Il padiglione numero diciannove

Comincia dall'inizio
                                    

Non ebbi il coraggio di guardare di nuovo il foglio che stringevo nel pugno, temevo che l'immagine si sarebbe dissolta con la stessa rapidità con cui era comparsa la prima volta; eppure averlo con me in quel momento – averlo ricevuto – mi restituiva l'intima serenità che meditazioni gravose avevano assorbito così velocemente.

Mentre il sentiero piegava in una curva e cominciava la sua discesa, vidi venirmi incontro un cagnolino. Era Aldo, il bassotto della signora Olga, che precedeva scodinzolando la grassa padrona di ritorno dalla sua chiamata. Non ebbi il tempo di riflettere su come fossi giunto a conoscenza di quei dettagli (notai invece che l'aura della signora Olga era più radiosa del solito) che con un largo sorriso sulle guance piene lei mi si parò davanti e mi rivolse la parola:

«È una gran brava ragazza, lo sai? Si vede subito!»

Colsi ogni singola parola, benché le avesse pronunciate in una lingua diversa dalla mia.

«Grazie signora Olga, è molto gentile da parte sua». Parlai speditamente come se mi aspettassi di essere capito con la stessa immediatezza con cui avevo capito io, e così fu.

«Ma è davvero lei?» domandai ansioso.

«Guarda il foglio che hai in mano» rispose lei con dolcezza.

Chiusi gli occhi per un istante e abbassai lo sguardo. La ragazza dell'immagine si stava muovendo! Rideva di gusto, arricciando il naso in quel modo che me ne aveva fatto innamorare, e si ravviava i lunghi capelli con dita affusolate. Esultai dentro di me, scoprendo che il legame era ancora così forte. Feci per mostrare il foglio alla signora Olga, volevo farla partecipe delle mie emozioni... ma lei aveva già ripreso la sua strada, spedita e senza affanno.

«Sta chiamando te» disse dandomi le spalle. «Io posso solo vederla nei tuoi pensieri.»

Rimasi in silenzio a guardarla mentre si allontanava, con un altro di quegli interrogativi che avrei accettato per atto di fede. Aldo reclinò la testolina e scomparve in un cespuglio.

Visti da vicino, i "bungalow" toglievano il fiato. Lambiti da un mare placido e regolare come il respiro di un bambino, sorgevano dalla terra e si confondevano con il cielo turchese, simili a enormi mongolfiere mosse da mano ferma e autoritaria. Da uno in particolare ero attratto senza apparente motivo, come se sapessi che da quello e non da altri proveniva la chiamata che avevo ricevuto. Mentre percorrevo l'ultimo tratto pianeggiante del viottolo che portava alla spiaggia, mi accorsi di non essere solo. Alle mie spalle altri sentieri, che serpeggiavano attraverso parti diverse dell'isola e convergevano sulla spiaggia, brulicavano di persone dirette all'area di richiamo. Alcuni erano in coppia, per lo più anziani; molti altri, uomini, donne e bambini di ogni età e razza camminavano da soli con passo calmo e sicuro. C'erano bambini piccolissimi in braccio a ragazzi o adulti, ed altri che camminavano e traballavano come fosse la prima volta che si alzavano in piedi. C'era chi rideva di gusto e chi lo faceva appena con gli occhi, ma tutti esprimevano una serenità quasi spiazzante. Tutti avevano la stessa aura luminosa che avevo visto nella signora Olga, come fossero appena usciti da una foto di fine '800, i lineamenti del viso a fuoco e i contorni sfumati.

Mi disorientò, inaspettatamente, constatare che tutte quelle persone avevano volti familiari e amichevoli, perché ero certo che nessuna di esse provenisse dal padiglione Numero Diciannove.

Giunsi davanti al mio bungalow, e osservando l'enorme cupola sentii il cuore picchiarmi nel petto con ostinazione. Colori caldi e freddi si rincorrevano sulla superficie della semisfera in spirali concentriche, alternandosi a una velocità tale da rendere impossibile anche solo tentare di elencarli. Allungai una mano per toccare quella magia, ansioso di vedere quelle sensazioni irripetibili trasferirsi dalla vista al tatto; ma mentre scorgevo figure circolari irradiarsi sotto il palmo della mia mano, come se stessi sfiorando una superficie liquida, mi resi conto di non ricevere alcuna percezione tattile in cambio. Toccavo, indubbiamente toccavo e scatenavo pulsazioni nuove tra quei colori, eppure mi sembrava di osservare la mano di un altro. Era come se la realtà, su quella spiaggia come su ogni altro spazio di quello strano mondo, non si muovesse su un piano fisico e sensoriale. Come gli occhi non erano stati abbagliati da quella luce così grande, così le dita non trovarono calore né freddo, non provarono solletico né sperimentarono altre sensazioni che avrei dato per scontate. Tutto era nuovo e indescrivibile in maniera disarmante. Era la percezione stessa dell'esistenza, o di un piano alternativo di essa, a trarre beneficio da quella visione, come se non possedessi più un corpo o una mente a fare da tramite. Come se non possedessi più una ragione a cui aggrapparmi per affrontare il contraccolpo di quell'emozione violentissima. Non saprei spiegarlo in maniera più chiara, e non tenterò oltre.

Avevo ancora il braccio disteso davanti a me quando una forza improvvisa mi tirò a sé e mi spinse via. D'istinto chiusi gli occhi, o forse immaginai di averlo fatto, e mi ritrovai sospeso all'interno del bungalow. Galleggiavo nella meraviglia che pochi istanti prima contemplavo da fuori, invaso dallo sfolgorio della nuova immagine che mi si presentava davanti agli occhi: lei, la ragazza che amavo perdutamente e che mi aveva chiamato... Poi, d'un tratto, portati dal suo sorriso, mi piovvero intorno i ricordi e acquisii la consapevolezza di quello che ero diventato.

Lei camminava su un prato, lentamente, e guardava verso di me. Vidi che sorrideva, ma aveva lo sguardo triste. Nella mano guantata di lana portava un mazzo di rose. La vidi farsi piccola nel cappotto per resistere al freddo del nostro prematuro distacco, chinarsi per consegnare alla gelida lastra di marmo i suoi fiori e una carezza. Le dissi che l'amavo, perché così era e così sarebbe stato per sempre, nonostante tutto.

Lei ripeté le mie parole, il sorriso sempre sulle labbra, e tra le lacrime ardenti pianse il mio nome, pronunciandolo con un filo di voce ancora e ancora. La mia anima fu con lei in quel momento, e la sua con la mia, e il sole risplendette alto sui bungalow lungo la spiaggia.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 26, 2019 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Il padiglione numero diciannoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora