Capitolo Primo

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Tutti gli dei sapevano quanti figli avesse il Cielo, ed erano veramente tanti. Tra questi, ce n'era uno che sapeva sempre tutto di tutti, perché altro non faceva se non scorrazzare sopra le teste dei mortali dalla mattina alla sera. Si trattava di Claude, il dio delle nubi e delle tempeste (anche se quest'ultime erano di giurisdizione anche di sua sorella Varsha, dea delle piogge). Claude non era un dio giovane, anzi: suo padre lo aveva concepito all'alba dei tempi, insieme a tanti altri suoi fratelli, quindi poteva dire di aver visto di tutto, letteralmente.

Quando suo padre era sereno e lasciava risplendere il divino Apollo in tutta la sua luminosità, il dio delle nubi si concedeva delle brevi vacanze a contatto con l'umanità, osservando da vicino gli uomini e toccando con mano i numerosissimi disastri da loro causati. Sapeva perfettamente che non poteva intervenire sul fato terreno, e che quel che accadeva sulla Madre Terra doveva rimanere tale (o comunque se ne sarebbero occupate le fangosissime divinità terrene), però in cuor suo provava parecchia difficoltà a stare un passo indietro, senza poter veramente far parte delle disavventure umane.

Nel Cielo non accadeva mai niente di intrigante, ma Claude non si sentiva come suo padre. Claude aveva bisogno di sapere, di vedere, di vivere. Era invidioso dei figli della Terra, ma soprattutto era invidioso degli umani: loro provavano così tante emozioni, ogni giorno della loro brevissima vita! Mentre lui, seduto lassù in qualche nuvola dispersa, si limitava a osservare e a studiare i loro comportamenti ormai da interi eoni.

Ma in una fredda giornata di dicembre di quasi un secolo fa, durante una delle sue innumerevoli vacanze sulla Terra, Claude notò qualcosa che ancora non aveva avuto modo di osservare. In genere si teneva a distanza di sicurezza dalla fangosità umana, ma quel giorno il dio delle nuvole si era perso in un'anonima periferia, e non aveva assolutamente voglia di tornare in Cielo a controllare dove fosse perché sapeva perfettamente che suo padre lo avrebbe trattenuto per raccomandargli qualcosa di sciocco. Pensando ciò decise di proseguire, guidato dal suo istinto divino, e si avviò nel dedalo di basse casette che era quel noioso quartiere. Ad un tratto, però, quel posto divenne tutt'altro che noioso. Da uno degli edifici alla sua destra, Claude sentì provenire delle grida di dolore. Ormai aveva imparato a riconoscerle, con tutte le guerre e le violenze a cui aveva assistito. I suoi piedi si mossero da soli in direzione della voce, e quel che vide affacciandosi alla finestra lo lasciò senza fiato.

Una donna stava accasciata sul suo letto, quasi interamente ricoperto di sangue, e gridava, stringendo le lenzuola tra le mani. Era sola con se stessa. Claude si guardò intorno, controllando se ci fosse qualche spirito della terra pronto ad aiutarla, ma nessuno, né umani né divinità, pareva essere interessato a quella strada. Puntò nuovamente gli occhi sulla stanza, illuminata a malapena dalla luce gialla della lampadina appesa al soffitto, ed osservò meglio la donna. Era più pallida di qualunque essere umano lui avesse mai visto, e grondava sudore. I capelli, lunghi e neri, le si appiccicavano alla fronte e la facevano sembrare ancor più cadaverica. Il volto era contratto in un'espressione di sforzo e di sofferenza tali che il dio capì immediatamente cosa stava accadendo.

Quella donna stava partorendo.

Un terzo sguardo bastò a Claude per capire che né lei né il suo bambino sarebbero sopravvissuti: la casa era una dimora molto povera, nuda di mobilia e sporca. Probabilmente quella fanciulla nemmeno mangiava il necessario per il suo fisico e per il bambino, e probabilmente quel bambino non avrebbe avuto un padre. L'istinto divino di Claude gli disse di intervenire immediatamente o qualcosa di irreparabile sarebbe accaduto, ma ancora non mosse un dito. Non poteva. Sapeva che suo padre lo avrebbe cancellato dall'esistenza, come aveva fatto con altri suoi figli poco obbedienti. Sapeva che il Fato si sarebbe infuriato con lui, e sapeva che tutto ciò sarebbe finito male.

Muriel delle NubiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora