Il sole del primo mattino mi scaldava il viso mentre attendevo all'uscita del campus la macchina di mia madre con ai piedi un borsone nero.
La gioia di tornare nella propria casetta con le persone che più mi amavano mi dava un certo sollievo, nonostante avessi sentito quel mondo molto lontano da quando ero arrivata alla U.M.
Mi guardai attorno, ammirai i giardini, le palme e gli edifici dell'Università.
La serenità, la pace interiore che mi aveva suscitato il paesaggio si spense in un batter d'occhio quando vidi avvicinarsi il docente di filosofia nel suo cappotto lungo beige leggermente aperto mostrando la camicia bianca.
Nonostante avessi spostato di nuovo lo sguardo sulla strada sentivo comunque l'incombere della sua presenza alle mie spalle.
-Miss White, torna a casa?- mi chiese affiancandosi a me e guardando nella mia stessa direzione.
-Si.- gli riservai una risposta secca affermativa sperando che si allontanasse al più presto.
-Ti mancherò?- una domanda semplice con un tono neutro mi destabilizzò totalmente facendomi mancare la terra sotto i piedi, fluttuavo tra ansia e rabbia.
-Ma ch...- iniziai a formulare una qualche imprecazione oppure una frase che potesse metterlo a disagio tanto quanto era riuscito a fare lui, ma quando la bianca jeep di mia mamma si materializzò davanti a noi dovetti mordermi la lingua.
Invano sperai che il buon senso portasse Miller ad andarsene non appena mamma scese dalla macchina; mi stupii ancora di più quando sorrise a mia madre tranquillamente attenendo per parlargli.
Mia madre mi guardava con sguardo interrogativo mentre mi si avvicinava spostando gli occhi più volte sull'uomo al mio fianco.
-Mrs White, piacere! Sono Miller Christian, il docente di filosofia di sua figlia.- si presentò lui allungando la mano.
Sotto i miei occhi i due si strinsero la mano e mia madre comprendendo la situazione si tranquillizzò sorridendogli serenamente.
-Così giovane già docente?- gli chiese lei prolungando quel momento estremamente imbarazzante.
-Anche lei è molto giovane ed è madre.- sentenziò lui facendo arrossire le guance pallide di mamma.
Portai la mano alla fronte esasperata da quella sua finta gentilezza e del modo in cui mia madre stava cadendo nella sua trappola di finto gentil uomo.
-Andiamo mamma?- la supplicai con lo sguardo oltre che con le parole sperando che recepisse il messaggio.
Con chiara riluttanza decise di accontentarmi e dopo aver salutato Miller prese il mio borsone per andarlo a mettere nel portabagagli.
Nel rapido istante in cui non eravamo più sotto il suo raggio visivo la mano di Miller si poggiò sulla parte bassa della mia schiena per poi avvicinare il viso al mio orecchio.
-Ci vediamo tra tre settimane Sophia cara.- soffiò lui prima di scomparire e lasciando tremare ogni organo nel mio corpo.
Quel breve istante aveva fatto affluire il sangue al cervello e fatto vibrare ogni molecola in me, per un breve secondo si annullò tutto l'astio che avevo iniziato a covare nei suoi confronti.
Mi rifugiai in fretta nella macchina, come se quell'autoveicolo fungesse da scudo, da barriera tra me e un uomo che mi tormentava nonostante avesse già causato varie ferite al mio cuore.
Mi attendevano tre ore e mezza di viaggio prima di rivedere la mia città natale, fortunatamente le mille domande e notizie con cui mi tartassò mia madre non mi diede il tempo di crogiolarmi in pensieri negativi o rivolti a persone nocive per la mia salute mentale.
-Ti aspettano in tanti a casa Soph!- esclamò mamma sorridente mentre stringeva con entrambi le mani il volante.
Sorrisi in silenzio pensando a quando era meraviglioso avere qualcuno che indipendentemente sarebbe stata accanto a me sempre amandomi incondizionatamente.
-Penso che anche il dottor Richards vorrà vederti.- non appena quella ipotesi uscì fuori dalla sua bocca il mio entusiasmo si spense come una candela troppo consumata.
-Già..- non desiderai condividere determinate informazioni con lei anche perché mi avrebbe probabilmente diseredato ed, inoltre, non era neanche a me chiara la situazione o il rapporto che c'era tra me e Jack in quel momento.
Entrare sul vialetto che portava alla mia piccola dimora mi ridiede quella sensazione di protezione e sicurezza che da tempo avevo perso.
Mi catapultai fuori dall'auto per andare ad abbracciare la mia sorellina che davanti al portone di casa mi aspettava impaziente; nonostante la grande differenza di età e i vari scontri che avevamo, restavamo comunque connesse l'una all'altra da un indissolubile legame di sangue.
Entrai subito in casa dove mi accarezzò un profumo di arrosto e mi fece venire l'acquolina in bocca; in cucina ad attendermi c'era mio padre che non appena mi vide lasciò cadere ciò che aveva nelle mani e mi strinse a se con forza.
La mia semplice famiglia, con difetti e pregi, mi dava una serenità invidiabile e mi sentivo fortunata ogni volta che mi trovavo tra di loro.

Passai l'intera giornata a chiacchierare e scherzare con la mia famiglia, mentre di tanto in tanto il telefono squillava e qualche parente lontano desiderava salutarmi e chiedermi come mi ero trovata alla U.M.
-Poi non sai che scandalo quando la sorella della vicina...- iniziò mia madre con un altra novità che mi ero persa quando fu interrotta per l'ennesima volta dalla suoneria meccanica del telefono fisso.
Presi istintivamente l'apparecchio e lo portai al orecchio per sentire chi fosse il nono parente che voleva impicciarsi della mia vita privata e scolastica.
-Pronto- sbuffai io alzando gli occhi al cielo ed attenendo.
-Salve..- sentii la voce roca dall'altra parte che poteva appartenere solo al mio psicoterapeuta.
-Dottor Richards!- esclamai io cercando di non insospettire oltre mia madre che con gli occhi vispi mi scrutava con attenzione.
L'informazione che recepì la tranquillizzò e mi lasciò sola nel salone ad affrontare la telefonata, anche se non mi era ancora chiaro di cosa si sarebbe parlato.
-Volevo solo sapere se eri tornata in città sana e salva.- confessò dall'altra parte Jack in chiaro imbarazzo.
-Si, sono tornata a casa.-
-Finalmente.- si fece sfuggire lui lasciandomi senza parole come ormai era sua consuetudine.
-Senti Jack l'altra volta..- mi affrettai a cercare il modo giusto per scusarmi o per giustificare le mie azioni, sebbene non avessi fatto nulla di male.
-Tranquilla. Non voglio alcun tipo di spiegazione. Non desideravo ricevere nulla in cambio; volevo solo dirti ciò che pensavo da tempo ma che mi era stato difficile esprimere. Era quasi mio dovere confessarti come mi facevi sentire.- mi interruppe rivolgendomi le parole più amorevoli che avessi mai sentito; in un attimo ricordai i giorni di liceo quando pensavo a Jack Richards come al mio principe azzurro perché solo un cuore buono come lui meritava di essere "principe".
-Jack...- mormorai io ammaliata dalle sue parole -..non ho parole per descriverti.-

The professor 2 - Rising from the ashesWhere stories live. Discover now