Will

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♤♡◇♧

Sto ancora viaggiando nella macchina dell'ospedale, non ho rimosso lo sguardo da fuori il finestrino neanche un istante se non per identificarmi e rispondere a un paio di domande.

Saranno già tre ore che sono in viaggio, devo raggiungere Chicago, qui siamo in Canada e, con l'aereo e tutto, ci vorrà chissà quanto.

Tre ore senza di lei.

Tre fottutissime ore senza la mia Stella.

Tre ore senza quel sorriso, quel viso così radioso, che ritratterei ogni momento della mia vita che sta per andare a puttane per uno stupido Batterium Cepacha.

Sono riuscito a convincere quelli del taxi a farmi portare un album e un paio di cose per disegnare, non l'ho detto a Stella ma ho fatto uno screenshot mentre stavamo video chattando, mentre sorrideva.

Il suo dannatissimo sorriso...

Sono da solo dietro nei posti, per sicurezza che nessuno possa contrarre la malattia e per la mia voglia di stare da solo.

Anche prima stavo da solo.

Sì, solo con lei.

Mentre le faccio le ombre degli zigomi l'autista mi fa una domanda <<ragazzo>> inizia <<sei malinconico, cosa c'è, Giulietta ti ha dato buca o il due di picche?>> dice con un fare ironico, forse per provare a tirarmi su il morale che è a terra come una ruota bucata.

Alzo lo sguardo e lo punto sullo specchietto retrovisore <<mettiamo che ho dato una specie di buca io alla mia Giulietta>> lui rimane sorpreso <<e perché se l'amavi così tanto?>> sospiro chiudendo gli occhi.

Nella testa c'è ancora impressa la sua faccia malata, intubata per i suoi polmoni, che piangeva.

Anche io volevo piangere, in qualche modo l'ho fatto dentro di me, non ho voluto farmi vedere che la lasciavo contro la mia volontà.

<<volevo...proteggerla da me, io ho una malattia che...>> <<so cos'è il B.Cepacha, va avanti figliolo>> annuisco <<dunque, mi sono allontanato per proteggerla>> dico, lui si mette a ridere <<e tu vai fino a Chicago per proteggerla da te? Ci sono ospedali anche nelle zone lontane a Toronto, non per forza a così tanta distanza>>.

Io annuisco rivolgendomi alla finestra <<già, prima un metro, poi tantissimi chilometri...>> <<un metro? I malati di FC devono stare a due metri di distanza>> io sorrido <<lei ha voluto usare una specie di metafora, la FC ha sempre tolto tutto perché c'era la paura del contagio, ma ora lei ha voluto sottrarre qualcosa dalla FC, questa volta è un metro più vicini>>.

Il tassista ride <<ma guarda te questa ragazza, non sai come vi vedo bene insieme ragazzo>> gli sorrido leggermente ringraziandolo.

<<cosa pensi di fare dopo l'arrivo a Chicago? Trascorrerai l'ultimo mese a guardare il vuoto e pianificare funerale o cavolate varie?>> chiede guardandomi dallo specchietto, io scuoto la testa <<no, starò con gli amici finché questa fottuta malattia mi ucciderà, non voglio fare il depresso per il mio ultimo mese di vita>> dico, lui scoppia a ridere, una risata piena e spensierata <<allora esistono ancora quelli come me ragazzo>> lo guardo confuso e credo lui abbia capito <<ho notato che i ragazzi di adesso si deprimono con facilità senza sfruttare quel tempo sfruttabile, non pretendo che il paralitico stia in piedi a giocare un match di football ma, chi può, sfruttare il suo tempo>> io annuisco.

Condivido l'idea dell'autista, se hai tempo, come puoi passarlo seduto a deprimerti?

<<credo di mettermi a dormire, sono stanco>> lui annuisce, per un'ultima volta guardo la mia Stella sorridere, spengo il display del cellulare e lo premo sulle mie labbra, con la speranza che lei possa sentirle sulle sue.

Ma tanto so che non è così...

♤♡◇♧

A Un Metro Da Te || Wattys 2019Where stories live. Discover now