2. Argento

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Credevo che la cosa peggiore che potesse capitarmi, dopo essere fuggito di casa, fosse trovarmi sotto un ponte a provare freddo e fame, invece la cosa più brutta, oltre che umiliante, era stata fare l'aiutante di un ex-soldato, ormai ossessionato solo dalla bottiglia e dal ricordare le sue gesta, e io a portargli la sacca da viaggio.
Però questo l'avevo dovuto fare solo per guadagnare abbastanza denaro da permettermi un biglietto per il treno espresso e quindi giungere a Terrania, dove dicevano che si trovava la sede dei Salvatore, a quella puntavo.
Si diceva che a Terrania comandavano le famiglie più importanti, la verità è che i Salvatore erano coloro che potevano decidere del tuo destino, un tempo erano un gruppo di persone atte a voler difendere i Peccati e la loro nascita e così i loro templi si sono diffusi in tale modo che avevano cambiato il credo dei Peccati in Sogno.
Avrei voluto almeno un minimo della loro influenza e con essa non avrei più dovuto chiedere aiuto a nessuno né abbassare il capo. Avrei avuto tutto.
Bastava solo chiedere di lavorare con loro, anche partendo da semplice sguattero.
Ovviamente i miei non erano stati d'accordo con la mia scelta di lasciare il nido, come al solito, cosa potevano capirne loro di sogni? E di vivere meglio? Mio padre era un ingegnere, la sua mente era tutto calcoli e numeri, non dava mai nulla per scontato e tutto doveva essere a regola d'arte, niente immaginazione. Anche se quella perfezione ci aveva fatti finire in rovina con tutti gli investimenti usciti "non a norma", come diceva lui. Il problema è che il mondo non funzionava solo con i numeri. Funzionava anche con i falsi, i furbi e i corrotti.
Mia madre invece era una donna dedita solo a curare la sua estetica e a spettegolare su chi era più sfortunato di noi. Almeno questo prima di cadere in rovina.
Ma non aveva mai appoggiato il mio sogno di seguire i Salvatore, diceva che era gente malvagia e che non dovevo fidarmi di loro.
Stanco della mia strada prefissata, me n'ero andato di casa e ora eccomi qui, ad attendere il mio turno per prendere un biglietto del treno dopo aver mandato al diavolo quell'ubriacone di un soldato, cosa che potevo scordarmi di continuare a fare visto che avevo scorto la sua testa calva nel mezzo alla folla.
Cosa potevo fare oltre che scappare? Nulla.
Oppure nascondermi nel convoglio merci del treno espresso e sperare che non mi trovasse nessuno.
Dopo averlo fatto, ed essermi ricoperto di valige dalla testa ai piedi, mi ritrovai nel buio totale. Attesi un po', mi sembrò che fossero passate ore ma forse era stato per il luogo senza tempo in cui mi trovavo; uscii dal mio nascondiglio e mi intrufolai dentro un altro vagone, avevo fame e certamente non volevo morire durante il tragitto che mi avrebbe portato finalmente alla mia destinazione.
Camminai lento nel corridoio decorato, mia madre avrebbe saltato di gioia nel vedere un simile treno e mio padre ne avrebbe esaltato la struttura, io invece notai solo, e con molto piacere, che quel vagone non conteneva passeggeri, forse perché troppo vicino al convoglio merci.
Mi resi subito conto di essermi sbagliato udendo:
"Ti sei perso?"




Non era mia abitudine parlare a chi avrebbe potuto denunciarmi alle autorità, in quel caso perché ero senza biglietto, ma non riuscii a ignorare la voce di quella ragazzina dai capelli ricci e voluminosi come quelli di una delle bambole di cera che vedevo spesso nelle vetrine dei negozi di giocattoli, anche il suo vestito, di un rosso vivido ricamato d'ocra, dava l'impressione di appartenere a un grande oggetto da collezione.
Pensai che fosse un piccola nobildonna e mi stupii nel sentirmi in imbarazzo di fronte a lei, in quello stato pietoso da straccione.
"Non... io ce l'ho il biglietto."
"Immagino." - rispose lei, toccò un po' il pupazzo di pezza al suo fianco, un orsetto, e riportò lo sguardo su di me - "Altrimenti non saresti su questo treno."
"Eh già."
Avrei dovuto continuare la farsa fino a destinazione, come avrei potuto reagire nel caso di un controllo?
"Dove sei diretto?"
"Perché dovrei dirtelo?"
"Perché volevo conversare." - in pratica si annoiava e voleva qualcuno con cui condividere il tempo, non che mi dispiaccia ma annoia solo il pretesto.
"Vado a Sagrada." - dissi, sembrò che i suoi occhi s'illuminassero e infatti un dolce sorriso si posò sulle sue labbra: "Anch'io."
Quindi avremmo dovuto passare insieme tutto il viaggio?
"Biglietti."
Sussultai nell'udire quella frase, mi alzai, pronto per uscire e tornare nel vagone merci, però la ragazzina mi intimò di sedermi: "Hai paura del controllo?" - tremai e pregai di non essere lanciato fuori dal treno in corsa.
"Biglietti, prego."
La porta della stanzina dov'eravamo si aprì, sull'uscio si era posato un signore in divisa, la sua pancia riempiva tutta l'apertura quindi la fuga era improponibile a quel punto.
"Grazie." - il controllore ridiede il biglietto alla ragazzina che lo aveva subito estratto poco prima, deglutii a vuoto quando compresi che si era voltato verso di me.
Alzai la testa sorridendogli, come se potesse bastare nel calmarlo da un'eventuale strigliata epocale, e mi preparai la più grande scusa del secolo.
"Ti ha chiesto il biglietto. Ricordi? È nella tasca destra dei pantaloni." - rimasi basito, controllai la tasca come mi aveva detto la ragazzina e trovai un biglietto, lo porsi all'uomo e questo se ne andò.
"Ora che non c'è più, posso riavere il mio biglietto?"
Udii questo fuoriuscire dalla bocca della bambolina vivente.
"Il tuo biglietto?"
"Sì." - si sporse prendendomelo dalle mani - "Quello che hai appena visto era un'illusione." - mi mostrò lo stesso sorriso dolce di prima - "Mi chiamo Loria."
"Argento." - risposi imbarazzato, poi riflettei: "Ma hai detto illusione... sei un Peccato?" - domandai chiedendomi dove fosse la sua mancanza.
Lei sorrise.
E ora che ci facevo caso, fino a quel momento non aveva mai aperto la bocca per parlarmi.
Quella fu la mia prima volta nel vedere un Peccato con i miei occhi e di sicuro non sarebbe stata l'ultima. Se avessi fatto parte dei Salvatore, avrei potuto ricambiare il favore che oggi mi aveva fatto quella gentile ragazzina.
Appagato da quelle circostanze, mi sentii libero di poter schiacciare un pisolino, in attesa di giungere a Sagrada e di seguire il mio destino.




"Chris..."- il ragazzo rizzò le orecchie appena udì il suo nome, suo padre, Howard, l'aveva chiamato all'interno della carrozza - "...tu sai cos'è un Sogno e cos'è un Sognatore?"
Il giovane negò muovendo lentamente la nuca ma ipotizzò:
"...io sono un Sognatore?"
"No." - ammise l'uomo - "Sei un gioiello ancora grezzo ma potresti divenirlo presto. Sappi che i Sognatori sono coloro che possiedono un Sogno e ne possono controllare i poteri, farne ciò che vogliono... e sai perché?" - ricevette un'altra risposta negativa seguita da: "Io ho bisogno di un Sogno?"
"Sì, Chris, tu ne hai bisogno." - sospirò ricordando le parole dell'amico morto da poco - "I Sogni hanno bisogno di un Sognatore per continuare a esistere, non esiste Sogno senza Sognatore. In pratica ogni persona, a questo mondo, è legata a un'altra con un filo invisibile. I Sogni e i Sognatori sono legati l'uno all'altro da questo filo e i Sogni provano solo desiderio per i Sognatori." - rise - "Quella ragazzina, Liora, doveva essere il tuo Sogno... deve essere il tuo Sogno. Se lei divenisse una tua proprietà, tu potresti avere tutto dalla vita. Immagina poter usare la mente e il corpo di una persona... immagina Christopher..."
"Per questo dobbiamo riprenderla?"
"Esatto."
Il ragazzo apparve confuso per un attimo, difatti pose una domanda: "Come si lega un Sogno a un Sognatore?"
Howard tornò con la mente al passato, osservando il suo bastone lucido, e assunse un sorriso beffardo:
"Il Sogno deve sentirsi come a casa propria solamente stando accanto al suo Sognatore. È così che si legano due compatibili." - spense il sorriso pensando amaramente a com'era finita la sua storia.




Argento... da un po' si era messo a dormire, disteso sui sedili della stanzina dov'eravamo, e io mi sentii un po' triste al momento.
Guardai Mr. Teddy e scesi dal mio sedile per sedermi accanto a lui, appoggiai il mio orsetto sulle sue gambe, presi la testa di Argento e l'appoggiai sulle mie gambe. Col cambio di posizione, lui si voltò mettendosi supino e ciò mi rasserenò perché non l'avevo svegliato.
Posai la mia nuca sulla parete alla mia sinistra e iniziai anch'io a dormire.
In qualche modo avrei dovuto fare da balia a quello strano ragazzo però questo mi avrebbe distratto dalla preoccupazione verso mio padre, inoltre mi sentivo veramente bene stando insieme a lui.
Ripensai a quando la carrozza fu fermata e a come quel gruppo di mercenari aveva ucciso il cocchiere.
Un tradimento avevano detto.
Se fossi rimasta su quella carrozza non sarei giunta ad Aven ma in un altro luogo.
Papà aveva pensato a tutto pur di proteggermi, anche nell'ingaggiare dei mercenari perché mi scortassero fino a una stazione diretta a Sagrada, che distava pochi chilometri da Aven.
Ancora adesso non capivo il motivo di tutte quelle precauzioni ma potevo intuire molto bene che c'era qualcosa che mi stava dando la caccia.
Osservai Argento dormiente e mi domandai come facesse a sentire la mia voce.
Forse anche lui era speciale come me.
Iniziai così a sognare un futuro migliore per entrambi.
O almeno a sperarlo.

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⏰ Last updated: Dec 04, 2021 ⏰

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