Prologo

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L'autrice rimase lì, perplessa, con la penna sopra il foglio.

"Sei sicuro che vuoi che io lo scriva?", chiese. "Lo sai che per le stesse ragioni per cui tu vuoi scriverlo, loro non lo leggeranno?"

Ma lui era un tipo cui era difficile rifiutarsi. Le sorrise, così lei prese la penna e cominciò.

Dunque... si racconta di come un uomo, a capo di una delegazione commerciale, un giorno, se ne fosse volato in Cina per un viaggio d'affari. Una sera, come forma di intrattenimento, alla sua delegazione venne mostrato un rito tribale.

Un bufalo d'acqua, legato ad un palo, veniva fatto girare in tondo, mentre due contadini, l'uno opposto all'altro, sferravano dei colpi violentissimi di scimitarra sul collo dell'animale.

La povera bestia non poteva far altro che continuare a girare, sperando di sfuggire a quella tortura, ma tutto ciò che riusciva ad ottenere era solo di prolungare la propria agonia.

E più la corda si attorcigliava attorno al palo, meno la bestia aveva il tempo, fra un colpo e l'altro, di trovare un qualche sollievo al dolore.

L'uomo, raccontando di quella storia, disse che non poteva trattenersi dal guardare: invece di essere spinto via dal disgusto, era affascinato dalla precisione geometrica della trappola.

Alla fine, vomitando sangue e ormai avvinghiato al palo, il povero bufalo cadde in ginocchio, consentendo a quei contadini inebriati dal sangue di salirgli sulla groppa, e finirlo recidendone il collo.

La delegazione, formalmente, rifiutò di avere un po' della bestia per cena, ma lasciando la sala del ricevimento, l'uomo, individuatane una fetta abbandonata su un piatto, non poté resistere: dovette assaggiare.

"Perché la bestia continuava a girare, coi suoi occhi bovini così immersi nell'incredulità?", si chiedeva. "Pigrizia? Abitudine? Incapacità di dare un senso alla realtà? Di pensare che fossero le lame di quegli amorevoli allevatori la causa di quel dolore straziante?"

"Che incredibile parallelo", pensava l'uomo.

Riferendo della storia, sembrava animato da un senso autentico di fascinazione.

Nella sua messinscena teatrale, faceva piegare dalle risate gli astanti, con le espressioni facciali che produceva per descrivere l'agonia dell'animale.

La morbosa curiosità che quell'uomo riusciva ad instillare in chi lo ascoltava era uno spettacolo nello spettacolo: come lo sguardo del bue sarebbe stato più contorto al prossimo giro, più pateticamente rassegnato, senza speranza, come l'animale avrebbe dato l'impressione di stare diffidando della propria percezione.

Disse che proprio non riusciva ad immaginare cosa quella povera bestia avrebbe potuto pensare, fra un colpo e l'altro, e mentre raccontava faceva qualche supposizione:

Chop!

"Beh, probabilmente è solo depressione. Forse dovrei chiamare gli amici più spesso: essere più sociale, più aperto ad incontrare nuove persone!"

Chop!

"Magari è colpa mia, sto invecchiando, dovrei rimettermi in forma. Quasi quasi mi iscrivo in palestra".

Chop!

"Il mondo è proprio diventato un disastro, forse dovrei cominciare a pensare alla pensione".

Chop!

"Devo cambiare lavoro, magari fare un prestito e tornare a scuola e studiare".

Chop!

"Un altro po' di questi immigrati e ci faranno un sultanato sotto al naso!"

Chop!

"Non posso permettermi di mollare ora, non sono un vigliacco".

Chop!

"Il mercato azionario è in ascesa: forse dovrei comprare".

Chop!

"Bisogna ripristinare fiducia nelle istituzioni!".

Chop!

"Dovremmo stampare più denaro"

Chop!

Chop!

Chop!

Pensando a questa storia, la testa della nostra protagonista, esplose.

MobyWhere stories live. Discover now