto" continuò Harry. "Sapevo che l'avrebbero fatto. 'Cosa c'è, non sarai mica gay, Styles?' 'Già, è per questo, vero, Styles? Sei gay? E' così?' In quel momento, volevo davvero cedere, dire loro finalmente che avevo dormito con lei, semplicemente per togliermeli di torno. Lo feci, quasi. E sarebbe stato meglio, forse, di quello che in realtà dissi. Perché, un attimo prima che aprissi la bocca per dire che ci ero andato a letto, un attimo prima di dare loro quello che volevano sentirsi dire, fui illuminato da una terribile idea. Così dissi, con quanto più disprezzo possibile, 'Perché dovrei voler andare a letto con Rhea D'angelo? Sembra sempre appena uscita da una sala per fumatori'" Harry si lasciò sfuggire una risata, ma i suoi occhi erano lucidi e le labbra erano distorte in una smorfia di disgusto.
"E li feci ridere" disse, tristemente. "Scoppiarono a ridere per quella stupida frase, orribile e crudele, che avevo detto sulla persona che all'epoca era veramente... la mia migliore amica".
La voce di Harry si spezzò sulle ultime due parole e prese un altro respiro tremante, chiudendo gli occhi e stringendo la presa della mano sul leggio.
"Non posso neanche accennare alla vergogna che sentii per aver detto quella frase. Ma poi realizzai che, come una scena di un film a rallentatore, Rhea mi aveva sentito. Che era vicino al distributore a pochi passi di distanza e che aveva sentito tutto quello che avevo detto".
Si interruppe, portandosi una mano agli occhi chiusi.
L'orchestra era completamente immersa nel silenzio, Louis riusciva a malapena a respirare.
"Non è un'esagerazione dire che, a quel punto, sembrava il momento peggiore di tutta la mia vita. E' ancora uno dei momenti peggiori" sospirò infine, con la fronte corrugata, toccandosi i bottoni della camicia con la punta delle dita.
"Non fui mai in grado di riparare del tutto il mio rapporto con Rhea. Mi scusai e soltanto perché lei era una persona migliore di quanto lo fossi io, accettò le mie scuse. Ancora adesso, questa è forse la terza volta che parlo di lei da quando è accaduto. Tuttavia, la ragione per cui ne sto parlando ora, la ragione per cui ve ne ho parlato, è che credo che la maggior parte delle persone ha dovuto affrontare momenti simili" indicò tutti i musicisti con un gesto della mano, "e che la maggior parte delle persone ha un ricordo del genere. Di un momento in cui avete mancato di rispetto un'altra persona, l'avete umiliata, ed avete sentito come se allo stesso tempo aveste mancato di rispetto anche a voi stessi. Come se aveste tradito la vostra morale, i vostri ideali, e che, per quanto possa sembrare drammatico, eravate certi di non meritare alcun perdono. Un'orribile causa persa".
Louis raddrizzò la schiena ancora una volta, identificandosi nelle parole appena pronunciate, mentre un senso di vergogna gli attraversò la schiena. Ricordò quelle volte all'Interlochen, quando aveva sedici o diciassette anni, quelle volte in cui aveva comandato a bacchetta i ragazzini più piccoli, li aveva messi in ridicolo davanti a tutti gli altri soltanto perché erano tecnicamente meno esperti. Sussultò appena quando delle immagini precise gli si presentarono davanti agli occhi. Una in particolare, quella di due occhi verdi enormi, incorniciati da morbidi ricci, che lo fissavano lucidi, feriti.
Boléro.
Louis deglutì a fatica per quei ricordi ed il suo cuore accelerò impossibilmente. Gli insegnanti del campo estivo lo avevano soprannominato Napoleone, senza mai dirglielo chiaramente,
"Il piccolo Napoleone dei violini".
Era stato umiliante quando l'era venuto a sapere, soprattutto quando aveva realizzato che era perfettamente adeguato e meritato, con ogni probabilità.
Harry tamburellò le dita contro il leggio.
"Ora, questo è esattamente - esattamente il tipo di sensazione che il Don Giovanni sta esprimendo in questa parte del pezzo. E' devastato dalle sue stesse azioni, tormentato dal modo in cui ha trattato le sue amanti, e si sente quasi senza speranza, imperdonabile ed indegno. Ed è questo che voglio che voi suoniate. Questa è la forza e la voragine di emozioni che voglio sentire in questa parte, mentre la eseguite".
Harry guardò tutta l'orchestra una volta terminato il suo discorso, per vedere se le sue parole avevano fatto effetto.
Louis era sbalordito.
Batté velocemente le palpebre, il suo cuore ancora tremante.
Si sentiva estraniato, mente affondava nella sensazione che forse l'idea che aveva di Harry Styles nella sua mente era anni luce lontana dal vero Harry Styles.
"Harry è gay?" sibilò Eleanor in un sussurro, accanto a lui.
"Cosa?" chiese Louis, dopo un battito, girandosi verso di lei, le sopracciglia aggrottate per la confusione.
"Harry è gay?" ripeté, chiaramente sorpresa e irritata nell'aver ricevuto una simile informazione.
Louis ridacchiò, incredulo.
"E' tutto quello che hai capito dell'intera storia?" chiese, continuando a ridere.
Eleanor si strinse nelle spalle.
Louis continuò a ridere, anche mentre si rigirò verso il podio per ottenere ulteriori informazioni.
Alzò lentamente la testa, ancora ridendo, e si bloccò immediatamente quando incontrò lo sguardo di Harry. Il suo cuore piombò nel suo stomaco quando Harry smise di sorridere per la sua reazione, per il suo apparente divertimento.
Louis voleva spiegargli immediatamente, voleva fargli capire il vero motivo per cui stava ridendo. Ma tutto quello che poteva fare era restare seduto con le labbra leggermente dischiuse, la mano destra a mezz'aria in un fallito tentativo di spiegarsi.
Tuttavia, Harry riprese il suo controllo e si girò verso l'orchestra, indicando il numero di una battuta da cui riprendere, pronto a ricominciare le prove.                                                                             Cazzo, pensò Louis, mentre seguiva i movimenti della bacchetta di Harry, cazzo.                             
Non era davvero ciò che si aspettava da quel pomeriggio.

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Eccoci col secondo capitolooooo *-*

Che mi dite?? Vi sta piacendooo???

P.S. Visto che molt* di voi mi chiedevano le foto di Harry col violoncello, ho provato a modificarne una ahhahahahhah, ovviamente è orribilante, ma ci ho provato, giusto per divertimento hahahahahahhahaha :)
(ma quanto è grande poi un violoncello!?!? Hahahahahhaah)

A prestoooo :)

xxxxxx

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