I. La luna rossa - parte prima

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Era l'anno 316.
Nell'Isola senza Nome, una giovane fanciulla di nome Derdelia Therinberg stava aiutando la madre con il suo lavoro di sarta. Il padre era fuori per lavoro, lui era un mercante di Farim, una città portuale fiorente e lontana.
La famiglia Therinberg non era nobile, ma benestante e senza nemici o debiti.
Vivevano tranquilli, vicino alla capitale Vresar, svolgendo le loro giornate come al solito.
Ma il vento si era fatto incerto, gli alberi venivano scossi da esso e le loro foglie tremavano. Il mare era mosso e presagiva tempesta.

«Derdelia, mi porti la seta bianca frantina e il pizzo bianco drecyano?!»
«Un attimo, madre!»
Tra le mille e diverse stoffe provenienti da ogni parte del mondo, le mani della quindicenne Derdelia si persero in un mucchio di colori e sensazioni diverse. Dalla morbidezza della lana al ruvido centrino in pizzo.
«Trovati!» Scese le scale, incespicando un paio di volte nel costoso abito di velluto blu confezionato dalla madre, un modello unico fatto solo per lei. Lungo fino ai piedi in una gonna poco vaporosa per agevolarle i movimenti. Uno strato di pizzo blu faceva contrasto con l'azzurro, cadendo in tanti angoli dalle punte arricciate.
Le maniche ricoperte da uno strato di pizzo blu, erano strette fino ai gomiti, altra stoffa con pizzo bianco sul bordo creava delle maniche larghe e svolazzanti.
Un cinturino di color dell'oro divideva la parte superiore da quella inferiore, impedendo di vederne la cucitura alla vita.
Sopra, il corpetto era ricamato in pizzo blu come le maniche, con una scollatura a cuore senza essere volgare. Il pizzo andava a creare un colletto che ricopriva il collo come un collarino. Sopra dondolava un ciondolo portaritratti dalla forma ovale, fatto di bronzo e completato con un smeraldo al centro dei ghirigori intarsiati sulla facciata. Un regalo da parte del padre dopo essere tornato da un lungo viaggio.
Derdelia non se ne separava mai.
L'ennesimo rischio di finire con la faccia sulle assi fu sventato, Derdelia arrivò sana e salva con i tessuti semi-raggomitolati tra le mani.
«Ecco!» Li posò sul bancone da lavoro sotto lo sguardo severo e seccato della madre.
«Derdelia, quante volte ti ho detto di piegarli e poi di trasportarli?» le chiese mettendo le mani sui fianchi.
«Chiedo venia, madre.»
La madre, Rosianne, scosse la testa e non riuscì a nascondere un sorriso.
«Consegna questo vestito alla signora DeRealux, per favore.»
Derdelia prese il pacco e sbuffò appena. Quella donna era antipatica quanto misteriosa. Interessante senza dubbio, ma fare domande alla donna avrebbe causato la seccatura di quest'ultima.
«È la nostra miglior cliente, Derdelia» le ricordò lei intuendo i suoi pensieri, i quali non erano dissimili dai propri.
«Non perdere altro tempo. Quella donna odia le visite in tardo pomeriggio.» Detto ciò spinse la figlia, avvicinandola alla soglia di casa, per poi andare dritta a recuperare qualcosa dal salone.
«Tra le altre cose.» Si lasciò scappare la figlia un attimo prima di sentire il legno della porta dietro la sua schiena.
Un ultimo sbuffo e Derdelia si perse a passeggiare per il villaggio.
Si erano trasferiti poco fuori dalla capitale, trovando piacevole il vivere lontani da vicini e piazze gremite di persone.
Non che fossero solitari o restii a creare legami, semplicemente trovavano rigenerante vivere immersi nella natura.
Il passo era cadenzato, gli occhi soliti a perdersi come se vedesse la prima volta quel luogo.
Si fermò a raccogliere delle bacche selvatiche, le sue preferite, e riprese a seguire la strada. Gli alberi si trovavano fuori dallo sterrato, lasciando la via libera alla vista dei passanti.
All'improvviso una macchia arancione passò attraverso gli alberi. Derdelia sorrise.
Da dietro uno spesso tronco spuntò una tenera volpe. Questa corse, finendo addosso alla ragazza e facendole le feste, la coda che si agitava frenetica.
Derdelia si inginocchiò e le offrì le bacche come faceva di solito. Poteva dire di aver creato un bel legame con quella volpe.
La sua mano venne ripulita, letteralmente. Accarezzò la testolina della sua amica a quattro zampe e la vide ritornare in mezzo agli alberi.
Il percorso finì e iniziò una discesa in mezzo al verde dell'erba, interrotta solo da una gradinata in marmo malridotta.
Sua madre le disse una volta che dovevano essere i resti di una piazza, se non persino di una casa, ma che ora erano le uniche macerie rimaste e l'unica struttura utilizzabile da quelle parti era proprio la casa della Signora DeRealux.
Costruita da pochi anni e in pochissimo tempo, quella casa era misteriosa quanto la donna che l'abitava.
Derdelia terminò l'ultimo gradino e superò il cartello che indicava la direzione della capitale Vresar.
Ed eccola arrivata a destinazione.
Dietro l'abitazione della donna lo sfondo era mutato inspiegabilmente, tanto diverso da straniarsi dal resto della boscaglia.
Aveva gli alberi dal tronco smilzo, rami secchi e scricchiolante ad ogni accenno di vento. Le foglie cadevano creando una corona dai colori autunnali attorno al proprio albero.
Era come una foresta nera delle favole, e sua madre le aveva fatto promettere che mai, per nessuna ragione, ci avrebbe messo piede.
Fu facile a sugellare la promessa. Derdelia sentiva una strana presenza in quella foresta, sinistra e poco rassicurante.
Fu anche grazie a ciò che nessuno metteva mai piede in quella zona desolata. E comunque, pareva che la signora DeRealux non avesse stretto nessun legame con il resto dei cittadini. Si girava voce che fosse una strega mangia-bambini.
“La gente ha un particolare vizio di esagerare. È una comune vecchia brontolona, molto sola. Dubito che nel tempo libero si cibi di bambini. La loro carne non è troppo raffinata per lei", le rispondeva sempre sua madre.
Derdelia rise appena prima di bussare alla porta. Subito dopo aver fatto scontrare le nocche sulla porta di quercia, un rumore di passi si udì dall'interno.
La porta si spalancò, le nocche rimasero ferme a mezz'aria, e Derdelia osservò  il volto della donna, celato da un cappuccio ingombrante e scuro.
Le uniche parti del suo corpo libere da strati di tessuto erano le mani, spesso anche queste celate alla vista degli altri da guanti guanti.
Derdelia fissò la bocca, una linea sottile che trasmetteva serietà sopra ad un mento appena appuntito.
«Guarda chi si rivede» disse la donna. Derdelia sentì una punta di sarcasmo e di noia.
«Sempre io, Signora DeRealux. Non esistono persone con il fegato di venire nella vostra umile dimora» rispose lei con lo stesso tono, seppur divertita.
Sotto sotto quella donna la divertiva, era come una zia brontolona ormai. Nonostante le parole poco carine e il carattere burbero, la donna era di buona compagnia. Almeno secondo la piccola Derdelia.
La donna dalla sconosciuta età fece un verso gutturale. «Non saprei se considerarti coraggiosa o un'ingenua.» Prese il pacco e richiuse la porta. 
Derdelia scosse la testa, ritornandosene a casa.
Una volta arrivata, la madre le chiese come al solito come fosse andata e la figlia rispose, appoggiandosi sulla superficie del tavolo con la nuca e il busto, la mano che sorreggeva il mento.
«Postura composta» asserì Rosianne senza distogliere gli occhi dai tessuti.
Derdelia si tirò subito a sedere composta, chiedendo scusa, le mani a lisciare le pieghe del vestito. La madre esigeva un atteggiamento da lady da parte della figlia.
“Non devi atteggiarti come una regina, ma un po' di decoro non fa mai male.” Ricordava bene le sue parole.
Rosianne, nel frattempo, si muoveva in mezzo alle stoffe colorate che vivacizzavano l'ambiente.
«Mi chiedo quale sia la sua storia» proruppe a sorpresa Derdelia.
La madre si fermò un attimo dal suo lavoro, per lanciarle un'occhiata confusa. «Che intendi dire, figlia mia?»
«Il passato della Signora DeRealux, com'è sia fatto il volto che tanto si preoccupa a celare, il perché di questo...stile di vita. In fin dei conti non è una persona cattiva, non è una strega.»
All'ultima parola, le mani della madre si fermarono. I suoi occhi si abbassarono e poi andarono sulla figlia, finendo col distogliere lo sguardo subito dopo.
«Non credere mai alle apparenze. Tutto portano una maschera, la differenza è che alcune non si possono vedere» detto questo, ritornò al lavoro. Lavorò girata di schiena, nascondendo un volto pensieroso. Credeva che la conversione fosse conclusa quando risentì la sua voce.
«Secondo me non è nemmeno una signora. Voglio dire, non è così avanti con l'età. Ha una voce molto giovanile» tacque un attimo per sospirare pensierosa. «Perchè nasconde il suo aspetto?»
Me lo chiedo anch'io, pensò Rosianne.
«Non saprei, tesoro. Quella donna vive qui da anni, dapprima che prendessi questa casa insieme a tuo padre. E la prima volta che la incontrai aveva già un corpo da donna. Minimo dovrebbe aver vissuto quaranta anni» dedusse lei.
Derdelia corrucciò la fronte, non sapere se fosse un'ipotesi molto convincente. 
«Questo non cambia una cosa: sotto quella maschera fatta dai vestiti pesanti, e sotto a quella dal comportamento distaccato e freddo, si nasconde una brava persona.»
Rimase a pensarci per chissà quanto tempo, non si accorse del cielo che lentamente passò ad un arancio vivo, e in seguito ad un blu scuro. Solo la nascita di uno sbadiglio le fece accorgere del tempo passato a confabulare spiegazioni.
Richiuse il libro che stava cercando di leggere, ma dopo ogni frase si perdeva tra i suoi pensieri o non capiva quello che leggeva perché distrattasi.
Augurò la buonanotte alla madre, schioccandole un bacio veloce sulla guancia, e salì al piano di sopra. Si liberò del vestito e andò a dormire.
Un'altra giornata era passata.

Derdelia Therinberg - La Scoperta della MagiaWhere stories live. Discover now