2. Trovala in questo mondo. Trovala in te stesso.

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L'aria aveva lo stesso odore di quella notte.

La notte in cui ero morto.

Lo stesso odore di quell'alba.

L'alba in cui ero rinato.

E proprio come in quei momenti continuavo a sentirmi qualcosa di sbagliato nel petto. Qualcosa tra il mio cuore e la cicatrice che mi deturpava la pelle era come non doveva essere. C'era qualcosa che continuava a sfuggirmi. Qualcosa che continuava a restare ai margini del mio campo visivo e per quanto girassi gli occhi cercando di vederla appieno, distinguerla per quello che era realmente, continuava a sfuggirmi.

Quello che assolutamente non mi sfuggiva in quell'alba era il borbottio sommesso di Dark al mio fianco. Guardava nella mia stessa direzione e sapevo che vedeva esattamente quello che vedevo io.

Un enorme voragine.

Costellata da tanti paletti laccati di bianco a cui erano stati appesi nastri colorati. I colori di tutte le legioni che avevano preso parte a quell'ultima battaglia. L'ultima a cui avevo partecipato, e allo stato attuale delle cose anche l'ultima a cui avrei mai partecipato.

Non ero più un alto generale.

E per quanto continuassi a credere che fosse veramente assurdo considerare la mia appartenenza a una fazione rispetto ad un'altra tutta imputabile ad uno stupido gioiello, non ero io che facevo le regole. Ero solo una pedina e potevo solo fare quello che mi veniva ordinato di fare. O forse di non fare, in assenza del mio segno di appartenenza. Ero stato tagliato fuori da tutta la politica interna degli alti generali e una volta mi sarei sentito sollevato dalla cosa, ma ora? Ora era un'altra mancanza che mi sentivo gravare sul petto. La mia collana era scomparsa nel nulla e nessuno aveva saputo dirmi dove fosse finita.

Nemmeno mia moglie.

Avevo vissuto da alto generale per così tanti secoli che ora non avevo più idea di cosa farne di me senza questa prerogativa. E non importava che Helene stesse facendo del suo meglio per tenermi occupato, per distrarmi, per ammazzare il tempo. Qualcosa continuava a mancare. Perché di fatto ammazzavo il tempo in attesa di qualcosa, ma non avevo nemmeno io idea di cosa stessi aspettando esattamente. Un segno? Un'illuminazione?

Avevo tutto quello che volevo, o quasi tutto, allora perché mi sentivo così... vuoto?

Non che il sesso con mia moglie fosse un problema. Al contrario e il fatto che ora stesse dormendo profondamente nel mio letto, ancora completamente nuda, sfinita ed appagata, ne era una prova più che inconfutabile. L'amavo come il primo giorno, forse più del primo giorno, ma oggi... Oggi era quel solo giorno in cui mettevo tutto completamente in discussione.

Come un orologio interno che scoccava la mezzanotte.

Era la terza volta che tornavamo lì e lei aveva fatto del suo meglio per convincermi a non tornare in quel posto. Per convincermi che era del tutto inutile continuare a piangere e rimuginare sul passato. Ero vivo, di nuovo, e questo era l'importante. L'unica cosa che contava veramente.

Era la terza volta che restavo privo gi ogni cognizione del tempo a guardare quella voragine davanti ai miei occhi, quel buco nero incastrato nel terreno che aveva risucchiato dentro di se più vite di quelle che aveva salvato. Sapevo che era opera di Helene. Sapevo che era stata lei a bruciare il terreno e scavarlo e renderlo tanto morto ed arido da non aver più fatto crescere nulla in quella terra che prima era stata una distesa verde e brillante. In tre anni non era spuntato nemmeno un filo d'erba.

Per questo erano stati piantati tutti quei picchetti bianchi adornati da nastri colorati. Per nascondere la cicatrice lasciata su questo mondo.

Un segno che non sarebbe mai scomparso.

Cuore di VetroWhere stories live. Discover now