Questa disattenzione dei critici, che spesso coincide con una scelta estetica e ideologica, ha come conseguenza immediata non solo l’addebito spesso gratuito, agli autori della sceneggiatura di ogni fallimento, ma soprattutto una valutazione critica scarsamente motivata a dir poco.

Si assiste, così, al curioso fenomeno secondo cui i films riusciti accreditano un regista nominandolo unico autore e quelli sbagliati sono attribuiti, il più delle volte, allo sceneggiatore senza nessuna verifica attendibile.

Non mi sfiora certo l’ambizione di modificare questo stato di cose, quanto di avvertire lo spettatore pagante e in generale di sollevare il problema, di provocare altri interventi, sia di critici che di sceneggiatori, oltre che di contribuire a spostare gli studi e le ricerche in direzione della scrittura cinematografica.

Ma il disinteresse di cui dicevo ha conseguenze più estese di quanto comunemente si crede. Poco grave sarebbe, del resto, se non provocasse altro che la cancellazione di qualche autore rispettabile. Intanto impedisce lo studio di una fase della creazione cinematografica in chiunque abbia interessi specifici e permanenti verso il cinema, ma soprattutto ferisce quella coscienza critica dello spettatore, di cui tanto si parla il più delle volte con insopportabile demagogia e concreto disprezzo.

Vieta, cioè, l’assunzione di strumenti conoscitivi che, se non altro, allargherebbero la sfera di interesse dello spettatore, giacché questa disinformazione preconcetta non lo pone in condizione di valutare un film nella sua interezza, di individuare gli inganni che patisce, il come e il quando, se li patisce; e di spiegarsi l’emozione che prova, se la prova.

Ma la conseguenza è grave anche per chi si dedica alla scrittura cinematografica, al mestiere, alla professione o all’arte del cinema, in quanto ognuno è costretto ad affidare alla sola esperienza individuale, a uno sforzo autodidatta l’appropriazione della tecnica del racconto cinematografico, così che ogni suo possibile aggiornamento avviene con ritardo, faticosamente, occasionalmente e disordinatamente; mancanti, appunto, gli strumenti conoscitivi che dovrebbero essere approntati, al di fuori della pratica professionale, attraverso ricerche e studi non occasionali o episodici, come può essere considerato questo libro.

E’ significativa, fra l’altro, la scarsa circolazione che hanno testi di teoria e tecnica della sceneggiatura. Praticamente si è fermi ad alcuni testi classici abbondantemente superati dall’impetuosa crescita del fenomeno cinema, proprio mentre la pubblicistica cinematografica ha un’improvvisa fioritura e l’interesse per il cinema scritto cresce in misura inversamente proporzionale al «cinema girato», alla chiusura delle sale, allo scadimento della produzione nazionale.

E dire che si era a lungo teorizzato che soltanto una riduzione della produzione avrebbe garantito un miglioramento della qualità, mentre è accaduto esattamente il contrario. La stessa scarsa attenzione che gli istituti cinematografici, le scuole di cinema, e le stesse università, dedicano a questo fondamentale momento del cinema, prova l’arretratezza di cui soffre il nostro cinema.

Assegnare, fra l’altro, la responsabilità della crisi del cinema nazionale soltanto alle sue obsolete strutture istituzionali, alle televisioni, addirittura all’immaturità degli spettatori, equivale a produrre degli alibi, a rifiutarsi di affrontare i problemi della crisi in modo nuovo e nella sua totalità.

Tutto certamente è invecchiato nel nostro cinema, ma uno dei ringiovanimenti possibili può essere affidato proprio alla conoscenza delle strutture narrative.

Il comune spettatore che accetta il rischio di convivere con gli altri un’esperienza al buio, impegna la sua immaginazione, lavora con i suoi autori, partecipa alla rielaborazione del film che visiona.

E tanto più e meglio lo spettatore contribuirà all’opera cinematografica, a definirla, quanto più conoscerà le macchine dello spettacolo, il gioco che ogni autore instaura con il suo futuro acquirente. Ed è appunto questa l’aspirazione, se non lo scopo, che mi sono prefisso: fornire regole per il gioco, strategie e tattiche per eseguirlo con gioia, ovvero per trasgredire.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 17, 2011 ⏰

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