capitolo 2

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Uno dei motivi per cui odio letteralmente Londra è il casino che le macchine producono. Vorrei poter ricordare quanto bella era la campagna in cui abitavo: c’erano piante, alberi, pace e calma. Invece qua è un continuo trambusto di gas e rumori di macchinari. Vorrei poter ricordare tutte ste cose, purtroppo però i miei ricordi sono dannatamente disturbati da questo cavolo di rumore. Mi lamento troppo, o forse no. Correggo freneticamente il mio subconscio.

Accidenti a mio padre. Mi sembra di vivere in Russia. Fuori si congela e dentro fa un caldo che si muore. Accidenti a quegli stupidi riscaldamenti.

Rotolo giù dal letto e mi alzo in piedi. Voglio andare a bere qualcosa di fresco. Ci ripenso. Torno nel letto buttandomici sopra e mettendo le spalle nude al muro. Mi guardo il corpo. È pieno di tatuaggi. Le braccia soprattutto. Mio padre non li ha mai voluti. Ma cosa c’è che a mio padre piace di me? La risposta viene da sola. Niente.

Guardo l’orologio per la 5 volta nell’arco di questi 10 minuti. 5,20. Vorrei disperatamente alzarmi ed andare ad offende quel dannato e sfaticato idiota di mio padre ma non posso. Ha combinato un casino.

Già.

Se non fosse per lui adesso mi potrei alzare ed uscire a respirare aria fresca, potrei disperatamente pregare mia madre di fare un caffè a mio padre per calmarlo se si accorge che non ci sono.

Gli occhi rotolano di nuovo verso le lancette verdi fosforescenti dell’ orologio. Voglio dimenticare mia mamma, ma non posso. Non voglio. La testa mi gira ai ricordi. Le lancette cominciano a diventare sfocate. Poi un urlo, due urli sento provenire dalla cucina. Il cuore diventa un sobbalzo permettendo al mio corpo di saltare giù dal letto. Incavolato ora più che mai. Attraverso prima la stanza e percorro tutto il corridoio fino ad arrivare alle scale. Le scendo due alla volta freneticamente con i nervi sul collo per precipitarmi in cucina.

Non importa quante volte sbatta gli occhi. l’immagine si continua a ripetere davanti ai miei occhi.

Mi sembra di pensare e veder le stesse cose che succedono in After.

Il padre di Tessa, un drogato. Il padre di Harry. Un alcolizzato. Io però la storia ce l’ho diversa. Loro non avevano fratelli. Io si. Luca. Mio fratello.

No. Non ora.

Lo fisso per un secondo permettendo alla mia rabbia di inscatolarsi nei miei polmoni prima di farli esplodere. Lo fisso ancora. Ci metto un millesimo di secondo prima di accorgermi che non è solo. Con lui c’è una ragazza. È buio, non vedo niente. Posso garantire però, che la ragazza ha una maglietta così scollata che sembra non ce l’abbia. Indossa shorts stretti. E corti. La debole chioma che porta sui capelli le copre la faccia. La bocca mi si apre istintivamente. Riporto lo sguardo su mio fratello. Mi guarda con un ghigno sul viso sfoggiando i capelli biondi davanti ai miei occhi. ci sono metri di distanza, ma sembra vicino, troppo vicino.

“fratellino.. ma che piacere! Credevo avessi finito di ciucciarti il dito, sono solo le 5” mi denigra, la ragazza caccia una risatina debole e si accascia al tavolo cercando di stare in piedi data la sbronza. Sono ubriachi. Lo è anche mio fratello.

Indietreggio spostandomi verso una vetrina. Realizzo quanto idiota sono quando l’intera pila di vetri cade per terra e si spezza.

“uhh.. questo come lo spieghi a papà”ride. Ride più forte.

Lo guardo negli occhi sotto la luce debole dei lampioni che filtra dalle finestre. Lui non ha paura. È sicuro e convinto. Anche lui ha una mente leggibile. Solo che non sa che la sua sicurezza è frutto di tutto quel dannatissimo alcol che ha nel cervello.

Mi guardo in torno per cercare, cercare cosa? La paura sta diventando bianca e si sta impossessando del mio corpo.

“Luca smettila, sei ubriaco, quella non ti capisce e ride perché è ubriaca. Sei ubriaco.”

Un cipiglio cade sul sul suo viso. cambia. Il cipiglio si trasforma da un ghigno a serio fino ad essere arrabbiato. Dio no.

“che cosa?” ripete a denti stretti avvicinandosi a me. Il cuore comincia a saltare intorno al mio torace e il respiro si fa pesante. Non sento più l’aria. Mi porta ad alzare il torace nudo sotto il suo sguardo più veloce. Sento il mio respiro scivolare violentemente fuori dalle labbra e candendo per terra smorzato dal suono delle parole del ragazzo di fronte a me.

“che cosa?!” ripete a tono più alto. I denti sono più stretti a contatto delle sue labbra baggnate. Si avvicina ancora di più mantenendo la distanza di un metro a me. Sento il suo respiro sulla pelle. Il suo profumo è orribile. Non sono certo dell’odore che emana finchè non alza una mano verso la mia faccia stretta in un pugno dove tiene una bottiglia di whiskey. La squadro. È quasi vuota. Solo dopo mi accorgo che un'altra bottiglia è tenuta in mano dalla ragazza a pochi passi da noi.

“ho detto di smetterla cazzo. Sei ubriaco.” Non so dove trovo le parole. Ma le caccio dalle labbra più forte che posso stringendo gli occhi mantenendo una visione nitida del momento. 

“ah..” dice piano. Quell’“ah” diventa più forte verso il mio viso colpendolo. Scatta con una risatina verso la ragazza voltandosi per un attimo e il pensiero di scappare mi attraversa la testa ma lo scaccio. Scatta da me appena la ragazza si rivolta sul tavolo cadendo poi a terra. Sento i miei occhi ingrandirsi dilatando la pupilla e lasciando un anello scuro in torno ad essa. Avanzo in dietro tamponando con i piedi nudi il pavimento. Stringo le mani in pugni appena vedo quel ragazzo scaraventare la bottiglia a terra e barcollare ridendo verso di me.

Le sue mani. Evidentemente più grosse delle mie mi scaraventano di nuovo addosso alla vetrina. Sta volta i vetri rotti ancora attaccati al cornicione mi squarciano la schiena lasciando qualche graffio su di essa. Avevo dimenticato mio fratello. Vorrei poter tirargli un pugno dritto sul naso ma mi placo dal dolore e sono costretto a scivolare per terra muovendo i vetri sotto di me. I miei piedi smorzano il pavimento facendoci rimanere dei vetri incastonati su.

La faccia di mio fratello è vittoriosa mentre la mia sconfitta e immersa nella rabbia. Tutte a me. Tutte.

“questo è quello che succede a venirmi contro fratellino. Ti consiglio di non venire più a dirmi che sono ubriaco”

La ragazza ride ancora più forte e si avvicina a me. Rovescia l’intero contenuto della bottiglia sopra il mio petto e ricoprendomi la faccia di un liquido forte da respirare marrone.

“papà sarà contento che sono passato e mi hai salutato” la ragazza gira su se tessa e segue mio fratello alle parole. Esce di casa ancora barcollando e lasciando me steso sui vetri zeppo di liquido marrone e la ragazza con i tacchi fiammeggianti correre verso la porta di ingresso. 

RATHE. il contatore di gocce di pioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora