Capitolo Secondo | Sadness

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Entrai nel corridoio e chiamai Paul.

"Michael!" esclamò.

"Paul,senti stasera non ci possiamo vedere " sussurrai sperando che non ci rimanesse male.

"Ti volevo dire la stessa cosa. Devo uscire con Daniel, chissà se gli piaccio!" disse agitato.

"Ma sì che gli piaci!. Buona fortuna!"

"E a te, con Akim?" mi chiese e mi tinsi di rosso sulle guance.

"É solo la mia migliore amica!" sussurrai.

"Cha noia che sei!" ridacchiò.

"Ciao tesoro "

"Ciao Paul!" conclusi la telefonata.

Guardai il pavimento consumato dei corridoi. Anch'io ero consumato dal tempo, dalle delusioni. Quanto avrei voluto mandare a fanculo tutti e andare via. La mia vita era monotona: scuola,fumo,musica,cibo.

Sempre la solita storia. Amavo anche leggere solo che non lo dicevo mai, per non essere preso in giro. Ma non libri semplici come quelli di John Green, preferivo le letture pesanti di autori come Ken Follet, Oscar Wilde, Stephen King ed Oriana Fallaci.

Un ragazzo mi spintonò.

"Levati dal cazzo " disse e rimasi a testa bassa, mortificato.

"Scusa " sussurrai.

Era Hemmings. Lo odiavo con l'anima e sapere che mia madre vivesse questo "amore" con suo padre mi faceva innervosire.

Andai verso l'aula di arte e mi sedetti al primo banco.

Mi affiancò Ray. Mi ecclissava come al solito, ritenendomi un idiota che voleva imitarlo. Non ero studioso come lui, trovavo semplicemente lo studio come uno sfogo.

"Ragazzi parliamo di Van Gogh " iniziò il professore alzandosi dalla sedia scomoda in legno e sendendosi sulla cattedra.

"Lo stronzo che si é tagliato l'orecchio?" comparì dal fondo della classe Hood con una battuta squallida. Non so come faceva a far cadere ai suoi piedi quasi tutte le ragazze della scuola. Era bello quanto idiota.

"Esattamente lui lo tagliò nel periodo poco precedente alla sua morte. In primis, perché voleva provare un dolore più forte di quello che lui riteneva provasse nella sua vita. In secondo luogo, perché voleva fare un suo autoritratto che colpisse la gente nel profondo dei loro animi scaturendo sensazioni nuove ed accattivanti " dissi.

Il professore mi sorrise. Era affascinate. Aveva per lo più trent'anni, i capelli mori e ricci e gli occhi verdi.

" É arrivato il secchione!" urlò Hemmings affiancando l'amico.

"Sta zitto. Il tuo compagno ci ha dato un eccellente spiegazione. Complimenti Clifford!" mi sorrise. Arrossì e ringraziai.

Continuò spiegando diversi accadimenti riguardanti la vita del medesimo pittore.

Quando finimmo uscii per ultimo dall'aula.

"Ei,sfigato!" mi salutarono Hood e Hemmings. Abbassai lo sguardo, sentendo le risate della gente che stava intorno a loro.

Corsi in bagno e scoppiai a piangere. Mi sentii rotto dentro, deluso, triste, offeso. Solo con Hemmings mi succedeva. Lui mi riusciva a far sentire una merda anche solo dicendomi: Idiota. Eppure aveva un viso così angelico,così bello. Come se fosse figlio di un Dio minore. Qualcuno bussò.

"O-occup-pato " balbettai.

"Tutto okay?" mi chiese.

"Si "

"Non é vero " rise.

"Cosa vuoi da me, sii sbrigativo " chiesi annoiato.

"Apri " disse sempre questo presunto ragazzo dalle vans scure e consumate.

"Scusa non posso " sussurrai.

"E dai!, Se non stai bene, be', puoi parlare con me " disse ridendo.

"Sicuramente " risi sarcasticamente.

"Mi dici almeno il tuo nome?" mi chiese. Sentivo la sua voce dolce e profonda,rimbombare contro la porta ruvida e vecchia del bagno.

"Prima tu," sussurrai.

"Ashton " riapose. Sorrisi anche se lui non poteva vedermi.

"Ashton,chissà come farà di cognome, ci saranno almeno dieci, venti Ashton nella scuola " pensai.

"Michael " dissi quando fu il mio turno.

"Allora, a dopo Mike " ridacchiò.

"Ciao Ashton " dissi. Quando fui sicuro che non c'era più nessuno nel bagno uscii ed andai nel corridoio. Aprii il mio armadietto. Ci trovai un numero attaccato sopra.

Ashton

Cazzo, aveva capito chi ero. Presi il foglietto e lo chiusi nell'armadietto.

Andai nel giardino e accesi una sigaretta portandola tra le labbra.

Mi sentivo così triste che avrei voluto sentire la voce di quel ragazzo.

Si sedette affianco a me, l'adorato Irwin di Akim. Cazzo, Ashton era Irwin, lo dedussi troppo tardi.

Lo guardai, prima di girare il viso dall'altra parte.

"Lo so che hai capito " sussurrò contro la mia pelle. Arrossì e guardai la sua mano farsi spazio sulla mia gamba. Neanche quando lo facevano le ragazze riuscivano a provocarmi tutti questi brividi.

"No,scusa " sussurrai.

"Mh,okay " disse con un sorrisetto furbo. Scese dal muretto dove stavamo seduti e mi salutò per poi tornare dalle sue solite puttane.

Akim mi guardò sbalordita.

"Non ho fatto nulla" mimai silenziosamente.

"Se hai il suo numero, ti uccido" disse minacciosa. Esitai a parlare.

"Hai il suo numero " mormorò incredula.

"Ti dico di- " mi interruppe in modo brusco.

"HAI IL SUO NUMERO!" urlò.

"Akim non fare-"

"Mikey,sei un genio! " urlò abbracciandomi. Rimasi sconvolto e poi ricambiai.

Le persone tristi sono quelle che hanno avuto troppe delusioni.

Afraid | MukeWhere stories live. Discover now