Vedere Sasori: questa era la priorità.
Non aveva le forze, l'interesse e la condizione mentale adatta a un nuovo combattimento.
Seminarli non era stato difficile con il suo capolavoro. L'arte è esplosione, un unico frangente e attimo di ammirazione e il nulla, qualcosa che puoi perdere chiudendo gli occhi, ma che lascia il segno eterno sulle carni colpiti, sul terreno.
Mentre fuggiva, il desiderio di mostrare a Sasori le sue esplosioni si faceva impellente, quasi opprimente. Avrebbe accettato i suoi rimproveri sulla sua mancata preparazione, li bramava. Ma più di tutto sentiva il bisogno di sentire la sua voce ovattata e nascosta dalla sua marionetta mentre sogghignava e gli ripeteva per l'ennesima volta che quella non era arte, che lui non ne capiva, ne avrebbe mai capito nulla di arte.
Sentire la sua voce, non voleva niente di più.
***
Quello che era stato il loro nascondiglio e la loro casa nelle ultime 72 ore era distrutto dal suo stesso soffitto, crollato su se stesso con miriadi di pezzi di roccia che facevano da perfetto macabro contorno al cimitero di marionette. Perché di cimitero si parlava. L'arte di Sasori era permanenza infinita di un corpo oltre la morte, oltre la decomposizione. La sua arte adesso giaceva a terra, morta, inanimata, priva del controllo dei suoi fili. Erano troppe le marionette a terra, i pezzi sparsi, il legno infranto. Erano troppe le armi, i segni della battaglia.
Gli occhi chiari di Deidara correvano nel cercarlo a terra, in aria, guizzando spasmodicamente da un corpo all'altro alla ricerca dei suoi capelli rossi e di quelle fattezze da ragazzino che tanto avidamente si era deciso a tenere. Fu difficile trovarlo, fu difficile capire quale fosse il suo corpo. Sulle prime si lasciò ingannare dalla marionetta morta e intrappolata in un jutsu di contenimento. Si ritrovò a fissare gli occhi vuoti, e il corpo finto ciondoloni sulla parete, le armi rese inutili, inefficaci, nonostante il loro veleno letale.
Troppo vuoto.
Era convinto che il Maestro fosse di gran lunga più forte di quanto non fosse lui, che le sue tecniche fossero... Dovette buttare giù in gola il groppo che gli opprimeva la carotide.
Da quando era diventato così difficile respirare?
«Sasori – danna...»
Quella bambola morta non era che un semplice fantoccio. Morto. Inesistente. Non era più Sasori.
Lo era mai stato?
Eppure Deidara nemmeno nel dolore poteva negare a sé stesso il fascino della morte: era ciò che gli accomunava entrambi in un qualche modo. Un corpo divorato da un'esplosione o quello perfetto, eternamente giovane e libero dallo scorrere del tempo che ne avrebbe inevitabilmente danneggiato le forme.
Immobile, anche nella sconfitta.
Monito eterno di disfatta. Lo avrebbero visto tutti, sputando sulla sua forza, ricordandolo cosi', come un fantoccio perdente inchiodato a un muro di una caverna.
I suoi occhi azzurri vagavano sulle marionette a terra, abbandonate, accalcate una sull'altra o a pezzi. Mani prive di dita o di braccio che ancora stringevano spasmodicamente le spade, teste mozzate o spezzate che sembravano fissarlo con i loro occhi gialli vuoti e spenti. Quel posto spettrale dava i brividi.
Era per questo che tremava?
Il corpo di Sasori, uno dei tanti, giaceva a terra, pieno di spade che perforavano la schiena insensibile al dolore. Due lame intrecciate nell'unico punto sensibile rimasto. Non che Sasori avesse un vero e proprio cuore, Deidara sapeva che si portava quella parte nel petto con il rimpianto di non essere ancora riuscito a completare la sua trasformazione in marionetta. Eppure l'immagine, per quanto inutilmente poetica era proprio quella.
Il Maestro Marionettista trafitto al cuore.
Un attimo congelato nell'eternità nella morte.
Ironico, sembrava che Sasori si fosse messo di impegno per incarnare anche nella morte la sua idea di arte proprio per sbattergliela in faccia.
Peccato che il dolore fosse troppo forte per ammirarla. Peccato che la morsa al cuore fosse reale, violenta. Se l'arte, la sua arte era permanenza, dove era lui adesso? Una bambola rotta come tutte le altre in un cimitero di legna e acciaio. Cosa sarebbe davvero rimasto? Deidara, solo, senza un compagno che avrebbe rimpianto per sempre.
Senza un compagno.
Senza una guida.
Se solo avesse avuto le braccia non avrebbe resistito alla tentazione di raccogliere quel corpo per stringerlo al petto. Non avrebbe resistito a piangere.
E Sasori non lo avrebbe mai perdonato.
«Idiota.»
Non sapeva nemmeno se lo stesse dicendo a sé stesso o a lui. Perché si preoccupava del suo giudizio? Era morto, non poteva più dirgli niente. Non poteva nemmeno più parlare.
«Ti avevo detto di non mettere così in vista il tuo punto debole.»
Le gambe gli cedettero e Deidara si ritrovo' in ginocchio, squassato dai singhiozzi in mezzo a centinaia di marionette che non potevano sentirlo.
Si era innamorato di una marionetta.
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Fanfiction ispirata dall'immagine che vedete come copertina.
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Just another broken puppet. ✧ sasodei ✧
Fanfiction«Se l'arte, la sua arte era permanenza, dove era lui adesso? Una bambola rotta come tutte le altre in un cimitero di legna e acciaio. Cosa sarebbe davvero rimasto? Deidara, solo, senza un compagno che avrebbe rimpianto per sempre.» SasoDei, Missing...
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