Lambro, il fiume della vita

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L'inverno del 1932 fu particolarmente freddo in Italia e particolarmente nevoso in Lombardia. Mentre il Lambro scorreva tranquillo ed a volte si presentava ghiacciato nelle anse dove l'acqua ristagnava, in una nota cascina di Albiate, attuale provincia di Monza Brianza, nei pressi del fiume, nasceva Teodolinda, chiamata poi da tutti Linda. Il suo nome che vuol dire "benefica verso il popolo", già indicava l'innata predisposizione ad offrire aiuto e disponibilità al prossimo.

Ultima di sei figli, nata nel periodo più freddo dell'anno, assaporò subito il gelo dell'esistenza, essendo venuta alla luce in una famiglia dignitosa ma con poche risorse economiche ed in un ambiente esposto ai rigori della stagione, solo marginalmente attenuati dai rudimentali sistemi di riscaldamento disponibili all'epoca: una stufa a legna per tutta la casa.

La vita di Linda, già dall'infanzia, fu costellata di rinunce, dolorose, a volte imposte dalle circostanze, a volte abbracciate per scelta, ma pur sempre cariche di sacrificio.

Sin da bambina la sorte le assegnò la mancanza dell'affetto e del sostegno paterno. Quando aveva sette anni il suo papà morì a seguito di una grave malattia polmonare, che lo aveva già costretto a farsi curare in sanatorio nei tre anni precedenti. Fu una perdita notevole per tutta la famiglia, che perdeva il suo sostegno principale, e fu una perdita sentita da Linda specialmente negli anni successivi, quando avrebbe voluto tanto chiedere consiglio o scambiare delle confidenze con il genitore che mancava e che nessuno poteva sostituire.

La madre, una santa donna con tanta pazienza, rimasta sola e senza mezzi, si dava da fare come poteva per mandare avanti la famiglia. Si privava di tutto. Per vivere faceva la lavandaia per una comunità di frati e per qualche signora della borghesia locale. I tre figli maschi, già grandicelli, quando ebbero 18 anni furono prelevati dallo Stato per svolgere il servizio militare. Il più piccolo, prima di partire soldato, faceva il muratore. Al mattino presto andava al lavoro ma non senza chiedere almeno sette panini per rifocillarsi durante la giornata e la madre cercava di accontentarlo, con sacrificio per tutti, e pur essendo già in tempo di guerra con le ristrettezze che si subivano per la carenza di beni alimentari.

Anche le figlie femmine erano chiamate a dare una mano in famiglia. Le due maggiori aiutavano la mamma nel lavoro di lavanderia. Scendevano al Lambro con la cesta dei panni da lavare, trovavano un'insenatura dove l'acqua era più calma e lì facevano il bucato, soffrendo il gelo dell'acqua che si faceva sentire alle mani ed alle gambe in tutte le stagioni. E poi toccava risalire la collina con il grave peso dei panni umidi, sino in cima a raggiungere l'aia della cascina.

Anche la piccola Linda si dava da fare per dare il contributo all'economia della famiglia. Era addetta all'estirpazione dell'erba nei vialetti dei giardini di una villa nei pressi della propria casa. Aveva la mano destra forte e sempre abbronzata, abile ad estirpare le piantine in eccesso senza altri mezzi che le sue piccole dita. Per ricompensa a fine lavoro riceveva un filone di pane con la marmellata, che lei prontamente portava a casa come un trofeo per dividerlo con la mamma e le sorelle. Una volta i signori, saputo che lei possedeva una bambola di pezza strappata, le regalarono una bella bambola di porcellana, e quello fu uno dei pochi regali ricevuti nell'adolescenza.

La sera quando lei e i suoi fratelli tornavano dal lavoro, si fermavano in una stalla vicino casa, per scaldarsi con il fiato degli animali, mentre raccontavano come era andata la giornata. Poi tornavano a casa a dormire e poiché faceva tanto freddo, si scaldavano, o meglio si illudevano di scaldarsi, coprendosi con le ante dei mobili. Il peso dei legni sulle spalle dava loro la sensazione di essere protetti e riparati dal gelo.

Intanto era scoppiata la guerra. I disagi crescevano per la mancanza di viveri, che venivano razionati con molta puntigliosità. La madre era costretta a fare dei baratti, ed ecco che, d'accordo con il podestà, rinunciava allo zucchero per avere una maggiore quantità di sale. I ragazzi crebbero così privati di un alimento dolcificante importante.

Dopo i bombardamenti su Milano, molta gente sfollata si riversava nelle campagne circostanti in cerca di generi di prima necessità. D'estate la gente si fermava in cascina a mangiare delle grosse angurie. Quando aveva finito ed abbandonava le bucce, i ragazzi si avventavano su quei resti per rosicchiare le ultime parti rosse rimaste ancora attaccate.

I fratelli chiamati alle armi furono destinati uno in Russia ed uno in Germania. Un altro in Italia destinato a Novi ligure non sopportò la vita militare e disertò. Tornato di nascosto a casa, di giorno si nascondeva nel cimitero, dietro le tombe, di notte tornava furtivamente in cascina a dormire. Spesso le donne ricevevano la visita dei carabinieri che cercavano il ragazzo. Madre e figlie venivano minacciate anche di prigione se non avessero dato notizie del congiunto, ma loro non cedevano.

I disagi crescevano sempre più. La famiglia abitava in fitto nella cascina.

La madre, rimasta vedova e con la famiglia numerosa che doveva accudire, non riusciva a mettere da parte il denaro sufficiente per pagare il canone, cosicché un

anno, a maggio, quando il padrone della cascina si presentò per riscuotere l'affitto, non ricevendo nulla, nonostante fossero passati tre anni dall'ultimo

pagamento, minacciò di sfrattarla subito. Quella notte tutta la famiglia per la vergogna, dormì fuori all'aperto sull'aia e tornò in casa nei giorni successivi

solo dopo aver preso accordi e tacitato temporaneamente il proprietario.

Quella donna era talmente rigorosa con sé stessa che non dimenticava di compiere gesti di pietà e di generosità che le davano pace interiore. A volte succedeva che a fine mese riceveva dai frati la ricompensa per il lavoro di lavanderia svolto. Ebbene, lei restituiva la busta col denaro offrendolo per la celebrazione di sante messe in suffragio delle anime dei defunti.

Un altro episodio che merita di essere ricordato e che rimase impresso nella mente dei ragazzi fu quello che vide la madre un giorno tanto disperata e angosciata per non avere niente da dare da mangiare ai propri figli, che la indusse ad urlare ed offrire sé stessa in pasto, perché non possedeva altro. Fu una scena straziante, di quelle che lasciano il segno, fortemente significativa del clima di estrema sofferenza in cui la famiglia viveva.

Ma la provvidenza prima o poi si manifesta, anche se segue vie tortuose. Finita la guerra, pian piano le condizioni economiche migliorarono. Linda, giovinetta, iniziò a lavorare come inserviente nell'ospedale di Desio, a circa dieci chilometri di distanza che percorreva in bicicletta. Non era un viaggio facile, specie nel periodo delle nebbie, ma in confronto ai disagi sofferti in precedenza quel sacrificio era nulla: finalmente poteva contare su uno stipendio, anche se di basso livello, e contribuire adeguatamente alle esigenze della famiglia.


Come il Lambro che scorre sempre, corposo e costante, sino a raggiungere la meta, anche la vita procede con alti e bassi ma sempre con l'obiettivo di raggiungere traguardi sereni, con una andatura che, si spera sempre, sia la meno travagliata possibile. 

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⏰ Last updated: Jun 09, 2019 ⏰

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Lambro, il fiume della vitaWhere stories live. Discover now