The Happy Ending.

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Gli ci era voluto tempo per trovare il bagaglio all'aeroporto e passare i controlli, dopo di che aveva dovuto cambiare i soldi e trovare un taxista che lo portasse in albergo, constatando con grande dispiacere che, in Francia, nessuno aveva la minima intenzione di comunicare con lui in inglese. Così, gesticolando e biascicando le poche parole di prima necessità che Brianna gli aveva insegnato in francese, era riuscito a raggiungere l'hotel, dove, con la medesima difficoltà, aveva richiesto la sua prenotazione e saldato il conto. Il ragazzino che lo aveva accompagnato in stanza, portandogli la valigia, era stato l'unico che gli avesse rivolto due parole nella lingua più parlata nel mondo. Arrivato in stanza, dopo tutte quelle peripezie, aveva scoperto con orrore che erano già passate le dieci del mattino e lui aveva ancora troppe cose da fare.

Decise, prima di tutto, di disfare la valigia e sistemare gli abiti, poi pensò di mangiare qualcosa, perché con lo stomaco pieno avrebbe reso decisamente meglio, sempre se lei lo avesse ancora voluto con sé.

Rimosse questo orribile pensiero, cercando di convincersi che lei lo amava ancora. Decise di farsi una doccia veloce prima di uscire, sistemò i capelli sperando che i ricci avessero un aspetto dignitoso dopo tutte le avventure che aveva passato. Voleva essere bello, perché voleva piacere a Bree. Si cambiò in fretta e uscì di casa. Si incamminò a piedi senza sapere bene dove andare, aiutato da Google Maps e da una cartina comprata in una cartoleria, fortunatamente scritta in inglese. Mangiò al volo nel posticino più economico che riuscì a trovare, poi si fermò qualche minuto al tavolo per cercare la strada da fare.

Bree gli aveva parlato della sua scuola e gli aveva anche detto il nome, così non gli fu difficile risalire alla via. Bree gli aveva detto che tutti i giorni, per un motivo o per l'altro, non rientrava mai a casa prima delle quattro del pomeriggio e che, formalmente, le lezioni finivano alle 14.

Si perse qualche volta, così cercando di orientarsi a piedi e chiedendo aiuto a qualche passante, riuscì ad arrivare a scuola quando erano quasi le tre. Bree stava frequentando l'ultimo anno di liceo, mentre lui, che ne era appena uscito, aveva quasi i brividi al pensiero di dover rimettere piede in una scuola superiore. Quando arrivò, però, il cuore gli saltò nel petto per ben altro motivo: sentiva che lei era lì da qualche parte, erano vicini, finalmente.

Prese un profondo respiro e si incamminò verso l'ingresso, mentre alcuni ragazzi che uscivano lo osservavano dall'alto al basso come se fosse un fenomeno da baraccone. La curiosità, probabilmente, spinse una ragazzina bionda ad avvicinarsi a lui. Doveva essere un po' più piccola di lui, eppure aveva un'aria fin troppo familiare e gli occhi azzurri e vispi gli parvero quasi come quelli di Brianna. Scosse la testa, probabilmente il desiderio di lei gliela faceva vedere ovunque.

«Bonjour, besoin d'aide?» domandò la ragazza, con la vocina dolce e quella r trascinata che Ashton aveva imparato ad amare nella voce di Brianna. Scosse la testa confuso e balbettò un: «Désolé, je ne parle pas français», come gli aveva detto Bree. Lei in realtà gli aveva insegnato a dire "Sono uno sfigato e non parlo francese", ma in quel contesto gli parve migliore usare la variante educata "Scusa, ma non parlo francese." Si era sentito molto ridicolo mentre lo diceva, ma era sicuro che la ragazza avesse capito comunque.

La biondina, infatti, rise di gusto per il suo patetico e disperato tentativo di biascicare due parole nella sua lingua e, per fortuna del ragazzo, ripeté cordialmente la sua offerta d'aiuto in un inglese un po' imperfetto, ma comunque più impeccabile del francese di Ashton.

«Hai bisogno d'aiuto?» domandò, sorridendogli. Ashton annuì energicamente, felice di aver trovato una ragazza così gentile.

«Sì, sì, in effetti sì! Sto cercando... ehm... Brianna, Brianna Thomas. La conosci per caso?» chiese, speranzoso. Lo sguardo sorpreso della ragazzina, gli occhi vispi sgranati e la bocca semi aperta, gli fecero intuire che, probabilmente, la conosceva.

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