primo capitolo | distacco

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La cerimonia sta per finire e Harry non ha ancora guardato gli sposi sull'altare. Ha memorizzato le venature del marmo e il pavimento levigato tenendo la testa bassa.

"Alza quel bel viso" gli aveva mormorato il padre "fatti vedere". Ma se lo facesse, l'urlo che gli rimbomba tra le pareti dello sterno gli spalancherebbe la bocca.

Se li vedo non so resistere. Però aveva preso posto nelle ultime file, era stato ubbidiente, si era adattato.

Harry è cresciuto, lo hanno visto tutti. Il viso si è assottigliato, porta i capelli più lunghi e una sfilza di anelli alle dita che lo fanno brillare sotto il sole. Come se avesse bisogno di quei mezzucci per essere guardato. La sua presenza veicola gli sguardi in un'unica direzione: la sua.

Anche adesso, che siede con la testa bassa e i capelli gli ricadono leggeri davanti agli occhi, è naturalmente bellissimo.

Sua madre, che non lo vede da due anni, si è girata dalle prime file per guardarlo. Voleva rivolgergli uno sguardo veloce e poi tornare composta, ma è rimasta incastrata in quella visione, e ora lo osserva di nascosto mentre si sfila gli anelli per rindossarli, uno dopo l'altro, fino a coprirsi di nuovo tutte le mani.
Lo faceva anche quando aveva sedici anni: gli era sempre piaciuta l'idea di far rumore ovunque andasse.

L'ultimo anello a venire sfilato e poi rimesso al dito è una fede sottile, dorata. L'anello torna al suo posto e per un istante Harry si guarda le mani come se non sapesse più cosa farsene, poi le fa ricadere sul grembo e le lascia lì, immobili come il resto del suo corpo.

Così sembra quasi sereno, Harry. Indifferente verso la cerimonia che lo circonda e la festa che lo circonderà, verso tutta quella gente. Ma impassibile non lo è davvero; ha solo la straordinaria capacità di sembrare chi non è.

In verità, dentro gli si agita una bufera e l'eco che provoca è assordante e caotico.

Sospira e batte un piede sul pavimento, mentre il matrimonio prosegue e suo zio promette di prendersi cura per sempre della donna che ha portato all'altare.
Quello è l'unico movimento che gli viene permesso, poi la mano di suo padre gli atterra sulla coscia e la stringe forte, tremante. Harry si volta e l'unica cosa che riesce a vedere è la persona che l'ha cresciuto, non abbastanza uomo per sentirsi tale, non abbastanza donna per esserlo davvero. Katrin, non più Christopher. Perché ti fai questo?

"Non riesci neanche a smettere di tremare" sibila, dandogli uno scossone.

Sua madre si rigira di scatto nel momento esatto in cui Harry alza il viso e la mano di Katrin si allontana. Lo sente prepotente sulle spalle, il giudizio di suo figlio. L'odio che si è guadagnata andando via, quel sentimento sprezzante che ha visto nei suoi occhi prima che la porta fra loro venisse chiusa: lei fuori, lui e Katrin dentro. E ora ha paura che Harry abbia sentito il suo sguardo, che l'improvviso rianimarsi del suo corpo sia dovuto a lei. Ma Harry non la vuole fronteggiare: a lei non ci pensa, non ora. È concentrato su suo padre, che ha ritratto la mano come se lui glie l'avesse appena colpita.

"Questa gente ti parla alle spalle da anni e tu ti comporti come se fossi io il pericolo più grande." Mormora Harry, che ha allontanato quelle mani ma adesso le rivuole indietro e non sa come chiederle. "È assurdo."

Katrin non ci prova nemmeno, a rispondergli. Harry, vorrebbe dirgli, non essere così duro con me, non lo vedi che la poca energia che ho mi si ritorce contro? Risparmiami, almeno tu. Cerca di capire.

Non gli dice niente di tutto questo. Non prova a toccarlo di nuovo. Non si allontana e non tenta di farlo ragionare. Lo conosce, Harry. Adesso ha il viso di un adulto, è vero, e ha lasciato le forme acerbe dell'adolescenza come un serpente abbandona la sua pelle. Eppure c'è ancora qualcosa, in lui, qualcosa dai tratti estremamente infantili che non se n'è andato con gli anni.
Quando Katrin riesce a scovarlo, Harry torna piccolo anche nella sua memoria, e si sente quasi obbligata a pensare a quel bambino che un giorno, a otto anni, aveva deciso di non voler più parlare.
Per settimane intere, Harry aveva guardato i suoi genitori impazzire dietro ai perchè, ai cosa può essere successo dalla soglia della cameretta. Ma il silenzio l'aveva mantenuto ancora, con una fermezza crudele e irreale.
L'avevano portato da ogni pediatra che erano riusciti a rintracciare, ed erano state infinite le ore che avevano trascorso negli ambulatori di Londra, con quel bambino seduto sulle ginocchia, ammirato da tutti e completamente muto.
Solo che Harry non era malato, era smanioso e aveva finalmente ottenuto quello che desiderava: tutta l'attenzione su di sé. Allora perchè smettere?

CRY, BABYOù les histoires vivent. Découvrez maintenant