parte seconda

606 38 5
                                    

Di Maio riuscì a schiodarsi dalla sua posizione e allungò le mani verso il viso di Conte, che sgranò gli occhi un secondo prima che Luigi introducesse la lingua nella sua bocca. Lo fece quasi con rabbia, con il rimpianto di non averlo fatto prima, lo baciò con l'intensità di chi sa che dovrà andarsene da lì a poco, come a voler assaporare completamente l'amato nei pochi secondi a lui concessi. Giuseppe rispose prontamente al bacio, accarezzando la lingua del giovane con la sua, con un amore e una delicatezza che non aveva mai riservato nemmeno alla donna da cui aveva avuto suo figlio. Fu il primo a distaccarsi, causando nell'altro la mancanza di un battito e di mille respiri. Notò che le guance di Luigi erano umide.
"Perché piangi?", gli chiese asciugandogli il viso.
"Vorrei averlo fatto prima. Molto prima. E ora tu non mi vorrai. Dopotutto, nemmeno sei omosessuale. Non voglio metterti nessuna pressione, ma è solo che non ci rivedremo più e io..."
Il pentastellato singhiozzava e l'ex premier gli prese una mano, facendolo sedere sulla scrivania.
"Chi ha detto che non ti voglia?"
"È lampante... Per te sono solo un ragazzino, mi hai preso sotto la tua ala solo perché ti faccio pena."
"Non è affatto vero. Non ti paro sempre il culo per una questione di pena. C'è di più e per me è stato molto difficile ammetterlo con me stesso. Ora che l'ho fatto non rovinare tutto. Io ti voglio. Anzi..."
"Anzi...?"
"Anzi, ti amo. Ti amo come l'erastes ama l'eromenos e cerca di insegnargli tutto ciò che sa, ti amo quando sbagli i congiuntivi e ti lasci correggere da me, ti amo quando ti inventi tutto ciò che puoi per litigare con Matteo e venire protetto da me... Perché, credimi, me ne sono accorto. Una parte di me lo sapeva già."
Conte sospirò, consapevole di aver venduto la sua dignità, comportandosi come se fosse un grande filosofo greco a cui era permesso fare da padre, maestro e amante nei confronti di ragazzi con ventidue anni in meno.
Di Maio, invece, smise di respirare. I suoi occhi avevano raggiunto dimensioni spropositate. Era incredulo. Come poteva un uomo simile, tutto d'un pezzo, aver perso la testa per lui? No, non poteva essere reale... Non aveva parole per esprimersi, voleva solo conferme, essere sicuro che l'ex premier pensasse veramente tutto ciò, che non fosse il frutto dello stress di un governo caduto, di un'ex moglie e un figlio da crescere. Allora si buttò su Giuseppe, che lo sorresse e non cadde all'indietro. Lo stava baciando di nuovo, se non l'avesse voluto si sarebbe sicuramente fermato... Ma Luigi non era ancora certo, così si staccò da lui.
"Giuseppe, rimpiangi qualcuna di queste cose o lo farai in futuro?"
"Smettila, i tuoi dubbi rovinano i momenti."
L'erastes allora si fece avanti e infilò la lingua tra le labbra del più giovane, poggiandogli le dita sulla nuca.
A quel punto l'eromenos si rese conto che era quella la conferma di cui aveva bisogno, non voleva parole, necessitava della prova tangibile del fatto che non l'avrebbe perso. Come una rete di sicurezza. Allora si ricordò di quando, l'anno prima, aveva provato a leggere qualcosa di più lungo e impegnativo dei suoi soliti testi: Divergent. Tris, la protagonista, doveva saltare nel vuoto, ma, essendo particolarmente coraggiosa, si buttò per prima. Luigi, invece, pensava che l'avesse fatto perché sapeva che sotto l'avrebbe aspettata la rete e non sarebbe morta. Nella sua mente sapeva che era uguale a Tris adesso: coraggioso, ma non incosciente. Aveva aspettato di essere certo di avere una rete per buttarsi ed era giunto il momento di farlo.
"Non m'importa di ciò che penseranno gli altri, voglio passare il resto della mia vita con te." sussurrò, interrompendo il bacio.
Era stato lui il primo a saltare.
Ma qualcuno bussò nel preciso istante in cui Luigi esigeva una risposta. Quest'ultimo pensò che non l'avrebbe mai più ottenuta, quando una delle sue guardie del corpo spalancò la porta senza nemmeno ottenerne il permesso. Li trovò entrambi senza giacca, con la camicia leggermente aperta e i capelli scompigliati, ma non si fece domande. Si limitò a parlare all'uomo di cui era responsabile in materia di sicurezza.
"Signor Di Maio, dobbiamo andare."
"Un secondo!" ribatterono entrambi.
"È urgente. La desidera il presidente Mattarella.", disse il bodyguard, strattonando Luigi via da Giuseppe, che avrebbe voluto spiegargli. Una parte dell'ex premier diceva non importa, sarà per la prossima volta... Ma l'altra sapeva che non ci sarebbe stata un'altra occasione. Doveva dirlo in quel momento o qualcosa sarebbe cambiato. La parte codarda, combattendo contro quella coraggiosa, stava vincendo. Ma non completamente.
Dopotutto, il governo ormai era caduto.
Non l'avrebbe mai più rivisto.
Lui l'avrebbe sostituito con un altro uomo.
No, non poteva permetterlo.
C'è ancora tempo.
O la va o la spacca
"LUIGI! ASPETTA!", gli urlò un nanosecondo prima che la guardia del corpo chiudesse la porta dell'ufficio.
"Che c'è?"
La speranza si era riaccesa, Di Maio pensava che Conte lo stesse veramente lasciando andare senza risposte, ma ora aveva una possibilità.
"Quella cosa. La voglio anch'io. Sistemeremo e progetteremo tutto insieme. È un sì."
Gli occhi di Luigi si accesero di gioia, mentre l'armadio umano se lo portava via.
Riuscirono a lanciarsi ancora uno sguardo, prima che la porta si chiudesse dietro al bodyguard. Fu uno sguardo intenso, pieno di verità. Ormai erano entrambi uomini, pensò Conte mentre si risistemava sulla sedia dietro la scrivania, uomini d'onore perfettamente consapevoli della promessa che avevano stretto oggi. No, non l'avrebbero mandata a monte tanto facilmente.
Giuseppe Conte si sedette ancora una volta su quella sedia, non più premier, con la consapevolezza di aver fatto la cosa giusta. Stavolta non per il governo, ma per sé. Per Luigi.
Per loro.

perla rara [conte x di maio] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora