«Perdonami, ti prego» sussurrò, stringendola così forte da farla quasi soffocare. Ridley annuì, perché ormai non aveva più niente da dire, ma lo sapeva benissimo a cosa stava andando incontro. Sapeva benissimo che sarebbe stato meglio far finire tutto in quell'istante, una volta per tutte. Ma nessuno dei due voleva mettere la parola fine a quella relazione imperfetta.

«Michael?» Qualcuno lo richiamò, il tono timido e impacciato di chi era consapevole di aver appena interrotto qualcosa.

Ridley e Michael si voltarono verso Helena, che li guardò in modo apprensivo.

«Ehm... ecco... ti stanno cercando ovunque, Michael. Ti vogliono in presidenza, subito.» Michael annuì mestamente, rassegnato al suo destino. Sapeva che prima o poi lo avrebbero richiamato.

«D'accordo, vado subito. Grazie Hel. Uhm... resta con Ridley per favore.» E il suo suonò più come un ordine che come una semplice richiesta. Helena annuì, mentre Michael si rivolgeva a Ridley.

«Ci vediamo dopo piccola.» E lei, ancora una volta, non rispose. Sembrava che Michael stesse per andare in battaglia, ma lui non era un eroe. E lei non aveva più intenzione di combattere quella guerra.

«Michael Gordon Clifford... ho sentito tanto parlare di te, quando sei arrivato nella mia scuola» esordì la signora Lowell, la preside dell'istituto, non appena Michael si fu accomodato di fronte alla scrivania, nell'unica sedia accanto a quella dove era già seduto Luke.

Michael sorrise come divertito, allungando con noncuranza le gambe.

«Solo cose belle, immagino» sospirò sarcastico.

«Come preferisci definirle, signorino» lo rimproverò bonariamente, subito incoraggiata da un ghigno beffardo da parte di Luke.

Michael si sporse verso di lei, puntando le mani sulla scrivania, i palmi aperti ed un'espressione a dir poco furiosa stampata in viso.

«Senta... non so cosa le abbiano detto riguardo a quello che è successo, ma questo bastardo qui di fianco a me si fotte la mia migliore amica, fregandosene beatamente del fatto che ha solo diciotto fottuti anni!» La preside sospirò pesantemente, osservandolo di sottecchi dagli occhiali neri.

«Modera il linguaggio con me, o sarò costretta a prendere provvedimenti.» Michael incrociò le braccia con noncuranza e si lasciò ricadere pesantemente sullo schienale della sedia, sbuffando.

«D'accordo, d'accordo... senta: io tra poco avrò finito l'anno e non ho intenzione di tornare a scuola, quindi... farò tutto quello che vuole se mi dice che non verrò espulso di nuovo. Dopotutto i miei voti sono tutti decenti, me la cavo quasi in tutto tranne che nel comportamento a quanto pare. Si può fare qualcosa?» chiese, cercando di moderare il tono.

«Non posso chiudere gli occhi sul delirio che avete scatenato oggi in cortile, guardate come siete conciati! Però... c'è sempre il ballo di fine anno da preparare, potreste benissimo aiutare voi due.»

«Sarebbe come a dire che dobbiamo scontare ore di lavoro forzato o se preferisce... socialmente utile?» Luke parlò per la prima volta, esprimendo in modo sarcastico la sua constatazione.

«Qualcosa del genere, sì.» Luke sbuffò, cominciando ad agitarsi sulla sedia.

«Non se ne parla. Io con Clifford non ci lavoro!» si lamentò. Michael rise, una risata amara che suonò sospetta alle orecchie della preside. Certo, non era compito suo sapere il motivo per cui avevano litigato, la vita privata dei suoi studenti doveva restare fuori dalla sua giurisdizione, a meno che non si trattasse di famiglie disastrate o distrutte, ma in quel caso forse avrebbe potuto fare un'eccezione.

Disobey.Where stories live. Discover now