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È il classico venerdì sera dove la gente esce con gli amici, dove da una certa ora in poi i discorsi seri lasciano spazio a leggerezze e risate, che a tornare con i piedi per terra ci si può pensare domani. Nonostante tutti gli arredi facciano ricordare il secolo in cui viviamo in netto contrasto con le mura circostanti, ci pensano le luci soft e la musica classica in sottofondo a rimandare all'aria fiabesca di questo paesino di origini molto lontane. Mi faccio spazio fra corpi sconosciuti andando a cercare un posto in cui sedermi e scelgo un tavolo leggermente in disparte, con visuale a quel bancone che ha attirato la mia attenzione. Una ragazzina che avrà a malapena vent'anni, con gli occhi vispi seppur siano quasi le 23 e dubito sia stata una serata tranquilla, mi affianca chiedendomi cosa desideri: opto per un classico rosso. Torna poco dopo con il calice e qualche crostino all'olio di oliva: "per accompagnare il vino", mi dice lei con il sorriso scintillante. È minuta, magrolina e svolazza di tavolo in tavolo come fosse una farfalla con naturalezza e allegria; chissà cosa sogni di fare da grande, o se, magari, la sua strada l'ha già trovata...

Ora che nessuno può più distrarmi mi metto comoda sulla sedia, tolgo la giacca e la sistemo sullo schienale, controllo che i miei capelli siamo a posto passandoci una mano attraverso, sposto il bicchiere di qualche centimentro affinché il mio sguardo non abbia ostacoli e, già che ci sono, bevo un sorso di vino. Quel poco che basta a bagnarmi le labbra. Adesso sono pronta per concentrarmi esclusivamente su quegli occhi che mi hanno portata ad entrare in questo locale.

Non sono mai io a scegliere le mie musa, sembra follia ma sono proprio loro a scegliere me. Sin da piccola mi creavo storie che esistevano solo nella mia testa, ovviamente. Alcuni giorni mi svegliavo famosissima cantante pop, con una flotta di fan al mio seguito che mi acclamavano e cantavano a squarciagola insieme a me. Altri giorni ero, che ne so, una principessa che sposa il suo principe, che in sella al suo cavallo bianco la salva da mostri fantascientifici e vissero per sempre felici e contenti. Eppure, per ritornare alla mia seconda fantasia d'infanzia, non ho mai sognato il tanto adorato principe azzurro che mi salvi da fantomatici malvagi: io mi salvo da sola. Davvero, non sopporto neanche l'idea che qualcuno debba proteggermi al punto che io non abbia più possibilità di azione alcuna. Volete mettere la libertà di essere, fare, semplicemente vivere secondo propri istinti, proprie sensazioni e la propria volontà? Non c'è paragone. È capitato spesso che io mi scontrarsi con me stessa perché avevo ambizioni molto più grandi di me ma mai, neanche una volta, ho permesso che qualcuno mi imponesse scelte divergenti dalle mie idee; se devo sbatterci la testa devo farlo per assoluto merito -o colpa, scegliete voi- mio. Posso anche dire che sono innumerevoli le volte in cui ho corso senza freni addosso ad un muro di cemento armato per poi farmi male ma questo non mi ha, comunque, mai impedito di continuare a provarci.

C'è ancora troppo via vai che mi impedisce di guardarlo come vorrei, ho quindi deciso che mi fermerò ancora un pochino in attesa che la folla diminuisca per poterlo vedere senza interferenze. Ordino un secondo rosso.

Ha occhi grandi e un naso disegnato, me ne accorgo solo ora mentre si sta sporgendo per pulire il ripiano del bancone al lato, proprio di fronte alla mia postazione. È strutturato a mezza luna ed è la prima volta da quando sono entrata che si avvicina in quella zona. Indossa una camicia nera lasciata aperta nei primi due bottoni e vorrei poter osservarlo con più attenzione, cosa che potrei anche fare vista la vicinanza che abbiamo ora, se non fosse per la scarsa illuminazione. È tornato nell'altra estremità della mezza luna, mi è di spalle e parla con una donna che indossa la classica giacca bianca da cuoca, benché non possa vedergli la faccia sono quasi certa stia ridendo divertito dalle sue parole; sembrano così complici. Credo abbia la mia età, forse qualche anno in più e mi piacerebbe molto sapere il suo nome, è importante per me in quanto, in determinate situazioni e determinati casi, è più facile costruire qualcosa intorno ad uno sconosciuto di cui conosci, però, qualcosa di un può più personale. Sono queste le rare volte in cui penso che sarebbe più pratico avere una persona amica con cui condividere le mie avventure; attaccare bottone in due, o più individui, risulta meno sfacciato rispetto ad una ragazza, sola per il mondo, che cerca di instaurare rapporti basilari con gente a caso per poi scrivere di loro. Scelta mia, problema mio.

Finisco l'ultimo sorso del secondo rosso, aspetto che la donna gli si allontani, mi alzo lasciando la giacca al mio tavolo e con la più banale delle scuse, dato il contesto, lo avvicino.

"Buonasera. Mi scusi, dov'è il bagno?" Improvviso un sorriso che spero possa sembrare sincero, che poi... cosa ci dovrebbe essere da sorridere nel chiedere indicazioni per il gabinetto? Lo so, ma serve anche questo. Ammetto lo strano e inaspettato imbarazzo che provo al momento e lo scruto mentre è qui, a qualche soffio di vento da me.

"Percorre tutta la sala in questa direzione", mi dice indicando con la mano la sua sinistra, "terza porta sulla destra."

Ok, non è tedesco. Non so di dove sia ma ha un accento troppo particolare -e dolce, oserei dire- per essere tedesco. Indagherò.

Arrivo alla toilette, mi do una sistemata veloce allo specchio, esco e ripercorro tutta la sala fino ad affiancare, di nuovo, il bancone dove, però, questa volta lui non c'è. Torno al tavolo e lascio il conto con qualche moneta in più, indosso la giacca, dedico un'ultima occhiata a cercarlo ma senza esisto, esco dal locale e deciso di tornare in albergo a riposare.

...o forse no.






||Spero di continuare ad incuriosirvi.

Nel frattempo è quasi pronto anche il terzo capitolo.

A presto. 💛

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