Capitolo 1

1.9K 92 12
                                    

Ariadne

Non avevo mai visto delle porte così grandi.

Mi incutevano un certo timore reverenziale, sensazione che immaginavo avrei provato di continuo, a partire dal momento in cui avessi varcato l'ingresso del castello di Bellaris.

Theodora, al mio fianco, sospirò.

Era sempre stata bellissima, ma in quel momento, con le guance imporporate per l'emozione e i capelli dorati che ricadevano in morbide onde accanto al viso, sembrava proprio un angelo sceso dal Paradiso.

Si strinse il mantello di fine broccato e mi sorrise.

«Sei pronta, Ariadne? Sta per cambiare tutto.»

Deglutii. Non ero davvero pronta, in verità, mi mancavano la sicurezza e la familiarità della casa di Theodora, la villa dei Lord di Garnet, dove ero nata e cresciuta.

I cancelli che impedivano l'ingresso al castello cominciarono ad aprirsi. La nostra carrozza si rimise in moto, scortata da alcuni servitori e, con lentezza quasi esasperante, ci condusse oltre le alte mura di pietra antica, all'interno di un ampio cortile adornato da fiori e piante dalle mille sfumature di colore.

Mi persi a contemplare la bellezza che mi circondava, chiedendomi cos'avrei trovato all'interno del castello. Quando ero piccola, mia madre mi parlava sempre del palazzo reale. La corte di Bellaris era una delle più belle e sfarzose, secondo quanto si diceva, ma allo stesso tempo era anche una delle più oscure. Avevo sempre pensato che forse non entrava abbastanza luce dalle finestre e mi ero immaginata un luogo buio, magari abitato da strane creature agghindate a festa.

Crescendo, mi ero resa conto di aver completamente travisato il significato delle parole di mia madre. Tuttavia, quando pensavo al palazzo, immaginavo solo gradi sale scure dai soffitti alti, muri di pietra che davano l'impressione di trovarsi in trappola, arazzi pesanti e arredi sfarzosi volti esclusivamente a esternare l'opulenza della famiglia reale.

Dovevo avere un minimo di fiducia. Se Theodora aveva acconsentito a sposare il principe ereditario, allora dovevo dare anche io una possibilità a quel cambio di rotta nella mia vita. Non poteva essere un individuo sgradevole e spocchioso se la mia amica più cara, così dolce e innocente, aveva scelto di diventare sua moglie. Doveva pure avere delle doti o dei pregi per averla conquistata.

Il valletto aiutò Theodora a scendere dalla carrozza e io la seguii, ritrovandomi avvolta in una brezza fredda che il mio mantello leggero non riusciva a combattere. Rabbrividii.

Theodora se ne accorse e mi posò una mano sulla spalla.

«Perché non hai messo il mantello più pesante?»

«Perché è vostro», replicai semplicemente. «Sapete che non amo approfittare della vostra generosità.»

Theodora sbuffò. Per lei era inconcepibile che mi comportassi come una domestica, ma di fatto era proprio ciò che ero. L'unica che continuava a dimenticarsi che appartenevamo a classi diverse era lei, ma io lo avevo sempre ben presente. Nessuno mi permetteva mai di dimenticarlo, né io mi illudevo di appartenere a quel mondo in cui Theodora continuava a infilarmi a forza.

«Sei venuta a corte come mia dama di compagnia e non intendo permettere che tu te ne vada in giro vestita come una che potrebbe essere uscita dalle cucine del palazzo. In quanto mia dama, mi rappresenti. Vuoi rappresentarmi in modo adeguato?»

Mi lanciò uno sguardo eloquente.

«Siete voi che non avete saputo scegliervi una dama tra le vostre amiche lady», le ricordai.

«Non è che non ho saputo. Non ho voluto farlo. Tu sei mia amica, Ariadne, e io volevo te, assieme a me. Non mi fido di nessun altro.»

Mio malgrado, sorrisi.

«Ora non mi sembra il caso di aprire i bauli per recuperare il mantello. Pensiamo a entrare, piuttosto, sono sicura che il vostro fidanzato vi sta aspettando.»

Quando feci riferimento al principe Lachlan, Theodora sospirò estasiata.

«Non vedo l'ora che tu lo conosca, Aria. È così bello e dolce e forte...»

«E non è ancora venuto ad accogliere la sua futura sposa», le feci notare.

Lei mi guardò furbetta. «Il corteo è nel cortile, siamo noi che stiamo tardando.»

Lasciai correre lo sguardo attorno a me e poi tornai su di lei. «Noi siamo nel cortile.»

Theodora scosse la testa. «Questo è solo l'interno della mura», spiegò paziente. «Il cortile che conduce all'ingresso del palazzo è più avanti, mia cara.»

Mi tappai la bocca e sentii le guance scaldarsi. Ero così poco abituata al lusso e allo sfarzo che avevo scambiato un banale punto di fermo per le carrozze per il cortile reale.

In silenzio, il corteo di Theodora si mise in posizione per condurla all'ingresso del palazzo. Io ero subito dietro di lei e indossavo, per sua volontà, uno dei suoi vecchi abiti, con un corpetto verde chiaro e un'ampia gonna decorata da ricami dorati. Un abito da nobildonna che non mi sarei mai potuta permettere di indossare. Però, come mi aveva ricordato Theodora, adesso ero la sua dama di compagnia, perciò dovevo abituarmi a presentarmi al meglio, per non farla sfigurare.

Attraversammo un ampio arco e ci ritrovammo in un cortile che era quattro volte quello precedente, circondato da bellissimi porticati di pietra finemente lavorata a creare dei motivi dal sapore classico. Anche lì, piante e fiori colorati adornavano l'ambiente, invadendo l'aria con i loro profumi. Un intricato reticolo di sentierini serpeggiava in mezzo all'erba verde, e tutti conducevano alle porte d'ingresso del castello, dove un nutrito gruppo di persone era in piedi in attesa del nostro arrivo.

La fila più ampia era rappresentata da diversi membri della servitù, come valletti in livrea e domestiche, c'erano poi alcune dame dai vestiti colorati, il Re e la Regina, due ragazzini dall'aria annoiata e due uomini.

Quello che sorrise raggiante non appena incontrò lo sguardo della mia signora doveva essere il principe ereditario, Lachlan. Aveva i capelli biondi, ricci, occhi chiari – anche se da lontano non riuscivo a capirne il colore – e un sorriso dolce e sincero.

Decisi immediatamente che Lachlan era un brav'uomo. Bastava vedere il modo in cui osservava Theodora avanzare nella sua direzione. L'altro ragazzo, accanto a lui, non gli somigliava molto. Aveva i capelli scuri, forse castani, mossi ma senza quei ricci definiti che ornavano il capo di Lachlan. Anche gli occhi erano scuri e saettavano lungo il nostro corteo con scarso interesse, almeno finché una folata di vento non spinse indietro il mio cappuccio, scoprendomi i capelli.

Una cascata di riccioli rosso fuoco si riversò sulle mie spalle e, in quel momento, gli occhi del ragazzo dai capelli scuri si fermarono su di me, senza spostarsi più.

La Fiamma di BellarisDonde viven las historias. Descúbrelo ahora