Infetto

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Immobile, distante, perso.

La mia coscienza si confonde, entrando in un buio cieco e impenetrabile.

Cerco di mettere a fuoco i ricordi, le memorie, le uniche cose che mi restano.

Mi sembra di percepire qualcosa in lontananza, una voce soffocata e lontana, eppure non esito a riconoscerla: Julia.

La mia mente impazzisce, mi sembra di precipitare sempre più in un vortice senza ritorno, incastrato in un oscuro abisso senza fine.

No, devo riprendermi.

Devo rimettere insieme i miei pensieri.

I miei ricordi più lontani sono confusi, come frammenti di uno specchio rotto.

E infine mi viene in mente un punto chiaro, da cui partire.

Il ricordo dei miei ultimi giorni.

Il mio urlo risuonò lungo il vicolo.

Il morto mi aveva artigliato il braccio sinistro, affondando i suoi denti nella carne.

Il dolore era lancinante, ma riuscii a non urlare e, rapidamente, presi il pugnale con la mano libera e lo conficcai con tutta la forza possibile nel cranio dello zombie.

L'essere cadde a terra, come un burattino a cui si tagliano i fili, mentre io mi approssimai a controllare la ferita.

Il sangue usciva copioso e mi faceva parecchio male, ma oltre a questo non sembrava che fosse troppo estesa o vitale.

Forse non ero stato infettato, forse non sarei divenuto uno di loro.

Scelsi questa mia bugia, e mi voltai verso la cassa lì nel vicolo.

Una scorta di medicinali per uso militare, ancora incartati e pronti per essere usati, probabilmente portati da qualcuno che non è riusciuto ad usarli, che poteva essere perfino lo stesso morto che mi aveva aggredito.

Era una cosa molto rara da trovare in questo mondo apocalittico, ed era la salvezza per mia figlia.

Questo era il motivo che mi aveva spinto ad infrangere una delle regole dei sopravvissuti: quella che dice di non spostarsi mai fuori da soli.

Ma questa cassa era troppo importante, non potevo aspettare gli altri sopravvissuti del rifugio, con il rischio che qualcun altro passasse e me la portasse via.

Mia figlia, Julia, si era ammalata, una malattia stupida, dove sarebbe bastato un pò di riposo e qualche medicina per riprendersi.

O almeno questo prima della rovina.

Il mondo è caduto e, naturalmente, un pasto regolare, un luogo sicuro dove riposarsi, un letto caldo e delle medicine sono divenute un lusso molto caro, che non tutti possono permettersi.

Dio, mi viene la nausea a pensare a tutto ciò che abbiamo perso, ma fortunatamente anche questo ricordo è vago e sfumato.

Certo, il gruppo con cui abitavo era gente onesta, ben disposta ad aiutare me e mia figlia, ma senza medicine si poteva far ben poco, e lei era già a letto da tre settimane.

Non potevo tirarmi indietro, non potevo rischiare di perdere questo tesoro.

Tornai rapidamente al rifugio e, dopo aver consegnato le medicine, mi diedi una rapida lavata.

Tolto il sangue, i segni del morso era ben visibile, ma come ho detto era una ferita semplice, e forse non mi sarei ammalato come gli altri.

Non avevo sentito nessuno che si fosse mai ripreso da un morso di uno zombie, che non fosse mai divenuto uno di loro.

InfettoWhere stories live. Discover now