2) libri

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Mi risvegliai in una stanza d'ospedale.
La spalla lanciava fitte di dolore.
La guardai.
Una benda macchiata di sangue la copriva.
Feci vagare lo sguardo nella stanza.
Mia madre stava dormendo sulla sedia di fianco a me.
I capelli marroni dai riflessi rossi le ricadevano sul viso.
Era una donna alta, carnagione chiara, occhi grandi e verdi, naso a punta.
Mi addormentai.

Aprii gli occhi nuovamente verso mezzogiorno.
Mia madre era ancora lì, mi guardava con due occhi rossi di pianto.
Appena si accorse che ero sveglio un grande sorriso si aprí sulle labbra.
- ciao - disse con voce dolce -come stai?-
- fa male - balbettai.
Mi parlò per il resto del pomeriggio, dicendo che ai era molto preoccupata per me. Non vedendomi ancora tornato a casa la sera prima, poi aveva ricevuto una chiamata dall'ospedale ed era corsa da qui.
Ad un tratto, qualcuno bussò alla porta.
Entrò un uomo alto, di una certa età, capelli bianchi e barba rada.
Portava una camicia a quadri e un paio di jeans.
- lui è il signor Devon, è stato lui a mettere in fuga il lupo che ti ha aggredito - disse lei, con un mezzo sorriso.
- quello signora non era un lupo - disse lui - era un demonio, era un mostro -
Poi mi guardò.
- come stai ragazzo?-
- grazie a te sono in un letto e non in una bara-
Fece un cenno d'assenso con la testa.
- quando ti rimetterai fai un salto a casa mia - disse lui, poi si avvicinò a me mi sussurrò all'orecchio - potrebbero succedere cose strane, se così fosse, vieni da me -
Mia madre non aveva capito quello che aveva detto, ma non disse nulla a proposito.
L'uomo sparì dall'uscio.
"Cosa dovrebbe succedere di strano?"

Il giorno dopo mi vení a trovare anche mio padre.
I suoi capelli neri tagliati corti, la barba curata, gli occhi scuri ma il volto morbido gli davano un'aria rispettabile e allo stesso tempo simpatica.
Sfortunatamente, per lavoro, non rimase con me a lungo.

Il giorno seguente medici mi lasciarono tornare a casa.
Era tutto molto faticoso fare qualcosa con una mano sola: allacciarsi le scarpe per esempio.

Tornai presto a scuola, e altrettanto tornai ad essere preso in giro da tutti.
- anche la natura non ti vuole più-
- sei proprio uno sfigato -
- quel lupo avrebbe dovuto farci il piacere di ucciderti -
Ogni cosa che dicevano era un passo che io facevo per allontamarmi da loro.
Diverse volte avevo pensato di cambiare scuola, ma non ne avevo mai avuto il coraggio, non perché pensavo che sarei diventato ovunque quello da prendere in giro, ma per una ragazza.
Eccola.
Il mio cuore mancò un battito.
Sorrideva e rideva, non di me, ma per qualcosa che ne valesse la pena.
Distolsi lo sguardo prima che si accorgesse che la stavo guardando.

In pochi giorni la ferita fu completamente guarita, e di essa ormai non rimaneva che una cicatrice.
Ma qualcos'altro mi aveva lasciato, non sapevo cosa, ma mi sentivo ... diverso.
I giorni passarono uno dopo l'altro.
I rumori diventavano sempre più insopportabili, sempre più alti.
La luce era sempre troppa.
La puzza dello smog, della spazzatura, di sudore, e anche il profumo divenne fastidioso.
Era tangibile, c'era qualcosa che non andava in me.
Tornai spesso nel bosco quei giorni, per ritrovare me stesso.
Ormai era quella la mia casa, non la città.

Un giorno, uscii a tagliare la legna per la stufa.
Afferrai l'ascia e la sollevai.
Quasi non me ne accorsi.
Era leggera.
Io non riuscivo mai a usarla con una mano, eppure riuscii a rompere tutti i pezzi di legna usando solo la destra.
Riposi l'accetta e tornai dentro con i ciocchi.
Ne buttai un paio nel caminetto.
Come le fiamme si accesero scattai all'indietro.
Non so perché, ma d'istinto mi allontanai dal fuoco arancione.
Non mi era mai successo prima di avere questa incompatibilità con il calore delle fiamme.
Andai dal medico, ma lui mi disse che era solo stress post traumatico.
Io non ci credevo.
I giorni si susseguirono come gli incubi di notte.
Ogni volta che mi addormentavo, mi svegliavo sudato, tremante.
E ogni notte la luna continuava a crescere.
"Gobba a ponente, luna crescente"
E ogni notte era peggio della precedente.

Il mio isolamento a scuola procedeva di pari passo al peggiorare del mio umore.
Sentivo dentro di me crescere la rabbia, forte, quasi incontrollata.

Qualcosa in me stava cambiando.

Arrivai a scuola.
Il vento fresco della primavera mi colpì.
Non avevo freddo, nonostante il caldo si faceva ancora attendere.
La cosa mi sembrava un po' strana.
Non sono mai stato un tipo freddoloso, ma come minimo a quelle temperature avrei indossato una maglietta pesante, invece ero con una a maniche corte molto sottile.
Agganciati la bici alla recinzione che delimitava il cortile della scuola ed entrai.
I ragazzi come al solito cominciarono a prendermi in giro.
La campanella suonò.
Nella confusione generale, una ragazza mi urtò e i suoi libri finirono a terra.
- scusa - dissi subito, accucciandomi per raccogliere i volumi.
- scusami tu, ti sono venuta io addosso - mi rispose.
Era una voce dolce, giovane, un po' squillante, una voce che non avrei mai potuto confondere con altre.
Alzai lo sguardo.
Era lei.
Ci fissammo un attimo negli occhi.
I suoi erano azzurri, le pupille molto dilatate.
Asya.
- Tutto a posto? - mi chiese
Ci volle un attimo prima che io potessi risponderle.
Abbassai lo sguardo.
- si, si, tutto a posto, e tu? -
Intanto sistemavo i libri che avevo raccolto.
- si -
Le porsi i libri.
Lei li afferrò.
- grazie - disse prima di girarsi e scomparire tra la folla.
Sentivo il cuore che batteva forte nel mio petto.
" Mi ha parlato " pensai " non era arrabbiata perché i suoi libri sono finiti a terra"
Mi guardai intorno, cercando di capire dov'ero.
" Mi ha trattato bene, non come fanno tutti gli altri " mi sembrava strano, mi sarei aspettato che mi avrebbe urlato dietro.
" Forse lei non è così, come tutti gli altri, forse lei non mi odia perché sono diverso "
Di sicuro non ricambiava i miei sentimenti, questo era chiedere troppo, ma il fatto che fosse stata gentile con me mi aveva stupito.

I'm a wolfDove le storie prendono vita. Scoprilo ora