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Helled si svegliò di soprassalto. La voce della nonna che ancora le martellava in testa; erano ventidue anni che andava avanti così, da quando la nonna era morta.

Helled odiava dormire, lo faceva solo per non crollare tra le mille cose da fare, ma a sera, quando dietro i suoi occhi non l'aspettava altro che l'oscurità, desiderava ardentemente l'arrivo del sole.

Come tutti i giorni si alzò e riordinò la sua camera cercando di fare il meno rumore possibile; non voleva svegliare sua madre e sua zia che dormivano nella stanza accanto. Andò in bagno in punta di piedi e indosso in maniera ordinata l'ormai rovinata divisa da lavoro, legando con precisione il nastro della gonna lunga fino a sotto al ginocchio ; quella notte era stata difficile...

Anzi, quella notte era stata più difficile del solito.

Il suo cellulare squillò e apparve un grosso teschio sullo schermo: "22 Dicembre-Solstizio d'Inverno".

La ragazza si complimentò con se stessa, aveva appena superato la notte più lunga dell'anno con meno occhiaie del solito.

Applicò il correttore con precisione quasi maniacale per nascondere i segni di una notte insonne e fece un grande sorriso al suo riflesso.

Capelli rosso chiaro, lentiggini sotto gli occhi, due grandi occhioni azzurri e una figura minuta che le dava un'aria indifesa,quasi perfetta non fosse stato per il seno piccolo e l'aspetto perenne di un morto vivente. Nonostante le ore di sonno arretrate andò comunque a lavoro, con la determinazione che solo una ventiquattrenne felice della sua occupazione può avere.

Amava quello che faceva da quattro anni: la fioraia.

Il profumo dei fiori, i sorrisi degli acquirenti e la cioccolateria a due passi di distanza rendevano la sua vita piena e felice.

Stava per uscire di casa quando si accorse di aver dimenticato qualcosa in camera sua, qualcosa che non ricordava neanche perché si ostinasse ad indossare: un vecchio ciondolo d'ametista a forma di goccia appeso ad una catenina color argento.

Frugando sotto al cuscino trovò il ciondolo staccato dalla catenina e cercò di riparare il suo unico ornamento il più in fretta possibile. Uno, due, tre... dieci secondi e aveva richiuso la collana attorno al suo collo come faceva ogni mattina. Dopo aver fatto un sospiro di sollievo corse a perdifiato per le scale del palazzo popolare e poi ancora per almeno mezzo chilometro fino a trovarsi, ormai senza neanche le forze per respirare, davanti al negozio con le serrande ancora abbassate.

Era in anticipo, così inviò un messaggio a Carol, la proprietaria, e andò alla cioccolateria che a quell'ora del mattino era già piena di gente. Si guardò intorno per un attimo prima di individuare il suo solito tavolino miracolosamente vuoto e si affrettò a occuparlo.

Helled stava per sedersi, quando sentì il pavimento sotto di se invece del legno della sedia e trovò a fissarla un ragazzo dagli occhi del ghiaccio che aveva la sua sedia tra le mani, come fosse la cosa più normale del mondo.

<<Questo tavolo è occupato.>> disse lui senza mostrare alcuna emozione. 

La ragazza si alzò, lisciò la gonna della divisa e senza dire nulla uscì dal locale. 

 

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