Capitolo 2

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Le ultime ore passarono veloci. Durante le turbolenze Percy cercò di non impazzire, limitandosi a stringere forte la mano di Piper, che non la lasciava. Quando finalmente toccarono terra, Percy poté dire di aver perso dieci anni di vita.

Piper si voltò verso di lui e gli sorrise. Gli accarezzò una guancia a lo baciò con dolcezza. - Hai visto, amore? - gli disse orgogliosa. Percy cercò di sorriderle di rimando, ma le sue mani tremanti non lo aiutarono di certo. - É passato. Siamo a terra. - gli prese le mani tra le sue e lo guardò negli occhi rassicurante. - Puoi rilassarti adesso.

Lui le rivolse un sorriso più sincero che poté, poi si alzò. Anche gli altri passeggeri stavano cominciando a scendere. - É meglio scendere. Non vedo l'ora di rivedere la mia New York - convenne. Piper annuì e si alzò. Aspettò che Percy tirasse giù i loro bagagli a mano e poi gli prese la mano.

Percy le diede un bacio e raggiunsero lo scivolo. Una volta sulla pista, con i piedi sulla solida terra, Percy fece finalmente un sospiro di sollievo. Era a casa, pensò mentre un sorriso si faceva spazio sul suo viso. Finalmente. Quando gli era mancata casa sua.

Piper, accanto a lui, lo guardò in silenzio con un sorriso. Era bello vedere i suoi occhioni verdi brillare, il suo bellissimo sorriso sulle sue labbra. Era contenta che il suo tesoro avesse potuto tornare a casa. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma decise di restare in silenzio. Non voleva turbare la sua tranquillità.

Purtroppo, non servì a molto. James e Nico li raggiunsero mentre andavano agli arrivi. - Percy - James abbracciò il figlio, che rimase rigido per qualche secondo ma poi ricambiò. - Com'è andata? Avevo paura che ti sentissi male, ci sono passato anch'io e durante quelle turbolenze...

- Papà, sto bene - lo interruppe Percy, rassicurandolo con un sorriso. Abbracciò Nico, che insistette per farsi prendere la mano. - Mi sono seduto verso il corridoio e c'era Piper con me. Lei mi ha aiutato tanto.

Lei gli sorrise e si alzò sulle punte per dargli un bacio. - É stato davvero molto coraggioso - disse orgogliosa, sorridendo al suo amore. Poi rivolse lo sguardo all'uomo. - Dovrebbe essere molto orgoglioso di suo figlio, come lo sono io.

Percy si sentì le guance a fuoco e abbassò lo sguardo, ma sentì suo padre dargli una pacca sulla spalla. - Lo sono già - ammise. Percy sentì le guance ancora più calde, se possibile, così incoraggiò gli altri ad andare.

Non vedeva l'ora di rivedere i suoi amici. La scuola era finita proprio quel giorno. Erano passati sì e no tre giorni dal compleanno di Piper, perciò era l'otto giugno. Erano partiti di pomeriggio dall'Inghilterra e il volo durava sei ore, quindi lì era la stessa ora di quando erano partiti da Londra. Che cosa strana.

Strinse forte la mano di Piper. Aveva mandato loro un messaggio con il cellulare - che finalmente poteva usare, grazie al cielo - e aveva detto loro di aspettarli di fronte all'aeroporto La Guardia. Recuperarono i loro bagagli di avviarono verso l'uscita.

L'aeroporto era affollato, perciò Percy per poco non andò a sbattere contro un uomo d'affari in giacca e cravatta. Quando finalmente riuscirono ad arrivare all'uscita, il cuore di Percy batteva a mille. Perlustrò con lo sguardo davanti a sé, ed ecco che li vide.

C'erano proprio tutti. Il primo a notarlo fu Leo. Li indicò agli altri e gli venne incontro. Percy non poté trattenersi corse verso di lui e l'abbraccio, stringendolo forte. Quanto gli era mancato! - Ehi, amico, così mi stritoli! - esclamò scherzosamente l'altro, così Percy lo lasciò andare.

- Non é colpa mia se sei così piccolo! - lo prese in giro lui di rimando. La faccia che fece il suo amico fu impagabile: Percy non poté fare a meno di scoppiare a ridere. Avrebbe continuato a ridere, ma qualcuno scostò Leo in malo modo.

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