7. Consapevolezza

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Fece una pausa per permettere alla figlia dell'oste di servire loro la colazione: latte, pane e una ciotola con piccoli frutti rossi e arancioni.

«Pensavo che nel grimorio ci fosse la risposta» proseguì il demone, «ma non esiste un incantesimo così potente da spazzare via una forza come il Clero. È per questo che sono diventato un chierico: per studiare il Clero dall'interno. Volevo scoprirne i segreti per sfruttarli a mio vantaggio, ma è stato più difficile di quanto pensassi. Ci sono segreti che solo ai grandi sacerdoti è permesso conoscere, e forse nemmeno a loro.»

Tenko finì di inzuppare un pezzo di pane e lo mise in bocca. Sapeva che gli ecclesiastici erano persone discutibili, ma non pensava ci fossero verità custodite così gelosamente.

Zabar mangiò un paio di frutti, poi riprese a parlare: «Una cosa è certa: finché il popolo crederà ciecamente negli dei, il Clero non potrà essere sconfitto. Ho un piano, ma da solo non posso farcela: ho bisogno del tuo aiuto.» La guardò dritto negli occhi. «Mi aiuterai?»

La demone smise di mangiare. Guardò l'uomo davanti a sé, poi la ciotola con il poco latte rimasto. «Io... Io non ti capisco. Come puoi lavorare per quelli che hanno massacrato le nostre famiglie?»

«Ma te l'ho appena spiegato. È l'unico modo.»

Lei scosse il capo. «No! Non è vero. Deve esserci un altro modo. Dobbiamo solo trovare altra gente disposta ad aiutarci. Il mondo è pieno di persone che vogliono combattere il Clero, dobbiamo solo trovarle e unire le forze.»

«Non essere stupida! È impossibile sconfiggere il Clero con le armi.»

Tenko gli lanciò un'occhiataccia. «Pensi di sapere tutto? Ma certo: questo spiega perché ti sei unito al Clero. Sei proprio come loro: pensi di avere la verità in tasca, e chi non ti ascolta è solo un idiota.»

«Non è quello che ho detto» ribatté Zabar cercando di trattenere il disappunto.

«Ma è quello che pensi. Pensi che io sia una stupida. Quando mi hai visto in cella avrai pensato: oh, che fortuna, finalmente ho trovato qualcuno a cui far fare il lavoro sporco. Sai che ti dico? Trovati qualcun altro da comandare a bacchetta.» Si alzò. «I cinque minuti sono finiti. Ti ringrazio per avermi liberata, ma non lavorerò mai più per qualcuno del Clero. Addio.»

Zabar provò a fermarla, ma lei non gli diede ascolto. Si diresse decisa verso l'uscita, varcò la soglia e si allontanò dalla locanda. Girò un angolo, quindi si fermò per controllare che lui non la stesse seguendo. Voleva davvero andarsene? Voleva davvero voltare le spalle all'unica persona in grado di capire il suo dolore?

Era confusa: avrebbe voluto fidarsi di lui, ma non poteva tollerare il fatto che si fosse unito al Clero. Si sentiva un'ingrata, ma ormai sapeva che i chierici sono tutti i uguali. I fatti recenti glielo avevano insegnato fin troppo chiaramente.

Strinse la presa sulla frusta e riprese a camminare. Doveva allontanarsi il prima possibile dalla città: di sicuro le guardie la stavano cercando, e in più voleva mettere più distanza possibile fra lei e Zabar. Non voleva correre il rischio di cambiare idea su di lui.

Il sole aveva già staccato l'orizzonte, quindi le strade erano piuttosto affollate. Non vedeva guardie nei paraggi, ma era meglio affrettarsi a cambiare vestiti. Soprattutto doveva trovare un mantello col cappuccio: per quanto apprezzasse i suoi capelli fucsia, in situazioni come quella erano peggio di un segnale di fumo.

Age of Epic - 1 - EresiaWhere stories live. Discover now