11. Sospetti

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ARTHUR

Salii le interminabili scale del dormitorio maschile del campus dell'accademia, cercando di ricordarmi quale fosse la strada per arrivare ala camera di Brandon.

Quei corridoi erano un labirinto infinito e identico per ogni piano.

Era passata una settimana da quando il mio amico e Clary avevano avuto quell'appuntamento e io non avevo saputo niente. Avevo aspettato che Brandon me ne parlasse da solo, volevo rispettare i suoi tempi, soprattutto perché, sia dal suo comportamento, che da quello di lei, probabilmente l'appuntamento non era andato come avrebbe dovuto.

Me ne rallegrai, in parte, perché sapere che il mio amico non sarebbe diventato un bersaglio mediatico a causa mia mi faceva stare meglio, tuttavia mi dispiaceva per lui.

«Hey Arthur!», mi chiamò una voce a me conosciuta.

Mi girai e vidi la chioma rossastra di Lewis, che mi veniva incontro. Era tutto sudato, portava dei pantaloni della tuta e una maglia aderente che utilizzava quando andava in palestra. Inoltre aveva un asciugamano appoggiato alla spalla e una borraccia in mano, quindi dedussi stesse tornando proprio da un allenamento.

«Ciao!», sorrisi. «Come sta tuo padre?», domandai non appena mi affiancò, portandosi la borraccia alla bocca.

Negli ultimi giorni si era assentato alle lezioni, perché era tornato a casa sua per via di una mancanza di salute del padre.

Mi resi conto solo dopo che probabilmente quella domanda lo avrebbe messo a disagio e mi maledii mentalmente per averglielo chiesto.

Lewis era una persona molto riservata e poche volte parlava di sé e della sua famiglia. Quando succedeva significava che era davvero qualcosa di serio, quindi ero parecchio allarmato sulla questione.

Con mio sollievo non si scompose e mi restituì il sorriso con il quale lo avevo accolto. «Bene. Fortunatamente si è ripreso in fretta dall'arresto cardiaco», mi informò.

Mi portò un braccio sulle spalle e mi scompigliò i capelli con fare divertito. «Grazie ancora per quello che hai fatto per me, amico. Se ti serve qualcosa, qualunque cosa, sono a tua disposizione, lo sai», continuò.

Si riferiva a quello che avevo chiesto a Madame Dubois, un'altra volta.

Mi era dispiaciuto andare dalla professoressa e chiederle di rimandare nuovamente il compito che ci aveva assegnato e mi era dispiaciuto ancora di più dovermi inventare una mezza bugia per raggirarla.

Alla fine aveva funzionato e avevo potuto passare più tempo ad anticiparmi le altre materie, cosicché nel momento della consegna mi sarei potuto interamente dedicare a quel progetto.

Non seppi se per fortuna o per sfortuna, ma non ebbi nessuna distrazione durante l'arco della giornata. Io e Charlotte avevamo passato davvero poco tempo assieme dopo quella domenica a casa mia, in cui avevamo incontrato Logan e Claire, un po' perché doveva studiare e un po' perché era ancora arrabbiata con me.

Per quanto riguardava la sera invece... Avevo preso una nuova abitudine, forse poteva essere classificata come cattiva, perché i miei non me lo avrebbero mai permesso. Forse, però, non poteva essere categorizzata come "abitudine", perché era successo solo altre due volte, dall'ultima.

In ogni caso, qualunque cosa fosse, per quelle due volte dopo cena io e Clary ci scrivevamo. Di comune accordo avevamo deciso di trasferisci su Snapchat, così che le chat si sarebbero potute tranquillamente cancellare e non avremmo avuto alcun tipo di problemi e fraintendimenti con le nostre famiglie.

Un inizio diverso Where stories live. Discover now