1. Lontano da casa

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Correre.

Andare avanti senza mai guardarsi indietro.

Ignorare la stanchezza, alzarsi dal letto non appena suona la sveglia. È questo che faccio da quando sono qui.

La musica nelle cuffie scandisce il ritmo dei miei passi sull'asfalto, l'aria fredda che mi riempie i polmoni ha ancora impresso l'odore della notte appena trascorsa. Odore di terra, erba, foglie, di qualche camino appena acceso. Amo la luce che timida rischiara il cielo oltre l'orizzonte, verso le montagne, il vento e la pioggia che certe mattine bagnano il cappuccio della mia felpa. Non potrei mai rinunciare a tutto questo. Mi fa sentire libera e a posto con me stessa. Supero un cespuglio di more a bordo strada, mi fermo e mi piego sulle ginocchia per riprendere fiato, spengo il lettore.

Raggiungo il caseggiato anonimo di quattro piani in cui si trova il mio alloggio, inserisco la chiave magnetica nel portone d'ingresso ed entro. Il corridoio è silenzioso come ogni mattina, cerco di non fare rumore mentre apro la porta della mia camera. Sul comodino, il piatto e il barattolo della marmellata che ho trovato stamattina al mio risveglio. Il mio letto è vuoto, Chris è sotto la doccia.

Lascio lettore mp3 e chiavi sulla scrivania e vado in cucina, sul tavolo il pacchetto di sigarette e l'accendino di Rebecca, il portacenere, la sua piastra per capelli e un foglio che mi è tristemente familiare, una multa infilata sotto le scarpe da ginnastica di Chris. Nel lavandino, una pila di piatti sporchi.

Apro il frigo e prendo una bottiglia di Squash all'ananas.

«Non riesco a credere che siano iniziate le vacanze di Natale!» Rebecca, ancora in pigiama, i capelli biondi in disordine e gli occhi azzurri assonnati, si precipita ad accendere l'albero di Natale accanto alla finestra. Ma quando preme l'interruttore non succede nulla.

«Temo che anche quella presa sia k.o.» commento. Lei lancia un'occhiata alla tuta e alle scarpe da ginnastica che indosso.

«Sei andata a correre anche stamattina?»

Mando giù un lungo sorso e rimetto lo Squash nel frigo. «Sì. Caffè?»

«No, grazie. Credo che mi preparerò dei toast con la marmellata».

«Devo darti una brutta notizia» dico avvicinandomi al mobile per attaccare il bollitore all'unica presa funzionante. «Qualcuno ha fatto fuori la tua marmellata durante la notte».

Rebecca si lascia cadere su una sedia e prende la multa tra le mani. «Non ci posso credere! La mia marmellata! E un'altra sanzione!»

«Dai, Becca, sono quattro mesi che viviamo insieme, ormai ti dovresti essere rassegnata».

Posa il foglio sul tavolo da cui prende il pacchetto di sigarette e l'accendino. «L'unica cosa a cui mi sono rassegnata è al fatto che quello sfigato ha qualcosa di strano».

«Perché dici così?»

«Non dirmi che non lo pensi anche tu» chiede cominciando a fumare.

Giro il cucchiaino nella tazza, poi lo lancio dentro il lavandino.

«Insomma, hai visto come si comporta? Anche fuori casa intendo».

Comincio a sorseggiare il caffè. «A me sembra solo un ragazzo timido» ribatto.

«Timido? Uno che il primo mese si è chiuso in camera per giorni e non è uscito nemmeno per mangiare, che non va mai alle feste e...»

«Nemmeno io andavo alle feste sino a qualche mese fa

«Sì, ma è diverso».

«Se lo dici tu...»

Scuote la sigaretta nel portacenere. «Non lo dico io, ma il flaconcino che lui ha dimenticato l'altra notte sul tavolo».

Finisco di bere e incastro la tazza tra una pentola incrostata di riso al curry e un piatto sporco di salsa.

«Era uno di quei farmaci che si prendono contro la depressione. Il nome era qualcosa come... Qualcosa con una x...»

«Non mi intendo di antidepressivi» taglio corto, anche se non è esattamente vero. Apro il rubinetto e inizio a sciacquare la tazza. «E anche se fosse, non vedo cosa ci sia di male».

«Sei seria? Non sappiamo esattamente che tipo di disturbo abbia, e noi siamo due ragazze che vivono con lui, se capisci cosa intendo. Se dovesse fare qualcosa di strano... Insomma, tu hai la camera proprio di fronte alla sua e io dormo con i tappi...»

Chiudo il rubinetto. «Non credo che ci sia nulla da temere, Becca. Non si è mai comportato male da quando lo conosciamo e...»

«E la mia marmellata? E le scarpe sul tavolo?»

«Non ti sembra di esagerare?»

«No. Soprattutto ora che ho scoperto che prende quella roba».

Le do le spalle mentre ripongo la tazza nello scolapiatti. «Può capitare a chiunque di avere dei problemi, Becca. E poi chi ti dice che quelle medicine siano di Chris?»

«Beh, non sono mie, e di certo neanche tue».

«Come fai a dirlo?»

Lei ridacchia. «Vai a correre tutte le mattine, non fumi, non ti mangi le unghie, non salti mai una lezione e...»

«E?»

«E a pensarci bene sei parecchio strana anche tu, in effetti».

Ci fissiamo un istante, poi ci mettiamo a ridere.

«Comunque tornando a Chris non hai di che preoccuparti, davvero». Asciugo le mani nello strofinaccio. «Ci ho scambiato qualche parola tra una lezione e l'altra, è un ragazzo gentile».

«Dal modo in cui lo difendi si direbbe che ti piaccia».

Alzo gli occhi al cielo.

«Non ci credo, quello sfigato ha fatto colpo!» sghignazza spegnendo la sigaretta.

Faccio per lanciarle addosso lo strofinaccio, quando vedo Chris fermo sulla soglia. Non faccio in tempo a dire nulla, perché ci volta le spalle e se ne va.

«Ops» sento bisbigliare da Rebecca.

«Che fai lì impalata? Vai a parlargli».

«Cosa? No, vai tu se proprio ci tieni. Con me non ha mai parlato».

«Potrebbe essere la volta buona, non credi?»

Mi guarda di traverso, poi si alza e lascia la cucina.

Rebecca non riesce a capire chi non è come lei. Per questo non le ho mai confidato nulla del mio passato e non ho nessuna intenzione di parlarle del mio rapporto con Chris.

Stacco la spina del bollitore dalla presa e ci inserisco quella del tostapane. Mentre attendo, ripenso al modo in cui mi sono avvicinata a lui in questi mesi. È cominciato tutto la sera di Halloween. 

Un ultimo battito - anteprimaWhere stories live. Discover now