Prologo - L'inizio

27 8 6
                                    

Una comune giornata come tante, ecco cos'era quella: una comunissima giornata come tante.

Jane stava sorseggiando una calda tisana ai frutti rossi, sulla sua bella poltrona color crema, le gambe piegate di lato, per contrastare il freddo dell'inverno.
Teneva i lunghi capelli biondo cenere scuri raccolti in uno spettinato chignon, e gli occhi, parzialmente eterocromi -infatti erano azzurri, ma verso la pupilla sfumavano in un leggero color nocciola- puntati alla finestra.
Osservava incuriosita ed accigliata un uomo, al di là della strada, che sembrava esaminare con attenzione un oggetto, che però la ragazza non riusciva ad identificare.
Un camion passò davanti al giardino in cui era appostato l'uomo, e un attimo dopo, questo era sparito.
Sbattè le palpebre più volte, ancora più confusa, per poi scuotere leggermente il capo, lasciandosi sfuggire una specie di sbuffo stupefatto. Probabilmente aveva le allucinazioni.
Tornò a sorseggiare lentamente la tisana calda, godendosi il tepore della casa.
Qualcuno suonò il campanello.
Cosa strana, perché lei non aveva previsto alcuna visita, né da parenti, né da amici -non che ne avesse molti, in realtà, di questi ultimi-, e nessuno sarebbe venuta a trovarla al sabato sera.
Posò la tazza fumante sul tavolino, infilò le ciabatte ai piedi e andò ad aprire.
Un uomo, a giudicare dal viso sui trent'anni circa, abbastanza alto e magro, con i capelli castani e spettinati, scuri come gli occhi, le si era presentata davanti alla porta di casa, sorridente, come se si conoscessero.
"Che strano modo di vestire!" pensò, inarcando le sopracciglia.
Indossava un completo grigio-blu opaco, con righe verticali sottili e più scure, una cravatta scura, un cappotto color sabbia lungo fino alle ginocchia, e... Un paio di all stars rosse.

«Salve! Ho una domanda da porle!»
Esclamò l'uomo, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.
Ma cosa diamine voleva, questo individuo?
Sospirò, spostando il peso da una gamba all'altra, già scocciata.
«Cosa vuole?»
Chiese in tono brusco, guardandolo ad occhi socchiusi.
Lui si guardò attorno, allungò il collo verso l'interno, si protese indietro e poi le porse la domanda.
«Ha visto cose strane ultimamente? Non so... Luci che senza motivo sfumano, o... Persone strane, che scompaiono?»
Di persone strane ne aveva viste.
Anzi, ne aveva una proprio davanti a lei, ora.
Arricciò il naso e le labbra, assumendo un'espressione confusa e stranita.
«Qui sono anni che le luci si spengono all'improvviso, non ci facciamo nemmeno più caso. Per quanto riguarda le persone, be'... Sì, oggi. Un uomo è sparito dopo che gli è passato davanti un camion.»
Non sapeva perché gli rispose, sapeva solo che quel tizio le suscitava curiosità, e non poca.
L'uomo si accigliò, e passò dallo "strano tipo appariscente" al "silenzioso detective privato" in meno di un secondo.
Poi, entrò in casa senza il consenso di Jane, che lo guardò stupita e ulteriormente seccata, senza parole.
Quel tipo strambo era appena piombato in casa sua, senza che nemmeno si conoscessero! Ma che modi erano?!
Richiuse la porta, seguendolo con passo svelto in salotto, dove lui si affacciò alla finestra.
Pochi attimi dopo, sentì uno strano suono, simile a un fischio ma più metallico.

«Devi venire con me.»
La frase la colse di sorpresa.
Più che altro, il tono.
Aveva pronunciato quella frase in tono così serio e teso, che suonava come un ordine.
O forse lo era?
Alzò gli occhi e li puntò in quello di lui, e notò che aveva un'espressione ancora più dura di prima, seria e quasi preoccupata, con le sopracciglia appena inarcate.
Andare con lui? Dove? E perché?
Non si conoscevano nemmeno, e lui aveva dieci anni più di lei, se non di più!
L'uomo la guardò ancora, attendendo risposta.
«Venire con te? E perché mai? Insomma, è sabato sera, e io sono sola a casa... E poi nemmeno ci conosciamo! Io stavo solo bevendo una tisana calda!»
Esclamò in tono acuto e quasi isterico, visibilmente davvero seccata.
Stranamente, vide la sua espressione rilassarsi, e lasciarsi andare ad un sorriso divertito.
«Scommetto che sei scozzese. Solo gli scozzesi hanno questi toni.»
Anche il suo tono era completamente cambiato: ora era più divertito.
Chiuse gli occhi, inspirando a fondo, mentre tentava di calmarsi.
Sì, era scozzese. Ma questo non giustificava il suo tono!
Insomma, uno sconosciuto era appena piombato in casa sua facendogli domande strambe, come avrebbe dovuto reagire?
Sospirò, guardandolo sconfitta.
Quel tipo le ispirava fiducia, però.
«E va bene, verrò con te.»
L'uomo sorrise maggiormente, mostrando i denti, e rilassando il viso.
Doveva ammettere che era carino, così.

Lo sconosciuto uscì di casa con passo abbastanza frettoloso, e lei lo seguì, dopo essersi rapidamente infilata un paio di anfibi neri, un cappotto, un cappello di lana e una sciarpa, e dopo essersi sciolta i capelli sulle spalle.
Attraversarono la strada e svoltarono un angolo, trovandosi davanti a una cabina telefonica blu. Della polizia, anni '50/'60.
Si fermò di colpo, alzando le mani e portandole in avanti.
«Woah, woah woah! Mi vuoi arrestare? A dicembre, dopo Natale? Wooah, io lì non ci entro. Neanche morta. No.»
Scosse il capo, le sopracciglia inarcate quasi da sparire sotto alla frangetta, gli occhi spalancati e le labbra socchiuse.
Che intenzioni aveva quel tipo?
No. Non la avrebbe spinta lì dentro, neanche con la forza.

L'uomo rise.
«Fidati di me.»
Pronunciò queste tre parole, entrando in quella cabina.
In un primo momento, vide un leggero bagliore giallastro uscire dalle porte di legno, quindi socchiuse gli occhi.
Aprì la porta e vi entrò, senza guardare dentro, sicura di sbattere contro di lui.
Ma così non fu.
Chiuse la porta, appoggiando le mani sulla superficie di legno bianca, abbastanza tesa.
Si girò, e quello che vide la lasciò senza fiato.

You've reached the end of published parts.

⏰ Last updated: Jan 02, 2018 ⏰

Add this story to your Library to get notified about new parts!

Lost In SpaceWhere stories live. Discover now