Capitolo 1 -Quotidianità

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"Sai, il fatto è che per quanto tu possa convincerti, è uno stato mentale che non ti abbandonerà mai del tutto, è un po' come una morte interiore.
Fuori sei vivo ma dentro sei seppellito già da tempo."

Come ogni consueta mattina si trovava nel suo
scomodo letto a contemplare il vuoto.
Il suo corpo era immobile, così come il suo cuore,
spento e privo d'amore. Non provava più nulla ormai.

Sprazzi di luce fioca penetravano dalla finestra illuminando i suoi stanchi occhi ambrati.
Aveva bisogno solo di silenzio, di puro silenzio.

«buongiorno Julia, è ora di alzarsi»
Una figura esile si presentò dinnanzi a lei, i capelli marroni le ricadevano lunghi sulle spalle ed i suoi occhi azzurri la scrutavano amorevolmente. Era sua madre.

Infastidita dalla sua presenza si girò di fianco, non aveva intenzione di sentire nessuno, tantomeno di alzarsi dal letto. La scuola poteva aspettare.

«non mi sento bene mamma, lasciami dormire per favore.» sussurrò Julia stringendo a se il suo morbido cuscino.

«D'accordo, io sto andando al lavoro, aggiornami su come ti senti.» Aggiunse per poi dileguarsi frettolosamente fuori dalla piccola stanza della figlia.

Julia amava quel luogo, lo riteneva il suo piccolo rifugio, il posto dove poter tirare fuori se stessa senza la paura di sentirsi giudicata.
Era una stanza molto semplice, pareti pitturate di un fine grigio fumé e foto sparse ovunque.
Trovava essenziale immortalare ogni momento della sua vita con delle foto, diceva ti trovarlo poetico ed intelligente.

Quella era una mattina fredda, le nuvole grigie rispecchiavano il suo stato d'animo. Scrutando attentamente il cielo dalla sua finestra si accese una sigaretta, i suoi pensieri la mangiavano viva.
Il fumo la aiutava a distrarsi, il suo perpetuo dolore bruciava insieme alla cartina, mischiandosi fra la cenere.

Gettò la sigaretta dalla finestra e scese lentamente dal letto; un senso di svenimento la pervase completamente, la testa le girava e la sua vista si annebbiava sempre più.
Cadde a terra, il silenzio era sempre più straziante; ma lei era più forte, o almeno credeva di esserlo.
Si alzò velocemente prendendo dei grandi respiri.
"Io sono forte. Io sono forte. Io sono forte."
Continuava ogni giorno a ripeterselo nella testa. Lei ne era convinta. Si sentiva forte, invincibile.
Nessuno l'avrebbe mai fermata, la perfezione era vicina.

Si diresse lentamente in cucina; odiava passare il tempo lì dentro, considerava quello spazio come il suo più grande nemico.
Senza pensarci troppo, si versò del caffè adagiandosi sopra il suo grande tavolo in ciliegio, che donava a quell'ala della casa una nota di raffinatezza.
La sua colazione era quella, caffè, litri di caffè e the, d'altronde possedevano zero calorie, erano perfetti.

Gettò bruscamente la tazzina nel lavabo e si diresse in camera, la giornata doveva cominciare nel migliore dei modi.
Mise la musica nella orecchie e si sdraiò a terra.
Le ossa della sua fragile schiena strusciavano sulla dura pavimentazione di marmo provocandole un dolore atroce. Ma in realtà lei amava quel dolore, annunciava la sua vittoria.
Prese un grande respiro e cominciò a eseguire degli strazianti addominali, la pancia le brontolava e lei per placarla la riempiva di violenti pugni, solo in quel modo i crampi sarebbero andati via.

Erano ormai tre ore che si allenava interrottamente, doveva bruciare quelle maledette calorie ingerite.
Il fatto è che oggi, di caloria, non ne aveva ingerita neanche una.
Ma questo non poteva astenerla dal suo consueto allenamento, era di vitale importanza.

La testa continuava a girarle, la mente continuava a vagare e il cuore batteva sempre più forte, di lì a poco sarebbe svenuta.
Ma non era il caso di mollare, non adesso.
Distese il suo esile corpo sulla fredda pavimentazione, l'allenamento era terminato ma lei non era felice.
Provava costantemente quel senso di inadeguatezza, il sentirsi costantemente sbagliata.

La giornata passò lentamente, il suo pranzo fu una mela, un pasto da cinquantadue calorie, che poco dopo aveva bruciato con un secondo straziante allenamento.
Il cielo era plumbeo, il nero rispecchiava il suo animo dannato, indubbiamente era diversa dalle altre.
Una mente folle. Un anima libera che amava esplorare ogni stranezza di questo mondo.
Era così, unica e sognatrice.

                                          ***

«tesoro non mi hai fatto sapere nulla, ti senti meglio?» la minuta mano della madre accarezzava dolcemente i perfetti lineamenti di sua figlia.
Ma per quanto potesse amarla, non si accorgeva di nulla. Non si accorgeva dell'inferno che Julia portava dentro ormai da anni.

«sto bene mamma» aggiunse impassibile.
La sua voce era calda e delicata, si addiceva alla sua bellezza pura ed innocente.
Sembrava un angelo, i suoi capelli biondo cenere le donavano un'aspetto dolce, così come le sue rosee e carnose labbra.
Era di una bellezza indescrivibile, eppure si vedeva un mostro.

«d'accordo. Io e tuo padre abbiamo impegni di lavoro, siamo costretti ad uscire; credo nel frigo ci sia qualcosa, vedi tu.» enunciò la madre per poi calzare ai piedi un paio di tacchi a spillo.
Era una donna così elegante e dedita al lavoro, non aveva mai posseduto quello spirito da sognatrice.
Lei e sua figlia erano completamente l'opposto, forse era per questo che non si erano mai riuscite a trovare.

Come ogni sera, rimase sola, senza nessuno con cui parlare. Era convinta di non averne bisogno,
quando in realtà la chiave di tutte era solo quello. Parlare.

La cena fu solitaria, l'unica cosa che le faceva compagnia erano le sue serie tv preferite.
Svuotò una scatoletta di tonno nel suo piatto, accompagnata da quattro broccoli.
Secondo i suoi gusti, era anche troppo ricca quella cena; centocinquanta calorie, non poteva sopportarlo.

Lasciò il suo piatto sul davanzale e si diresse in camera.
Era solita lasciare piatti sparsi per casa, in questo modo i suoi genitori avrebbero notato la sua adeguata alimentazione.
A volte lasciava addirittura intere confezioni di snack sparse per casa, così da fra credere loro di averli mangiati, quando in realtà subito dopo li gettava nel secchio. Era diabolica la sua mente, ma dannatamente fragile.

Cominciò a correre sul posto, quelle centocinquanta calorie erano troppo invasive, la sua testa iniziava a pentirsi, il suo sguardo era severo, doveva rimediare subito.
Cominciò ad allenarsi freneticamente per un ora consecutiva, il suo corpo era madido di sudore, il suo fiato la stava abbandonando così come le sue forze.
Si stese sul letto portando lo sguardo sul soffitto, quelle calorie l'avevano stremata, non poteva permetterselo. Non adesso.

                          TO BE CONTINUED...

Buonasera ragazzi!
Come state?😘
Ho deciso di pubblicare questo libro perché ho notato che è un argomento davvero poco trattato; ed essendoci passata in prima persona so cosa si prova, è atroce.
Spero vi piaccia, ma sopratutto spero che vi aiuti a comprendere il mondo che si cela dietro ad un disturbo alimentare.
A volte è un problema sottovalutato, quando in realtà si dovrebbe agire subito.
Se qualcuno ha bisogno di aiuto, di un sostegno o semplicemente di parlare, io sono sempre qui, non esitate a scrivermi!
Per quel che posso, sarò felice di aiutarvi!
Al prossimo capitolo -Mich
Ps: se questa storia vi sta piacendo ricordate di lasciare una stellina o commento, mi farebbe molto piacere! ❤️

ImperfectionWhere stories live. Discover now