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⤹ᝰ 🕒 𝙎 𝙩 𝙖 𝙧 𝙩 𝙚 𝙧 。᪳ˎˊ˗
ヤ ク ザ Ya ku za
Questo è il nome con cui viene definita la mafia giapponese ; ma da dove deriva ?
Durante l' antico periodo Meiji , vi era un popolare gioco di carte , chiamato " hanafuda " ─ letteralmente " carte di fiori " . Questo gioco consisteva nel pescare tre carte , a cui veniva attribuito un valore numerico . La persona con la combinazione che , sommati i numeri , dava il punteggio più alto , vinceva la partita .
Il nome Yakuza è composto da " Ya " che stava per otto , " Ku " ovvero nove e " Za" ossia tre . Sommati , questi numeri danno un totale di venti . Sembrerebbe il punteggio massimo , giusto ?
Purtroppo , vi è una regola che impone che nei punteggi tondi , lo zero non venga contato . Perciò , sebbene la somma faccia venti , il valore effettivo di quella combinazione di carte è un misero due , ossia il più basso che si possa ottenere nel gioco .
Ecco , cosa s'intende per " Yakuza " . Persone che all'apparenza paiono forti , invincibili , ma vacue e fondamentalmente prive di valore . Curioso come un significato tanto dispregiativo sia divenuto l'ufficiale nominativo d'una associazione basata sul senso dell'onore criminale .
Su questo stava ragionando Kurono Hari , membro della sopracitata organizzazione , nonché vice di uno dei boss più importanti . Si rifiutava di credere in questa doppiezza , convinto che ci fosse ben altro oltre alle apparenze , a rendere lo Shie Hassakai così rinomato . In primis , tutto ciò in cui credeva il suo superiore , Chisaki Kai.
Proprio a lui apparteneva il mazzo di carte hanafuda che Kurono teneva fra le mani , coperte dalla lunga tunica nivea , che indossava come divisa . Difatti , la proprietà di quei tradizionali giochi da tavolo era passata al giovane uomo , come tutto il resto , a causa delle condizioni irreparabili del vecchio capo .
Il prediletto sia da quest'ultimo sia da Chisaki , era indubbiamente lo shogi , in quanto ottimo allenamento per le capacità strategiche . Eppure ─ seduto al livello del pavimento , sul cuscinetto che si trovava dinanzi al lungo tavolo in vetro ─ ciò che era saltato agli occhi del ragazzo dai capelli argentei era proprio quel mazzo dai toni caldi , su cui erano raffigurate stagioni e paesaggi orientali .
Esattamente mentre era intento a mescolarselo fra le dita , alla ricerca della combinazione che raffigurasse quei tre numeri fuorvianti , qualcun altro fece il suo ingresso nella sala . A quel punto il ragazzo distolse lo sguardo dalle carte e lo rivolse al suo nuovo interlocutore , al quale disse , con la usuale pacatezza , e forse un pizzico di cordialità :
« Ti va una partita ? »
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