7. Consapevolezza

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Forse era per via della pessima nottata, o forse a causa dello stomaco vuoto, di fatto Tenko ci mise diversi secondi per elaborare le parole del suo interlocutore.

"Siamo gli ultimi superstiti del nostro circo."

Due settimane prima sarebbe saltata sulla sedia dopo una frase del genere, ma in quel momento era solo... In realtà non lo sapeva nemmeno lei come si sentiva. Avrebbe voluto fargli dozzine di domande, ma non sapeva da quali cominciare.

«Hai preso l'antidoto?» le chiese Zabar. «A quest'ora gli effetti collaterali dovrebbero essere passati.»

Tenko, ancora confusa, si limitò ad annuire.

«Quindi? Come ti senti?»

«Sto... bene. Credo. In realtà è stata una nottata orribile. Fuga a parte, ovviamente.»

«Lo immagino. Hai già mangiato? Posso offrirti qualcosa?»

Lei annuì. Dopo un attimo si rese conto che era il caso di usare le buone maniere: «Grazie. E grazie per avermi aiutato a fuggire.»

«Non potevo lasciarti lì. A proposito, ti ho portato una cosa.» Aprì l'ampio mantello, e a Tenko bastò un'occhiata per capire cosa stesse prendendo.

«La mia frusta» esalò, felice e stupita.

«Non è stato facile recuperarla, ma ho pensato ti sarebbe piaciuto riaverla.»

«Sì. Ti ringrazio» confermò lei rimirandosela tra le mani. In realtà non era una semplice frusta, infatti la corda era intrecciata con un materiale speciale che reagiva alla magia: le bastava infondervi un po' di energia e la punta si avvolgeva saldamente a qualsiasi cosa. Ne aveva sentito la mancanza.

La demone portò la frusta alla cintura, ma le sue dita non trovarono il consueto laccio, ovviamente: quelli non erano i suoi vestiti.

La figlia dell'oste passò a prendere la loro ordinazione e la demone attese che il suo interlocutore finisse di parlare.

«Come hai fatto?» gli chiese poi. «A diluire la droga e tutto il resto.»

Zabar si guardò un attimo intorno, attento che nessuno li stesse ascoltando. «Beh, io in realtà faccio parte del Clero. Sono un chierico.»

Questa volta il cervello di Tenko reagì in un lampo, e altrettanto fece il suo corpo: sbatté le mani sul tavolo e scattò in piedi, così in fretta da far ribaltare lo sgabello. «Che cosa?!»

«Calmati, non urlare. Adesso ti spiego.»

«Non c'è niente da spiegare!» ribatté lei.

Fece per andare, ma lui la prese per un braccio. «Ti ho salvato la vita! Ascoltami per cinque minuti!»

La demone serrò i pugni. In una qualsiasi altra situazione sarebbe andata via sbattendo la porta, ma lui aveva ragione: senza il suo aiuto sarebbe ancora prigioniera.

Raccolse lo sgabello e tornò a sedersi. «Cinque minuti.»

Zabar annuì. «Cercherò di andare dritto al punto. Quando il Clero ha attaccato la carovana, i miei genitori mi hanno dato il grimorio tramandato nella mia famiglia e mi hanno detto di andare via, di nascondermi. Forse pensavano di poter fermare gli inquisitori, non lo so, comunque hanno deciso di restare con gli altri e di combattere fino alla fine. Quando ho capito che non sarebbero più tornati, mi sono sentito perduto. Ho passato anni per le strade, sfruttando la magia per sopravvivere, e – come immagino avrai fatto anche tu – ho cercato un modo per vendicarmi.»

Age of Epic - 1 - EresiaWhere stories live. Discover now