Let Me Get Lost In You [TaeKo...

Hananami77

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''«Taehyung non può sposare il figlio di Jeon. Ho sentito troppe cose poco rassicuranti sul suo conto, non po... Еще

Personaggi+Introduzione
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#Special: [Biscotti in incognito]
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[Special 3#] Buon compleanno, hyung!
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~Epilogo~
LMGLIY - FAQ

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Hananami77

ADV: ragazz* non so più che avvertimenti dare.
Però, vi consiglio di ascoltare una canzone che mi è stata suggerita da una lettrice su ig "Surrender-Natalie Taylor" dal secondo paragrafo in poi.










Sistemò meticolosamente il colletto della camicia ed abbottonò maldestramente -non senza prima imprecare a mezza voce- i due bottoni del gilet informale che aveva deciso di indossare quella mattina. La molle camicia color panna dalle maniche strette al polso ricadeva su dei fasciati pantaloni di un caldo color mattone, a loro volta contornati da degli stivali da equitazione che gli arrivavano al ginocchio e nascondevano, nella loro sobrietà, l'impegno a cui doveva adempiere quella mattina. 

Aveva accuratamente evitato di fornire spiegazioni troppo dettagliate -a tutti, soprattutto ad un perplesso Taehyung che, vedendolo sveglio e già pronto per uscire ad appena le nove del mattino, lo aveva guardato confuso con l'implicita richiesta di cosa dovesse fare di così urgente da richiedere quell'anticipo. JK, però, non si era snocciolato in discorsoni nè aveva dato voce a qualcosa, si era solo assicurato che Taehyung consumasse la sua colazione e che i biscotti allo zucchero a velo arrivassero in abbondanza.

Temeva che, se avesse guardato dentro gli occhi cerulei ed espressivi dell'altro, avrebbe perso quell'ultimo briciolo di carattere del vecchio sè, dando quindi voce a progetti di cui era meglio -per tutti- non dire nulla.

In realtà, vi erano buone probabilità che anche Jungkook avesse intuito qualcosa; erano stati in coscienza condivisa per un po' e, in quel lasso di tempo, Jungkook aveva provato ad intavolare delle conversazioni -riuscendoci, con sua sorpresa. Si erano ritrovati a commentare cose di poco conto che non interessavano ad entrambi ma che servivano per ritrovare quel legame perso anni prima e JK -in quel lasso di tempo- aveva scrupolosamente evitato di lasciare aperto quello spiraglio di comunicazione che avrebbe mostrato le sue reali intenzioni. 

«Taehyung, voglio che rimanga in questa stanza e non ti muova fino al mio ritorno». 

Quelle furono le prime parole che lasciarono le sue labbra, pronunciate con tono fermo e vagamente rauco e che arrivarono a Taehyung come una richiesta da non contestare.

Stranito dal comportamento stranamente ritrattivo e poco disponibile di JK, alzò interrogativamente le sopracciglia verso di lui. Congedò con un gesto della mano la truccatrice di corte ed attese che questa svanisse silenziosamente prima di prendere la parola.

«Ti direi di sì, se potessi. Oggi ho l'ultimo incontro con la direttrice degli orfanotrofi e con gli architetti di corte per poter gestire gli anticipi delle somme richieste e sancire l'avvio -finalmente!- dei lavori di ristrutturazione di quelle strutture cadenti che a stento riesco a sopportare».

JK sapeva quanto Taehyung tenesse a quei progetti, lo aveva sentito spesso parlare con Jungkook a proposito di quanto fosse indispensabile fornire una vita dignitosa a dei bambini già abbastanza sfortunati da non avere una famiglia, e altrettanto spesso lo aveva trovato nel suo studio intento ad affannarsi per smuovere la burocrazia in modo da avere un celere riscontro. Per questo, all'insaputa di Taehyung, sia lui che Jungkook avevano dato disposizioni affinchè le somme di denaro venissero elargite senza richieste scritte o accettazioni formali. 

Però, il pensiero che Taehyung rimanesse da solo ed in giro per il palazzo senza la loro supervisione, gli agitava l'animo e lo rendeva ancora più inquieto di quanto non lo fosse già.

Difatti, JK spinse la lingua contro la guancia e cercò una scusa plausibile da rifilargli per convincerlo a non andarsene troppo in giro. Si sistemò i capelli acconciati in modo che scoprissero la fronte e le narici gli si dilatarono per il nervosismo.

«Non puoi riceverli qui?» insistette, accantonando immediatamente l'idea di rifilare altre scuse.

Taehyung lo guardò stranito e piegò il capo.

«Mi stai seriamente suggerendo di incontrare prima la signorina Lee e poi gli architetti...in camera da letto? JK, è necessario che ti dica io quanto sia sconveniente?».

La lieve nota sarcastica attutì la sua frase, a cui seguì uno scuotere del capo.

 JK roteò gli occhi. «Sconveniente? Quella tizia è così brutta che neanche un cieco riuscirebbe a scoparsela...Chi diamine crederebbe che un qualcuno sano di mente e con una vista decente possa aver provato di toccarla?!».

Taehyung scoppiò a ridere e si portò una mano davanti la bocca, annuendo velocemente perchè -su quello- non poteva dargli torto. Ammise a sè stesso di aver pensato più di un paio di volte che il motivo del suo essere signorina alla veneranda età di sessantadue anni, fosse proprio il suo aspetto -ed atteggiamento- poco gradevole.

«Dovrà pur avere delle qualità», ridacchiò poi, «E comunque non posso riceverla qui, saremo nel mio studio per, purtroppo, parte della mattina—sai, no? Per le infinite scartoffie da firmare».

La tensione, che per un attimo sembrava averlo lasciato libero, tornò prepotentemente su JK. Si sentì nuovamente oppresso, schiacciato, e quella rinnovata inquietudine spense il guizzo divertito che gli aveva illuminato lo sguardo.

Il rabbuiarsi del suo viso non passò inosservato a Taehyung, anche se faticava a comprenderne le motivazioni. 

«Usa il mio, tanto sarò via per parte della giornata. Non muoverti troppo, rimani in questa ala del palazzo fino al mio ritorno», JK fece una piccola pausa per prendere un profondo respiro, «Per favore» aggiunse, voltando il capo per non guardare la sorpresa prendere possesso del volto di Taehyung.

Quest'ultimo, a quella cortese richiesta, per poco non sobbalzò.

Guardò JK dalla testa ai piedi per un lungo istante ed il sorriso che gli aveva incurvato le labbra e addolcito lo sguardo svanì perchè, a rinnovarsi nel suo animo, la preoccupazione per ciò che stava passando per la mente a suo marito. 

Lo aveva notato: era teso, irritato, nervoso per qualcosa che non era riuscito ad estrapolargli e dubitava che fosse dovuto solo all'intrusione di qualcuno nella loro stanza da letto. Certo, anche lui ne era rimasto colpito, motivo per cui -quando JK era tornato in camera con il suo bicchiere tra le mani- gli si era portato vicino fino a sentire le loro gambe toccarsi. Ad occhi sgranati, era rimasto a fissare il soffitto insieme a JK, in un silenzio assordante tanto quanto il fischiare delle sue orecchie.

Quando poi aveva provato a contemplare l'ipotesi di recarsi dal re per narrargli l'accaduto, era stato zittito da un «No» secco, seguito da un altrettanto imperioso «Devi tenere la bocca chiusa, principessa. Questa è una cosa di cui mi occuperò io». 

Di conseguenza, era nato un battibecco diventato poi una discussione accesa, sfociata in un litigio conclusosi con un candelabro in meno -ma con un buco nel muro in più. 

Taehyung si prese qualche attimo per riflettere. Si era solamente immaginato quella sottile quanto velata richiesta simile ad una preghiera? E qualcosa, nell'espressione imperturbabile di JK, lo convinse ad annuire senza contraddirlo.

«D'accordo. Utilizzerò il tuo studio, se questo ti farà stare più tranquillo», si arrese Taehyung, «Dov'è che devi andare?» domandò poi, con la speranza che il tono casuale utilizzato riuscisse ad estorcergli qualche straccio di informazione.

La curiosità lo stava divorando e, insieme ad essa, anche una velata apprensione che gli faceva scattare dentro quella voglia di abbracciarlo e di non farlo uscire dalla stanza. 

«Devo sistemare una faccenda, sarò di ritorno quanto prima». 

JK sperò che quella frase bastasse a tenere a bada la curiosità di Taehyung perchè se quello avesse continuato ad insistere, non avrebbe retto. Notando che -miracolosamente- non aveva ricevuto alcuna risposta, si legò la fiaschetta alla cintola e si sistemò la cintura, pronto ad andare via. 

«JK, aspetta» lo richiamò Taehyung. 

Fece qualche passo verso di lui e tese una mano a stringere l'aria come se avesse potuto azzerare la distanza tra loro e lo potesse toccare. Arcuò le sopracciglia e le labbra si incurvarono verso il basso mentre gli occhi mostravano tutta la sua preoccupazione.

«Stai attento».

Non seppe esattamente perchè, tra tutte le parole esistenti, tra tutte le frasi che potevano essere dette e pensieri a cui avrebbe potuto dare voce, avesse detto proprio quelle. Perchè il suo cervello avesse deciso di doverle dire, perchè sentisse serpeggiare quell'inquietudine e quell'apprensione, perchè sembravano aver colpito JK così tanto da indurlo a stringere la presa sulla maniglia della porta prima di andarsene. 

Aveva ottenuto solo una parziale risposta ma niente di tangibile o chiaro abbastanza da capire cosa stesse passando nella mente di JK. Era stato così criptico il suo atteggiamento, così tanto schivo e calcolato da fare quasi male, e lo aveva lasciato lì, da solo, con la promessa che sarebbe tornato.

Taehyung si avvicinò alla specchiera dove soleva sistemarsi JK e guardò dentro lo svuota tasche che utilizzava solamente quest'ultimo -Jungkook, infatti, preferiva riporre tutto dentro i cassetti. Conosceva a memoria ciò che conteneva quella ciotolina in argento splendente, e non ci volle molto perchè tra i gemelli, gli orecchini, le collane ed i bracciali, si accorgesse della mancanza di un'altra cosa che aveva suscitato la sua curiosità illo tempore.

Le medagliette. 


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«Da dove ti è saltata fuori l'idea di fare una passeggiata nel bosco? Non ti facevo il tipo da scopate tra le felci» proruppe Woosung con una mezza risata. Fianco a fianco, avevano lasciato Furia legata ad un albero abbastanza lontano da dove si trovavano in quel momento; JK aveva insistito nel portare solo lei -per il disappunto dell'altro, che non aveva fatto altro che lamentarsi e ammiccare nella sua direzione. 

Woosung si guardò intorno con aria curiosa mentre JK aveva plastificata sul volto un'espressione vagamente divertita ma non seriamente incline ad assecondare una delle tante richieste di Woosung di fermarsi e rilassarsi sotto un albero. Con la coda dell'occhio, però, lo vide guardarsi intorno e studiare l'ambiente circostante con aria quasi fanciullesca. 

Non era sicuramente con quell'umore, quelle emozioni o sensazioni che si aspettava di ritrovarsi in compagnia di Woosung. Non pensava di averlo mai amato -non per come lo intendesse Taehyung, perlomeno- però poteva dire di essersi affezionato al primo ed unico amico che aveva avuto.

L'unico che gli fosse sembrato così simile a lui da farlo apparire quasi come un miraggio. Da farlo sentire giusto.

«Dì un po', Jungkook, a cosa devo questa passeggiata nel bosco? Seriamente, mi sarebbe piaciuto rimanermene a letto prima della partenza. Se in tua compagnia, ancora meglio, ma una cazzo di passeggiata in mezzo alla natura—».

Woosung arricciò il naso dal fastidio e si tolse una manciata di semi di forasacco dai calzoni, gettandoli per terra con fare stizzito.

JK gli lanciò un'occhiata divertita ed afferrò la fiaschetta che teneva appesa alla cintola.

«Possibile che pensi solo a scopare? Ed io che avevo pensato di farti cosa gradita». Alla sua risatina roca si aggiunse quella divertita e secca di Woosung, che gli tirò una pacca sul sedere e gli diede di gomito.

JK arcuò un sopracciglio al gesto e l'altro ignorò l'occhiata che gli venne rivolta, continuando a camminare al suo fianco come se nulla fosse successo. «Puoi biasimarmi? Cos'altro abbiamo condiviso io e te durante tutta la mia permanenza a palazzo?» rispose con fare ovvio quello, scrollando le spalle subito dopo. 

Woosung guardò davanti a sè e si grattò il mento con fare quasi spiritoso. «Passavamo più tempo a scopare che a parlare; non ricordo di aver mai parlato con te più dello stretto indispensabile per potersi accordare su dove vederci. Non me ne lamento, è così che funzionano le relazioni per noi, no?».

JK strinse la presa sulla fiaschetta e si morse l'interno della guancia, sentendo sulla lingua il sapore del sangue. A quelle parole, uno stiletto si era piazzato proprio nel centro del petto perchè quella era l'ennesima conferma che lui -capace di capire fin troppo bene le persone grazie al suo ruolo nel sistema- aveva volutamente ignorato le sue sensazioni perchè alla ricerca di un qualcuno che lo apprezzasse. 

Era stato, forse, un ragionamento strano e patetico il suo, eppure... ricordava perfettamente il momento in cui la percezione della sua esistenza aveva cambiato direzione, in cui tutto era cambiato con la semplicità di uno schiocco delle dita. Improvvisamente, tutto ciò che lo aveva reso felice, si era trasformato in ciò che più lo faceva soffrire. Era passato dall'essere contento di essere parte del sistema di Jungkook, dall' essere felice di sentire che gli altri riuscissero a sorridere, a guardarsi allo specchio e chiedersi perchè a lui venisse fatto tutto quello. 

Per quale motivo era lui l'oggetto di desiderio del suo tutore, perchè era lui ad essere guardato come carne da macello, un oggetto da utilizzare per soddisfare le perversioni di qualcun altro.

Perchè era lui il preferito, tra tutti loro. 

Non era stato lui a chiedere di nascere, non era stato lui a chiedere di essere forte, di essere com'era. Non aveva scelto, non gli era stata fornita alternativa, non esisteva alternativa per qualcuno come lui, quindi perchè non veniva considerato come gli altri?

Era forse così diverso? Era forse così sbagliato da essere irrazionale?

Era forse un problema troppo grande da essere affrontato? 

Woosung era stata l'unica vera persona a cui si era avvicinato perchè gli era sembrato simile -in un certo senso- a lui. Doveva mantenere il segreto, non doveva rivelare che fossero tre, non poteva nemmeno nominare Jungkook o Kookie, e quella sorta di diniego collettivo della sua molteplicità lo aveva fatto inconsapevolmente proprio. 

Lo aveva spinto a volersi creare una propria vita, un proprio modo di essere, una propria identità che cozzava con ciò che era per davvero. 

Con ciò per cui era nato. 

Nonostante quei pensieri, cercò di trasformare il sorriso amaro impresso sul suo viso in uno più convincente e menefreghista anche se, a tradirlo, c'era la rughetta tra le sopracciglia che mostrava quanto quei pensieri fossero preminenti ed assillanti.

Woosung aveva ragione. Che diamine avevano condiviso insieme, a parte dell'istintivo sesso senza sentimenti? 

Cosa sapeva di Woosung?

E cosa sapeva Woosung di lui 

Non erano nuovi assilli, quelli. Poco per volta, come una sorta di metodica lista che la sua mente stilava per cercare di tenere ordine nel caos, erano comparsi e si erano incisi nei suoi pensieri senza più andarsene.

A scatenarli, ancora una volta, era stato Taehyung.

Inconsapevolmente, tra l'altro. 

Aveva notato che, di quest'ultimo, conosceva esattamente tutto, o quasi. Sapeva che non sopportava il cibo piccante, che adorava il tè nero -che, di solito, aromatizzava con la scorza di arancia o limone-, sapeva che amava i dolci alla crema e i biscotti con lo zucchero a velo, che non gli piaceva la confusione e che adorava leggere ad alta voce le storie a Kookie. Sapeva della sua abitudine di dormire d'un fianco, della sua predilezione per gli orecchini pendenti, l'amore viscerale per le camicie a collo alto e che tendesse a scartare discretamente il cibo che non amava discostandolo nella parte opposta a ciò che più gli piaceva.

Sapeva che non mangiava quando era nervoso, che tendesse a vomitare quando l'ansia era troppa e che fosse la persona più rompi palle, accorta, gentile, silenziosa e preziosa che avesse mai conosciuto.

Ma di Woosung, cosa sapeva esattamente? Sapeva che gli piaceva essere preso a schiaffi mentre veniva scopato, che avesse un cazzo di rispettabili dimensioni e che era sempre pronto ad abbassarsi i pantaloni in qualsivoglia occasione senza nemmeno battere ciglio. Non sapeva il suo colore preferito, non sapeva cosa lo rendesse felice, cosa gli piacesse fare nel tempo libero o cosa lo rendesse nervoso.

E, damine, quelle cose di Taehyung le conosceva! Le sapeva tutte, e non solo grazie a Jungkook o Kookie; le sapeva perchè, a notarle, era stato lui. Lui lo aveva visto arcuare un sopracciglio per il disappunto, lui lo aveva visto preferire il verde al blu, lui lo aveva visto mordicchiarsi il labbro inferiore quando era pensieroso, lui lo aveva visto arrossire ad una battuta un po' più spinta. 

E avrebbe potuto elencare ogni fottuto momento in cui aveva notato un dettaglio, una caratteristica, un'espressione, un qualcosa che lo rendeva Taehyung e nessun altro.

«Vuoi?» offrì JK protendendo verso Woosung la fiaschetta che aveva appena stappato. Woosung annuì di buon grado e la afferrò senza neanche pensarci, prendendone un lungo sorso e strizzando gli occhi mentre trangugiava quel liquido amarognolo dal sentore vagamente zuccherino che lasciava dietro sè la bollente scia dell'alcool. 

«Cazzo! Kook, ma questa è roba forte! Ma che diamine ti bevi ad appena le dieci del mattino?!» esclamò, attonito. Si passò il dorso della mano sulle labbra per rimuovere le tracce del liquore e fece un verso sdegnato. 

L'alcool gli stava facendo bruciare l'interno della bocca come se avesse inghiottito fuoco, la sentiva impastata e pastosa; sulla lingua sentiva una secchezza fastidiosa che gli comportava una salivazione abbondante ed un retrogusto amarognolo disgustoso.

JK gli fece l'occhiolino e gli diede di gomito, «Con chi credi di avere a che fare? Con tuo padre, forse? Aish, la carne debole deve essere di famiglia». 

Il divertimento ed il sorriso che avevano accompagnato quel commento non erano presenti negli occhi di JK che, seri, fissavano davanti a sè -non senza percepire l'occhiata stranita che gli rivolse Woosung.

«Che cazzone che sei. Non ti smentisci mai, cosa vuoi saperne? Quella roba sembra essere uscita da un barilotto avariato». Lo sdegno era palese nel tono di Woosung, tanto che afferrò la sua bisaccia piena d'acqua e ne prese un sorso abbondante.

Alcune gocce scivolarono lungo gli angoli della sua bocca e arrivarono al collo, inoltrandosi oltre il bordo della camicia che indossava. Anche lui aveva scelto abiti informali, anche se -a differenza di JK- non vi era alcun gilet a tenere ferma la maglia.

«Questo cazzone non lo hai mai disdegnato e, proprio come te, neanche tuo padre».

JK si voltò verso Woosung e, anche se le labbra piene erano incurvate in un ghigno sprezzante ed il tono utilizzato era stato sereno e tranquillo, gli occhi non mentivano. C'erano bagliori di severità e rabbia così evidenti da sembrare prendessero forma, si agitavano nelle sue pupille infervorate e spero che l'altro notasse quanto poco incline allo scherzo fosse.

E se Woosung aveva cercato di fare finta di nulla, l'insinuazione verso suo padre lo irritò terribilmente. Il volto perse l'espressione giocosa, il divertimento sparì dai tratti somatici marcati per assumere un atteggiamento poco cordiale e poco divertito. Non amava le insinuazioni su suo padre, neanche se queste provenivano dal suo amico di vecchia data e compagno di avventure

«Non sei divertente, piantala» sbottò con irritazione e avversione, schioccando la lingua sul palato e piegando il capo di lato per un solo istante. 

JK lo osservò e decretò che quello poteva essere considerato un tic nervoso. E adesso che l'antica fiamma della sua essenza tornava ad ardere nel suo petto, capì di aver toccato il tasto giusto.

Proprio come sospettava. 

«Io invece mi diverto un mondo. Chissà cosa avrebbe pensato se avesse potuto vederti in ginocchio mentre mi succhiavi il cazzo».

Il commento di JK era stato detto con tono borioso e canzonatore; non voleva perdere la pazienza così in fretta ma non ne possedeva abbastanza da poter reggere ancora per molto. Sentiva quel ribollire di sentimenti negativi e disgustosi dritto dentro l'animo e la mente -quella che doveva proteggere da quell'ultimo atto che avrebbe sancito il suo crollo o la sua vittoria. 

E le variabili erano così tante che non era certo di potersi evitare un cedimento molto più severo del precedente. 

«Jungkook, basta. Stai superando il limite» avvertì Woosung, arrestando il passo per potersi voltare ed incrociare le braccia al petto. Serio ed imperscrutabile, strinse gli occhi verso JK che alzò un sopracciglio, squadrandolo da capo a piedi con cipiglio altezzoso e presuntuoso. 

JK si rese conto che Woosung non aveva la minima idea di contro chi si fosse messo; non aveva idea di quanto potesse essere protettivo nei confronti di qualcuno o nei confronti del suo sistema, non aveva idea di cosa era capace di fare pur di salvarsi e salvarli.

Non gli avrebbe permesso di ferirli, non gli avrebbe permesso di intaccarli.

«Ma davvero? E che cosa avresti intenzione di farmi, una volta superato questo terrificante limite? Parlarmi di quanto ti è piaciuto essere scopato dall'uomo che tuo padre violentava, forse? Ah, no! Fammi riflettere—», disse JK con aria fintamente pensierosa e sorridente, passandosi una mano tra i capelli, «Forse mi potresti finalmente dire una cazzo di verità e rivelare che il tuo cognome non è Xu ma Soyun, no?».

JK! JK, cosa significa?! Cosa stai facendo? la voce di Jungkook non gli fece perdere la compostezza nè il focus su ciò che aveva intenzione di fare, ma amplificò la sua volontà di frapporsi tra ciò che stava succedendo e Jungkook.

Jungkook, stai tranquillo. Ho tutto sotto controllo.

Vide Jungkook sgranare gli occhi e scuotere velocemente il capo, cercando di raggiungerlo per stringergli le spalle. C'è qualcosa c-che non mi stai dicendo! C'entra lui, non è così? 

JK spinse la lingua contro la guancia e si sgranchì il collo. Te lo dirò solo quando saremo pronti entrambi. Per ora, lasciami sistemare ciò che ci sta minacciando da troppo tempo. 

Il tono esausto di JK non venne ignorato da Jungkook, che si allarmò. JK, se non te la senti—va bene. Se è troppo da fare da solo, io ci sono. Per favore, n-non tagliarmi fuori, non di nuovo. S-stai cedendo, io lo sento e ti prego, non f-farlo—

Ci proverò. Dammi solo la stessa fiducia che mi hai dato in passato, quando ti ho promesso che vi avrei protetti.  

La conversazione non lo distolse dal suo scopo e sogghignò malignamente come vide il viso di Woosung diventare una maschera cerea. Osservò con divertimento il suo patetico tentativo di rimanere composto pur palesando il suo disagio nello sgranare gli occhi per qualche secondo di troppo.

«Cosa cazzo spari, Jungkook. Il mio cognome è Xu» ribattè con convinzione Woosung, stirandosi la camicia con le mani per allentare la tensione sul volto, indurito dall'irritazione. JK fece una smorfia ed iniziò a schioccare la lingua sul palato, scuotendo al contempo la testa in diniego. Frugò nelle sue tasche fino a che non sentì sotto i polpastrelli il freddo del metallo, la ruvidità dei rilievi e il sottile gancetto ad esse legato; le tirò fuori e le guardò brillare innocentemente non appena colpite dalla luce, ignare del messaggio nefasto in loro possesso.

Gliele lanciò contro e solo una riuscì a finire tra le mani di Woosung che, non appena mise a fuoco una delle medagliette, alzò di scatto il viso verso di lui. La mano su cui giaceva quel simbolo si chiuse in un pugno ed attimi di silenzio passarono tra di loro; i rumori della natura, il soffiare del vento, il cinguettio degli uccelli, tutto veniva azzerato e mutato dalla loro densa lotta di sguardi.

«Perchè le dai a me, cosa dovrei farci?».

JK strinse gli occhi nella sua direzione. «La domanda non è cosa dovresti farci, ma è: perchè non la smetti una volta per tutte di fingere di non appartenere alla casata reale dei Soyun e mi dici la fottutissima verità?».

Woosung scosse la testa. «Non so di cosa tu stia parlando».

JK fece una risata secca. «Il tuo atteggiamento mi sta urtando sensibilmente i coglioni, Woosung. Se hai seriamente pensato di fottermi con un 'non so di cosa tu stia parlando' ti consiglio di rivedere i tuoi piani e di valutare attentamente la risposta con cui decreterai la tua sorte, perchè sto per spaccarti la faccia». 

Woosung prese un respiro profondo e gettò il capo all'indietro, ridacchiando tra sè. «Jungkook, ascolta: qualsiasi cosa ti venga da pensare, sono solo coincidenze. Io non so seriamente di cosa tu stia parlando—che diamine dovrei farci con delle medagliette del genere? Perchè ne dovrei avere due, anche se fosse?!». 

JK roteò gli occhi al patetico tentativo dell'altro di stemperare i toni e di portare l'attenzione su un qualcosa di diverso e si frenò dal prenderlo a pugni solo perchè gli serviva ancora la sua capacità di parlare. «Le ho trovate, e...indovina? Una era nella tua tasca, l'altra in quella di un mercenario morto al confine con il nord» spiegò, cercando di apparire tranquillo. La rabbia, però, traboccava dai suoi occhi stretti ed iracondi mentre le sue certezze lo investivano come una pioggia di vetri affilati capaci di ferirlo.

Woosung strinse le labbra una linea dura e stretta, spostando lo sguardo di lato perchè incapace di sostenere quello accusatore ed opprimente del suo interlocutore. 

«No, ascolta, ci deve essere stato un malint—». 

La frase venne troncata dal suo urlo e dallo scricchiolare del suo naso contro le nocche di JK il quale, avvicinatosi a grandi falcate verso di lui, non era riuscito a bloccare quel flusso di rabbia nel sentire ancora bugie.

Non voleva ascoltare altre menzogne, non voleva sentire altre scuse, non voleva sentire nulla se non la verità. 

Anche se faceva male, anche se colpiva peggio dei fendenti, anche se lo distruggeva e lo rendeva solo un guscio ormai spezzato, lui doveva sapere. Voleva la verità, agognava avere detto, almeno per una volta, le cose come stavano senza dovere utilizzare la forza, senza dover ricorrere alla violenza che aveva riempito tutti i suoi ricordi e continuava a saturare le sue giornate. 

«Cosa diamine ci facevi nel campo?! Rispondimi, cazzo!» gli sibilò incollerito, afferrandolo per il bavero della camicia e strattonandolo con furia. I pugni stretti dolevano e tremavano per la presa ferrea sul tessuto della camicia dell'altro e Woosung lo spintonò via, premendosi il polso sul naso. 

Sibilò per il dolore sordo e sentì rivoli di sangue scivolare sul suo labbro inferiore ed insinuarsi tra le pieghe delle labbra, contaminando le papille gustative .adesso solleticate dal gusto salino e ferroso. 

«Che cazzo credi di fare, eh? Stronzo!». Gli si avventò contro e crollarono sul terriccio umido ricoperto da erbetta verde e rugiada; JK schivò il pugno di Woosung -che atterrò al lato del suo viso- e gli diede un calcio tra le gambe, spostando malamente il suo corpo con un grugnito a labbra strette. 

Woosung si rialzò, carponi; affondò le dita nel terriccio sentendo quest'ultimo insinuarsi sotto le unghie e strabuzzò gli occhi, ringhiando sonoramente. Il calcio di JK, diretto perfettamente sul suo addome, gli fece avere un sobbalzo tale per cui cadde di fianco trattenendosi lo stomaco. Tossì violentemente ed un grumo di sangue e saliva scivolò, denso, dalle sue labbra.

L'erba si macchiò di rivoli vermigli e l'aria si riempì di ansimi e grugniti soffocati.

«Mentire non ti salverà, Woosung. Che cazzo ci facevi a nord? Perchè eri lì ed eri contro di me ?» digrignò i denti JK. Le mani gli tremavano impetuosamente perchè l'ira traboccava dal suo animo come un vaso troppo pieno.

Woosung si voltò verso di lui e si issò su un gomito, tenendosi il costato con il braccio destro. Come alzò il viso, l'odio -nella sua più brutale dimostranza- avviluppò le iridi color cuoio, inghiottendo qualsiasi altra emozione che non fosse astio. 

«Se vuoi delle risposte—» emise quello sputando del sangue, «Allora dovresti chiederle al tuo caro e amato paparino». Quel tono, nonostante fosse spezzato dai suoi sibili e dall'abbondare di saliva e sangue, colpì JK per il suo apparire completamente estraneo. 

Lo guardò come se lo vedesse per la prima volta e-cielo!- quanto era stato cieco per non vedere quanto poco valesse Woosung!  

«Non fare quella faccia, dannatissimo stronzo», Woosung imprecò mettendosi in piedi a fatica, «I movimenti a nord c'erano già, io mi sono solo aggiunto con l'armata della mia casata. E' stato Jeon a volere che tu andassi in guerra; io dovevo solo aspettare che facesse la sua comparsa quella puttanella di maritino che hai a fianco. Sapevamo sarebbe corso pateticamente da te non appena saputo della tua partenza» gracchiò, sprezzante.

JK lo aggredì, abbattendosi su di lui fino a che la schiena di Woosung non colpì il tronco di un albero; un gancio andò a fondo sulla guancia di JK, che strinse la presa su di lui e sentì in bocca il gusto ferruginoso tipico. Lo guardò con occhi iniettati di ira e lo strattonò per la gola, facendogli ripetutamente colpire la dura e grezza corteccia con la nuca.

«Non osare», ringhiò con tono gutturale, «Non osare parlare di Taehyung come se fosse una feccia come te. Lui non c'entra fottutamente un cazzo con questo». 

Le dita affondarono nella pelle della gola di Woosung mentre la mano di questo si avvolgeva al suo avambraccio, fissandolo dritto negli occhi. Come l'aria gli mancò nei polmoni e la presa sulla gola divenne ancora più stretta, qualche serpentino sentiero venoso comparve nel bulbo oculare di Woosung che, coraggiosamente, fece un sorriso di scherno.

«Eppure, questa feccia non ti faceva così schifo fino a qualche tempo fa. Hai forse dimenticato tutte le—lettere che mi scrivevi chiedendomi di tornare? Tu sei feccia almeno quanto me». 

Nonostante fossero annaspate e biasciate, sputate fuori a fatica per la mancanza d'aria, quelle parole rimbalzarono tra le pareti mentali di JK, la cui stabilità venne minacciata.

Lo scaraventò per terra e gli si sedette sopra a cavalcioni, afferrandogli i polsi per strattonarli furiosamente ai lati del suo viso. Se non ci fossero state le bende, avrebbe sicuramente non solamente avuto una presa migliore, ma avrebbe reso le sue braccia meno tremanti per via delle fitte di dolore che gli percorrevano i nervi fino al gomito. 

«Questa feccia», grugnì JK abbassandosi verso di lui con il labbro superiore arricciato per l'ira, «Ha in mano la tua penosissima vita. Buona l'aconite*?».

Come Woosung assimilò quelle parole, spalancò le labbra e si dimenò sotto di lui, grugnendo dall'irritazione; provò a liberare i polsi muovendoli freneticamente ma, l'unica cosa che ottenne, fu il grattare della pelle contro le bende ruvide dei palmi di JK.

«Ma c-come—?». 

JK si passò la lingua sui denti e sputò di lato, tenendolo saldamente incollato al suolo mentre si godeva il panico di Woosung, preda di un affanno completamente inutile.

«Ti ho sentito, e ti ho visto mentre versavi il veleno dentro il bicchiere di Taehyung. Se vuoi vivere e avere l'antidoto, ti suggerisco di parlare. Ti è sufficiente questa motivazione?» sibilò, inverosimilmente infuriato.

Woosung tossì, le vene del collo si gonfiarono per lo sforzo e JK si issò solo per poterlo guardare con sdegno e ribrezzo. Nessuna pietà, nessun rammarico; le uniche cose che sentiva dentro erano rabbia e rancore. 

Ed anche odio per sè stesso, per essersi lasciato giocare così facilmente. Per aver mostrato le sue debolezze alle persone sbagliate che ne avevano approfittato e se ne erano cibati per i loro sporchi interessi.

«Taehyung doveva morire. Quel principino del cazzo, quell'inutile figlio di puttana che ti è stato assegnato come marito. E' stato tuo padre a coinvolgermi, io dovevo solamente uccidere Taehyung perchè tu non sei stato in grado di allontanarlo. E' pietoso vedere come qualcuno rimanga al tuo fianco pur di mantenere la facciata; nessuno si immaginava che tu, proprio tu, arrivassi a tenere così tanto a qualcuno da accettarne la presenza».

JK non stava capendo. No, non stava fottutamente capendo, anche se si stava sforzando di dare un senso a ciò che Woosung gli stava dicendo. Arcuò le sopracciglia e gli angoli della bocca si piegarono in una smorfia sospettosa.

«Perchè il bersaglio della guerra e del veleno era Taehyung? Perchè il re lo vuole morto?».

Faticava a credere che stesse ottenendo delle conferme, che stesse ottenendo delle risposte. Quel tipo di risposte.

«Non è per Taehyung in senso stretto», eruppe Woosung, massaggiandosi i polsi, «Poteva esserci chiunque altro, non sarebbe cambiato nulla. Non ho mai saputo i dettagli di tutto questo fantomatico piano ma Jeon e quel dottore, Jung...li ho sentiti parlare una volta».

I piedi di JK divennero pesanti come macigni, sembrarono mettere radici e bloccarlo, impedendogli di muoversi o di fare qualsiasi movimento. «Li ho sentiti parlare a proposito di alcune emozioni, stimoli e puttanate del genere che ti portano ad essere così come sei adesso. Il dottore aveva parlato di qualche forte shock che ti serviva per poter rimanere incazzato con il mondo. Taehyung è diventato un movente perfetto perchè ti sei affezionato a lui, e quindi andava tolto di mezzo. Dicevano che così— che saresti stato un vero regnante e non uno stupido principe piagnucolone».

Da come ne parlava Woosung, sembrava che lui non sapesse seriamente di cosa stesse parlando; l'aria di chi sta dicendo una manciata di fandonie, una stupidaggine, un qualcosa di non veritiero o di assolutamente ridicolo non fu ciò che bloccò il flusso d'aria nei polmoni di JK.

Un nuovo sentimento si snodò dentro di lui, si propagò tortuosamente in ogni sua fibra procurandogli quasi un dolore fisico; gli sembrò che qualcosa di invisibile gli stesse spezzando un osso per volta, che un qualcuno che non poteva vedere continuasse a colpirlo. Quella stretta al petto, quel dolore vacuo e profondo...un inabissarsi di tutto, un oblio asfissiante e oppressivo.

Volevano lui. Volevano lui e non loro.

Come se fosse un gioco, un capriccio, un fenomeno da baraccone.

Si comportavano come se tutto potesse essere sotto il loro controllo, come se fosse un oggetto.

«Il re vuole te per come sei adesso; non vuole che balbetti», continuò Woosung, ignaro di quanto quelle parole diventassero artigliate e affondassero, sanguinose, nella sua mente. Un colpo di tosse lo colpì e tranciò sul nascere ciò che stava dicendo; la fronte gli si imperlò di sudore e goccioline veloci scesero sulla sua pelle. Ad occhi strizzati, si strinse lo stomaco con entrambe le braccia e sibilò.

Non crollare. Non crollare, puoi farcela si ripetè JK, dandosi qualche pugno sulla tempia per rimettere a posto i pensieri. 

Il rantolo che arrivò da Woosung gli fece raccogliere la forza e deglutì sonoramente. «Cosa c'entri tu con tutto questo? Perchè lo hanno chiesto a te?» sputò.

L'amarezza si dipinse macabramente sul suo viso, sperando che tutto quello che stava vivendo quel giorno fosse un incubo da cui si sarebbe svegliato. 

Un sibilo ed un insulto colorito scivolarono dalle labbra strette di Woosung, che rialzò gli occhi su di lui nonostante il tremito profondo che lo aveva colto nel momento stesso in cui aveva provato a muoversi. Un calore divampante gli stava bruciando dentro, così insopportabile da farlo annaspare e obbligandolo a prendere lente boccate d'aria.

«Tu...hai ucciso mio padre». Woosung praticamente vomitò quelle parole, tentando di mettersi in piedi in un impeto di rabbia; una delle gambe gli cedette e atterrò sul ginocchio, su cui posò l'avambraccio per -quantomeno- non tornare carponi. «August... mio padre. Tu, lurido figlio di puttana— me lo hai portato via, e nessuno ti ha mai fatto nulla per questo. Era qui per insegnarti quello che sapeva e tu lo hai ucciso—», inveì contro di lui anche se il tono palesemente sofferente rendeva le sue imprecazioni nient'altro che brusii arrabbiati. 

JK strinse i pugni e strizzò gli occhi; con la stessa forza con cui le onde si infrangevano contro le scogliere durante la tempesta, così venne investito dall'ammissione di parentela tra Woosung e quel viscido del loro tutore. Condividevano il cognome, il sangue, la mentalità.

«Io non ho ucciso nessuno», disse con tono soffocato JK, sentendo il tremore propagarsi ad ondate contro i suoi nervi. 

«Stronzate!», gli urlò contro Woosung, «Tu lo hai ucciso! E sai cosa c'entro io con tutto questo? Per vendetta. In cambio di tenerti così arrabbiato e sempre scontroso, di farti essere uno stronzo menefreghista che odiano tutti, il tuo amato paparino mi aveva offerto la possibilità di prendere il posto di quel coglione di Taehyung. Se si fosse tolto di mezzo lui—io avrei avuto la possibilità di essere un re tanto quanto te. Avrei donato io un erede al regno, avrei portato il nome di mio padre a spiccare come doveva essere in principio—» sibilò infine, annaspando.

«Io non ho ucciso nessuno» ripetè JK, in trance. 

«Non prendermi in g—».

JK lo spinse all'indietro e si fu addosso, furioso. Anche se aveva cercato di sopprimere quel lato violento che i ricordi del passato gli alimentavano, in quel momento non stava vedendo nient'altro che rosso. Aveva provato ad aggrapparsi al pensiero di suo marito per poter gestire la collera, ma non ce l'aveva fatta. 

«Io non ho ucciso nessuno! E' stato tuo padre ad uccidere me, hai capito? Tuo padre mi ha ucciso e niente potrà ridarmi ciò che quel mostro mi ha tolto!» gli gridò, incollerito, afferrandogli il volto per stringerlo tra le dita dolenti e tremanti. 

«Sai chi era tuo padre? Sai per chi hai scaricato nel cesso la tua inutile vita? Un pervertito schifoso che si divertiva a violentarmi quando Jungkook era solamente un fottuto bambino! Per tutto il periodo che è stato lontano da te, stava con me e sai cosa mi faceva? Lo sai?» urlò con rabbia e collera, sentendo gli occhi fastidiosamente pungenti. 

Woosung emise un verso soffocato e lo guardò con astio, contorcendosi sotto di lui per una colica che, improvvisa, lo colpì come lo schiocco di una frusta.

«Quel maiale mi leccava il collo, mi stringeva i polsi, ansimava sul mio viso come un cazzo di animale e poi, quando ne aveva abbastanza, si divertiva ad usare quella fottuta riga per colpirmi sulle gambe e sulla schiena! Ecco cosa faceva colui che chiami padre. Era solo un fottuto mostro e stai certo che se fossi stato un assassino, lo avrei ucciso molto prima».

Spasmi nervosi lo scossero da capo a piedi senza dargli tregua; flashback del passato gli passarono davanti agli occhi furiosi e allargati dalla collera, ore che sperava di aver accantonato erano tornate a ripetersi.

Woosung lo guardò con le sopracciglia incurvate, mugugnando un qualcosa che somigliava ad un «Stai mentendo».

Diniego. 

Ancora.

Non è possibile, stai mentendo.

Non è vero, è un uomo rispettabile.

Sei un bugiardo.

JK lo colpì sul viso con un pugno mentre lacrime di rabbia e angoscia gli percorrevano le guance. Si mischiarono agli schizzi del sangue che gli punteggiava il volto e al sudore che gli ricopriva il viso pallido e distorto dal dolore.

«Io non sono un bugiardo! Lui era uno schifoso bastardo! Ha meritato la fine che ha fatto!» gli urlò, tirandogli un altro pugno, «Perchè continua a perseguitarmi? Perchè non ci lascia in pace?» continuò, perdendo il controllo delle sue emozioni. 

Erano sempre state incontenibili, ma mai in quel modo.

Non poteva più farlo, era incapace di reggere ancora e mantenere gli argini alzati.

Woosung si mosse sotto di lui per schivare i suoi colpi e JK gli afferrò i polsi per schiacciarli ai lati della sua testa. Ansimava pesantemente, le lacrime erano ancora lì e punteggiavano il volto tumefatto di Woosung, tracciavano solchi sulle sue guance e continuavano a ferirlo.

«Sei stato proprio come tutti gli altri...mi hai usato solo per i tuoi sporchi scopi». Gli afferrò la gola e la strinse mentre un rigurgito di sangue e bile risaliva dalla gola di Woosung e colava ai lati della sua bocca, infrangendosi sulle bende di JK. 

«Ma la sai una cosa, Woosung? Io sono ancora in piedi e Taehyung, quella persona da cui tornerò stasera, e domani, e dopodomani, e il giorno dopo ancora, è colui che mi sposerò ancora e ancora mentre di te...», si passò la manica della camicia sugli occhi per asciugarli, «Di te non rimarrà nient'altro che concime» gli sibilò contro l'orecchio, mollando definitivamente la presa.

Si alzò e si stirò i vestiti sporchi di sangue, fango ed erba mentre Woosung rotolò sul terreno, tossendo sangue.

«A-avevi detto—che mi avresti d-dato l'antidoto» ansimò a fatica. 

JK, che gli aveva voltato le spalle, si bloccò e fece un ghigno. «Sei proprio un idiota. Non esiste alcun antidoto per l'aconite. Ma anche se lo avessi avuto, lo avrei dato ai porci piuttosto che a te. Puoi comunque vantarti di aver fatto la stessa fine che ha fatto tuo padre».

Fece una piccola pausa. 

«Cibo per maiali».

Asciugò rabbiosamente la lacrima che gli scivolò sulla guancia e si allontanò, accasciandosi per terra solo quando fu lontano dal suo passato.

Sto bene. Va tutto bene cercò di dirsi, Posso—posso gestirlo.

E sperò che fosse vero. 



......................


«Vostra altezza, abbiamo già messo un abito da cerimonia nel bagaglio di sua altezza Jungkook» fece notare con gentile pacatezza la domestica personale di Taehyung, indicando il completo blu cobalto dai fini ricami argentei. Taehyung le sorrise ed annuì, perfettamente consapevole di ciò che volesse sottintendere pur senza voler risultare scortese.

«Lo so, ma portate anche quest'altro modello» asserì, indicando il completo sulla falsa riga di quello di Jungkook ma molto più scuro e adornato; sui bottoni delle maniche, infatti, vi erano gli stemmi della casata reale dei Jeon che spiccavano per il loro dorato luccichio. In qualche modo, anche se avevano gusti nel vestiario completamente diversi, aveva notato che JK si era fatto cucire gli stessi modelli di abiti indossati da Jungkook -solo in una versione più appariscente. 

Stava scegliendo da solo gli abiti da trasportare fino al suo palazzo per la festa di fidanzamento di suo fratello -e relativo matrimonio- assicurandosi di portare un quantitativo di vestiti sufficienti ad avere un guardaroba ampio abbastanza da far indossare ad ognuno ciò che più gli aggradava.

Lanciò un'occhiata verso il letto e sorrise alla vista di Mr Carota posato in cima ai cuscini; fece per parlare quando, a troncare il suo desiderio di porre nel bagaglio anche il peluche, un boato lo interruppe.

Sobbalzò dallo spavento e strabuzzò gli occhi sentendo le parole mancare.

Se prima sul suo viso era presente un sorriso di soddisfazione per ciò che stava facendo e per ciò che era riuscito a concludere durante il proficuo incontro mattutino, adesso guardava con confusione e sbigottimento la figura che aveva appena fatto il suo ingresso nella stanza.

«Fuori» tuonò JK, senza neanche guardarsi in giro.

La servitù trasalì e abbassò gli occhi non solamente per il comando imperativo del principe, ma anche perchè questo non indossava alcuna camicia. Non c'era traccia nè di quest'ultima nè tantomeno del gilet che Taehyung gli aveva visto indossare prima di andare via.

La servitù sfilò velocemente via sotto lo sguardo basito di Taehyung, che notò lo stato pietoso in cui verteva JK, suo marito.

«JK, ma perchè sei sen—».

A grandi falcate, JK azzerò la distanza che li teneva lontani fino a che Taehyung non si ritrovò stretto in un abbraccio avvolgente e soffocante. JK gli aveva posato il viso contro il collo, il respiro pesante di quest'ultimo gli scivolava addosso in veloci sbuffi, le braccia lo tenevano chiuso in un abbraccio ferreo che non sembrava intenzionato a sciogliersi. 

Dopo il primo momento di stupore, Taehyung gli avvolse delicatamente le braccia attorno al busto; le mani si posarono sulla pelle della schiena, tesa e scossa da tremiti simili a brividi di freddo -solo più intensi.

«Non chiedere, ti prego».

Fu un mormorio così sottile che stentò a sentirlo, un soffio che si sarebbe perso se solo avesse respirato più forte, così flebile da fargli credere di esserselo immaginato. Ma era certo che non avesse immaginato proprio nulla, e quel ti prego era risultato come la più supplicante delle preghiere.

Si lasciò stringere e lo strinse a sua volta, notando -con lo scorrere dei secondi, e poi dei minuti- particolari sempre più strani e preoccupanti.

I suoi capelli odoravano di resina e terriccio, i pantaloni erano macchiati in più punti anche se, visto il colore scuro, non riuscì a identificare di cosa fossero sporchi; i capelli si erano appiccicati alla fronte, sparpagliati in ciocche disordinate e ribelli, sbuffi rossastri riconducibili a sangue secco tinteggiavano le sue guance e, su una di queste, sembrava esserci l'ombra di quello che crebbe fosse il segno di un pugno. Le bende delle mani sporche di fango e terra erano irrecuperabili, un odore acre che non capì gli aveva pizzicato le narici ed aveva notato che la fiaschetta che aveva portato con sè quella mattina non pendeva più dalla sua cintola.

Ma ciò che riuscì a farlo preoccupare forse come mai prima di quel momento, furono i tremori forti ed insistenti che scuotevano JK così tanto da propagarsi persino su di lui. Sembrava che sferzate di aria gelida lo stessero colpendo per quanto tremasse, e come passò le dita sulla curva della sua schiena, proprio nel solco della spina dorsale, le braccia di JK lo strinsero ancora di più e la fronte si poggiò contro il colletto della sua camicia.

D'istinto, Taehyung gli diede un bacio sui capelli e gli mormorò qualche parola gentile, sperando di fornirgli un conforto tale da farlo riprendere da ciò che lo stava logorando dall'interno, e JK premette ancora di più il volto contro il suo collo.

Ai suoi mormorii e al suo tono calmo e pacato, seguì ciò che meno si sarebbe aspettato.

Un singhiozzo.

Soffocato, accennato, a malapena udibile, un singulto tanto basso quanto contenuto.

A quello, poi, ne erano seguito un altro- stavolta un po' più forte e definito.

E poi, in una crescente, triste e soffocata sinfonia, il singhiozzare di JK divenne palese ed incontenibile. 















✁✁✁✁✁✁✁✁

NDA: Ehm...buon 2021?  (•ө•)♡

Ammetto di aver versato qualche lacrima. La colonna sonora che ha accompagnato a stesura di questo capitolo mi ha uccisa dentro e non mi ha aiutata di certo, ma tante cose si celano dietro i personaggi e alla loro storia. Far soffrire loro è come far soffrire qualcuno a cui voglio bene, ergo: ci si vede all'altro mondo.

Siccome ho tante cose da dirvi, andiamo con ordine: non so se ve lo aspettavate, non so se lo avevate capito o se avevate qualche idea ma, alla fine, gran parte del "mistero" dietro Woosung, JK, Hoseok, re Jeon e August è stato svelato -se così possiamo dire.

Woosung è figlio di August. Esatto.

Per tirare le somme di ciò che è stato rivelato: 

-La predilezione di re Jeon per JK è sempre stata chiara e palese, e da qui si sviluppa tutto: credendo erroneamente di poter ovviare al disturbo di Jungkook semplicemente "stimolando" la comparsa di JK, non appena ha saputo della presenza di altre personalità ha deciso -insieme ad Hoseok e, prima di lui, il dottor Jung- di creare un piano ad hoc per poter fare rimanere permanentemente JK e surclassare Jungkook e Kookie (come se fosse possibile, tra l'altro).
L'occasione gli si presenta tramite il figlio di August perchè, obiettivamente, chi  si sarebbe prestato a questo ruolo infame se non qualcuno mosso dalla voglia di riscatto sociale e di riscatto per la morte del padre? Re Jeon aveva promesso a Woosung di essere pari merito con Jungkook a livello di potere (sapete che quando ci si sposa con un futuro erede al trono, il ruolo di chi non è il diretto discendente reale è secondario, in quanto ha poteri inferiori e il suo potere va a decadere con il decadere del futuro re). Taehyung è stato dato in sposo a Jungkook per JK, perchè re Jeon puntava sull'affetto che quest'ultimo provava per Woosung e sulla collera di non averlo a fianco. 

Woosung, dal canto suo, aveva accettato perchè: 

1) chi direbbe di no a Jungkook/JK

2) Perchè è un essere infimo tanto quanto il genitore. 

Non era previsto che JK si affezionasse a Taehyung, non era previsto nemmeno che Jungkook si innamorasse di quest'ultimo; Re Jeon sperava che dando in sposo un uomo, l'irritazione del rimpiazzo di Woosung avrebbe fatto uscire JK. 

Spero di aver trasmesso il mio punto di vista e le ragioni in modo comprensibile -ma se così non fosse, speak yourself. 

-*ACONITE: pianta velenosa il cui principio attivo viene essiccato e polverizzato. Il suo sapore è molto pungente e aspro. E' solubilissimo nell'alcool ma risulta poco solubile in acqua ed è uno dei veleni più letali che si conoscano per cui non esiste un antidoto, la morte avviene in poche ore dopo crampi violenti e perdita completa della coscienza.

-Il discorso iniziale di Jungkook e JK: dovete sapere che per i protettori o i memory holder (che ricordiamo che in questa storia è JK per entrambi i casi), non è raro avere crisi o momenti abbastanza difficili da dover superare-soprattutto i memory holder. Quando una personalità che-spesso- coincide con colui che conserva il trauma subito arriva ad un punto di rottura,  si "lascia andare" e, in quel caso, possono avvenire 2 cose:

a) la personalità si "assopisce", quindi smette di interagire perchè non in grado di fronteggiare le esperienze traumatiche;

b) si integra con l'host. Vi è una sorta di presa di coscienza che "uniti è meglio che separati" e siccome il DID nasce come meccanismo di difesa e di sopravvivenza, ecco che avviene l'integrazione (perchè insieme si è più forti).

Quindi Jungkook, sentendo ciò che sta passando JK dentro di sè, sta cercando di entrarci in contatto per aumentare la comunicazione e trovare un punto di incontro, per aiutarlo a superare ciò che lui ha vissuto di traumatico e che ha affrontato da solo perchè Koo era un bambino. Un dare e ricevere aiuto in modo da funzionare correttamente, in sostanza.
NON STA CERCANDO DI INTEGRARSI CON JK - ricordatevi che se un sistema funziona, è grazie alla comunicazione tra le parti.  

ULTIMA COSA LO GIURO: congelate il momento tra JK e Tae, tornerà e partiremo proprio da lì. Ed io non vedo l'ora xmsnfrjnskz

Vi prometto che avremo delle gioie.

A presto ❣

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