come l'immagine riflessa nello specchio

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Dove sono? Non posso restare a dormire un po che quello prende e se ne va in giro. Mi guardo attorno e vedo tanta, troppa gente. Cosa ci fa in piazza d'uomo? Che bisogno aveva di venire fin qui? Penso al telefono e mi rendo conto di averlo in mano. Lo porto così vicino in modo da poter leggere cosa ci sia scritto. "abbiamo fame, non volevo stare a casa". Su una cosa ha ragione, ho una fame terribile che mi fa ribollire lo stomaco. Avrei preferito restare a casa, il mio racconto doveva continuare e invece lui se ne è andato in giro. Il solito scansa fatiche.
Si aspetta forse che il libro si auto concluda per magia? Mi reco quindi verso il mc donald. Quello del duomo è sempre, costantemente intasato. Una calca spazientita di persone che se pur in attesa erano comunque chiassose. Le odio con tutto il cuore e se non fosse che ho davvero fame starei già scappando il più lontano possibile. Prima di mangiare mi tocca aspettare tutta quella gente venuta prima di me e quando finalmente vedo il mio menù cerco un posto dove sedermi. Mi basta anche un dannatissimo angolino per mangiare in pace e andarmene via quanto prima.
Sto prendendo chili, forse mangiare lì non era poi una buona idea. Il punto è che se mi iscrivo in palestra lui poi non ci va e non posso fare io lo sforzo per entrambi.
Il panino è buono, se così si può dire. Ignorando completamente come viene preparato e con quali ingredienti. Quando esco da quel fastfood la pioggia imperversa ancora, rendendo Milano traslucida. Un riflesso di luci e colori che il pavimento riflette in modo astratto in quella superficie a tratti allagata da varie pozzanghere. Il suono pare come una dolce melodia che cerca il suo spazio in tutto quel trambusto. Tra la gente che parla, scatta foto. Tra i taxi che percorrono le strade e il battito delle ali di piccione. In tutto quel casino, la pioggia era l'unico suono davvero apprezzabile. Vado al negozio delle Mondadori che si trova in piazza. Non mi curo della pioggia che batte sul mio cappuccio. Ho le mani in tasca mentre mi muovo di gran passo e una volta dentro, un senso di lieve calore mi abbraccia. Vado al piano interrato dove inizio a guardare delle copertine di vari libri. Non ho in mente di comprare qualcosa a meno che non trovo qualcosa di interessante e mentre guardo i vari libri scrivo "siamo stati alla mondadori, non so se compro qualcosa. Nel caso ti aggiorno" nelle note del cellulare e lo metto rapidamente via. Un ragazzo misi avvicina. Vuole veramente attaccare bottone in biblioteca? Ha un pizzetto con mosca e tanti capelli riccioli neri come tante piccole molle sparpagliate in ogni dove. Solo dopo mi accorgo che indossa una polo rossa e che è uno della biblioteca.
< posso darle una mano,signorina? Cosa sta cercando? > mi dice. Io lo guardo restando in silenzio, vado con lo sguardo oltre lui e poi torno a guardarlo in quei occhi verdi che attendono una mia risposta.
< avete dei romanzi... che so, di guerra? >. Resta colpito dalla mia frase e pensandoci un po mi fa cenno di seguirmi. Non sapevo se davvero volessi o meno comprare qualcosa ma lui mi porta in una parte della biblioteca tutta incentrata sulla seconda guerra mondiale. Saggistica e altre cose che non mi servivano e nemmeno mi interessavano.
< no, intendevo qualcosa di più moderno, anche spionaggio alla Tom Clancy > ed ecco che dopo le mie parole inizia un'altra gita attraverso le file di libri. Il ragazzo deve essere nuovo o pure si annoiava per starmi dietro in quel modo. Alla fine come previsto, non comprai niente.
Esco quindi dalla biblioteca e ritorno verso piazza duomo percorrendo Via torino a passo lento, ne approfitto per guardare instagram. Lui lo aveva già aperto precedentemente.
Rosse, rosse, rosse e solo rosse. Io lo sono eppure non lo sono.
Sono neri i miei capelli, anche molto mal curati. " non ho comprato nessun libro,devi curare meglio i nostri capelli" scrissi ancora al cellulare.
Camminare mi aiutava a domandarmi chi mai fossi, sono in questo corpo ma non ho memorie oltre a questo. Quanti casi come il mio esistono al mondo? È forse questa la bipolarità schizofrenica? Sono solo un prodotto mentale? E se così fosse, perché io mi sento così viva? Perché ho questa volontà che mi spinge a pensare di avere una coscienza, dei pensieri razionali?
Se qualsiasi essere vivente che ha coscienza di se è vivo, lo sono anche io? La testa inizia a farmi male ogni volta non ci capisco niente. Non riesco mai a venirne a capo. Se non sono una forma di schizofrenia quindi il mio corpo deve per forza esistere o esser esistito. Alle volte arrivo a pensare che sono solo un morto che ha infestato il corpo di quel ragazzo. La mia presenza lo ha così cambiato. Mi guardo al riflesso di un vetro sulla mia sinistra. Quello che vedo sono io, è la mia immagine. L'immagine di una donna, poco curata e mal vestita ma una donna. Dov'è finito quel ragazzo? Mi soffermo sulla mia immagine andandogli incontro e toccando il vetro come se potessi toccare la mano di me stessa. Sono io? O e lui? Non posso continuare a pensarci. Vorrei scrivergli se lui ha ricordi senza di me, capire chi è l'altra mentalità di chi. Ma ho paura. Abbiamo paura e questo argomento non lo tocchiamo mai. "smettila di stalkerare le rosse o giuro che mentre dormi mi faccio rossa così non dovrai guardare le altre" gli scrivo ancora. Spero capisca il mio voler sdrammatizzare un po. Stavo solo giocando.
< Zelda! Hey Zelda, ma che caso trovarti qui! Come stai? >. Riconosco la voce, mi giro immediatamente e vedo Fabio. Lui è il suo migliore amico. Scuro di carnagione e coi capelli lunghi solitamente raccolti in una coda di cavallo. Omosessuale fino il midollo anche se non lo da mai a vedere. Non lo sembra nemmeno se non è lui a confidartelo.
So poco di lui, so poco dei loro aneddoti divertenti. Solitamente quando si incontrano io dormo quindi è sempre lui ad uscire con Fabio. Io so solo che è il suo migliore amico.
Lo abbraccio e lui mi mette l'ombrello sulla testa.
< sei la solita cogliona, guarda che ti ammali! Che stai facendo in centro? > mi domanda.
Io faccio spallucce e mi sforzo di sorridere < avevo fame e poca voglia di restare in casa, tu?>.
Lui riprende a camminare, ha una borsa in mano, cose alimentari. Lo seguo perché tanto non ho una meta precisa.
< Mi sto per vedere con Andrea, andiamo al cinema perché il mercoledì costa due euro, ci saranno altri ragazzi > si ferma a ridere < tutti frocissimi, se vuoi e non hai niente da fare puoi unirti così abbiamo anche la transgender > disse lui ridacchiando. Evidentemente Ridevano tra di loro su cose così delicate. Era un bene? Probabilmente si. Annuisco alla sua proposta mentre prendo in mano il telefono. Devo avvertirlo.
< cosa guardiamo? > Uso il noi perché a quanto pare faccio parte di quella comitiva, almeno quel pomeriggio.
< non lo sappiamo, decidiamo lì, tanto non c'è fretta! >
< non c'è fretta per cosa?> dico.
Non capii, Fabio?! Ho solo pochi secondi per non apparire in stato confusionario, cerco di riflettere e mi rendo conto di avere in mano il cellulare. "sto anda..." non ha fatto in tempo a scrivere.
< Al cinema, te l'ho detto, qualche secondo fa, sicura di stare bene?> mi guarda perplesso.
Simulo il tipico versetto di chi si ricorda una cosa, ridacchiando anche per tentar di far capire che mi stavo dando della stupida.
Così mentre continuo quello che lei aveva iniziato mi domandai come si era sentita nel mio corpo. Quali pensieri avesse avuto oltre a comprare o meno un libro. Il bello è che quei pensieri albergano nell'unico cervello che condividiamo ma io non ne ho accesso.

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⏰ Last updated: Apr 24, 2019 ⏰

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