Capitolo 1

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Era sdraiata sul prato di fragole quella mattina, con una lira in mano e la voce alta. Non le interessava di nessuno in quel momento, ma era difficile ignorare i satiri che le imprecavano contro per aver rovinato il loro più bel lavoro. Pazienza, si disse, vuol dire che avrebbe chiesto scusa più tardi.
Mentre era nel bel mezzo della canzone inventata da lei su due piedi, un annuncio arrivò fino al suo orecchio.
- Una ragazza! Si si ha appena varcato la protezione che circonda il campo!  - un satiro gridava dalla Casa Grande, non lontana dal prato su cui si trovava lei.
Altri satiri si allarmavano e saltellavano verso il luogo della scena, seguiti da altri ragazzi del campo.
- Oh un'altra semidea.. che emozione! –ironizzò la ragazza - certo che vi date proprio da fare – aggiunse guardando verso l’alto.
Si fece forza e si alzò, scotolandosi i pantaloni.
Si incamminò goffamente verso la piccola massa di persone creatasi di fronte all’entrata della Casa Grande e origliò per capire un po’ di più.
-Secondo me è figlia di Zeus – ammise una ragazza della casa 4.
- Naah, scommetto quello che vuoi che farà parte della casata di Ermes. – sbottò un altro ragazzo.
La ragazza delle fragole si intromise
- E se invece è figlia di qualche divinità minore?
I ragazzi lì vicino si voltarono.
- Oh, Kleira! Beh potrebbe essere, ma spero di no sinceramente. Non mi piacciono i figli delle divinità minori – rispose la ragazza della 4.
Kleira la schernì e tornò indietro. Avrebbe conosciuto la nuova ragazza dopo.
Decise che sarebbe andata ad allenarsi, da tanto non prendeva il suo bell’arco.
Durante il piccolo tragitto verso l’arena, incontrò suo fratello Charls.
- Guarda un po’ chi c’è! – si avvicinò a lei e le arruffò affettuosamente i capelli, per poi stringerla in un abbraccio.
Kleira ricambiò allegramente, il fratello la faceva sempre stare bene. Ne aveva tanti di fratelli, ma era convinta che nessuno avrebbe mai superato Charls.  Aveva 17 anni, due in più di lei.
- Hai sentito della nuova arrivata? Chissà se sarà dei nostri. Io spero di no, sai… dicono sia molto carina – rise.
- Vedo che papà è stato tanto gentile da tramandarti proprio tutto. – rise anche lei.
Charls era identico in tutto e per tutto a suo padre; capelli, occhi, fisico e sguardo attraente.
Il fratello le diede una pacca sulla spalla
- Dov’è che stai andando?
-Ad allenarmi – rispose seccata
-Bene, allora ti lascio. Vado a fare un giro da… un giro e basta – sorrise e si allontanò.
Non era difficile da immaginare la destinazione del fratello. Era da giorni ormai che perdeva tempo dietro una figlia di Afrodite.
Scacciò il pensiero e continuò la camminata.
Quando arrivò nell’arena, prese l’arco posato insieme alle altre armi, e la faretra accanto ad esso.
Vide che mancavano due frecce, e sbuffò
-Prenderle da qualcun altro no eh? – disse tra sé e sé.
-Le tue sono le migliori – una voce la raggiunse da dietro. Si voltò, e vide Nathan Blore figlio di Ermes avanzare verso lei.
Ethan era il figlio di Ermes più importante, se così si può dire. Ma non importante per il dio, no. Bensì secondo tutti i ragazzi del campo, che avevano  l’abitudine di eleggere il miglior figlio di ciascun dio, il più famoso tra gli altri fratelli.
Alto, corporatura normale, niente muscoli. I capelli erano marroni, gli occhi color miele.
Ethan Blore non aveva nulla in più degli altri suo fratelli, ma la sua bravura sul campo della battaglia e la sua simpatia lo avevano portato ad essere il migliore nella casa 11.
- Non è una buona scusa per rubarmele. Le faccio io, e ci tengo ad averle tutte al loro posto. – il tono della ragazza non era accusatorio, non aveva intenzione di rimproverare nessuno, o almeno non seriamente.
Dal sorrisetto accennato sulla bocca di Ethan,  capì che il ragazzo lo aveva intuito.
Il figlio di Ermes si avvicinò cautamente e si sporse in avanti sorridendo furbescamente
- Se vuoi, posso ridartele.
- Tu DEVI ridarmele – il tono deciso della ragazza lo fece raddrizzare. Si portò una mano al mento e fece finta di riflettere
-Vediamo, io ti ridò le frecce e… - si fermò a guardarmi, il suo sguardo scaltro sul mio sguardo fermo e duro.  
-E… ? – lo incitò Kleirà battendo con la suola delle scarpe nere sulla fredda base dell’arena.
- E tu vieni a fare un giro con me, stasera, nel bosco. – sfoggiò uno dei suoi più bei sorrisi da seduttore e si avvicinò ancora di più.
- Puoi anche rifiutare – aggiunse sussurrando – nonostante tutto, quelle frecce mi servono.
Kleira rimase lì per lì così stupita da non riuscire a muoversi. Poi rispose freddamente
- Accetto. – non sapeva perché lo aveva fatto, forse voleva semplicemente le sue belle frecce, o forse voleva davvero fare un giro con lui. Scrollò quei pensieri dalla mente e osservò il bel sorrisetto sul volto del ragazzo.
Ethan si guardò le scarpe e disse
- Aspettami all’inizio del bosco, ti darò le frecce, e poi… - alzò la testa e intercettò lo sguardo della ragazza – andremo a fare un giro – concluse facendole l’occhiolino.
      
Quel pomeriggio Kleira andò a trovare Emily, una delle poche amiche che era riuscita a farsi al campo.
Aveva avuto bisogno di parlare con qualcuno, non le capitava spesso di avere un “appuntamento”.
Kleira pensò sarebbe stato meglio andare a chiedere consiglio ad Elena, la figlia d’Afrodite più simpatica tra le altre. Ma Emily era pur sempre Emily, le avrebbe dato il giusto conforto.
La casa di Poseidone era diversa da quando ci entrò l’ultima volta. Era più ordinata, e aveva un profumo migliore. La fontana era rimasta intatta, l’acqua sgorgava lenta ma ad impatto, e il suono che produceva era altamente rilassante.
Emily si sedette sul suo bel letto, e mi invitò a prendere posto accanto a lei.
Kleira oltrepassò la stanza fino al suo letto, sotto gli occhi degli altri figli del dio del mare.
- Dimmi tutto – sussurrò, in modo che gli altri non sentissero. I suoi occhi blu erano coperti da un velo di tristezza, ma il suo sorriso smentiva tutto.
Mi sedetti e le raccontai tutto nei minimi particolari, sapevo che di lei potevo fidarmi.
Emily ascoltò tutto senza fiatare, e alla fine sospirò.
- Non saprei cosa dirti. Non è molto sicuro andare nel bosco da soli con un figlio di Ermes. Sono alquanto… furbi. Non lo so, Ethan non mi convince. Anche se è il migliore dei loro, il suo sguardo tradisce qualcosa.
Non aveva tutti i torti, il suo sguardo era bello ma gelido, attraente ma pericoloso. Trapelava mistero, e forse era per questo che a Kleira piaceva.
Guardò Emily e si sfregò le mani sui pantaloni. Lo faceva sempre quando era nervosa.
- E tu? Tu non mi convinci nemmeno.
Emily la guardò stupita, ma un secondo dopo stava già ammirando le piastrelle azzurre del pavimento.
- Emily – le mise una mano sulla spalla – sai che puoi fidarti.
Lei alzò la testa con uno scatto, e con rabbia si alzò dal letto.
- E’ da settimane che convivo con questa sofferenza Kleira, e mi fa piacere che tu sia preoccupata per me, ma questo deve rimanere tra me e lui. – sbottò indicando la statua del padre, alta ed imponente sul lato destro della stanza.
Guardai la statua, e mi voltai verso di lei. Stava nascondendo qualcosa, questo era certo, ma non avrebbe forzato l’amica a confidarsi.
Si alzò, la prese per le spalle e l’abbracciò
- Non preoccuparti – le sussurrò all’orecchio
Detto questo, la salutò e uscì, diretta al campo di fragole.
Quando la ragazza si stese sulla morbida erba, un forte odore di fragole la investì. Evitò di spiaccicare i bei frutti che i satiri si impegnavano a far crescere ogni giorno, cercando un punto meno ricoperto.
In quel momento l’odore delle fragole e il dolce vento che si posava sulla sua faccia le sembrarono incredibilmente rilassanti. Passarono pochi minuti e si addormentò. Errore.
 

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